Roatan e cayos cochinos in catamarano

Domenica 5 aprile 2009, è arrivata l'ora di partire! Io, Marco e i nostri figli Mirko e Matteo siamo pronti... Ore 17,30: visibilmente stanchi per il lungo viaggio, ma pieni di entusiasmo, mettiamo finalmente piede in terra honduregna, il piccolissimo e semplice aeroporto di Roatan rende subito l'idea dello stile di vita locale. Le solite...
Scritto da: cinziacb
roatan e cayos cochinos in catamarano
Partenza il: 05/04/2009
Ritorno il: 13/04/2009
Viaggiatori: fino a 6
Spesa: 1000 €
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Domenica 5 aprile 2009, è arrivata l’ora di partire! Io, Marco e i nostri figli Mirko e Matteo siamo pronti… Ore 17,30: visibilmente stanchi per il lungo viaggio, ma pieni di entusiasmo, mettiamo finalmente piede in terra honduregna, il piccolissimo e semplice aeroporto di Roatan rende subito l’idea dello stile di vita locale. Le solite formalità e poi via… Verso West bay.

Durante il breve tragitto assaporiamo già quello che ci aspetta, la vegetazione rigogliosa e le capanne lungo la strada costiera lambita dal mare azzurro intenso ci conquistano, costeggiamo la spiaggetta di Flowers bay e dopo poco raggiungiamo la nostra destinazione.

Arriviamo in albergo al tramonto, il nostro resort si chiama Henry Morgan, è uno dei più conosciuti e frequentati dagli italiani. La prima impressione è positiva, l’ambiente è accogliente; la stuttura è costruita su palafitte e tutta realizzata in legno con ampi spazi comuni che riproducono l’interno di un galeone pirata. Le piccole casette colorate che ospitano i clienti sono immerse nel verde, le camere sono semplici ma carine, con grandi letti a baldacchino e un terrazzino con le amache.

Vuotiamo velocemente le valige e andiamo alla ricerca del ristorante; buffet ricco e qualità buona, siamo soddisfatti ma stremati, le otto ore di fuso si fanno sentire pesantemente… Ma la curiosità è troppa e prima di andare a letto dobbiamo vedere la tanto decantata spiaggia di West Bay! Attraversiamo i vialetti in mezzo al giardino dove c’è anche la piscina e arriviamo finalmente sulla spiaggia, la prima cosa che ci colpisce è il mare, anche al chiaro di luna l’acqua è azzurra e trasparente. Camminiamo un po’, gli alberghi sono tanti e si susseguono uno dopo l’altro, c’è gente e musica… La zona è turistica, lo sapevamo, ma la nostra intenzione è quella di visitare anche la vera Roatan, non vediamo l’ora di organizzarci! Lunedì ore cinque del mattino: ormai sveglia da ore, munita di repellenti e olio contro i sand flies, vado ad aspettare l’alba in spiaggia mentre mio marito e i miei figli dormono. Più tardi li raggiungo per la colazione, la mattinata scorre velocemente; facciamo una bella passeggiata sul bagnasciuga fino alla scogliera dove scopriamo che ci sono delle iguane. La spiaggia è piuttosto affollata, ma l’ultima parte, chiamata Tabyana Beach, è deserta perché riservata ai croceristi che vengono stipati lì come le sardine. Nei giorni successivi avremo la possibilità di vedere come, con l’arrivo delle navi da crociera, quell’angolo di paradiso viene completamente trasformato.

Sotto un sole cocente pianifichiamo le nostre escursioni, le proposte dell’albergo ci sembrano troppo limitate e quindi ci organizziamo in piena autonomia. Cerco subito un taxi-boat e mi accordo per 100 dollari complessivi per un giro lungo le spiagge della costa a nord-ovest da effettuare nel pomeriggio, appuntamento alle 14 al molo di destra. Ritorno dalla mia famiglia e mio marito, sdraiato a prendere il sole, mi accoglie entusiasta con un bigliettino in mano che illustra una crociera di due giorni in catamarano nell’arcipelago di Cayos Cochinos. Il posto è stupendo e il prezzo allettante (150 dollari a testa tutto compreso), ma due giorni ci sembrano troppi avevamo calcolato di andarci in una giornata. Ne parliamo un po’, mio figlio Mirko, 19 anni, non ne vuole sapere di schiodarsi da West Bay, la nostra spiaggia è come una discoteca all’aperto e la sera gli hanno anche proposto di fare il dj, figuriamoci andare via per due giorni! Decido comunque di chiedere ulteriori informazioni e riesco a trascinarmi dietro Mirko. Poco più in là è ancorato il catamarano Rogercat e sulla spiaggia individuo la persona descritta da mio marito: è Ruggero, uno skipper italiano che ci fornisce un sacco di spiegazioni sulla sua escursione. Bastano pochi minuti per rimanere affascinati e decidiamo all’istante di prenotare.

Pranziamo velocemente e ci rechiamo puntuali al molo, purtroppo la barchetta prenotata per il giro delle spiagge non ci può accompagnare a causa del mare grosso e la barca più grande ha un prezzo decisamente diverso. Proviamo a contrattare, ma insoddisfatti decidiamo di cambiare programma: raggiungeremo le spiagge via terra. Rientriamo in albergo e dalla reception facciamo chiamare un taxi, dopo 5 minuti stiamo già discutendo l’itinerario con Roberto, l’autista; anche se siamo in quattro ci chiede 100 dollari perché il taxi sarebbe per 8 persone, ma ci possiamo stare perché ci porterà dove vogliamo e partiamo immediatamente.

Nel nostro percorso decidiamo di evitare Sandy Bay perché il bagno con i delfini l’abbiamo già fatto a Cuba e il tempo a disposizione non è molto. Dopo un tratto di sali-scendi sulla strada asfaltata proseguiamo il percorso sullo sterrato e raggiungiamo Marbella Beach. E’ un lungo tratto di spiaggia incantevole con sabbia bianca e fine, ci soffermiamo ad ammirare il paesaggio ricco di palme, la spiaggia è completamente deserta, un vero paradiso! La seconda tappa è Palmetto Bay. La baia è molto carina, la spiaggia è quasi deserta nonostante la presenza di un resort; qui la sabbia è dorata e l’atmosfera è calda e avvolgente, ma ci sono i sand flies e l’acqua ha un colore scuro a causa delle numerose alghe così scattiamo qualche foto e ripartiamo. Tagliamo verso sud e in pochi minuti raggiungiamo French Harbour, principale porto commerciale di Roatan e seconda cittadina dopo Coxen Hole. Non c’è molto da vedere, ma lì vicino c’è una delle attrazioni più conosciute dell’isola: la fattoria delle iguane.

Entriamo nell’Arch’s Iguana Farm e percorriamo un vialetto in discesa stando attenti a non calpestare le iguane che sono ovunque. Una signora ci viene incontro con delle banane e appena le bestiole se ne accorgono si ammassano intorno ai nostri piedi; Mirko inizia ad accarezzarle sulla testa, mentre Matteo si diverte da matti ad osservare come le iguane si allungano per raggiungere le banane che lui gli porge, finché un’iguana dalla vista poco acuta scambia le sue ciabatte per banane e inizia a seguirlo determinata a non farsi sfuggire quel gustoso bocconcino… Personalmente mi limito a scattare foto e l’unica mia preoccupazione è di mantenere la distanza di sicurezza da loro. La fattoria è posizionata su un tratto di costa, così scendiamo al piccolo molo ad osservare pesci, tartarughe marine e aragoste. Risaliamo in auto e andando in direzione di Coxen Hole ci scambiamo le nostre impressioni: ci hanno detto che lì ci sono oltre quattromila iguane e i proprietari le fanno entrare in casa come se fossero cani o gatti; solo su un isolotto disabitato vicino a Cayo Largo avevamo visto tanti di questi animali, ma non vivevano insieme agli uomini, Comunque la considerazione più immediata è che questi signori hanno inventato un vero bisness, ogni settimana ci sono centinaia di visitatori che pagano 8 dollari a testa…Mica male! Attraversiamo Coxen Hole in auto, è un piccolo paese con due strade principali, anche se la chiamano la capitale. Ci fermeremo qui nei prossimi giorni, quindi lasciamo la strada costiera e proseguiamo verso nord diretti a West End.

Quando arriviamo il sole sta già calando, ci fermiamo ad ammirare la spiaggia di Half Moon Bay, fatta proprio a mezza luna, come dice il suo nome. Proseguiamo camminando lungo la strada sterrata, tra la polvere alzata dalle auto di passaggio e dopo poche decine di metri siamo già al porticciolo di West End, lungo la strada piccole casette di legno colorate, qualche localino, un po’ di negozietti e tanti, tantissimi centri diving. Il martedì lo dedichiamo al relax in spiaggia, ma nel pomeriggio dobbiamo rifugiarci nella hall dell’albergo perché un tipico temporale caraibico si abbatte su Roatan, dura solo un’oretta, ma l’acqua è davvero tanta; ora capiamo perché l’intero villaggio è costruito su palafitte e perché ci sono tutti quei canaletti nei giardini, senza di essi sarebbe una palude! La sera riusciamo a resistere un po’ di più al sonno e ci godiamo uno spettacolo di canti e balli tipici.

Il mercoledì è all’insegna delle nuvole, il paesaggio non sembra neanche lo stesso. Nel pomeriggio ci incamminiamo lungo la strada principale per raggiungere il Gumbalimba Park, anche se non c’è il sole è molto caldo e la passeggiata è più lunga del previsto, averlo saputo prima avremmo fatto il percorso lungo spiaggia anche all’andata, è veramente molto più veloce.

Ci aspettavamo un parco enorme, invece è solo un giardino ben curato con molte piante, attraversiamo un ponte sospeso su un laghetto e raggiungiamo le voliere dei pappagalli, riusciamo anche a vederne alcuni liberi e un guardiano ne prende uno per fare delle foto. Proseguiamo fino ad uno spiazzato dove delle scimmiette saltano da un albero all’altro, una guida le attira con dei semi di girasole e così possiamo fotografarci con loro. Matteo è affascinato da questi animaletti e rimarrebbe volentieri, ma riprendiamo il percorso pensando che ci sia altro da vedere. In realtà è tutto lì. Riprendiamo i nostri zaini lasciati all’entrata e andiamo verso la spiaggia per ritornare indietro. L’ambiente è molto carino e le scimmiette sono deliziose, proprio una bella attrazione, ma siamo un po’ delusi perché per 20 dollari a testa ci aspettavamo di più, si vede proprio che la zona è frequentata da turisti americani…

Il giovedì ritorna il sole e alle sette e mezza del mattino siamo pronti per esplorare la parte dell’isola meno turistica. Un taxi ci sta già aspettando, vogliamo andare fino a Old Port Royal che si trova nella zona est dell’isola, ma la strada sterrata è molto brutta e il tassista è disponibile ad arrivare fino a New Port Royal… Ci accontenteremo.

Attraversiamo Coxen Hole e French Harbour, ad un certo punto la strada diventa sterrata e piena di buche… Arriviamo a New Port Royal, ci sono solo poche capanne, neanche l’ombra dei turisti, la spiaggia è lunga, ma poco ampia, la sabbia è dorata… Il tutto ha un fascino molto particolare e selvaggio, proprio come piace a me. Le soste successive sono a Camp Bay e Paya Bay, due belle spiagge con mare azzurrissimo, ma un po’ mosso perchè in questo tratto non c’è barriera. La prima è generalmente deserta e poco è frequentata dai turisti perché priva di strutture ricettive e difficilmente raggiungibile. Sulla seconda sorge resort che ha una piccola baietta privata raggiungibile solo dall’albergo… Così anche su questa spiaggia non c’è nessuno. Chiediamo di andare a Punta Gorda, il nostro autista ci sconsiglia perchè dice che non c’è niente, ma per fortuna avevamo letto qualcosa al riguardo e insistiamo per andarci ugualmente. Infatti non c’è niente di turistico: un piccolo villaggio di pescatori Garifuna che vivono in povertà, isolati dal resto della popolazione, questa gente vive in capanne costruite tra le palme lungo la spiaggia che costeggia un bel mare azzurro intenso… Per noi è una meraviglia, ma ognuno ha i propri gusti! Passiamo da Diamond Rock, una cava di diamanti ormai in disuso e ci indirizziamo verso Oak Ridge. Sono poche le escursioni organizzate che prevedono questa tappa, eppure è una località che merita di essere visitata; la chiamano la Venezia povera perché il villaggio sorge su palafitte colorate lungo un canale. Prendiamo la stravagante barca di Esmeraldo e per 50 dollari ci accompagna lungo i canali dove vediamo come vive veramente la gente di Roatan, poi costeggiando la barriera corallina, proseguiamo verso Jonesville, un altro paese costruito sull’acqua. Oltre Jonesville arriviamo a Punta Caribe dove percorriamo un canale naturale attraverso le mangrovie che porta in una laguna protetta, Esmeraldo ci dice che la gente del luogo si rifugia qui quando arrivano gli uragani.

L’ultima tappa la facciamo a Coxen Hole per visitare il mercatino dove fanno la spesa le persone del posto e poi ci dedichiamo allo shopping. Sono quasi le due del pomeriggio quando rientriamo in albergo e dopo aver pranzato andiamo diretti in spiaggia. Dopo una mattinata trascorsa in luoghi di pace, troviamo la nostra spiaggia superaffollata, sembra che il mondo si sia dato appuntamento a West Bay. Centinaia di persone e musica ad altissimo volume, aveva ragione Ruggero (lo skipper del catamarano) a dire che quel fine settimana ci sarebbe stato il caos, per fortuna il giorno seguente sarebbe venuto a prenderci per andare nell’arcipelago di Cayos Cochinos, non vediamo l’ora di fuggire da quel marasma! E’ arrivato il tanto atteso venerdì e puntualissimo il catamarano Rogercat si avvicina alla riva, saliamo a bordo insieme ad altre 8 persone, quattro giovani coppie italiane. Ci accolgono Ruggero e il suo marinaio honduregno Ector. Ci sentiamo subito a nostro agio e durante la traversata Ruggero ci racconta un po’ delle sue esperienze e di come è finito a fare lo skipper ai Caraibi. Dopo circa tre ore e mezza di tranquilla navigazione arriviamo nei pressi di Cayo Mayor, ci ancoriamo ad una boa e immediatamente veniamo affiancati dall’imbarcazione dei guardiaparco che, in tenuta militare e con i mitra a bordo ci registrano e ci rilasciano il permesso d’ ingresso al parco marino, costo 10 dollari a testa. Ci dedichiamo subito allo snorkelling, io e Marco raggiungiamo a nuoto due piccolissime spiaggette, l’acqua è di un verde azzurro intenso, le uniche persone presenti siamo noi… Sembra di essere in paradiso! Nel frattempo Ruggero ci ha preparato il pranzo così risaliamo sul catamarano e dopo aver mangiato costeggiamo Cayo Cochino Grande per raggiungere la spiaggia dove sorge un resort; inaspettatamente il luogo sembra disabitato, ma in realtà qualche ospite dell’albergo c’è. Ruggero ci accompagna a fare una bella passeggiata nella vegetazione e dalla collina possiamo ammirare gli stupendi panorami dell’arcipelago. Un po’ di relax e poi ripartiamo verso le isolette gemelle Chachahuate 1 e 2, con i nostri simpatici compagni di viaggio sbarchiamo su Chachauate 1 dove vive la comunità dei Garifuna, questa gente appartiene alla stessa etnia degli abitanti di Punta Gorda. Veniamo accolti da dolcissimi bambini curiosi che ci accompagnano fino alla capanna albergo (Casa de los pescadores, “Aba Ouchaja Tinu” nella loro lingua). La capanna può ospitare 16 persone e rispetto alle capanne dei Garifuna ha l’unico privilegio di avere un pavimento di legno; tramezzi poco più alti di una persona dividono le “stanze”, ognuna con entrata indipendente; in ogni camera ci sono solo due letti molto spartani, 1 specchio, 1 candela e 1 secchio d’acqua per lavarsi. In meno di dieci minuti facciamo il giro dell’isola, poi girovaghiamo tra le capanne del villaggio rapiti dall’atmosfera del luogo, è il posto ideale per rigenerarsi, lontano dal caos e dallo stress che ci attanaglia quotidianamente… Ci fermiamo a giocare con dei bambini, sono molto socievoli e mi saltano in collo abbracciandomi come se fossi loro amica da sempre. In pochi istanti ci conquistano con la loro allegria, i dolci sorrisi e i profondi occhi neri…

Ceniamo a base di pesce a “lume di piccole torce” poi nel buio raggiungiamo la capanna, sono solo le 8,30, ma per i Garifuna è notte fonda.

Ripartiamo il mattino dopo a malincuore, non abbiamo sentito alcun disagio per la mancanza delle comodità a cui siamo abituati; la pace e la serenità, uniti alla bellezza del posto compensano abbondantemente… Matteo è il più triste di tutti perché deve lasciare Eric, il suo caro amico garifuna.

Risaliamo sul rogercat arricchiti da questa bella esperienza, unica e indimenticabile! Questo popolo vive seguendo i ritmi della natura, le fonti di sostentamento sono i pochi turisti e la pesca… Eppure i Garifuna, pur vivendo isolati dal resto del mondo, sono una presenza scomoda nell’arcipelago di Cayos Cochinos dove imprenditori honduregni e stranieri stanno privatizzando tutto, imponendo forti restrizioni di navigazione e di pesca a questo popolo, i reality poi hanno aggravato la situazione…

Ruggero ci accompagna a fare un giro intorno alle isole, passiamo vicino a Cayo Bulanos, Cayo Paloma, Cayo Menor, e gettiamo l’ancora nei pressi di Cayo Timon, ci tuffiamo subito e raggiungiamo a nuoto l’isolotto deserto… Un vero paradiso, niente da invidiare alle Maldive! E’ giunta l’ora di ripartire da Cayos Cochinos, ci godiamo gli ultimi panorami di questo stupendo arcipelago e cullati dalle onde riprendiamo la rotta per Roatan. Un’ultima sosta al largo di West Bay per fare snorkelling sulla barriera, pranzare e prendere il sole, poi nel pomeriggio ci congediamo dai nostri compagni di viaggio e ringraziamo di cuore Ruggero per l’opportunità che ci ha dato. Scendiamo con i panorami di Cayos Cochinos ancora negli occhi e la bellissima spiaggia di West bay in questo momento non regge il confronto. Ci godiamo le ultime ore di vacanza, domani pomeriggio il volo di rientro ci aspetta…

Che dire… In questi ultimi anni abbiamo visitato molti luoghi, sicuramente Roatan (soprattutto quella vera, meno turistica) è tra le nostre mete preferite. L’escursione in catamarano ai Cayos Cochinos ha indubbiamente avuto un peso rilevante… E l’augurio più bello che posso fare a chi ama viaggiare è quello di poter visitare questo arcipelago, magari con uno skipper in gamba come quello che abbiamo incontrato noi! Cinzia



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