Salalah Oman

Una settimana di clima gradevole, tra le dune di sabbia del deserto e le onde del mare. Buon cibo, completo relax in un paese sicuro di gente cordiale, tanti dromedari e ottimo il prezzo per essere in un Sultanato.
Scritto da: Luna Lecci
salalah oman
Partenza il: 11/01/2019
Ritorno il: 19/01/2019
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
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Una settimana di clima gradevole, tra le dune di sabbia del deserto e le onde del mare. Buon cibo, completo relax in un paese sicuro di gente cordiale, tanti dromedari e ottimo il prezzo per essere in un Sultanato.

Indice dei contenuti

Premessa

Nemmeno una settimana prima della partenza, mando un’unica richiesta a più tour operator on line (Borsa Viaggi, Caesar Tour, Original Tour e Stelle d’Oriente) per cercare la migliore soluzione per una settimana di completo relax a Salalah, nel sud dell’Oman. La vittoria per costi-benefici è decisamente di Giorgina Bufalini di Stelle d’Oriente per prezzo, qualità del servizio e rapidità nell’ottenere il visto. Il pacchetto di € 1.445 a persona comprende i voli Emirates/Fly Dubai da e per Fiumicino, 8 notti presso l’hotel Hilton a Salalah con formula mezza pensione, i trasferimenti da e per l’aeroporto, il visto e l’assicurazione viaggio. A parte saranno le bibite a cena e le escursioni.

Diario di viaggio

Venerdì 11 gennaio. Roma-Dubai.

Io e il mio boy partiamo con la spettacolare compagnia Emirates da Roma Fiumicino alle 15,10 (posti 72) fino a Dubai dove arriveremo alle 23,50 (ore di volo 5,35). Siamo su uno dei più grossi mezzi della flotta, un Airbus 380-800 a due piani dove il gentilissimo personale, con eleganti divise, offre un servizio ottimo. Il menu prevede insalata di lenticchie, pollo arrosto con riso allo zafferano e spinaci saltati o manzo affumicato con patate arrosto, fagioli piccanti e dolcetto alle fragole. Durante il viaggio, snack (kit kat o salatini), colazione prima dello sbarco e tanto intrattenimento sui singoli monitor tra film, show televisivi, musica e giochi, disponibili in diverse lingue.

Sabato 12 gennaio. Dubai-Salalah (Oman).

Atterriamo a Dubai dove non abbiamo molto tempo per il transfer. Ci indirizzano sul bus (circa un quarto d’ora di viaggio) che ci porterà all’imbarco dell’aereo della Fly Dubai dell’1,45 (posti 25). Arriveremo a Salalah (OMAN) alle 3,40 (ore di volo 2,40 durante le quali servono un bicchiere d’acqua e un kebab vegetariano o di pollo).

Qui in Italia sono le 6,40 del mattino, il fuso orario è di +3 ore.

Alcuni turisti si fermano per il pagamento del visto (circa 15 € per una durata di permanenza di massimo 10 giorni) la cui richiesta avevano fatto on line sul sito della Royal Oman Police avendo il passaporto con validità residua di almeno 6 mesi al momento dello sbarco. Noi lo avevamo già stampato.

Puntualissimo ad aspettarci – con un cartello su cui è scritto il nostro nome -, il sorridente Said che con un’auto elegante in una ventina di minuti ci parcheggia davanti l’Hilton consegnandoci una ricevuta (Taxi Service OMR 7 – circa 16 €).

Check-in con grande gentilezza nonostante l’orario e la nostra visibile stanchezza. Mi richiedono di strisciare la carta di credito a garanzia di eventuali extra (che non ci saranno).

La nostra camera, numero 418 (in tutto sono 147), è un po’ vintage ma elegante e confortevole, ha un comodo letto matrimoniale king size, asciugacapelli, aria condizionata, TV, cassetta di sicurezza, sveglia, telefono e connessione wi-fi gratuita. Un frigorifero vuoto, mezzo litro di acqua a testa quotidiana e la possibilità di preparare tè o Nescafé col bollitore utilizzando tranquillamente quella del bagno sempre rifornito di compliments (shampoo, bagno schiuma, balsamo, saponetta, crema per il corpo e cuffia) e dove vi sono vasca con vari tipi di doccini e bidet. Quale ulteriore arredamento, un divanetto, due poltrone, un tavolino, un armadio, una cassettiera, più lampade e una scrivania.

La corrente elettrica è di 220-240 volt e le prese sono di tipo inglese/americano, per fortuna ci siamo portati l’adattatore universale.

Dormiremo solo pochissime ore.

I nostri pasti, colazione e cena, li consumeremo sempre e solo a buffet presso l’Al-Maha o su una carina terrazza all’aperto vista piscina attorniata da palme (all’imbrunire, adornate da lucine colorate, si illuminano rendendo magica l’atmosfera) o internamente dove è sparata l’aria condizionata. Su una targa all’ingresso sono scritti gli eventuali costi per chi pagasse a pasto: colazione dalle 6,30 alle 10,30 OMR 8,5, pranzo dalle 13 alle 15 OMR 7,5 e cena dalle 19 alle 22 OMR 9,9 più il 17% per servizio e tasse.

Alle 10 la prima abbondantissima breakfast con dolci, salati, pietanze cucinate espresse come le omelette o disposte all’interno di contenitori per mantenerne la temperatura. E poi l’healthy corner e quello dei bambini, l’angolo dei cereali, la stazione degli yogurt, della frutta fresca, secca, essiccata, delle insalate, dei succhi, dei pani da poter tostare, del cibo locale, dei french toast, dei pan cake e dei più svariati dolci. Una macchinetta pronta per cappuccino, espresso, mocaccino, cioccolato, tè al cardamomo… mentre il gentilissimo personale serve ai tavoli tè nero/verde o caffè americano.

Siamo pronti per andare alla scoperta dell’internazionale resort e soprattutto della spiaggia attrezzata con ombrelloni, lettini e teli da mare che chiediamo la mattina e restituiamo la sera.

La posizione è piuttosto isolata, ma per questo tranquilla seppure nei pressi vi è un porticciolo la cui vista disturba parzialmente. Siamo a una cinquantina di metri dall’immensa distesa di fine sabbia bianca dove facciamo lunghe passeggiate imbattendoci spesso in pesci arenati. Il fondale, secondo le giornate più o meno ventose, è tendenzialmente basso, lentamente digradante, sabbioso, non particolarmente ricco di pesci e con una temperatura tra i 22 e i 24°C.

Centinaia di conchiglie coniche al nostro passaggio si nascondono, qualcuna la dissabbiamo e anche dalla più piccola lumaca lunga esce un grosso mollusco che a ventosa si adagia sui palmi delle nostre mani. Dopo vari scatti e videoriprese lasciamo tutto ovviamente nel proprio habitat.

La giornata passa in totale relax, ci dobbiamo riprendere dal lungo viaggio e dagli orari scombussolati. Nel pomeriggio oziamo sui lettini e sotto gli ombrelloni a ridosso delle 2 piscine esterne pulitissime e con acqua stemperata, di cui una per bimbi al di sotto dei 4 anni. C’è anche una ludoteca interna e un’area giochi sulla battigia.

Dopo un piacevole tramonto – che cala tra le palme sulla destra dell’albergo con svolazzare su di noi di differenti tipi di uccelli -, ci ritiriamo in camera per una bollente doccia e sistemiamo le valigie.

Prima delle 20 siamo davanti il considerevole buffet che accontenta un po’ tutti i gusti. Stuzzicante l’angolo della cucina locale, svariate le insalatone, un paio di paste espresse (utilizzano la Barilla le cui confezioni impilate una sull’altra creano una coreografia), secondi, contorni… e il barbecue all’aperto che mostra in bellavista, crudo, ciò che verrà poi cotto alla griglia: pesce e/o carne (pollo o manzo) e verdure.

Piuttosto satolli e molto appagati concludiamo, con una passeggiatina, questa prima giornata esplorativa.

Domenica 13 gennaio. Salalah.

La notte passa tranquillamente, il letto è comodo e non abbiamo udito alcun rumore. Avevamo un po’ paura che non regnasse il silenzio per la posizione della nostra camera: affaccio su un enorme resort in costruzione, ma probabilmente i lavori sono sospesi o li faranno durante il giorno quando siamo fuori.

Colazioniamo anche oggi abbondantemente e lungamente alternando il dolce al salato; ci alziamo che abbiamo praticamente pure pranzato.

Volendo, à la carte e a pagamento per specialità di carne o di pesce, vi sono altri due ristoranti, lo Sheba’s Steak House e il Palm Grove e diversi sono i ristori (Mayfair Cafè, Whisper Bar e Sea Breeze Bar) dove ordinare soft drink, alcolici e/o fumare Shisha, magari guardando su un maxischermo una partita in tv (sono piuttosto gli omaniti in abiti locali che fumano narghilè). I prezzi non sono bassi, molti hanno optato per il trattamento tutto incluso e hanno braccialetti bianchi o turchesi.

Passeggiamo davanti il Mare Arabico incrociando omaniti o turisti che cavalcano eleganti cavalli, alla guida di bianchi fuoristrada e ammiriamo decine di volatili, tutti in fila fronte acqua, pronti per spiccare il volo avvistate le prede (che simpatici e curiosi!).

Proprio a ridosso dell’albergo, una piccola laguna è visitata da uccelli vari, fenicotteri giovani (bianchi e marroni/grigiastri) e flamingo bianchi/rosa. Su una targa vi sono indicati i più trovabili: laughing dove (tortora delle palme), osprey (falco pescatore), house crow (corncacchie), white wagtile (ballerina bianca/nera batticoda), lesser black-backed gull (gabbiani di differenti specie) e il common greenshank (tringa nebularia).

Stessa conclusione di piacevole serata di ieri.

Lunedì 14 gennaio. Dhofar, Wadi Darbat, Mirbat e Salalah city.

Stamane incrociamo due signore tedesche conosciute ieri che hanno noleggiato un’auto e ci chiedono se vogliamo unirci a loro per un’escursione. Accettiamo dividendo le spese della benzina (ha un costo irrisorio rispetto all’Italia: 1 lt = 0,218 OMR = 0,50 €) e dell’affitto giornaliero della comoda ed elegante macchina (OMR 18 = 42 €).

Prima tappa Darbat, uno dei wadi (canyon dove scorre un corso d’acqua) più spettacolari di questa regione Dhofar con un ricco fiumiciattolo che l’attraversa. La particolarità è l’impressionante trasparenza di quest’ultima e la rigogliosa vegetazione circostante che, soprattutto nei periodi di pioggia, assume toni smeraldini. Per chi volesse (noi no) è disponibile una piccola imbarcazione locale che al costo di pochi beizas (centesimi) fa fare un giro. Nei pressi un solo punto di ristoro con toilette e un gentilissimo anziano venditore di anguria che si lascia volentieri fotografare.

A tal proposito, è sempre raccomandabile chiedere il permesso prima di immortalare le persone che non sempre potrebbero accettare (personalmente nessuno ha rifiutato una posa con o senza la sottoscritta).

La passeggiata lungo fiumiciattolo, attorniati da decine di dromedari intenti a mangiucchiare, a sonnecchiare, a scrutare i nostri movimenti, è piacevole. L’acqua è invitante ma un cartello ci mette in allarme: vi potrebbero essere insetti velenosi! Ci guardiamo bene dal bagnarci le mani! In alcune rientranze (grotte, cave, anfratti…) alcune ossa e teschi di animali; su molti alberi diversi nidi di uccelli.

Proseguiamo la gita arrivando (siamo a 82 chilometri a est da Salalah) a Mirbat, antica capitale della regione del Dhofar, di grande rilevanza storica. Passiamo sotto un arco fatto erigere il 28 aprile 2013 sul quale alcune targhe ne raccontano un po’ la storia di Museo all’aperto olandese. In arabo significa luogo dove venivano legati i numerosi cavalli dei commercianti. Facciamo una breve sosta presso le rovine dell’antica fortezza (nulla di che) e prendiamo un caffè davanti una baia guardando l’orizzonte e godendo della brezza marina. Interessanti sono le finestre decorate in legno delle antiche case mercantili e le botteghe di chi svolge mestieri popolari e artigianali come i riparatori di biciclette o di orologi o i ciabattini.

Prima di rientrare ci fermiamo a Salalah, attuale capitale della regione e seconda, per grandezza, città del Sultanato. Bellissima è la Moschea del Sultano Qaboos con i suoi minareti, una delle più importanti di questa parte della penisola arabica, che immortaliamo al tramonto esternamente (è visitabile solo in alcuni orari e giorni prestabiliti). Uno sguardo al suk dell’oro nel quale si entra da un Gold Gate e un giro per le viuzze con negozi che espongono tutti lo stesso tipo di merce secondo la zona del quartiere (l’Haffak souk è il più vecchio). Ne approfittiamo e cambiamo dei soldini in OMR a un cambio più favorevole rispetto a quello della reception dell’albergo (per 10$ ci danno OMR 3,8 e per 10€ OMR 4,3).

Rientriamo piuttosto soddisfatti, una doccia e ci fiondiamo per la sempre succulenta cena durante la quale scambiamo qualche parola con altri ospiti, prevalentemente nordici (russi, ucraini, tedeschi… e connazionali da Roma in su).

Martedì 15 gennaio. Salalah.

Ci alziamo di buonora ma piuttosto riposati. L’appuntamento con la colazione è tra i più belli della giornata, che oggi trascorreremo interamente in hotel per pianificare le prossime gite.

Di mattina è sempre magnifico godersi la spiaggia: alterniamo passeggiate sull’enorme arena a tuffi. Fugace è il pranzo, massima attenzione alla raccolta differenziata (trovabili i vari contenitori di rifiuti colorati) affinché quanto prima l’albergo diventi (come segnalano diversi cartelli) green. Nel pomeriggio relax bordo piscina.

Fruiamo gratuitamente della sala fitness, non enorme ma ben attrezzata. Alcuni noleggiano racchette per una partita a tennis.

Nel tardo pomeriggio tentiamo la chance di avvistare i delfini che spesso – ci confermano più persone – passano a banchi proprio vicino l’hotel… ma nulla di fatto… godiamo solo di un tramonto spettacolare.

Rientrati in stanza, troviamo un invito al cocktail party da parte del management Team – e incontreremo tanti altri ospiti – per un aperitivo completamente gratuito nel Sea Breeze Bar fronte mare.

Due ragazze cantano dal vivo, professionisti preparano drink alcolici elegantemente guarniti… in bellavista un’enorme composizione di frutta tropicale, finger food sfiziosi e su di noi una luna piena romanticissima si intravvede tra le palme.

Ci sentiamo dei privilegiati e felicemente onorati. A seguire la cena.

Mercoledì 16 gennaio. Baia di Al Mughsail, grotta o cava di Marneef, Al Fazayah.

Oggi, per una gita fuori porta, noleggiamo una Toyota Fortuner, un fuoristrada a 7 posti, presso la Dollar che ha l’ufficio all’interno dell’hotel (OMR 30 + 6 di benzina ovvero totali € 100).

Non ci piacciono molto le condizioni (mi addebitano 300 € che tratterranno per un mese e restituiranno solo quando saranno certi che non abbiamo preso multe); diverse clausole di penali (se si fuma in auto € 115, se si sporca € 60), ma la comodità di ritirarla e restituirla in albergo è tanta.

In alternativa, avevamo contattato anche Vip Cars e comunicato sia via mail sia con whatsapp col sig. Keit, ma i costi non erano così differenti.

Alle 10 ci mettiamo in viaggio, insieme a una coppia di ragazzi italiani e alle due signore tedesche, per la baia di Al Mughsail, a 35 km. Il panorama è stupendo; da una parte la distesa di sabbia bianca che rende l’acqua di un colore azzurro intenso, dall’altra le montagne e il deserto. Questo tratto di spiaggia – a volte un po’ rocciosa – è famosa per i soffioni “blow holes”, che si alzano da fine aprile a settembre quando il mare è particolarmente agitato per via del monsone.

Purtroppo non riusciamo a vedere neppure un getto d’acqua… ne sentiamo solo in lontananza il “respiro” da un buco coperto da una grata di ferro. In quest’area, dove vi sono delle panchine per sedersi ed ammirare, oltre agli eventuali spruzzi, anche l’immensità del mare, prima di una naturale grotta o cava di Marneef, il Ministero del Turismo Omanita ha impresso su una pietra una frase significativa per noi visitatori: take nothing but memories, leave nothing but footprints. E noi, in Italia, ci porteremo sicuramente bei ricordi lasciando solo le nostre impronte.

Ultima meta la spiaggia di Al Fazayah, il gioiello dell’Oceano Indiano che qui dicono essere la più bella del Medio Oriente. Senza un fuoristrada, arrivarci sarebbe stato un vero problema per la strada sterrata a tornanti e piuttosto impegnativa sia in salita sia in discesa. La spesa vale sicuramente l’impresa!

Sostiamo in una delle tante insenature dove non vi è altro che sabbia e acqua. Incontriamo, sparuti qua e là, ombrelloni piazzati da chi ha prenotato la gita con qualche agenzia che ha allestito per i clienti anche buffet su tavolini.

I colori sono scenografici e l’acqua, turchina-smeraldina, superati i primi metri, diventa piatta, calma e ci permette di fare lunghe nuotate. A ridosso di alcuni scogli, granchioni neri, mentre a vista granchietti color sabbia. Fondamentali da portare sono le bottiglie d’acqua, i viveri e le creme ad alta protezione solare essendo il posto molto selvaggio.

Rientriamo stracontenti e riconsegniamo l’auto in perfette condizioni. Provo a richiedere alla Dollar, su indicazione del personale della reception (professionalissimo il sig. Shakeer), che mi vengano riaccreditati gli OMR 125 addebitati sulla mia carta in via precauzionale. Mando una mail a un responsabile (mbalushi@dollaroman.com) ma nulla di fatto, la risposta è che sono i termini e la loro politica. Non mi rimane altro che incrociare le dita e sperare di riavere il forzato deposito fra 21 giorni lavorativi – un mese.

Serata di buon cibo anche oggi con, tra le altre cose, un pescione al forno gustosissimo e per i nostalgici tranci di pizza margherita. Relax e pianificazione del pomeriggio di domani.

Giovedì 17 gennaio. Wadi Dawka, Frankincense Wadi, Wubar (Shisr), Rob al Khali.

Un’altra esperienza alla quale non rinunciamo, è quella del tramonto nel deserto, il vero protagonista del paesaggio omanita che non si può effettuare in autonomia. Contatto dei tassisti fuori l’hotel (€ 115 ad auto al giorno); mi informo presso quattro agenzie (Eden Viaggi che è presente con annunci in bacheca in hotel € 115 a p., Magic Arabia 430 € ad auto, Al-Fawaz tour e presso la reception 113 € a p.); mando un WhatsApp a un autista freelance il cui numero recupero su un forum (€ 225 a jeep) e alla fine mi affido, non pentendomene assolutamente, anzi, lo consiglio vivamente, al tour operator Al Fawaz tour (info@alfawaztours.com), uno dei più importanti nel sud dell’Oman dal quale acquistano e noleggiano fuoristrada anche molti operatori italiani.

A chi non va di guidare per scoprire in autonomia il territorio, consiglio Al Fawaz tour anche per altre escursioni in quanto ha prezzi competitivi, schede delle gite piuttosto chiare e costi che variano secondo il numero dei partecipanti. A rispondere alle mie mail è stata Geraldina, un’italiana trasferitasi tanti anni fa in questo luogo estremamente ospitale, pacifico e sicuro, la quale mi ha dato informazioni disinteressate e suggerimenti utilissimi.

Alle 13,30 puntuali partiamo dall’Hilton in tre (€ 74 a persona): io, il mio boy e un ragazzo ucraino che vive a Genova da 4 anni. Il comodissimo fuoristrada Toyota Land Cruiser è guidato dal simpatico, cordiale e preparatissimo Qasim Al Mashini, un trentenne laureato che parla inglese perfettamente e risponde alle decine di domande a 360° che, nel corso del viaggio, gli poniamo.

La prima sosta è nel Wadi Dawka (patrimonio UNESCO) conosciuto anche come Frankincense Wadi, una vallata di 6000 alberi d’incenso (boswellia sacra) che crescono nel loro habitat naturale. Siamo su una distesa asciutta, in cui vengono piantati gli arbusti e non i semi. Cerchiamo di respirare a pieni polmoni il profumo della resina ritenuta sacra (anche a Gesù i Re Magi la regalarono insieme all’oro e alla mirra), usata per le cerimonie religiose, per la preparazione di medicinali e persino impiegata in cucina, ma non è questo il periodo in cui si sente forte (lo sarà a marzo-aprile) e riusciamo a percepirlo da alcuni semini che ci vengono raccolti dalla guida. Una curiosità: più di venti anni fa, quando Lady Diana visitò il posto in cui ci troviamo, venne creato per lei un profumo di 50ml dal costo di $ 300.

Ci fermiamo, su mia richiesta, per una foto ricordo davanti un cartello stradale che segnala attraversamento dromedari chiamati camels dai locali e lungo la strada ne vediamo alcuni di colore nero (la battuta è: sono quelli che non hanno messo la protezione solare) e uno quasi bianco (sarà stato albino?). D’altronde sono le vere icone del Dhofar che vediamo ovunque, sulla spiaggia, per strada, abbarbicati sulle montagne, in piatte zone deserte, sulle dune di sabbia e lungo i fiumi.

Altra tappa, distanti 175 km da Salalah, è presso le rovine della città perduta di Wubar (o Shisr, patrimonio UNESCO), un tempo cuore dei commerci per l’esportazione dell’incenso essendo quest’oasi agricola il crocevia fra oriente e occidente, sito di carovane e stazione molto importante per l’approvvigionamento idrico. Fu scoperta, in quanto completamente seppellita dalla sabbia, nel 1983 dagli americani e ricostruita da noi italiani. Sotto una cava è stata trovata una sorgente d’acqua che però, nonostante ci addentriamo per qualche metro sotto terra, non riusciamo a scorgere. Nei paraggi una serie di abitazioni governative per i beduini che “pascolano” i loro cammelli o per i dipendenti che sorvegliano il sito archeologico. In una stanzetta la possibilità di guardare un documentario e leggere alcuni cartelli che ne raccontano la storia e mostrano immagini di come doveva essere all’epoca di Sua Maestà Sultan Qaboos bin Said.

Finalmente si iniziano a scorgere le dune del Rub’ al-Khali desert che il vento non smette mai di modellare. Che emozione! In un’area un po’ più piatta facciamo una breve sosta per vedere da vicino dei frutti simili a mini angurie, che nascono dopo il periodo delle piogge e non sono commestibili né dai tanti dromedari che le calpestano né dagli umani. Il paesaggio è da cartolina e non potrebbe essere altrimenti visto che siamo nel secondo più grande deserto di sabbia del mondo che ricopre la parte più meridionale della Penisola araba.

Col fuoristrada riusciamo a scalare montagne di sabbia dorata. Pensavo fosse più impegnativo per il mio stomaco e invece solo puro divertimento. A metà di una di esse ci fermiamo per la merenda. Il driver mette a disposizione tè, Nescafé, biscotti al cocco e datteri che gradiamo gustandoci all’orizzonte il calar del sole. Ci dice di stare attenti a ragni e topi… ma in realtà non vediamo nulla se non qualche buchino sotto la sabbia che improvvisamente si ricompatta.

I colori diventano più caldi e ci sentiamo i protagonisti di uno dei racconti de Le mille e una notte. Corro più volte su e giù per le collinette a piedi scalzi, mi rotolo, la sabbia fine entra dappertutto, ilarità e spensieratezza pura! Siamo nel “quarto vuoto” ovvero nella quarta parte dopo il cielo, la terra e il mare.

Il rientro è più veloce, strade ampie e illuminate (in nessun punto si paga il pedaggio), la guida sicura di Qasim ci riporta sani, salvi e molto soddisfatti in hotel dove è prevista per stasera una serata speciale con tavoli apparecchiati elegantemente all’aperto, musica dal vivo e dulcis in fundo danzatrice del ventre.

Venerdì 18 gennaio. Salalah.

Oggi relax e acquisti di souvenir da portare in Italia.

Molto rifornito uno dei due negozietti all’interno dell’hotel, il News Stand # 1 dove il sig. Zain Cader e suo figlio (zain_cader@yahoo.co.uk) sono estremamente gentili, cercano di venire incontro a tutte le richieste, non hanno prezzi eccessivi e comunque applicano buoni sconti. Tanti i prodotti, noi optiamo per le classiche calamite (½ OMR) e confezioni di datteri naturali, ma c’è chi fa incetta di gingilli quali dromedari, teiere, caffettiere, pugnali cerimoniali (khanjar), pashmine, incensi e profumi (l’Amouage è considerato il più pregiato: Zain me ne spruzza un pochino e la mia pelle rimarrà per tantissime ore piacevolmente impregnata).

Per l’ultimo pasto uniamo due tavoli e banchettiamo con una coppia di simpatici ragazzi che vivono a Genova. Accanto a noi le due signore tedesche con cui abbiamo condiviso le gite, le quali hanno imbarcato a Dubai una bottiglia di vino (ne sono consentite solo due a passeggero non musulmano) che, al costo di OMR 10, possono portare a tavola. Per gli islamici il consumo di alcolici è permesso dai 21 anni compiuti.

Ci ritiriamo in stanza per preparare le valige. A tal proposito consiglio abbigliamento pratico e leggero, un giacchetto pesante o una felpa per la sera o per le zone in cui c’è perennemente l’aria condizionata, un paio di scarpe da ginnastica e infradito. Ovviamente creme solari ad alta protezione, occhiali da sole e cappellino per chi è abituato a usarli. Per la cena in albergo consigliano agli uomini di indossare pantaloni lunghi, ma non sono stati mai così formali riprendere chi vestiva bermuda.

Ci sdraiamo qualche ora sul comodo letto pensando a cosa – questa volta – non abbiamo avuto il tempo o la voglia di visitare: Sumhuram / Samharam / Sumharam (Khor Rori / Kour Rhoi / Rohri) dal 1998 Patrimonio dell’UNESCO, città portuale del III a.C. utilizzata per la spedizione dell’incenso via mare e punto di collegamento con il Mar Mediterraneo e le Indie; Taqah, l’antico villaggio di pescatori famoso per le sardine e per l’antica dimora del Sindaco o Castello residenza ufficiale del governatore; la Tomba del profeta Job e di Bin Ali con la doppia cupola. Siamo comunque soddisfatti dell’esperienza trascorsa.

Sabato 19 gennaio. Salalah-Dubai-Fiumicino.

Alle 2 puntualissimo è l’autista per il transfert in aeroporto dove arriviamo in un quarto d’ora. Acquistiamo un pacco da 3 stecche di Marlboro rosse per $ 62, facciamo il veloce check in e on time ci imbarchiamo sul Fly Dubai delle 4,40 (posti 10). Nel corso delle quasi tre ore di volo servono un kebab (vegetariano o con pollo) e un bicchiere d’acqua.

Arriviamo a Dubai alle 6,40, seguiamo le indicazioni per il volato Emirates delle 9 e facciamo un giro per il grandioso (ma non sempre conveniente) Duty free. Avevamo già i biglietti per l’imbarco sul secondo velivolo ma ci cambiano la fila e ridanno una nuova carta inviandoci un sms sul cellulare.

Saliamo sull’Airbus 380-800 a doppio ponte, di una comodità unica (posti 84F) dove le belle hostess parlano perfettamente italiano, inglese e arabo e uno steward distribuisce giochi ai bambini. Tantissimi i film di prima visione in programmazione. Dopo un’oretta la merenda con dolcetto danese alla ciliegia e bibita. Il pranzo, due ore prima dell’atterraggio, è a scelta tra pollo e pesce ma purtroppo il pollo non arriva all’ultimo quarto dell’aeromobile (dove siamo noi) costretti a mangiare fish. Non è certo un problema, ma una mancanza del genere per una compagnia così buona è un po’ una pecca.

Arriviamo a Fiumicino alle 12,40 del 19 gennaio dopo 6 ore e mezza di sorvolo sulle nuvole.

Buon viaggio,

Luna Lecci

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