Safari in Tanzania del Nord
INFORMAZIONI PRATICHE
Periodo: dal 22-11-2012 al 3-12-2012 (10 notti – 11 giorni) Volo: KLM € 641,00 (Venezia – Kilimangiaro Airport); Luoghi visitati: Tarangire National Park; Lake Manyara N.P.; Lago Eyasi; Ngorongoro N.P; Serengeti N.P; Speke Bay (Lago Vittoria); Lago Natron. Costo: € 2.030,00 (mance, bibite, ecc. NON incluse) a persona (eravamo in 4) pagate in due tranche (una appena confermata la prenotazione, l’altra un mese prima della partenza). Agenzia: Pata Pata Safari; contattata via internet, abbiamo parlato col referente italiano per stabilire il tour che volevamo fare. La nostra guida parlava fluentemente italiano. Auto: Toyota Land Cruiser 4×4 con tettuccio apribile.
Indice dei contenuti
Consigli pratici: Innanzitutto consigliamo di cambiare i dollari in moneta locale scellino, o almeno di avere solo tagli piccoli perché pur di non darvi il resto fingeranno di non avere dollari. Inoltre il prezzo in dollari è sempre infinitamente più alto infatti il dollaro vene cambiato a 1000 scellini quando il valore reale sarebbe di 1.600 scellini. Contrattare sempre e comunque, in quanto bianchi e stranieri i prezzi sono sempre almeno raddoppiati, per cui le contrattazioni hanno ampi margini. Aggiungete al costo del viaggio il prezzo del visto che è pari a $50,00, le mance perché in ogni albergo e in ogni escursione dovrete lasciarne parecchie. Soprattutto calcolate la mancia per la vostra guida (indicativamente $5 per persona al giorno). Nella scelta dell’agenzia è stato determinante il fatto che abbiamo sempre potuto parlare italiano sia nella fase di preparazione del viaggio (via mail) che nei giorni di safari. Pur parlando abbastanza bene l’inglese abbiamo apprezzato la possibilità di conoscere i nomi di piante e animali nella nostra lingua, e più in generale di non dover star sempre a tradurci fra noi le conversazioni. Consigliabile una fotocamera dotata di un obiettivo di almeno 300mm. Non contate di poter trasferire le foto dalle schede della macchina fotografica su penne o memorie esterne a meno che non vi portiate il portatile. Persino le reception son spesso sprovviste di computer per cui consigliamo vivamente di portare molte schede di memoria perché scatterete un’infinità di foto. Stessa cosa per le batterie, spesso si è costretti a caricarle in nell’unica spina disponibile in albergo: quella della reception. Può essere utile un caricabatterie con adattatore per accendisigari da auto. Noi, consigliati dalla nostra Ulss abbiamo fatto(oltre a febbre gialla e antitifo) anche la profilassi antimalarica a base di malarone; abbiamo trovato molte zanzare soprattutto al Tarangire National Park e al Lake Eyasi, e comunque tutti i lodge erano dotati di zanzariere in ottimo stato. Portate una torcia elettrica per persona, vestiti e scarpe “vecchi” che possiate lasciare in regalo, adattatore a tre lamelle (tipo inglese).
Giorno 1- 22.11.2012 ARUSHA
Atterriamo al Kilimangiaro Airport intorno alle h 20, ci accolgono subito un piacevole caldo e un profumo d’Africa che ancora non conoscevamo. Ci mettiamo subito in coda per farci fare il visto, e sbrighiamo velocemente le pratiche. Come previsto troviamo ad attenderci Richard (che sarà la nostra guida per i giorni a venire) e il responsabile dell’agenzia. Facciamo conoscenza anche con la Toyota Land Cruiser che diventerà quasi una seconda casa e prendiamo posizione al suo interno, la macchina è dotata di un piccolo frigo che tornerà molto utile. Considerata l’ora e che siamo molto stanchi dal viaggio, ci dirigiamo subito all’hotel che dista circa 30km: abbiamo scelto il Lush Business Hotel per risparmiare un pochino considerato che dovremo solo passarci la prima notte. In realtà le stanze sono molto grandi e l’indomani ci verrà servita una buona colazione. Nonostante siamo scesi un po’ di categoria rispetto all’albergo consigliatoci in prima istanza, siamo più che soddisfatti.
Giorno 2 – 23.11.2012 TARANGIRE NATIONAL PARK
Partiamo alle 9 ed attraversiamo un po’ di periferia di Arusha. Alla luce del giorno tutto ci appare ricco di colori e movimento. Le case sono in un unico piano, in muratura, con tetti di lamiera; l’intonaco è spesso colorato e ricco di scritte pubblicitarie. Le strade non sono asfaltate e sono attraversate da un continuo viavai di uomini donne e bambini, e da qualche capra. Carichiamo l’auto di bottiglie d’acqua e carburante, poi, finalmente, partiamo per il nostro safari. Lungo la strada (asfaltata perché è quella che collega Arusha alla capitale Dodoma) incontriamo piantagioni di caffè, poi i primi villaggi Masai e molti ragazzini che portano a pascolare le mucche. Il panorama è verde, i giorni prima del nostro arrivo è piovuto un po’ e così dal terreno comincia a germogliare l’erba. Le acacie spuntano qua e là all’orizzonte. Dopo 118 km e tanto panorama arriviamo verso le 11 al Parco Tarangire, famoso per i suoi baobab e per la moltitudine di animali che lo abitano. All’entrata, abbiamo modo di avvicinare le prime scimmie che, abituate a rubare cibo non hanno nessun timore e addirittura si infilano in qualche auto lasciata col tetto aperto per vedere se riescono a trovarci qualche prezioso bottino. Una volta entrati nel parco è un continuo susseguirsi di animali e baobab, l’entusiasmo del primo giorno è totalmente appagato dallo stupore che la vista così ravvicinata di animali finora osservati solo nei documentari in tv, suscitano in noi: piccoli gruppi di impala, gnu, qualche antilope d’acqua, facoceri, uccelli coloratissimi, faraone, zebre, il tutto si muove all’ombra di alberi enormi e maestosi. Dopo meno di un’ora, Richard fa una deviazione e subito scorgiamo 4\5 jeep ferme intorno ad un baobab: impareremo presto che laddove le auto si fermano c’è qualcosa di importante da vedere… e in fatti sotto al baobab, nella calura del mezzogiorno, dormono otto leoni ammucchiati uno sull’altro. Un giovane maschio e sette femmine per nulla scomposti dal fatto che decine di umani li abbiano circondati e li ammirino fotografando in continuazione da una distanza inferiore ai venti metri. Lo spettacolo è indescrivibile e l’emozione è tale che rimaniamo zitti in adorazione. Ogni tanto qualche leonessa alza la testa e dà un’occhiata in giro, ma sembra che non la riguardiamo assolutamente: presto la stanchezza ha il sopravvento e torna a sdraiarsi fra le zampe e le code degli altri. Quando ci rimettiamo in moto la sensazione iniziale è che la giornata potrebbe anche finire così e saremmo comunque soddisfatti, ma ben presto rientriamo nel vortice del safari e veniamo travolti dai nuovi incontri: branchi di elefanti, giraffe, zebre che pascolano in fianco agli struzzi, famiglie di babbuini coi cuccioli che tentano di imparare ad arrampicarsi sugli alberi. Richard si rivela essere un osservatore formidabile e le sue spiegazioni su abitudini e razze di animali, su alberi e piante arricchiscono l’esperienza. Dopo pranzo abbiamo la fortuna di incontrare una famiglia di elefanti che si rotola nel fango per ripulirsi dai parassiti, e i dik dik, le antilopi più piccole, che vivono sempre in coppia e sono davvero minuscole. Non chiedetemi come ma mentre l’auto corre sullo sterrato la guida riesce ad individuare e a indicarci una coppia di scarabei stercorari che fanno rotolare la loro palla… una foto in più! Avviandoci verso l’uscita individuiamo un altro movimento sospetto di jeep che ci porta a vedere una leonessa capobranco che solitaria attraversa la strada passando a pochissimi metri da noi; indossa un collare che serve a monitorare i movimenti dei branchi all’interno dei parchi.
Usciamo dal parco e ci dirigiamo verso il Roika Tarangire Tented Lodge che si trova appena fuori dal parco. Il lodge non ha una vista o una posizione di rilievo ma le tende che poggiano su solide strutture di pietra sono dotate di ogni comfort e davvero suggestive. Ogni stanza ha due letti queen size, un bagno con acqua calda e una bella terrazza. A cena mangiamo benissimo, il personale è gentile e disponibile. Per la nostra personale esperienza il Tarangire regge benissimo il confronto con parchi ben più famosi. La quantità di animali in uno spazio relativamente ristretto fa sì che il safari non abbia tempi morti e che anzi si incontrino più specie nello stesso momento. Come battesimo del safari questo primo giorno resta indimenticabile.
Giorno 3 – 24.11.2012 MANYARA NATIONAL PARK
Partiamo intorno alle 9 dal lodge, e la strada è asfaltata fino al Lago Manyara. Attraversiamo diversi villaggi, in uno in particolare stanno allestendo un mercato che verso le 14 sarà pieno di gente intenta a vendere e comprare di tutto; all’interno di un grande recinto verranno venduti gli animali. Compriamo le banane rosse, tipiche per la buccia colorata e le dimensioni ridotte, similissime alle nostre sono solo più dolci. All’arrivo nel parco ci rendiamo conto che il panorama e la vegetazione sono completamente diversi e questi cambi di habitat repentini diventeranno presto un’abitudine. Ci capiterà spesso di avere da un lato della strada distese di savana secca dall’altro rigogliosi prati pieni di alberi, oppure foreste seguite improvvisamente da distese di terra rossa ricca di spaccature del terreno dove nella stagione della pioggia scorrono corsi d’acqua. Il lake Manyara sorge appena sotto il ripido versante occidentale della Rift Valley: se intorno al lago la natura è arida, appena ci si allontana dalle rive del lago pare di essere in una foresta tropicale piena di alberi ad alto fusto e ricca di corsi d’acqua che scorrono verso il lago. Il parco è famoso perché capita spesso di vedere leopardi che dormono beatamente tra i rami degli alberi. Noi non saremo così fortunati ma vedremo le loro tracce quando in fianco alla strada scorgeremo una carogna di impala penzolante dai rami di un albero. Appena entrati siamo quasi travolti da un elefante che scende velocemente da un versante e ci attraversa la strada, poi incrociamo numerosi babbuini. Vediamo per la prima volta gli ippopotami (anche se in lontananza) e branchi di gnu, lucertole enormi e uccelli di tutti i tipi. Una volta usciti dalla foresta in direzione del lago possiamo vederne le rive bianche e salate diventare fangose e rossastre man mano che ci si allontana dall’acqua, un terreno apparentemente arido attraversato da giraffe, facoceri e zebre; a fare da sfondo le acque del lago e una sottile linea rose che sembra galleggiarci sopra: sono i fenicotteri che approfittano delle acque salate del lago. Gli animali pascolano quieti e alcune giraffe approfittano per sedersi a riposare. Dopo una giornata ricca come quella di ieri, questo parco dà l’impressione di avere una fauna meno ampia anche se il panorama è davvero suggestivo e la parete della Rift Valley si staglia in maniera netta alle nostre spalle. Certo la visione di un leopardo sull’albero avrebbe dato tutto un altro tono alla giornata, ma non si può avere tutto e ci godiamo questa giornata di sole pazzesca osservando da vicino struzzi e le giraffe che ci scrutano da sopra le cime degli alberi di acacia.
Appena usciti dal parco scavalchiamo il versante e ci troviamo in un ambiente che cambia di nuovo in maniera radicale: l’altro lato del versante è un’immensa distesa di terreni coltivati, mentre il lato da cui proveniamo noi è abitato solo da pastori. Attraversiamo qualche centro abitato e strapaghiamo delle stoffe tipiche, pazienza impareremo a barattare! Siamo diretti verso lake Eyasi e presto lasceremo l’asfalto per immergerci in una strada dissestata e tortuosa che attraversa piccoli “Canyon” di terra rossa. Il sole che comincia a calare colora ancora più questa strada che assume sfumature incredibili. La zona di Lake Eyasi è famosa per la coltivazione della cipolla rossa e quando passiamo accanto ai campi l’odore si fa sentire, ma un po’ per l’orario, un po’ per le persone chine a coltivare nella luce del tramonto, l’immagine è davvero suggestiva. A pranzo abbiamo messo da parte le cose che non ci interessava mangiare, su suggerimento di Richard, biscotti uova e succhi e durante il tragitto, mano a mano che ci avviciniamo all’albergo, ogniqualvolta passiamo davanti a un’abitazione (di legno e fango) spunta qualche bambino che corre a perdifiato in direzione della nostra jeep gridando “pipi pipi” (caramelle). Regaliamo quello che abbiamo ricevendo sorrisi e risate in cambio. Soggiorniamo al Tindiga Tented Camp, un campo tendato: il bagno sul retro ha pavimento di cemento e mura di legno, ma la tenda è una tenda da campo vera e il letto è di tronchi con una zanzariera che ci fa da baldacchino. Andiamo a letto presto perché l’indomani la sveglia suonerà alle 4!
Giorno 4 – 25.11.2012 LAKE EYASI
Ci alziamo non senza una certa fatica, ma appena messo il naso fuori della tenda ogni stanchezza ci abbandona: alziamo gli occhi e restiamo esterrefatti dallo spettacolo del cielo stellato. E’ la prima volta che ci troviamo sotto l’equatore e le costellazioni ci appaiono tutte sconosciute, tranne orione che anche qui è ben riconoscibile; la via lattea è visibile come non mai e l’inquinamento luminoso delle nostre città è un ricordo lontanissimo. Ci dirigiamo all’appuntamento con Richard perché dobbiamo partire per la caccia mattutina con la popolazione degli Hadzabe. Quando abbiamo prenotato questa visita temevamo un tour iper turistico, ma saremo piacevolmente stupiti. A farci da guida in quest’esperienza sarà, un ragazzo rasta in Tanzania che parla bene inglese e si rivelerà molto simpatico. Dopo un breve tragitto al levare del sole raggiungiamo gli Hadzabe che vivono nel bush vicino al letto di un fiume ampio (ma totalmente secco vista la stagione), fra baobab e olduvai, una pianta con cui costruiscono le loro semplicissime capanne. Sono una tribù che vive di sola caccia e bacche, coperti soltanto di pelli e con ai piedi scarpe di copertoni, gli uomini ci accolgono intorno al fuoco dove stanno aspettando di partire per la caccia, le donne, vestite con stoffe sgargianti, fanno colazione insieme ai bambini con delle bacche arancioni. Dopo dei brevi saluti, in silenzio ci mettiamo a inseguire trottando i ragazzi più giovani che armati di archi e frecce accompagnate dai cani, attraversano il bush cercando piccole prede. Non sarà una caccia particolarmente fortunata ma li vediamo comunque catturare tre scoiattoli e diversi volatili: con la precisione di un cecchino scoccano frecce anche tra i rami fitti e raramente mancano le prede. Quando si stancano ci fermiamo, accendono un fuocherello di sterpaglia e ci buttano gli animali così come sono, con piume e pelo e li lasciano arrostire; con una sorta di machete li tagliano in due per cuocerne l’interno, tolgono le interiora e ne terminano la cottura, iniziano a mangiare quella che per loro è una veloce colazione e poi, decidono di offrirci la loro preda più prelibata… lo scoiattolo. Così, non potendo rifiutare, ci ritroviamo a mangiare questa carne e la reticenza non è affatto data dal sapore (che anzi è buono e a me ricorda un po’ la faraona) ma dalle condizioni igieniche del coltello ancora grondante di sangue con cui la carne viene tagliata. Per fortuna sopravviveremo! Rientrando all’accampamento abbiamo l’occasione di ammirare i baobab da vicino, e la loro maestosità è impressionante: in questa stagione inoltre non sembrano affatto upsidedown trees poiché sono pieni di foglie e fiori e frutti e sono spettacolari. Dopo esserci congedati rientriamo al campo tendato per una veloce colazione senza scoiattolo, dopodiché visiteremo un’altra tribù locale: i Datoga che lavorano i metalli e son famosi per la produzione di punte di frecce che permette loro di commerciare con le tribù cacciatrici. Riciclando i metalli semplici da materiali di recupero come vecchie tubature o lucchetti, forgiano bei bracciali e anelli. Dopo aver osservato l’intero ciclo di lavorazione acquistiamo qualche ricordo e ritorniamo verso le tende, non dopo aver raggiunto un punto di osservazione da cui possiamo ammirare il Lago Eyasi che però, in questo periodo dell’anno, ha delle dimensioni davvero ridotte.
Nel pomeriggio dopo pranzo ci dirigiamo verso il cratere Ngorongoro. Il vulcano fa parte di una sorta di catena montuosa che comprende anche altri due crateri di dimensioni minori, Olmoti ed Empakaa, si trova ad un’altezza di 2200, misura oltre 16 chilometri di diametro ed è la caldera più grande del mondo. Quando raggiungiamo il punto panoramico sulla corona del vulcano la vista toglie il fiato: un’immensa savana si staglia all’interno e anche ad occhio nudo si possono individuare gruppi di puntini neri che in realtà son branchi di gnu o bufali; il sole si riflette sul lago che l’indomani scopriremo pieno di fenicotteri e le pareti del vulcano racchiudono questo spettacolo come a volerlo proteggere. Raggiungiamo il Rhino Lodge, che si rivelerà essere molto piacevole e che ci permetterà di sederci comodamente nella terrazza della camera a guardare passare antilopi, elefanti e bufali che passeggiano e pascolano nel prato a pochi passi da noi. Se potete permettervelo credo che il Ngorongoro crater lodge che si trova proprio sulla corona e si affaccia direttamente sul vulcano, offra uno spettacolo magnifico. Noi ci “accontentiamo” di sederci nella suggestiva e ampia sala da pranzo, attorno a uno dei camini che scaldano la sala da pranzo e di imparare a giocare a Bao (un gioco da tavola tipico della costa) sorseggiando una tazza di the.
Giorno 5 – 26.11.2012 NGORONGORO CRATER
Scendere nel cratere è davvero un’emozione, e si ha subito l’impressione di entrare in un posto unico al mondo, perfettamente conservato. Gli animali la fanno da padroni e dobbiamo più volte fermarci per lasciare strada a zebre e gnu che pascolano in tutta tranquillità. Vediamo per la prima volta i bufali, tanti ed enormi con le caratteristiche corna che si uniscono al centro della fronte per poi scendere incorniciando il muso. Non so come Richard riesca a individuare in lontananza due giovani leoni maschi che hanno appena concluso con successo la loro caccia e ora banchettano con calma dividendosi la preda. Purtroppo sono lontani in un’area non raggiungibile e possiamo guardarli solo col binocolo, peccato! Visitiamo un laghetto pieno di ippopotami e poi in lontananza scorgiamo quello che a noi sembra un enorme masso ma che invece si rivela essere un rinoceronte. Effettivamente dopo un’attenta analisi col binocolo lo vediamo muovere pigramente la coda, ma sta riposando e potrebbe restare là immobile per ore. Nel frattempo scorgiamo in lontananza il tipico volo degli avvoltoi sulla preda e ci dirigiamo nella loro direzione mano a mano che ci avviciniamo incontriamo iene e sciacalli e il nostro sospetto diventa sempre più certezza. Non riusciamo a vedere la sfortunata carogna che è nascosta dietro una collina, ma in compenso scorgiamo i suoi spietati predatori: un gruppo di leoni riposa a pancia piena fra i cespugli. Proseguiamo il giro fra gazzelle e zebre e ci dirigiamo verso un’area di sosta poco frequentata. Il tempo di una pipì veloce e risaliamo in macchina ma ecco che mentre ci allontaniamo da un boschetto esce una leonessa. Attraversiamo un’area boschiva sperando di individuare qualche leopardo fra i rami, ma non abbiamo fortuna e quando all’uscita dagli alberi incrociamo un’altra jeep scopriamo che i rinoceronti (erano due e non uno come ci era sembrato)si sono mossi e hanno attraversato la strada. Corriamo subito a vederli ma purtroppo sono nuovamente distanti e riusciamo a scorgerli bene solo con binocolo e zoom. L’ultimo giro prima di uscire dal parco ci regala i cuccioli di facocero che seguono la madre correndo goffamente con la coda ritta all’insù, una miriade di pulcini di struzzo, e un combattimento tra due giovani zebre maschio, per conquistarsi il dominio all’interno del branco. Per rientrare la lodge dobbiamo percorrere gran parte della corona e durante il tragitto, in silenzio, cerchiamo di fissare nella mente tutte le immagini incredibili che Ngorongoro ci ha appena regalato.
Giorno 6 – 27.11.2012 GOLE DI OLDUVAI E DI OLKARIEN
Al mattino abbiamo in programma di visitare le Gole di Olduvai (un importante sito archeologico dove son stati rinvenuti reperti di oltre due milioni di anni fa) e le Gole di Olkarien, una sorta di canyon sulla cima del quale depongono le uova gli avvoltoi di Rueppell. Quest’ultima destinazione l’abbiamo scelta dopo aver letto dei consigli in internet ed è la prima volta che la nostra agenzia ci porta qualcuno. Così dopo la visita al museo di Olduvai (che peraltro non ci entusiasma molto), Richard preferisce chiedere l’ausilio di un vecchio Masai che sale in macchina con noi e ci indica la strada. La scelta si rivela molto utile considerato che dopo poche centinaia di metri la strada finisce e per gran parte del tragitto dobbiamo limitarci a seguire i segni che qualche altra jeep ha lasciato sull’erba. Il tragitto è davvero lungo e impegnativo ma ci offre un panorama autentico e fuori da l circuito turistico. In particolare attraversiamo una pianura sconfinata dove pascolano insieme gazzelle di Thomson, gazzelle di Grant, gnu, zebre, e gli animali dei Masai (mucche capre ed asini). La mancanza di una strada battuta fa sì che gli animali ci corrano a fianco, con improvvisi scarti quando stanno per avvicinarsi pericolosamente alla macchina in corsa. Non sappiamo più dove guardare, sembra di essere ancora dentro Ngorongoro solo che qui siamo gli unici né incontreremo nessuno oltre i Masai per le prossime sei ore. Arriviamo alle Gole dopo aver attraversato zone desertiche ricche di sabbia nera e luccicante, e dopo aver potuto ammirare da lontano l’Ol Donjo Lengai il vulcano sacro ai Masai. All’interno della gola incontriamo finalmente i Masai, ma in un ambito non organizzato mentre raccolgono acqua e fanno pascolare le mucche all’interno di questo corridoio scavato fra le rocce. Un bimbo di pochi mesi in braccio alla sua mamma scoppia a piangere dopo averci visto, bianchi in volto e vestiti con abiti chiari che indossiamo per evitare le zanzare: semplicemente non ha mai nessuno al di fuori della sua gente! Purtroppo non possiamo restare a lungo nelle gole, le percorriamo fin dove le mucche ci lasciano spazio, poi dopo un pasto veloce dobbiamo già rimetterci in viaggio. Effettivamente la deviazione per visitare Olkarien è impegnativa soprattutto per l’autista, per cui non mi sento di consigliarla a chi non ha molti giorni di safari, e vuole ottimizzare ogni momento. Per noi, però, è stata una bellissima esperienza, che ci ha riempito gli occhi di panorami vastissimi e ci ha regalato la sensazione di essere in un posto esclusivo e ancora intatto.
Arriviamo al Serengeti National Park verso sera, entriamo dal cancello Sud per cui siamo subito nella zona centrale di Seronera. Appena dopo l’entrata siamo travolti da un acquazzone (il primo del viaggio) che ci regala un arcobaleno e un po’ di fresco. Il solito gruppetto di jeep ci porta a deviare dalla strada principale e ci troviamo di fronte un leone maschio che però ci appare subito malato e deperito. Dopo l’entusiasmo iniziale ci prende subito lo sconforto nel vedere questo meraviglioso animale sfinito e sofferente. Il fatto che sia solo, a magrezza e il pelo rovinato indicano chiaramente che non gli resta molto da vivere e infatti in lontananza possiamo già scorgere i primi avvoltoi. Ci allontaniamo in silenzio, non è un bello spettacolo. In mezzo alla pianura sconfinata di Seronera spuntano qua e là, a grande distanza l’uno dall’altro, enormi massi che Richard ci dice essere l’habitat ideale per i leopardi e infatti al quinto tentativo individuiamo fra il fogliame in cima a una roccia (noi lo vediamo davvero con grande difficoltà!), un leopardo femmina che presidia la tana dove, ci sono i cuccioli. Poichè si sta facendo buio e dobbiamo cercare il campo tendato (che peraltro è itinerante) ci rimettiamoin strada. Contiamo però di tornare l’indomani per provare a vedere meglio il leopardo. Raggiungiamo il Serengeti Kati Kati tented Camp dopo il tramonto, ed è uno spettacolo soggiornare in una tenda al centro del Serengeti. La cena sotto una tenda illuminata dalle candele e dalla luna piena è meravigliosamente romantica, la tavola imbandita con tovaglie bianchissime e posate d’argento, la cucina è finalmente quella tipica tanzaniana… insomma… indimenticabile…
Giorno 7 – 28.11.2012 SERENGETI NATIONAL PARK
Ci svegliamo nel cuore della notte: si sente chiaramente un leone ruggire non troppo lontano, lo ascolteremo per quasi mezz’ora, lui e altri mille rumori di iene, zoccoli che pascolano vicino (probabilmente di zebre), di scoiattoli che corrono sopra la tenda e versi di uccelli e altri animali che non riusciamo a riconoscere. Ci alziamo verso le 8.00 una veloce colazione e siamo di nuovo in auto, inutile dire che ci dirigiamo subito verso la roccia della sera precedente. La mamma leopardo però si è spostata su di una roccia poco lontano e, meraviglia delle meraviglie, è completamente esposta, comodamente accovacciata sul punto più alto. Quando siamo in piedi all’interno dell’auto è di poco sopra le nostre teste e restiamo letteralmente incantati ad ammirarla per oltre un quarto d’ora mentre lei sbadiglia, si lava e osserva tutti i dintorni. Quando comincia a dare qualche segnale di essersi stufata e comincia la sua agile discesa, Richard prontamente mette in moto l’auto, e si sposta verso la roccia dove pensiamo abbia la tana sicché ci godiamo tutta la camminata, le movenze feline, e il passaggio davanti alla jeep prima di vederla risalire e nascondersi fra rocce e piante. Siamo senza fiato, una fortuna così è davvero sfacciata. Sarà l’immagine più emozionante del viaggio, e ci resterà impressa per sempre. A questo punto la giornata potrebbe anche finire e invece sono solo le 9. Vediamo poco distante il volare degli avvoltoi che ci indica che qualcosa dev’essere successo, quando li raggiungiamo siamo vicini a un piccolo fiume e entrambe le sponde sono ricoperte di avvoltoi, grifoni e marabu (un uccello simile alla cicogna ma molto più grosso) in attesa del loro turno. In acqua infatti giacciono un paio di gnu probabilmente impantanatisi nell’attraversare il fiume e già diversi uccelli ci stanno banchettando. Il clima è spettrale, la giornata infatti è nuvolosa e sopra di noi continuano a volteggiare gli avvoltoi mentre la puzza dei due sfortunati animali comincia a farsi sentire. Continuiamo sulla nostra strada e poco dopo restiamo incastrati in un ingorgo di jeep ed elefanti: il guado per attraversare il fiume è infatti bloccato da un’enorme famiglia di elefanti (circa una trentina di esemplari) che si abbeverano e nel frattempo mangiano, si scontrano, giocano. Ci sono cuccioli di tutte le età, ma siamo tutti attratti dall’immagine un po’ triste di un maschio che tenta di bere nonostante abbia la proboscide spezzata e non riesca dunque a comandarla: in pratica la riempie d’acqua, ma nel momento in cui la porta alla bocca non riesce a infilare la parte finale e l’acqua va tutta perduta. Per fortuna lo vediamo mangiare con più facilità anche se non possiamo fare a meno di preoccuparci per la sua sorte. Dopo una lunga sosta di attesa e osservazione ci rimettiamo in moto. Incontriamo un’altra famiglia di leoni, con un giovane maschio dalla criniera ancora corta e chiara. Riposano pacificamente e sono vicinissimi. possiamo ammirarne le zampe, le colorazioni leggermente maculate della pancia, le code, i movimenti placidi. Di nuovo un paio di jeep ferme richiamano la nostra attenzione e sotto un albero, in mezzo all’erba alta ci appare il ghepardo. E’ lontano e purtroppo, nonostante la nostra attesa non si alza, ma possiamo scorgerne benissimo il muso, la coda che si agita e lo vediamo anche rotolarsi sulla schiena. L’intensa mattinata volge al suo termine: tra branchi di gnu e elefanti, facoceri, manguste e gazzelle rientriamo al campo e pranziamo sotto la tenda ristorante affacciati sulla vastità del Serengeti.
Carichiamo le valigie e ci dirigiamo verso l’uscita ovest del parco, il safari pomeridiano si svolge dunque attraverso il Western Corridor: il panorama cambia rapidamente, la vegetazione appare subito alta e rigogliosa, durante il nostro tragitto si scatena un temporale e guardando a quanto è verde la zona che attraversiamo non dev’essere il primo. Vediamo per la prima volta l’antilope Topi, grossa e dalla colorazione particolare nero-rosso-aranciata. Abbiamo la fortuna di vedere l’inizio della migrazione degli gnu che si stanno spostando verso la pianura di Seronera che nei prossimi mesi rinverdirà grazie alle pioggie. I branchi si muovono creando delle lunghissime file che ci attraversano le strade, la quantità non è quella del momento clou della migrazione, ma sono comunque tantissimi animali! Incontriamo vaste pianure verdeggianti piene di gazzelle e bufali, e vediamo nuovamente ippopotami e coccodrilli. All’uscita del parco ci dirigiamo verso il Lago Vittoria, nella località di Speke Bay. Alloggiamo nei bungalow dello Speke Bay Lodge, enormi e di alto livello, il lodge riceve sulla sua spiaggia gli alligatori e di notte un ippopotamo esce dal lago e pascola sul prato. I bungalow affacciano direttamente sulla spiaggia e dalla veranda ci godiamo il tramonto.
Giorno 8 – 29.11.2012 SPEKE BAY
Il programma di oggi prevede una visita in canoa ad un villaggio di pescatori. Poiché ho fatto aggiungere questa deviazione al programma attratta dal lago Vittoria il mio timore è quello di aver fatto un buco nell’acqua. Partiamo di buon’ora in una piroga con tre vogatori e con la guida Robert che abita nel villaggio di Mwaburugu, la giornata è splendida e il lago è calmo. Arriviamo al villaggio quando è in corso il mercato e veniamo subito travolti dai rumori, dai colori, dagli odori. Si vende il pescato, la frutta, il tabacco; sulla riva gli uomini sistemano le reti, i marabu aspettano pazienti sulla spiaggia in attesa di qualche scarto. La bellezza di questa visita è che il villaggio non è abitato da una tribù ma dalla normale popolazione tanzaniana; non si tratta di capanne sperdute senza acqua e comodità, ma di un villaggio con case (seppur sempre costruite di fango e legno) strade, negozi, un mulino, la scuola ecc.ecc. Ovviamente tutto appare molto “caratteristico”, ma questa è la normale quotidianità dei piccoli paesi che non sono città vere e proprie come Arusha. Altra cosa che ci piace molto è che (sebbene anche in questo caso la visita si paghi) nessuno ci aspetta o si è preparato per il nostro arrivo, nessuno ci bada più di tanto per cui siamo liberi di girare per le vie con la guida che ci spiega abitudini e usanze. A dire il vero qualcuno che è molto felice della nostra visita c’è… sono i bambini che subito ci accolgono e ci cominciano a seguire, prendendoci per mano e cercando di interagire in ogni modo. Curiosi e rumorosi, alcuni che camminano appena, man mano che ci addentriamo per il paese escono dalle case e aumentano in continuazione, finché ritorniamo alla barca con almeno una ventina di bambini a farci compagnia, due o tre per mano. Le foto delle loro facce sorridenti, la tranquillità e la lentezza della vita della gente di Mwaburugu, ci arricchiscono e ci danno un vero contatto con la vita del popolo tanzaniano. La gita è stata molto interessante e divertente, ci ha permesso di rilassarci rispetto alla frenesia del safari, e i colori del villaggio ci hanno riempito di allegria.
Dopo pranzo ripercorriamo lo stesso tragitto, rientriamo nel Serengeti attraverso il western corridor questa volta sotto la luce di uno splendido sole. Rivediamo le mandrie, le zebre, un giovane leone che dorme a pancia in su, finché scendiamo in un’area picnic dove un’insegna indica l’hippo pool. Quando ci affacciamo lo spettacolo è incredibile, in una pozza di fango putrido sguazzano centinaia di ippopotami di tutte le età e di tutte le misure. Ovunque volgiamo lo sguardo qualcuno sbadiglia qualcuno si rotola, qualcuno monta sopra agli altri. I cuccioli fuoriescono mostrandoci le pance rosa, oppure li vediamo mordicchiare le orecchie della mamma. Stiamo almeno un quarto d’ora a fotografare in continuazione ogni movimento, ogni bocca spalancata la densità di animali è incredibile! Poi mentre ci dirigiamo al lodge troviamo un esemplare all’asciutto che ha appena attraversato la strada, ma riusciamo ancora a scorgerlo mentre rientra nel bosco. Assistiamo al tramonto proprio mentre arriviamo al Lobo Wildlife Lodge, un posto da sogno che mai avrei pensato di potermi permettere. Costruito attorno ad una roccia enorme, di quelle amate dai leopardi, è un lodge piuttosto grande che risale a fine anni 50, costruito in stile coloniale, con abbondante legname. Al di là della struttura che è si sviluppa intorno e all’interno della roccia, la sala da pranzo è veramente mozzafiato: Enorme, altissima, con gli alberi che la attraversano si articola su due livelli che si sviluppano intorno ad un enorme camino centrale: Le enormi pareti vetrate, Le sedie rivestite in pelle ricamata, le tavole, i tappeti, i lampadari che pendono dal soffitto, tutto contribuisce a creare un atmosfera di altri tempi, romantica e molto calda. La cena è davvero buona, e dopo il solito the ci addormentiamo con le tende aperte e la vista che domina la savana.
Giorno 9 – 30.11.2012 SERENGETI NATIONAL PARK
Ci svegliamo alle cinque e mezza e corriamo a vedere l’alba dalla terrazza della piscina che è sospesa sul panorama senza fine del Serengeti. La mattina è ancora fredda ma ci scaldiamo presto non appena i raggi del sole cominciano a illuminarci la faccia. E’ il nostro ultimo giorno nel Serengeti, l’ultimo giorno di Safari, ci sembra giusto imprimere negli occhi l’immagine di questa vastità infinita, dove già vediamo pascolare le prime giraffe e volare cicogne e rondini. Ci mettiamo in macchina, e ci accorgiamo presto che la zona nord del Serengeti non è ricca di animali come quella di Seronera, ma ci stiamo un po’ rattristando quand’ecco che ci arriva l’ultimo regalo: un esemplare maschio nel pieno del suo splendore, la criniera scura e folta, l’aria fiera. Dorme disteso sotto un albero e non sembra avere nessuna intenzione di alzarsi dopo un po’ che aspettiamo Richard usa uno dei suoi trucchetti: prende una bottiglia di plastica e incomincia ad accartocciarla. Il rumore non è fortissimo ma basta ad incuriosire il leone che si mette seduto e si mostra in tutta la sua bellezza. Ora siamo pronti per lasciare il Parco! Ci dirigiamo verso il Lake Natron, ultima meta del nostro viaggio. Il tragitto è molto lungo e la strada impervia come spesso accade, il panorama sempre bellissimo. Arriviamo nel pomeriggio e alloggiamo presso il Lake Natron Tented camp.
Giorno 10 – 1.12.2012 LAKE NATRON
Al mattino ci alziamo presto e andiamo, accompagnati da un Masai, sulle rive del lago. Anche questo è di origine vulcanica e dunque salato, le rive scricchiolano sotto i nostri passi perché il fango è secco e pieno di sale. I fenicotteri sono molto vicini ma vista la stagione non sono tantissimi. Ne ammiriamo di due specie diverse una più rosa l’altra più chiara. Il sole basso che si riflette nelle pozze d’acqua lungo le rive rende l’atmosfera davvero suggestiva. Il lago è in una posizione strategica: si sviluppa appena sotto il versante della Rift Valley e contemporaneamente alla base del vulcano Ol donjo lengai che finalmente possiamo ammirare da vicino. Dopo colazione ci dirigiamo a visitare il villaggio, della nostra guida l’Engaresero village: è un tipico villaggio masai, dignitoso pur se povero. Ci viene mostrato come producono una bevanda alcolica usando cereali e lievito e abbiamo l’opportunità di visitare una scuola, conoscendo una delle eroiche maestre che insegnano in classi composte da 70 alunni per volta. Avendo terminato le attività previste dal programma il pomeriggio lo passiamo a riposare.
Giorno 11 – 02.12.2012 ARUSHA
Dopo colazione ci mettiamo in strada per Arusha, e il tragitto che percorriamo è davvero impressionante: passiamo alle pendici del vulcano e possiamo ammirarne le pareti completamente segnate dall’erosione delle colate laviche e dell’acqua. Tutt’intorno il terreno è evidentemente stato testimone di numerosi fenomeni geologici, e le spaccature del terreno, i suoi diversi livelli di altezza, i colori delle rocce tutto ci lascia immaginare altri periodi storici in cui nulla era come ci appare oggi. Le giraffe che pascolano lente pochi metri più in là sembrano anch’esse animali di altri tempi perfettamente inserite in questo contesto. Il tragitto è ancora lungo e infatti arriviamo ad Arusha per l’ora di pranzo: pranziamo al Coffee Lodge, un albergo-ristorante in mezzo alle piantagioni di caffè, poi, dopo un breve giro all’interno della città, raggiungiamo la sede di Pata Pata Safari dove trascorreremo un piacevole pomeriggio in attesa del volo. Quando è ora di partire con grande tristezza ci rimettiamo in auto fino all’aeroporto. Nessuno emette un fiato, siamo tutti incollati ai finestrini per imprimere nella memoria le ultime immagini di persone e panorami che ci passano davanti. Anche questa volta il Kilimangiaro si nega a noi: avvolto dalle nuvole ci mostra solo la cima innevata. All’aeroporto il check in è più volte interrotto da momentanei blackout ma purtroppo va a buon fine e ci tocca ritornare a casa.
CONCLUSIONI
La nostra scelta di organizzare un safari lungo, è stata molto meditata in quanto l’obiettivo era quello di saziare una grande voglia di natura e animali. La decisione di alternare però parchi a visite di altro genere si è rivelata buona perché è da considerare che una giornata al parco si trasforma in una giornata trascorsa all’interno della macchina e per quanto il tettuccio si apra e si abbia la sensazione di essere all’aperto, di fatto non c’è mai l’occasione di sgranchirsi le gambe. A seconda di quanti giorni scegliate di dedicare alla Tanzania del nord il vostro programma può variare e arricchirsi: di sicuro un buon assaggio è dato dal terzetto Serengeti-Ngorongoro-Tarangire (d’altro canto son le mete più inflazionate). Tenete conto che a seconda delle stagioni e della fortuna che si ha nel fare incontri interessanti ogni parco acquista o perde fascino. Ad esempio a noi non ha entusiasmato Lake Eyasi, e se volete visitarlo vi consiglio di inserire in programma più attività di quanto abbiamo fatto noi (visita alle cascate e, soprattutto la risalita notturna del vulcano Ol donjo lengai, lunga e impegnativa ma sicuramente meravigliosa). Lake Victoria vi porta un po’ fuori mano, ma ha rappresentato un piacevole momento di relax e un’occasione di avere un contatto autentico con la popolazione. Se avete poco tempo sconsigliamo la visita alle gole di Olkarien, in quanto piuttosto distanti dal normale tragitto.