Romania: Sapinta
Sono montagne poco conosciute i Maramures, eppure così piacevoli e verdi in estate. Le estreme propaggini dei rilievi balcanici prima che la terra si rilassi nel delta danubiano. Una terra poco popolata, fatta di piccoli paesi segreti, chissà se oggi spopolati dall’emigrazione, che nascondonevano piccole perle contadine, villaggi antichi, chiesette in legno con antiche pitture. Gente che all’epoca di Ceaucescu pareva serena, figuriamoci. Avevamo pranzato a casa di una famiglia mista, lui camionista italiano, lei rumena, a cui avevamo chiesto una informazione sulla strada da percorrere. Non ci avevano lasciato andare via; volevano farci assagiare la mamaliga con torcitura, una sorta di polenta e formaggio di montagna appena preparata. Il vino lo avevamo noi e loro, che avevano portato i quattro bambini in vacanza dai nonni, pensavano di essere scortesi a non offrirci ospitalità. “Quando arriva uno straniero, bisogna accoglierlo bene, se no che gente saremmo.” ci disse la signora, come per sottolineare una cosa scontata. I bambini ci chiedevano come facevamo a fare i turisti se non sapevamo il rumeno, ma fu facile spiegare loro che con chi ha la buona volontà di capirsi, ci si intende anche se è muto. Erano un po’ tristi, perchè da poco era morto lo zio, mentre, di notte cercava di abbattere un albero nel bosco per avere legna per l’inverno, cosa proibita dal regime e c’era rimasto sotto. Quando li lasciammo, uscirono tutti sulla strada per augurarci buon viaggio. Ci avevano segnato la strada per arrivare a Sapinta, un piccolo paese, dove di fianco alla chiesa, come in tanti altri luoghi c’è un cimitero. Ma questo è diverso dagli altri. Il becchino del paese ha lavorato qui per oltre cinquanta anni ed aveva un hobby. Non solo si occupava della sepoltura, ma in un piccolo laboratorio, con il legno dei boschi vicini, preparava per ognuno una croce di legno con una larga superficie che poi dipingeva con colori vivacissimi, su cui, oltre ai dati del defunto, intagliava delle figurine che rappresentavano la causa della morte e una poesia che raccontava qualcosa del defunto, dai suoi meriti ai suoi difetti, incluse anche le maldicenze del paese. Un epigramma mordace, accettato da tutti con affetto; una Spoon River balcanica triste e delicata a tratti, altre volte irrisoria e tagliente. Entrare nel piccolo cimitero dava però un senso di allegria languida. Girare tra l piccole tombe nella terra, non dà senso di tristezza. Deve essere lieve riposare lì, tra quei monti solitari, tra gente gentile che ti sorride quando la saluti.
Enrico Bo http://ilventodellest.Blogspot.Com/