SALVADOR DO BAHIA 2007: il candomblé e la capoeira
Anche la visita alla antica chiesa di Sao Francisco è stata importante, perché dopo questa chiesa ho deciso di non visitare più altre chiese cattoliche! Basta, le trovo tutte uguali e quindi noiose. Per quanto riguarda la semplice visita trovo più interessanti le chiese buddiste, più ricche, curiose e allegre delle nostre tristi e scure chiese cattoliche.
Cucina, religione, musica e danza sono i campi in cui l’influenza africana è molto forte. E riguardo alla religione mi ha lasciato abbastanza sconcertato assistere ad una funzione domenicale di “Candomblè”. Cos’è? Il Candomblè è una religione afrobrasiliana formatasi in Brasile (ma anche in altri stati sudamericani) all’arrivo degli schiavi neri dall’Africa, quando gli vennero vietate le varie tradizioni africane e quindi, per cercare di conservarle, vennero fuse dagli schiavi con quelle locali e cristiane.
Anche la Capoeira è nata così, originalmente un’antica arte marziale africana, camuffata poi in danza in quanto anch’essa proibita dalle autorità locali.
Oggi il Candomblè è riconosciuto e anche sovvenzionato dal Governo brasiliano, e viene praticato da 2 milioni di brasiliani (molti dei quali cattolici).
Ci son due modi per assistere, a Salvador, a una funzione di Candomblè: modo 1) si va in un’agenzia di viaggi locale e si compra una visita con guida locale più trasporto, per una cifra non inferiore ai 50 R$ (18€); modo 2) si va alla Bahiatursa, l’ufficio turistico nazionale, che in un paio di minuti scrive in un fogliettino data e indirizzo della funzione più vicina. Poi si va in autobus. Costo 1,80 R$ (0,75 €), il costo dell’autobus. Inutile specificare quale scelgo! :- ) Ma, ogni volta che in Brasile si sceglie un’opzione più economica, aumenta inevitabilmente il consumo di… adrenalina! L’autobus infatti, dopo un’ora di viaggio, mi scarica alla periferia di Salvador, all’ingresso di un quartiere popolare, alle 9 di sera quando è già notte da un pezzo. E, come se non bastasse l’atmosfera già cupa, ci si mette prima l’autista del bus a dirmi che è una zona pericolosa, soprattutto per uno straniero da solo, poi alcuni passanti a cui chiedo informazioni. Uffa, uffa e uffa, alla fine tutte queste malelingue finiscono per intimorirmi e farmi venire il dubbio su se continuare o tornare indietro. Scelgo di continuare ancora un po’, ormai sono qui e non andrà peggio di altre situazioni simili già incontrate. Scorgo una piccola folla che sta uscendo da una chiesa e mi avvicino, loro sono sicuramente innocui. E non solo sono innocui, sono anche gentilissimi in quanto due di loro si offrono di accompagnarmi per farmi passare nelle vie più sicure. I brasiliani in quanto a gentilezza non temono confronti! Dopo mezz’ora di cammino arriviamo. Entro nel cancello, oltre il quale c’è un cortile e una grande casa illuminata fuori da torce accese. All’ingresso mi viene dato il benvenuto, mi viene indicato dove sedermi e mi avvisano che è proibito fare foto e filmare. Acc, l’avessi saputo prima non avrei rischiato di portare la macchina fotografica in giro la notte. Ok, niente foto, cercherò di descrivere a parole la strana serata alla quale ho assistito. Serata che, nel terzo millennio, non mi sarei mai sognato di incontrare in un paese moderno come il Brasile. E alla fine mi rimarrà il dubbio se fosse tutta una finzione o se chi partecipava ci credesse veramente. La seconda però è più probabile.
Durata: 4 ore (!), tutta in lingua Yoruba, una lingua africana. Al centro di una sala ci sono una ventina di donne che girano in cerchio, ballando. Muovono le braccia, piegate a 90°, avanti e indietro come per remare. Il tempo musicale e il passo è simile alla samba, ma lento. Indossano abiti stile Bahia (con ampie gonne), principalmente bianchi con alcuni inserti colorati.
Le donne hanno i ruoli principali nel candomblè, e gli uomini quelli più marginali. Infatti gli unici uomini presenti sono i suonatori delle percussioni, quelli che controllano l’ingresso e l’importante “Pai De Santo”, il capo spirituale del “terriero” (il locale/chiesa dove viene tenuta la funzione). Il Pai De Santo siede su una grande poltrona-trono di legno, indossa un vestito bianco e un copricapo di velluto color porpora. Il pubblico che assiste è separato: uomini da un lato e donne dall’altro. Sul palco al primo piano ci sono i “gringos” (stranieri, io però sono giù con i brasiliani).
Le prime tre ore sono uguali, con sempre lo stesso ritmo di tamburi e la stessa danza, ossessiva, ripetitiva. Poi… inizia la sorpresa! Ad una ad una diverse persone iniziano a cadere in trance. Prima qualche danzatrice, poi alcuni uomini del pubblico; alla fine saranno una ventina le persone “indemoniate”. La “procedura di indemoniamento” era esattamente così: ad un tratto qualcuno urla forte, chiude gli occhi e fa tremare il corpo. A questo punto alcune persone gli si avvicinano e… Lo calmano? Ma no, gli slacciano e tolgono le scarpe e gli piegano un po’ i pantaloni per non farlo inciampare. Poi lo lasciano libero di andare a continuare il suo personale show. L’indemoniato va così in giro per la sala urlando un po’ qui un po’ là, molto forte, quasi come un ruggito di leone. Quando si avvicina alle persone che assistono, queste ultime alzano le mani con i palmi rivolti verso di lui e girano la testa o abbassano lo sguardo, come per timore. Poi l’indemoniato si avvicina a quello che sembra il capo-tribù (Pai de Santo), si butta a terra e bacia il pavimento ai suoi piedi, quindi si alza e lo abbraccia due volte. Il “capo tribù” approva e gli fa un paio di cenni di consenso, come una benedizione, agitando anche i due campanacci che ha in mano. Dopo un po’ di giri liberi per la sala, l’indemoniato viene indirizzato verso una stanza contigua, una specie di “pronto soccorso fuori di testa”. Io naturalmente non credo a nulla di tutto ciò, anche se ogni tanto alcune delle persone cadute in trance aprivano gli occhi e questi… erano completamente bianchi! (Ma anche questo non è molto difficile da fare). A parer mio si tratta solo di autosuggestione nonché di stanchezza, perché la maggior parte dei f.D.T. (fuori di testa) si son manifestati nell’ultima delle 4 ore, dopo quindi più di tre ore passate ascoltando lo stesso ritmo di tamburi forte, ossessivo, sempre uguale. L’ultima ora invece il ritmo cambia varie volte.
Si avvicina la conclusione e io ancora non avrò finito di sorprendermi. Ad un certo punto infatti si apre la tenda del “pronto soccorso f.D.T.” ed escono tutti i f.D.T.. Gli sono stati cambiati gli abiti e ora indossano un costume o bianco o con vivaci colori (tutto verde fosforescente oppure tutto giallo, etc.), un elmetto metallico dorato, argentato o di rame, larghi bracciali ai polsi e ai bicipiti (sempre di metallo), una piccola sciabola o spada in una mano e uno scettro nell’altra (ma pensa te!). Il viso è nascosto da un velo di stoffa o di paglia, mentre il mio è sempre più allibito! I f.D.T. Ballano e, nonostante il loro stato, si muovono perfettamente a tempo con la musica.
Durante la cerimonia vengono offerte al pubblico, a più riprese, acarajè (cibo tipico di Bahia), tartine e dolci. Poi, a fine serata, passano a chiedere un’offerta; io controllo i miei vicini e do lo stesso tanto, 2 R$.
A mezzanotte inoltrata tutto finisce. Esco fuori e scorgo a fianco al portone una targa del Ministero della Cultura di Bahia. Quindi è tutto ufficiale e riconosciuto dalla legge e dal Governo Brasiliano! Splendida cerimonia che però, alla fine, mi lascia non pochi punti interrogativi in testa.
Pietro www.Travelbaila.It