Ritorno in Normandia e Bretagna 2
Poi, a marzo, il mondo si ferma. L’idea di viaggiare in Francia sembra sfumata ma… ci aggrappiamo ad un’esile speranza e sfruttiamo il lockdown per studiare le guide e chiedere online informazioni ai numerosi Offices de Turisme (che rispondono subito, inviandoci gratuitamente a casa, per posta, brochures e mappe turistiche).
A luglio, dopo aver contattato tutte le strutture prenotate per avere conferma della situazione francese, decidiamo che il Covid19 non ci impedirà di tornare in Normandia e Bretagna, a distanza di 7 anni dalla precedente visita (https://turistipercaso.it/francia/70776/dalla-parte-sbagliata-della-manica-loira-normandia.html).
Viaggiando in auto, non siamo vincolati a voli aerei e limiti di bagaglio; possiamo portare con noi anche una scatola con DPI e igienizzanti (in realtà, tutti gli alberghi e gli appartamenti si riveleranno estremamente puliti e rispettosi delle norme di sicurezza antivirus). Il nostro programma prevede, in ogni caso, di evitare centri troppo affollati, prediligendo i paesini e gli spazi all’aperto. Prima di partire, verifichiamo anche l’organizzazione delle principali attrazioni normanne: la maggior parte dei musei applica l’ingresso contingentato e su prenotazione.
Finalmente, dopo i lunghi mesi d’incertezza, arriva la fine di luglio e il nostro road tour inizia!
Venerdì 31 luglio: Reggio Emilia – Chartres (km 1119)
Alle 6.30 siamo già in auto: ci aspetta la prima interminabile tappa per attraversare la Francia e arrivare a Chartres, quindi si deve partire di buon’ora.
Ore 6.40 siamo seduti al bar per caffè e pasta… Ci servono energie!
Il viaggio scorre tranquillo e senza intoppi arriviamo al Traforo del Frejus alle ore 10.30. Paghiamo l’economicissimo pedaggio (€ 47.10 solo andata) e arriviamo in Francia.
Procediamo spediti lungo le autostrade francesi; incontriamo traffico solo attraversando Lione: la Peripherique è molto affollata e la temperatura di 40 gradi non aiuta.
Ci fermiamo all’autogrill Haut Forez sulla A89. All’esterno non si respira e cerchiamo l’unica ombra del piazzale per consumare il nostro pranzo al sacco.
Superata la cittadina di Montlucon, ci imbattiamo in un temporale pazzesco che fa precipitare la temperatura di quasi 20 gradi… purtroppo, nel giro di dieci minuti, si ritorna ai 40 gradi con umidità raddoppiata!
Ultima sosta all’autogrill Centre de la France dove beviamo uno dei caffè più orribili della storia (e, nota bene, da assidui frequentatori del Regno Unito, noi abbiamo la bocca buona!).
Alle 19.00 arriviamo, finalmente, alla tappa della notte: Chartres.
Abbiamo prenotato una camera all’hotel Ibis Styles Chartres Metropole (pernottamento e colazione € 70,89). L’albergo si trova sulla N154, in posizione ottima all’ingresso della città; in zona si trovano catene di ristoranti, fast-food e supermercati. La nostra stanza, n.3, è al piano terra, piccolina ma funzionale… e per fortuna troviamo l’aria condizionata già accesa!
Il tempo di appoggiare i bagagli e ripartiamo alla volta del centro storico. Parcheggiamo nel comodissimo QPark Cathedral, a due passi dalla zona pedonale.
Ci dirigiamo subito all’immensa cattedrale di Notre Dame che è ancora aperta!
“Delle grandi Cattedrali, vere Bibbie incise sulla pietra, quella di Chartres per architettura, vetrate e statuaria, è da considerarsi il capolavoro per eccellenza”. Così leggiamo nell’incipit della brochure e così è davanti ai nostri occhi: un capolavoro con i portali magnificamente scolpiti in epoca medievale, le immense vetrate istoriate, l’infinita navata lunga 130 metri, l’incredibile coro intarsiato.
All’interno della cappella del Sacro Cuore di Maria si trova la reliquia più venerata: il velo detto della Vergine, offerto da Carlo il Calvo nell’876.
Quando usciamo dalla Cattedrale, la stanchezza e la fame cominciano a farsi sentire; poco lontano, troviamo un tavolo libero nella Creperie La Picoterie, dove ceniamo a base di galettes, crepes dolci e Orangina (cena per due, € 38,70).
Torniamo, quindi, all’hotel per una meritata notte di sonno.
Sabato 1 agosto: Rouen – Jumieges – Port-en-Bassin (km 369,30)
Ci svegliamo rinfrancati e rinfrescati (un bel temporale ha portato la temperatura esterna a livelli accettabili!).
Facciamo colazione nella sala comune dell’hotel, dove è stato attrezzato un buffet con tutte le precauzioni anti-Covid. Anche il checkout è organizzato in modo da evitare assembramenti e contatti.
Dopo un primo rifornimento al supermercato di fronte all’hotel, si parte con destinazione Rouen.
Raggiunta la città, ci inoltriamo nel centro storico seguendo le indicazioni per il parcheggio “le Vieux Marché”, un multipiano comodissimo ai limiti della zona pedonale.
Proprio a fianco del parcheggio sorge la moderna chiesa dedicata a Santa Giovanna d’Arco, completata nel 1979 e dalla caratteristica forma di scafo rovesciato. Ci colpiscono, all’interno, le vetrate risalenti al 1500: furono smontate dalla antica chiesa di Saint Vincent per salvarle dai bombardamenti della II Guerra Mondiale.
Accanto, sorge la Croce che ricorda il punto esatto in cui Giovanna d’Arco fu messa al rogo nel 1431.
Ci sediamo in uno dei tanti caffè che affacciano sulla Place du Vieux Marché, per gustarci un buon espresso “au gout italien”, poi percorriamo la pedonale Rue du Gros Horloge, costellata di negozi e case a graticcio.
Giungiamo, poi, alla Cattedrale tanto amata da Monet (e fortemente danneggiata dai bombardamenti del 1944, come ci spiega una mostra fotografica allestita nella navata laterale). Percorriamo l’altissima navata centrale, che si sviluppa su quattro livelli e ammiriamo i tesori custoditi nella cattedrale: la cappella di Santa Giovanna, la reliquia del cuore di Re Riccardo Cuor di Leone, l’incredibile scala intarsiata della biblioteca e le numerose statue recuperate dalle macerie della Guerra.
Usciamo e ci fermiamo nella piazza per scattare ancora qualche fotografia all’imponente facciata, immortalata in oltre trenta opere di Monet e contraddistinta dalle due torri diverse ai lati, la Torre Lanterna e la Tour de Beurre.
Recuperata l’auto, lasciamo Rouen e seguiamo piccole strade di campagna lungo la Senna (che qui si attraversa con le chiatte, perché non ci sono ponti) fino a raggiungere l’Abbazia di Jumièges, definita da diverse guide “le più belle rovine di Francia”.
La visita è libera (ingresso € 7,50 a testa). Le rovine sono state ristrutturate e messe in sicurezza, ma restano di forte impatto. Si tratta di uno dei più antichi monasteri benedettini della Normandia, fondato nel 654. L’abbazia di Notre Dame è la chiesa principale del complesso e fu consacrata nel 1067 alla presenza di Guglielmo il Conquistatore; passeggiando lungo la navata senza volta, percepiamo la pace e l’immensità del luogo.
Dopo un veloce pranzo al sacco, ripartiamo e decidiamo di “allungare” un po’ la strada verso Nord seguendo il sinuoso percorso della Senna, fino all’imponente Pont de Brotonne.
Sull’altra riva, scendiamo all’imbarcadero del minuscolo paesino di Le Landin, per fotografare Jumièges da lontano.
Imbocchiamo, quindi, l’autostrada A13 per spostarci nella zona delle spiagge dello Sbarco.
Prima di arrivare a Caen, facciamo una deviazione all’interno per visitare uno dei “più bei villaggi di Francia”, Beuvron en Auge. E’ un piccolo borgo di casette a graticcio; visitiamo la piazzetta del mercato, con i suoi locali tipici e i negozietti di prodotti locali. Poi entriamo nella chiesetta di Saint Martin, graziosa e raccolta.
Lungo la strada che ci riporta in autostrada, ci colpisce l’indicazione per un “cimitero britannico” accanto alla chiesa di Putot en Auge: ci fermiamo e, leggendo le targhe commemorative, scopriamo che qui sono sepolti i membri del 13mo Battaglione Paracadutisti, caduti il 19 agosto 1944 durante la liberazione della zona.
Dopo un’altra oretta di viaggio, arriviamo al paesino che ci ospiterà per le prossime quattro notti: Port-en-Bassin-Huppain, con il suo caratteristico porto, famoso per la pesca delle capesante.
Abbiamo prenotato una stanza matrimoniale vista porto all’Hotel Ibis Bayeux Port-en-Bassin (pernottamento per 4 notti e prima colazione, € 423,00). L’albergo si trova sul molo operativo, mentre sull’altra sponda ci sono ristoranti e negozi); offre un parcheggio privato gratuito, dietro la struttura. La nostra camera, n.110 al primo piano, è molto ampia e pulita, con un grande terrazzo direttamente sul molo.
Per cena, ci spostiamo sull’altra sponda del porto, al ristorante Le vieux pecheur, dove ci concediamo il primo assaggio di moules frites e sidro. Dopo dolce e caffè, tutto ottimo (€ 55,80), passeggiamo lungo la banchina, con il sole che tramonta e colora il mare di rosa. Sono circa le 22.00, la temperatura si sta abbassando e noi ci godiamo l’aria fresca dal nostro balcone prima di andare a letto.
Domenica 2 agosto: Sainte Mère Eglise – Utah Beach – penisola del Cotentin (km 267,60)
La colazione all’Ibis è organizzata nel pieno rispetto delle normative anti-Covid (così come tutta la struttura): è presente un “buffet servito” di paste e specialità dolci, oltre all’ottima scelta di bevande calde e fredde; sono inoltre presenti diversi prodotti monoporzione a disposizione degli ospiti.
Partiamo di buon’ora per il primo dei nostri quattro giorni dedicati alle spiagge dello Sbarco.
La prima tappa è il paese di Sainte Mère Eglise, nell’entroterra.
In attesa dell’apertura dell’Airborne Museum, visitiamo la chiesetta, divenuta famosa grazie alla storia di John Steele, un paracadutista alleato rimasto impigliato alla guglia del campanile (tutt’oggi ricordato da un manichino penzolante). All’interno, si trova anche una splendida vetrata raffigurante una Madonna con Bambino circondata dai paracadutisti.
Alle 10.00 entriamo nel Museo dedicato alle truppe aviotrasportate (ingresso € 9.90 a testa, con obbligo di indossare la mascherina all’interno), composto da tre padiglioni. Il primo, a forma di paracadute, custodisce l’unico esemplare superstite in Europa di aliante Waco, usato durante la II Guerra Mondiale e, in particolare, la notte prima del D-Day. Il secondo padiglione contiene l’aereo C47 Argonia, che partecipò alle operazioni del 06.06.1944. Una curiosità: i due piloti “originali”, Young e Parsons, hanno simbolicamente pilotato il C47 nel suo ultimo viaggio fino all’hangar del Museo, nel 1983. Nel terzo padiglione, più moderno, oltre alla mostra di memorabilia storiche e divise dell’epoca, sono ricostruiti diversi scenari di guerra (tra gli altri, il più impressionante è sicuramente il passaggio attraverso la carlinga di un aereo in volo, tra le bombe, sulla Manica: rumore assordante da brividi!).
Usciti dal Museo, ci rechiamo al vicino Office de Turisme, dove ci vengono gentilmente fornite carte turistiche della zona e brochures in italiano (rispetto agli anni passati, a causa del Covid difficilmente si trovano espositori self service di depliants, ma il personale è molto disponibile).
Prima di andare a fotografare la Borne 0, la pietra miliare situata davanti al Comune e punto di partenza della Via della Libertà, ci fermiamo al negozio della Brasserie Artisanale de Sainte Mère Eglise, dove acquistiamo qualche birra a tema bellico!
Recuperata l’auto nel parcheggio a pagamento accanto alla chiesa, riprendiamo la superstrada N13, direzione Bayeux, per uscire dopo qualche chilometro seguendo le indicazioni per Utah Beach.
Lungo la strada, incontriamo numerosi monumenti commemorativi, tra i quali la statua del Maggiore Richard Dick Winters, a capo della Easy Company (506 Reggimento Paracadutisti, 101 Divisione aviotrasportata). Ci siamo appassionati alle vicende di questa Compagnia guardando l’ottima serie “Band of brothers”, che racconta il lungo percorso della Easy, dallo Sbarco alla liberazione di Berlino.
Arrivati alla spiaggia, visitiamo subito il Musée du Débarquement de Utah Beach (ingresso € 8,00 a testa, con obbligo di indossare la mascherina all’interno). Il museo sorge su una postazione tedesca e alcuni bunker sono stati incorporati nella struttura stessa. All’interno, vediamo mezzi anfibi utilizzati durante lo Sbarco, audiovisivi dell’epoca, divise ed oggetti originali (tra questi, un quadro raffigurante la Easy Company, autografato dai suoi componenti). Nel grande hangar, si trova un bombardiere B26, ridipinto con i colori dell’aereo “Dinah Might” usato per il D-Day, insieme alle foto recenti dei reduci.
La sala che ci colpisce di più ingloba una vecchia trincea tedesca e ha un’enorme vetrata che mostra direttamente la spiaggia.
Prima di uscire, visitiamo la mostra fotografica temporanea intitolata “Hier et aujourd’hui”: ogni quadro è formato dalla sovrapposizione di fotografie del 1944 e di oggi, per mostrare il cambiamento dei luoghi.
Ci spostiamo poi sulla spiaggia, dove si può camminare tra le dune e osservare i memoriali ai caduti e agli eroi dello Sbarco. Un’installazione composta da un mezzo da sbarco da cui sembrano scendere le statue di alcuni soldati riporta in vita la memoria del “giorno più lungo”.
Ripartiamo e, seguendo minuscole stradine di campagna, raggiungiamo il monumento memoriale della Compagnia Easy, che si trova sul sito della batteria di cannoni tedeschi di Brécourt Manor, eroicamente silenziati dagli uomini di Winters.
Seguendo la D14 tra i bocages, arriviamo alla batteria di Azeville, una delle prime costruzioni del Muro Atlantico, con l’incarico di proteggere le spiagge e le coste del Cotentin. L’ingresso costa € 7,00 a testa e ci viene fornita un’audioguida in italiano che ci fa meglio comprendere il sito.
Ci siamo solo noi e possiamo ammirare in sicurezza l’imponente batteria, composta da un complesso di trincee e gallerie sotterranee di oltre 800 metri e da quattro casamatte di cemento armato, sui cui muri è ancora possibile distinguere disegni di alberi e pietre, utilizzati per la mimetizzazione.
Ci viene spiegato che la postazione ha svolto un ruolo importante proprio durante lo Sbarco, rallentando l’avanzata degli Alleati fino alla sua presa il 9 giugno. Questo sito, come le altre batterie che visiteremo, ha un grande fascino e il silenzio e la solitudine non fanno che aumentarlo.
Abbandoniamo, poi, le zone del D-Day, per risalire la penisola del Cotentin.
Ci fermiamo lungo la costa nel paesino di Barfleur, dove ci concediamo un’Orangina fresca al tavolino di un bar. Percorriamo, poi, il molo pedonale fino alla chiesa e al successivo belvedere, da cui si gode una bella vista del faro di Gatteville, uno dei più alti d’Europa con i suoi 75 metri.
Visto che i fari sono una nostra passione, ci avviciniamo a questo gigante e passeggiamo sulla costa rocciosa nelle sue vicinanze (mangiando una brioche appena sfornata in una boulangerie di paese!).
Proseguiamo sulla D116, Route Touristique, fino al promontorio di Cap Levi, dove sorge un altro faro. Lasciamo l’auto nel piccolo parcheggio e imbocchiamo, per la prima volta, il GR34, il famoso sentiero dei Doganieri, che percorre tutta la costa della Bretagna per oltre 1700 km. Ci gustiamo una passeggiata lungo il sentiero, godendoci il sole e il vento fresco.
Continuiamo la strada panoramica fino a Cherbourg, con una breve sosta per fotografare dall’alto la splendida Anse du Bric e la sua spiaggia bianca.
Ripresa la superstrada N13, in circa un’ora siamo di ritorno a Port-en-Bassin, per la cena.
Stasera scegliamo il ristorante La Marina. Un servizio disastroso e ritardatario è compensato da due strepitose galettes ai frutti di mare e da ottime crepes al cioccolato (cena per due € 53,00).
Dopo una passeggiata lungo il molo, torniamo in hotel a definire il programma di domani. Una volta deciso di andare a Caen, controlliamo il sito del museo Mémorial, per prenotare eventualmente l’ingresso. Leggiamo che, in realtà, l’accesso alla maggior parte delle sezioni è libero e non prenotabile, mentre la parte relativa alla Seconda Guerra Mondiale è ad ingresso contingentato con biglietti disponibili solo per il tardo pomeriggio. Dal momento che i luoghi dello Sbarco li visitiamo dal vivo, decidiamo di recarci al Museo per le altre sezioni.
Lunedì 3 agosto: Caen – Pegasus Bridge – Sword Beach (km 140,80)
Lauta colazione in hotel, poi si parte in direzione Caen.
Arriviamo al museo Mémorial poco dopo l’orario di apertura, ma c’è già una discreta fila all’ingresso. Acquistiamo il biglietto (a tariffa ridotta causa Covid, € 14,50 a testa) e prenotiamo subito l’accesso per la visione di “Le Jour J et la Bataille de Normandie”, un documentario che, con filmati originali restaurati, ripercorre le ore sanguinose del D-Day in questi luoghi. Ci spostiamo, poi, nel bunker sotterraneo (attorno al quale è stata costruita l’intera struttura), quartier generale del Comandante tedesco Richter, incaricato della difesa delle spiagge del Calvados nel 1944. Il sito è stato interamente ristrutturato, perdendo l’autenticità e il pathos originali. Oggi, ospita una mostra sulla liberazione di Caen.
Infine, ci addentriamo nella vasta sezione dedicata alla Guerra Fredda, che si rivela molto interessante. All’interno, si possono ammirare anche aerei dell’epoca, memorabilia della Guerra del Vietnam e alcune porzioni del Muro di Berlino (con l’immancabile Trabant!).
All’uscita, ci scattiamo qualche foto in mezzo alle bandiere e alle statue simboleggianti la pace.
Spostiamo l’auto nel QPark Indigo Gardin, a due passi dal centro pedonale e dall’Abbaye aux Hommes, l’imponente abbazia fondata nel 1063 da Guglielmo il Conquistatore. Tra i percorsi di visita scegliamo la “visite découverte” (€ 3,00 a persona), un tour senza guida ma seguendo il percorso indicato sulla brochure, che ci porta a vedere alcune stanze dell’antico complesso, miracolosamente sopravvissuto ai bombardamenti del 1944 e oggi sede del Municipio. In particolare, visitiamo il chiostro, il refettorio, lo scriptorium, la scalinata d’onore, il corpo di guardia e due mostre permanenti, “I mondi normanni” e “L’estate del 1944”. Il tour termina nell’adiacente chiesa abbaziale di Saint Etienne, visitabile anche gratuitamente. Gli interni sono immensi e per la maggior parte spogli; al centro del coro si trova la tomba del fondatore dell’Abbazia, come si legge nell’iscrizione latina: “qui è sepolto l’invincibile Guglielmo il Conquistatore, Duca di Normandia e Re d’Inghilterra”.
Facciamo, poi, due passi per le vie pedonali; c’è poca gente, i negozi sono chiusi per il turno settimanale e, pur con tutta la nostra buona volontà, confermiamo l’impressione avuta nel 2013: tra noi e Caen non scatta la scintilla!
Pranziamo in una boulangerie della catena Paul con ottime baguettes farcite, poi ci rimettiamo in marcia.
La nostra prossima tappa è il Pegasus Bridge a Bénouville. Attraversiamo il ponte ribaltabile (o meglio, la copia!) conquistato dagli Alleati la notte precedente al D-Day.
Per ammirare il ponte originale, visitiamo il vicino Mémorial Pegasus (€ 8,00 a testa, con obbligo di indossare la mascherina all’interno e percorso di visita obbligato), dedicato alla VI Divisione aviotrasportata britannica. All’interno, si tratta di un museo “vecchio stile” con vetrine che illustrano le varie missioni della Divisione. Leggiamo inteneriti la storia di Emile Corteil e il suo “cane parà” Glen, un Alsaziano addestrato a lanciarsi insieme al suo padrone. Entrambi atterrarono sani e salvi il D-Day, ma furono poi uccisi in battaglia: ora riposano insieme nel vicino Commonwealth War Cemetery di Ranville. Altrettanto interessante è la storia del piccione viaggiatore ribattezzato Duca di Normandia: chiuso in un contenitore dal 1 al 6 giugno 44, sballottato sull’aereo durante la traversata e lo sbarco, è stato liberato al momento della presa della Batteria di Merville e, mentre ancora infuriava la battaglia, ha volato tra bombe e proiettili, superando nuovamente la Manica, per consegnare il messaggio in Inghilterra… un eroe decorato!
Nel grande cortile del museo, l’esposizione continua. Qui si può ammirare, oltre all’originale Pegasus Bridge, un aliante Waco ricostruito (come leggiamo nel dépliant, la presa del ponte si deve proprio ad un incredibile assalto in aliante), un ponte mobile usato in sostituzione di quelli distrutti, un carro armato Vidette e altri mezzi. Decisamente una visita consigliata!
Da qui, a circa tre chilometri si trova il citato cimitero alleato di Ranville, dove giacciono 2563 soldati, in file ordinate di lapidi bianche.
Ci spostiamo a Merville-Franceville, per visitare il museo della Batteria omonima (ingresso € 8,00 a testa), un immenso sito all’aperto tutt’ora in ampliamento e ristrutturazione. Qui troviamo più gente del solito e decidiamo di iniziare la visita percorrendo il sentiero delle vecchie trincee, che ci conduce ad un paio di bunker sotterranei. Ci sono anche quattro casamatte al centro del campo: tre sono chiuse e accerchiate da bambini urlanti; nella quarta è allestito, ogni 20 minuti, uno spettacolo di luci e suoni che dovrebbe ricreare i bombardamenti… ci sembra tutto un po’ datato ed eccessivamente affollato, quindi usciamo subito e proseguiamo il sentiero fino all’aereo C47 Dakota, del quale leggiamo la storia tribolata: utilizzato durante lo Sbarco e le operazioni successive, è finito a volare come aereo di linea di una compagnia cecoslovacca negli Anni 60. Nel 2007 è stato ritrovato abbandonato in un aeroporto di Sarajevo e riportato in Normandia.
Dopo questo involontario bagno di folla, ci rechiamo nella minuscola chiesa del paese; nel cimitero si trova la tomba di un milite ignoto inglese della Grande Guerra.
Ritorniamo al Pegasus Bridge e ci fermiamo, per una sosta rinfrescante, al Pegasus Bridge Cafè: come si legge nella grande targa sulla facciata, questa casetta di mattoni rossi fu la prima ad essere liberata nelle ultime ore del 5 giugno 1944. Oggi accoglie il piccolo caffè ai cui tavolini ci riposiamo e un folkloristico negozio di souvenir e memorabilia, gestito dai proprietari originali della casa (la signora che siede alla cassa fu la prima francese liberata!).
Durante la preparazione del viaggio, avevamo letto di un sito semi-sconosciuto a Colleville-Montgomery, l’Hillman Fortress, gestito dalla fondazione inglese degli “Amici del Suffolk Regiment”. Il sito si estende su 24 ettari, sui quali sorgeva il centro di comando e coordinamento agli ordini del Colonnello Krug. L’ingresso è gratuito e si possono ancora vedere i resti dei bunker sotterranei, dei depositi di armi e veicoli e delle cisterne; nei pannelli informativi è raccontata la storia della conquista della postazione da parte del Reggimento Suffolk, il 7 giugno 1944. Poco turistico, quasi abbandonato ma molto interessante!
Andiamo, poi, verso il mare, per raggiungere Sword Beach all’altezza di Colleville-sur-Mer. Proprio sulla spiaggia si trova la statua del “bagpiper” Bill Millin, che suonò la sua cornamusa durante lo Sbarco, sotto al fuoco nemico. Questo episodio fu anche immortalato nel film “Il giorno più lungo”.
Arrivati sulla sabbia, Marco estrae il binocolo e tenta disperatamente di avvistare l’Inghilterra! Per quest’anno, però, dobbiamo accontentarci della “parte sbagliata della Manica”!
Nell’entroterra, a pochi chilometri, visitiamo il cimitero inglese di Hermanville, 1005 lapidi bianche tra cui spicca l’unica croce di Lorena, luogo di sepoltura di un soldato francese.
Rientriamo verso Port-en-Bassin percorrendo strade immerse nella campagna e attraversando villaggi normanni che sembrano fermi agli Anni 40.
Prima di tornare in hotel, facciamo un’ultima sosta in uno dei luoghi che più ci erano piaciuti durante la vacanza del 2013: la Batteria di Longues-sur-Mer. Sono quasi le 20, ma il sole è ancora alto; il sito è libero e a quest’ora c’è pochissima gente, quindi possiamo goderci le quattro enormi casamatte (che proteggevano Omaha Beach), le uniche ancora dotate dei cannoni originali, divelti dai bombardamenti alleati. Non possiamo che confermare la nostra impressione: è uno dei posti più suggestivi dell’intera zona e ci rimaniamo per quasi un’oretta a goderci la solitudine e la storia.
Approfittando del fatto che Port-en-Bassin è un luogo di villeggiatura e i ristoranti sono aperti fino a tardi, abbiamo tutto il tempo di rientrare in hotel e cambiarci, prima di andare a “Le Vieux Pecheur” per una cena a base di capesante (€ 46,10 con birre e sidro).
Dopo una passeggiata sul molo fino alla Croce di Lorena, per scattare qualche foto al paese illuminato, è ora di andare a nanna (non prima di aver scritto il diario)!
Martedì 4 agosto: Omaha Beach – Gold Beach – Juno Beach (km 175,50)
Iniziamo la giornata raggiungendo, per stradine basse, il villaggio di La Cambe, dove si trova l’immenso ma poco frequentato Cimitero Memoriale tedesco. Sotto le piccole placche commemorative, riposano oltre 21000 soldati. Il cimitero è meno scenografico di quello americano ma sicuramente di forte impatto.
Poi ci rechiamo alla Batteria di Maisy, uno dei posti più autentici che abbiamo visitato; nel 2006, un americano ha restaurato e aperto al pubblico oltre 2,5 chilometri di trincee, interamente percorribili, che conducono a bunker e postazioni di artiglieria pesante. Leggendo l’opuscolo informativo, scopriamo la storia e l’importanza strategica di questo sito tedesco, che proteggeva i settori di Omaha e Utah; le batterie furono prese dai Rangers americani, arrivati dalla Pointe du Hoc, dopo tre giorni di combattimento. La visita è libera, l’ingresso costa € 7,20 a testa e nel sito siamo praticamente soli; seguiamo il percorso indicato dalla mappa, scoprendo il bunker radio, l’ospedale sotterraneo, i depositi per le munizioni, il quartier generale, i dormitori e le cucine.
Come previsto, il sito della Pointe du Hoc è molto affollato; lo abbiamo già visitato nel 2013, quindi preferiamo proseguire il nostro giro all’aperto e andare alla spiaggia di Omaha.
Sulla strada che conduce al mare, incontriamo le immense strutture dei porti artificiali Mulberry (che vedremo anche più tardi, ad Arromanches).
Dalla spiaggia di ciottoli (meno frequentata dei successivi chilometri sabbiosi) si vede l’alta falesia della Pointe du Hoc, eroicamente scalata dai Rangers durante lo Sbarco.
Fa caldo, è l’una e serve una pausa per ricaricare le pile: nel centro di Vierville-sur-Mer, ci gustiamo una croque madame e un’omelette alla Creperie la Falaise (€ 36,00 con bevande e caffè).
Rifocillati, proseguiamo verso est seguendo la lunga spiaggia di Omaha fino al monumento memoriale The Brave, decisamente privato di ogni poesia dalla presenza di bagnanti in costume.
Anche il museo Overlord e il Cimitero americano di Colleville-sur-Mer sono pieni di gente, con parcheggi esauriti e lunghe code all’ingresso. Ancora una volta, decidiamo di proseguire, cercando luoghi che non abbiamo già visto.
Ci fermiamo a visitare il villaggio di Colleville-sur-Mer, con la sua chiesetta completamente distrutta dai bombardamenti, il piccolo cimitero e il municipio ricoperto di fiori; una mostra fotografica permanente riporta le immagini dei luoghi al momento dell’arrivo degli Alleati.
Facciamo una deviazione dalla strada costiera D514 per raggiungere il Ryes War Cemetery a Bazenville, il primo cimitero militare britannico sorto nel settore di Gold Beach l’8 giugno 1944. Nel sito si trovano 979 tombe, di cui 630 di soldati inglesi.
Lungo stradine immerse nei campi di grano, torniamo verso il mare e arriviamo alla cittadina di Arromanches, molto turistica e molto trafficata (per trovare parcheggio, ci vuole veramente un colpo di fortuna!). Le vie del paese, piene di negozi e brasseries, sono troppo affollate per i nostri gusti… non possiamo, però, evitare un giro sul lungomare, per ammirare gli impressionanti resti del porto artificiale voluto da Churchill: una geniale struttura componibile di ferro e cemento, costruita a pezzi in Inghilterra e poi trasportata di nascosto lungo il Canale della Manica per essere ricostruita appena conquistata Arromanches; proprio grazie al “port Winston”, oltre mezzo milione di veicoli fu fatto sbarcare in sicurezza.
A pochi chilometri dal centro, su un’altura della costa, è possibile ammirare (e fotografare!) dall’alto questa incredibile opera bellica.
Proseguendo sulla strada costiera D514, possiamo concludere il tour delle spiagge dello Sbarco, visitando Gold Beach (a Ver-sur-Mer) e Juno Beach (a Courseulles-su-Mer). Qui ci fermiamo per vedere l’altissima Croce di Lorena che indica il punto esatto dove De Gaulle ritornò sul suolo francese e per visitare le vestigia del Muro Atlantico nei pressi del moderno Centre Juno Beach, un museo interamente dedicato alle truppe canadesi.
Nell’entroterra, vicino a Beny-sur-Mer, si trova il Cimitero canadese, dove riposano oltre 1700 soldati.
Prima di rientrare a Port-en-Bessin, passiamo nuovamente alla Batteria di Longues-sur-Mer. Ancora meno gente rispetto a ieri e una luce calda meravigliosa: immagini che rimarranno impresse per sempre nella nostra memoria.
Ultima cena al porto; scegliamo il ristorante creperie Les Pieds dans l’eau, dove non ci facciamo mancare due enormi porzioni di moules frites à la créme, con birra e sidro di accompagnamento (€ 46,10).
Mentre stiamo finendo le crepes dolci della casa, vediamo del movimento sul molo: un gruppo di piccoli pescherecci sta rientrando in porto con il pescato del giorno. Più tardi, durante la passeggiata, ne vediamo altri, con le reti ancora piene di capesante: uno spettacolo!
Mercoledì 5 agosto: Bayeux – Hambye – Saint Malo (km 259)
Lasciamo a malincuore Port-en-Bessin, gustandoci un’ultima colazione all’Ibis e salutando il molo dal balcone della nostra camera.
Ci dirigiamo a Bayeux. Nella cittadina è giorno di mercato e i parcheggi sono molto trafficati. Troviamo un posto in Rue des Chanoises, a due passi dalla Cattedrale di Notre Dame che svetta tra le basse casette del centro storico e che visitiamo subito.
Consacrata nel 1077 alla presenza di Guglielmo il Conquistatore, la Cattedrale ha ospitato per secoli il famoso Arazzo di Bayeux. La chiesa romanica dell’XI secolo, della quale rimangono solo la torre occidentale e la cripta (affrescata con le figure dorate di angeli musicisti… troviamo subito quello con la cornamusa!), è stata sostituita dal capolavoro gotico del XIII secolo che ammiriamo tutt’oggi.
Da qui, a piedi, raggiungiamo il Museo dell’Arazzo, per ammirare questa magnifica tela ricamata, lunga oltre 70 metri, che illustra la storia della conquista normanna dell’Inghilterra. Qui, per la prima volta, ci scontriamo con le restrizioni anti-Covid: il Museo, non prenotabile online, accoglie un numero massimo di visitatori che, per la mattinata, è già stato raggiunto. Torneremo… tanto è qui da 800 anni!!
Ci concediamo un caffè e un muffin consolatorio in un delizioso bistrot accanto al museo, poi percorriamo le viuzze medievali di Bayeux, ammirando i canali e i mulini che caratterizzano il centro storico.
Ripartiamo e raggiungiamo l’autostrada A84 che percorriamo fino all’uscita di Villedieu. Da qui, ci inoltriamo nelle vallate boscose fino all’Abbaye di Hambye, abbazia cistercense fondata nel 1145, che ci ricorda le nostre amate cattedrali dello Yorkshire. L’ingresso costa € 5,50 a testa, la visita è self-guided grazie a opuscoli in italiano che ci vengono forniti nella biglietteria, situata nell’antica portineria del convento.
Iniziamo il tour dalla chiesa abbaziale, la cui navata è stretta e altissima; come si legge nel dépliant, “la chiesa si erge a cielo aperto e l’assenza di copertura le conferisce il fascino e l’atmosfera tipici dei ruderi romantici”.
Il restauro, iniziato negli anni 50 del secolo scorso, ha reso possibile il recupero di gran parte del complesso monastico: dal refettorio alla sala capitolare, dal cortile dei religiosi alla fabbrica dei conversi. Giriamo in completa solitudine tra gli edifici e, infine, ci godiamo l’ombra, seduti sotto un grande melo.
Torniamo in autostrada per dirigerci verso la tappa del giorno, Saint Malo.
Da lontano, scorgiamo la sagoma inconfondibile della Merveille, le Mont Saint Michel, che per quest’anno non rientra nel nostro itinerario. Ora siamo ufficialmente in Bretagna!
Decidiamo di raggiungere Saint Malo percorrendo la strada costiera che passa per Cancale e la Pointe du Grouin ma, ben presto, abbandoniamo l’idea di una passeggiata sul promontorio perché c’è troppa gente e ogni spiaggia è presa d’assalto, vista la giornata assolata.
Puntiamo direttamente il nostro albergo, Hotel Aubade (pernottamento e prima colazione, € 126,64). E’ una piccola struttura a gestione familiare, a due passi dalla Plage du Sillon. Nella piazzetta alberata a fianco dell’hotel è possibile parcheggiare a pagamento; poiché nelle ore notturne il parcheggio è gratuito, con appena 2€ possiamo lasciare l’auto fino alla tarda mattinata di domani!
La nostra camera (n.36 al terzo piano, lato cortile) è davvero minuscola, ma arredata in modo molto funzionale, con ripiani, grucce appese e cassettiere per sfruttare gli spazi ridotti. Non c’è l’aria condizionata, ma la notte non serve, perché dalla finestra aperta entra una piacevole brezza marina. Il proprietario alla reception è gentile e ci spiega il “circuito anti-Covid” che ha creato per gli ospiti: si sale in ascensore e si scende dalle scale!
Sotto sera, ci rechiamo nella cittadella Intra Muros per cenare. Alcuni cartelli invitano a indossare la mascherina anche all’aperto, nelle vie del centro storico.
Scegliamo (a caso!) uno dei tanti ristoranti e creperies del centro, “la Taverne Bretonne”, dove ceniamo a base di ottime galettes, patatine fritte e sidro (€ 27,80). Il servizio lascia un po’ a desiderare, così come gli spazi molto ristretti… tuttavia, non possiamo che perdonare la signora che da sola gestisce tutto il locale.
E’ quasi l’ora del tramonto e ci affrettiamo a salire sui Remparts, i bastioni che circondano la cittadella. Da qui, ammiriamo il sole che tramonta sul mare, mentre le onde dell’alta marea crescono e s’infrangono contro le mura sottostanti.
Ci aspetta ancora un’ora di luce, quindi decidiamo di percorrere l’intero perimetro della Città Corsara (1754 metri) dall’alto dei Remparts. Dalla Tour Bidouane, dove ci troviamo, si possono ammirare la statua del pirata Surcouf e le isole di Grand Bé e Petit Bé… oltre ad un fuori programma, ovvero la ricerca di un disperso in mare da parte della Gendarmerie, con tanto di elicottero. Proseguiamo fino al Bastion de la Hollande e ai suoi cannoni (ricordo d’infanzia!). Seguiamo i bastioni Saint Philippe e Saint Louis, costeggiando il porto. La luce comincia a scemare ma, armati delle torce dell’Iphone, completiamo il percorso fino alla Grand’ Porte, storico ingresso della città.
Ritorniamo, quindi, verso l’hotel ammirando il Fort National illuminato. Ormai la marea è alta e la spiaggia du Sillon è interamente sommersa.
Accompagnati dal rumore lontano delle onde e dai garriti immancabili dei gabbiani, concludiamo la sera in camera a scrivere il nostro diario.
Giovedì 6 agosto: Binic – Pointe de l’Arcouest – Treguier (km 296,50)
Anche la colazione a buffet rispetta le norme anti-Covid, limitando il più possibile il contatto tra gli ospiti. Sono particolarmente gustosi i dolci fatti in casa, tra cui il famoso far breton.
Una lavagna, nella hall dell’hotel, ci informa che alle 9.48 ci sarà l’alta marea con coefficiente 83, il più alto della settimana. Subito dopo il check-out, andiamo quindi sul lungomare del Sillon per vedere le onde infrangersi sui muretti che riparano la strada rialzata: uno spettacolo!
Partiamo ma, dopo pochi chilometri, facciamo una sosta nel quartiere di Paramé per qualche acquisto gourmand all’emporio di prodotti locali Fermiers de la Baie.
Ci dirigiamo, poi, verso Saint Brieuc, che attraversiamo in autostrada, per raggiungere la località balneare di Binic. Inizialmente il traffico ci spaventa: percorriamo circa 5 chilometri a passo d’uomo! Una volta arrivati in paese, però, troviamo un parcheggio comodo al porto turistico e scopriamo che è anche giorno di mercato. Passeggiamo lungo il molo e tra le bancarelle della via pedonale (obbligo di mascherina in tutto il villaggio).
Fa caldo ed è ora di pranzo: scegliamo la creperie An’Arvor, dove mangiamo le migliori galettes della vacanza (menzione d’onore per la galette Saint Jacques e beurre!).
Recuperiamo l’auto e seguiamo le indicazioni per la “route des falaises”, una strada costiera scenografica. Ci fermiamo in alcuni punti panoramici sulle alte scogliere e scendiamo fino alla spiaggia di Port Moguer.
Superato il centro del villaggio di Plouha, impostiamo il navigatore per raggiungere la località Kermaria e la sua Chapelle de Kermaria-an-Isquit, risalente al XIII secolo. Il tesoro custodito da questa chiesetta sperduta è la danza macabra, un affresco che rappresenta 47 figure alte 1,30 metri. Si tratta di persone viventi, di ogni ceto ed età, che ballano tenendosi per mano con alcuni scheletri: la danza serviva a ricordare ai credenti che la vita è breve e che tutti diventano uguali davanti alla morte.
Approfittiamo del parco alberato di fronte alla cappella per una sosta rinfrescante.
Dopo aver superato Paimpol e l’Abbazia di Beauport (dove non ci fermiamo causa sovraffollamento!), decidiamo di spingerci fino alla Pointe de l’Arcouest, dove si trova l’imbarcadero per l’Ile de Brehat. Il panorama, qui, è strepitoso: mare blu, cielo azzurro e, davanti a noi, le brulle isole dell’Arcipelago di Brehat. Seduti su una panchina, ci godiamo lo spettacolo delle vedettes (i mini traghetti) che fanno la spola dall’isola.
Avevamo, poi, programmato una passeggiata lungo il Sillon de Talbert, una lingua di sabbia di tre chilometri che si estende verso la Manica. Arrivati ai parcheggi del paese di L’Armor, ci rendiamo conto che non è quello che ci aspettavamo: complice anche la bassa marea, sembra più un sentiero in mezzo alle dune e non ci affascina per niente.
Proseguiamo, quindi, su stradine tra le campagne e il mare fino a Tréguier, dove visitiamo subito la magnifica cattedrale di Saint Tugdual, famosa poiché raccoglie le spoglie di Sant’Ivo, patrono degli avvocati. La cattedrale risale ad epoche diverse, come dimostrano i diversi stili architettonici che la caratterizzano (dal romanico della Torre Hastings al gotico della navata e del coro, fino al gotico fiammeggiante della Torre delle campane e del chiostro. La tomba di Sant’Ivo si trova nel luogo dove il Santo fu sepolto nel 1303.
Dopo la visita della chiesa, perlustriamo i negozi tipici della piazza (compresa la Biscuiterie de Trevor, dove ci facciamo tentare dai dolcetti locali!), poi prendiamo un caffè e un’Orangina fresca in uno dei tanti bar.
E’ ora di andare: dobbiamo raggiungere entro le ore 20.00 la Gite de Marie a Saint Servais, dove dormiremo per tre notti, e prima dobbiamo fermarci al vicino supermercato di Landivisiau per rifornirci di cibarie.
Nota di colore: quest’anno, visto che viaggiamo con la nostra auto e abbiamo prenotato numerosi appartamenti, ci siamo dotati di una scatola con il “kit di sopravvivenza per italiani all’estero”, contenente un paio di pacchi di pasta con relativi sughi pronti nonché una vecchia moka per il caffè.
Arrivati alla Gite, prenotata su Airbnb (€ 145,00 per l’intero appartamento per tre notti), troviamo l’host Marie ad accoglierci con un far breton appena sfornato.
L’appartamento è un monolocale molto ampio con bagno e patio privati, adiacente alla casa dei proprietari e sperduto nelle campagne. L’angolo cottura è fornito di tutto il necessario, l’angolo letto è spazioso e dotato di un armadio gigante. In particolare ci colpisce la pulizia del posto e l’attenzione per i dettagli.
Ci appropriamo dell’appartamento e ci cuciniamo una cenetta franco-italiana, con tanto di caffè finale.
Prima di andare a letto, ci godiamo il fresco e il silenzio del giardino.
Venerdì 7 agosto: Roscoff – Saint Pol de Leon – Costa di Granito rosa (km 265,70)
Nonostante le previsioni avessero annunciato una seconda ondata di caldo con temperature di 30 gradi, ci svegliamo sotto un cielo nuvoloso e con un’arietta frizzante (17 gradi!).
Facciamo colazione con croissants e baguettes nel nostro appartamento.
Percorrendo stradine secondarie in direzione Nord, raggiungiamo il grazioso paese di Plouescat dove visitiamo il mercato coperto in legno del XVI secolo (tutt’oggi utilizzato) e la chiesa in pietra chiara, come le altre casette del villaggio.
Da qui, ci spostiamo lungo la costa fino alla località di Kerfissien, dove, mimetizzata tra le rocce a picco sul mare, si può ammirare una delle antiche postazioni dei doganieri lungo il GR34. Dopo aver scattato mille foto alla nostra prima “maison des douaniers”, facciamo una passeggiata sulla vicina spiaggia di sabbia bianca.
Comincia a piovere e, mentre ci spostiamo verso Roscoff, facciamo una sosta shopping alla Biscuiterie du Léon e all’adiacente emporio di vini e alcolici: acquistiamo qui le birre della locale Brasserie Kerav’Ale.
A Roscoff, saliamo subito alla Chapelle de Sainte Barbe, dalla quale si gode di uno splendido panorama sul porto sottostante e sull’Ile de Batz ed il suo faro. La piccola cappella dai muri bianchi fu costruita all’inizio del XVII secolo per invocare la protezione di Sainte Barbe dai pericoli del mare. La Santa, in particolare, doveva proteggere i “Johnnies”, i marinai che salpavano da Roscoff per vendere le cipolle locali in Inghilterra.
Scendiamo nel centro pedonale e parcheggiamo a fianco della chiesa di Notre Dame de Croaz-Batz. Le facciate della chiesa sono punteggiate di caravelle di pietra: anche qui è visibile il forte legame con il mare.
Percorriamo a ritroso la penisola fino a Saint Pol de Léon, nella cui piazza principale si trova la Basilica-Cattedrale costruita nel XIII secolo e dedicata a Paul (Pol) Aurélien, primo vescovo del Léon. La cattedrale custodisce una moltitudine di curiosità artistiche insolite, tra le quali gli stalli del coro con incisi animali fantastici, un bassorilievo raffigurante due “angeli boxeurs”, la reliquia di una campana celtica (consegnata a Saint Pol da un pesce, secondo la leggenda) e infine le “boites à chefs”, piccole urne a forma di chiesetta che contengono il cranio dei defunti i cui corpi venivano ammassati nell’ossario comune.
Sul sagrato della cattedrale si sta svolgendo un mercatino del libro usato.
Ormai è l’una e scegliamo di pranzare alla Creperie dans la Grand Rue, dove ci vengono servite due ottime galettes complètes con le famose cipolle rosate di Roscoff.
Dopo pranzo, visitiamo la Chapelle du Kreisker, con la sua altissima guglia in granito. All’interno vediamo il gruppo di statue raffiguranti il “Tro Breizh”: un pellegrinaggio di origine medievale che toccava le località ove sono sepolti i sette Santi fondatori della Bretagna (Saint Paul Aurélien, Saint Tugdual, Saint Brieuc, Saint Malo, Saint Samson, Saint Paterne e Saint Corentin).
E’ spuntato un bel sole, quindi recuperiamo l’auto e seguiamo l’itinerario “la Cote Sauvage du Trégor et ses panoramas” (illustrata nelle brochures inviateci dall’Ente del Turismo locale), andando alla scoperta dell’altra sponda della Baia di Morlaix.
Iniziamo dal promontorio che accoglie il Grand Cairn de Barnenez; superato l’ingresso del sito preistorico, un sentiero conduce alla spiaggia sottostante, da cui si gode una visuale fantastica della Baia e dello Chateau du Taureau sull’isola omonima.
Piccole strade, lontane dal turismo di massa, ci conducono al porticciolo di Le Diben, in un’ansa placida della Baia. Qui ci fermiamo un’oretta per osservare l’andirivieni di piccole imbarcazioni seguite da gabbiani curiosi.
Aguzzando la vista, si può notare sull’altra sponda (in località Primel-Trégastel) un’altra “maison des douaniers”, anche questa camuffata tra le rocce. Incuriositi, la raggiungiamo e percorriamo una parte del sentiero circolare lungo la Pointe de Primel.
Ci spostiamo, poi, nel paesino di Saint-Jean-du-Doigt, per ammirare l’enclos parroissial del XV secolo che comprende la chiesa gotica (in un reliquiario custodisce l’indice di San Giovanni Battista; purtroppo oggi è chiusa), l’arco trionfale, la fontana monumentale e l’oratoire du Sacre.
Proseguiamo lungo la strada costiera (che poi così costiera non è… o forse noi siamo troppo abituati alle scenic drives inglesi a picco sull’oceano!) fino al punto panoramico e alla table d’orientation vicino al paese di Locquirec.
Sono le 17.30: decidiamo di raggiungere le località della Costa di Granito Rosa, sperando di riuscire a percorrere il tratto più conosciuto del GR34 con poca gente. Arrivati a Lannion, imbocchiamo la strada D788 che segue questo tratto di costa.
Incontriamo la località turistica di Perros-Guirec; oltrepassiamo il centro e ci fermiamo al belvedere per qualche foto; poco più avanti, la spiaggia di Trestraou, da cui parte il sentiero, è ancora piena di gente.
Procediamo fino a Ploumanac’h, forse il punto più famoso della Cote de Granit Rose. Troviamo il parcheggio quasi vuoto (e gratuito, visto l’orario) e ci incamminiamo lungo il GR34, tra enormi massi rosa, resi ancora più spettacolari dalla luce del sole calante. Raggiungiamo il Faro di Mean Ruz, costruito (ovviamente!) in granito rosa: il faro spicca per le sue forme squadrate in mezzo al caos di rocce enormi e arrotondate. Continuiamo il sentiero, pressoché deserto, fino al successivo promontorio, poi ritorniamo al parcheggio.
Ripresa la D788, attraversiamo il centro ultraturistico e affollato di Trégastel; ci fermiamo alla table di orientation in località Sainte Anne.
Infine, scendiamo verso il paese di Trébeurden: l’immensa spiaggia bianca, anche se priva dei massi rosa, merita una sosta fotografica.
Per rientrare alla Gite, procediamo lungo la D786 e la veloce superstrada N12, che ha un’uscita comodissima proprio in località Saint Servais.
Arriviamo a casa che è già buio e appena in tempo prima che si scateni un temporale incredibile. Dopo una cena casalinga, decidiamo che è il momento del bucato: Marie mette a disposizione dei suoi ospiti una stanza con due enormi lavatrici, che sfruttiamo volentieri.
Mentre fuori imperversa la tempesta, noi scriviamo il diario e prepariamo la giornata di domani, bevendo una tazza di thè bollente.
Sabato 8 agosto: la Route des phares du Finistère (km 232)
Ci svegliamo in un paesaggio tipicamente scozzese: nebbia e pioggerellina, con 17 gradi. Il meteo, però, dice che alle 11.00 uscirà il sole, mah!
Oggi ci aspetta un lungo giro lungo la costa del Finistère, alla ricerca dei fari.
Seguendo percorsi di campagna tra villaggi e chiesette, puntiamo Brigognan-Plage per il primo dei fari: Pontusval. Ci scontriamo subito con il problema che accompagnerà la giornata: la mancanza quasi totale di indicazioni chiare! Per fortuna siamo armati di cartine turistiche super dettagliate.
Lungo la strada, troviamo la Chapelle Pol, dedicata a Saint Paul Aurelien, immersa nei cespugli di ortensia, con croce del calvario e una strana garitta difensiva costruita in cima ad una roccia, che faceva parte del sistema di controllo dei doganieri.
Arrivati a Brigognan-Plage, rimaniamo incantati dalla spiaggia bianca, avvolta dalla nebbia, con rocce che affiorano dall’acqua turchese (e un vento gelido!). Il luogo ci fa ben capire perché questa fosse chiamata la “Costa dei Naufraghi”, pericolosa per gli scogli affioranti e le forti correnti; per proteggere questo tratto costiero, nel 1869 fu costruito il faro di Pontusval che, con i suoi 18 metri di altezza, è visibile a 10 miglia di distanza.
Seguendo la stradina costiera della Cote des Légendes, arriviamo al sito di Meneham, un villaggio bretone del XIX secolo recuperato e restaurato agli inizi del 2000. Visitiamo subito il “corpo di guardia” dei doganieri; rispetto alle maisons viste ieri, in effetti, si sente un po’ la mancanza di autenticità. Giriamo per il paesino, vedendo le casette con il tetto di paglia (all’interno della maison Boédoc si trova anche una mostra fotografica che ripercorre la storia del luogo e la boutique dei souvenirs); prendiamo un caffè all’Auberge, trasformato in bistrot ristorante e ci godiamo il sole, che è davvero comparso alle 11!
Ripartiti, cerchiamo, invano, di raggiungere in auto la costa per vedere il faro dell’Ile Vierge.
Lungo il percorso che da Plouguerneu conduce al mare, incontriamo il sito di Iliz Koz (“chiesa vecchia” in bretone), le rovine di una chiesa medievale che per anni sono rimaste nascoste sotto la sabbia. Poco più avanti, visitiamo la Chapelle de St. Michel, risalente al 1707, con l’adiacente monumento alla memoria dei naufraghi.
Finalmente, dalla spiaggia della Grève Blanche, vediamo bene il faro più alto d’Europa, un vero colosso di pietra situato sull’Ile Vierge (365 scalini per 84 metri di altezza!).
Riusciamo ad avvicinarci ulteriormente percorrendo un sentiero pedonale, sempre parte del GR34, che conduce al punto panoramico della Pointe du Castel Ac’h. Da qui, possiamo fotografare bene l’isoletta pianeggiate e il faro che svetta sul Mare d’Iroise.
Incontriamo, poi, il villaggio di Lilia, da cui partono le “Vedettes de l’Ile Vierge”. Sul lungomare ci sono due o tre ristorantini affollati; ci ispira il bistrot “La route des phares”, dove ci fermiamo per pranzo: proviamo la galette St Jacques e bacon (strepitosa!) e la galette con calamari à la armoricaine (buonissima!).
Rinfrancati e rinfrescati, riprendiamo il nostro itinerario.
Nelle campagne, lontano dal mare, svetta il faro di Lanvaon.
Seguiamo, poi, la strada turistica D113 lungo l’Aber Wrac’h e arriviamo alla splendida (e nascosta) Chapelle du Traon, del XIV secolo, con arco trionfale, croce del calvario e fontana sacra, immersa nel verde.
Raggiungiamo, quindi, il punto panoramico Beg an Toull, sull’Aber. Da qui, si ammira questo estuario lunghissimo: gli Abers, infatti, sono profonde insenature create dai fiumi, dove l’acqua salata del mare si mescola con quella dolce. La zona che stiamo visitando si chiama Pays des Abers proprio per la presenza di queste insenature; l’Aber Wrac’h è sicuramente il più turistico.
Attraversiamo il porto del paese omonimo e, dalla spiaggia della Baie des Anges, vediamo le sottostanti coltivazioni di cozze e ostriche nonché, in lontananza, il faro de l’Ile Wrac’h.
Passando per Landeda e Lanillis, raggiungiamo il secondo Aber, più piccolo: l’Aber Benoit. Percorriamo la strada turistica che lo costeggia senza trovare alcun punto panoramico.
Continuiamo a scendere e, dopo il paesino di Kersaint, imbocchiamo la (incredibilmente) ben segnalata route touristique D127: sei miglia di oceano, costa rocciosa e il sentiero dei doganieri GR34 che corre parallelo alla strada. Anche qui, ne percorriamo un tratto, per raggiungere la minuscola Chapelle de Saint Samson, dedicata al monaco gallese Sansone del V secolo; la cappella, datata 1785, si proclama “la più piccola, la più umile e la più fotografata della Bretagna”: quest’ultima affermazione è pienamente confermata dalla posizione panoramica della chiesolina, a picco sul mare.
Ci dirigiamo a Porspoder: dalla balconata della chiesa parrocchiale di Saint Budoc si può ammirare in lontananza il faro du Four, che si erge su un isolotto roccioso a tre chilometri dalla costa.
Raggiungiamo, poi, l’ultimo Aber, il più piccolo: l’Aber Ildut.
Ci fermiamo nel villaggio di Lanildut per visitare la chiesetta (nel cui cimitero si trovano due tombe del Commonwealth) e per una ben più profana sosta all’Abri Cotier, un bistrot che serve birre locali a due passi dall’imbarcadero per le isole di Ouessant e Molène.
Sono già le 19.00 e dobbiamo accelerare perché mancano ancora due tappe fondamentali della route des phares. Lungo la strada costiera, sempre tallonati da nuvole grigie minacciose, vediamo il faro di Trézien, nell’entroterra, e la splendida Pointe de Corsen, il punto più occidentale della Francia, con un panorama mozzafiato sul Mare d’Iroise.
Arriviamo alla Pointe Saint Mathieu, il sito che più aspettavamo e di cui ci siamo innamorati.
Sulla Pointe si trovano il faro omonimo, le rovine dell’abbazia benedettina, il Memoriale Nazionale dei dispersi in mare, la Chapelle Notre Dame de Grace e il “sémaphore”, il faro moderno. Ci possiamo godere il luogo praticamente da soli, vista l’ora. Mentre passeggiamo, leggiamo la storia dell’Abbazia di Saint Mathieu, così chiamata perché custodiva una reliquia dell’evangelista Matteo. Costruita nell’XI secolo, fu abitata dai monaci fino alla Rivoluzione francese, per poi essere abbandonata: la navata grigia e senza tetto permette di vedere l’alta mole bianco-rossa del faro, creando un contrasto incredibile. L’abbazia è, inoltre, uno dei punti di partenza per il Cammino di Santiago: Compostela dista, da qui, 1958 chilometri.
Fin dal 1250, i monaci accendevano un grande fuoco in cima ad una torre per guidare le navi; è risultato, così, naturale costruire qui un faro nel 1831; alto 37 metri, fatto di granito dell’Aber Ildut, oggi è visitabile, salendo i suoi 163 scalini. Siamo davvero incantati dall’atmosfera del sito!
Ritorniamo, poi, indietro fino al paese di Le Conquet, dove troviamo un ristorante (Creperie des Korrigans) che serve la cena fino a tardi; ci gustiamo due galettes ai frutti di mare, accompagnati da birra Coreff, prima di rimetterci in marcia per l’ultima tappa del nostro itinerario.
Sono le ore 21.00 ed è quasi il tramonto, quando raggiungiamo il faro du Petit Minou percorrendo un piccolo tratto del GR34. Mentre ammiriamo la strada rialzata che lo collega al forte costiero, vediamo il faro accendersi e, in lontananza, quello di Camaret rispondere al segnale!
E’ stata una giornata lunghissima, ma ci attendono ancora i 50 km che ci separano da Saint Servais, dove trascorreremo l’ultima notte alla Gite de Marie.
Domenica 9 agosto: Circuit des Enclos parroissiaux (km 257,50)
Ultima colazione nella Gite, poi salutiamo la padrona di casa e partiamo: la nostra giornata è dedicata alla scoperta degli Enclos Parroissiaux bretoni. Si tratta di complessi monumentali formati da una chiesa, un ossario, un cimitero, una porta trionfale e un calvario, protetti e contenuti da un recinto in pietra; in particolare, il calvario è una scultura tradizionale di questa zona: nati come simbolo della Crocifissione, sono diventati via via più ricchi di figure e scene bibliche, fino a sembrare vere e proprie Bibbie in pietra.
Nelle brochures recuperate nel precedente viaggio in Bretagna e nei nuovi opuscoli inviati dall’Ente del Turismo locale, abbiamo appreso che esistono diversi “circuiti”, che raggruppano i vari enclos a seconda della zona (come il circuito di Landivisiau e il circuito di Morlaix) oppure a seconda delle dimensioni (in particolare, il circuito dei 7 calvari monumentali della Bretagna). Noi faremo un mix di tutti i percorsi, dedicando la domenica a vederne il più possibile (con grande gioia di Marco, che dopo il terzo comincia a confonderli!!).
Subito, vediamo l’enclos del villaggio che ci ospita, Saint Servais. La chiesetta è in ristrutturazione (e questo sarà un leitmotiv della giornata); nel cimitero si trova un piccolo calvario e la tomba bianca del pittore locale Yan’Dargent.
A pochi chilometri, il paese di Bodilis ospita un altro piccolo enclos, senza calvario ma con un portico del 1600 adornato di statue e una chiesa semplice ma curata. All’esterno, un antico pozzo circondato da ortensie attira la nostra attenzione.
Ci spostiamo a Lampaul-Guimiliau; l’enclos è composto dall’arco trionfale d’ingresso, dal calvario molto semplice (rappresenta Cristo in croce tra i due ladroni dal volto malvagio) e dalla chiesa, il cui interno è riccamente decorato. In particolare, si nota il jubé, una trave scolpita che sovrasta la navata. In una cappella laterale è presente un gruppo di statue a grandezza naturale che rappresenta la Deposizione di Cristo.
A Guimiliau vediamo il secondo calvario più grande di Bretagna: scolpito tra il 1581 e il 1588, a forma quadrangolare, contiene oltre 200 figure. Questo enclos ci aveva già colpito 7 anni fa: il recinto si trova in posizione leggermente sopraelevata rispetto alla via pedonale e, oltre al calvario, comprende la chiesa riccamente decorata con portico monumentale, la porta trionfale, l’ossario e la sacrestia.
Dopo la visita, ci concediamo una merenda a base di croissant e pain au chocolat appena sfornati nella boulangerie del paese.
Ci aspetta, poi, un altro complesso monumentale, Saint-Thégonnec, con arco d’ingresso, calvario imponente ma un po’ logorato dal tempo, ossario, portico scolpito e chiesa. All’interno, le pale d’altare risalenti al 1683 sono fin troppo ricche di dettagli!
Dalla strada D712 che porta a Morlaix, facciamo una breve deviazione per visitare Pleyber-Christ. La chiesa è in ristrutturazione ma visitabile; il cartello informativo ci spiega che calvario e tombe sono stati “spostati”, alla fine del XIX secolo, nel cimitero nuovo, a causa dell’improvvisa espansione del paese e della conseguente necessità di spazio sulla piazza centrale.
E’ ora di pranzo e noi ci rechiamo nella vicina Morlaix. Qui, parcheggiata l’auto nella piazza principale, ritroviamo un po’ delle nostre vacanze inglesi mangiando un panino della catena Subway. Ci dedichiamo, poi, alla visita del centro, iniziando dalla chiesa di Sainte Melaine, dalla strana forma a trapezio (parte della navata laterale fu distrutta durante i bombardamenti del 1943).
Percorriamo, poi, la pedonale e ripidissima Venelle aux Pretres per salire al primo piano del maestoso viadotto che sovrasta l’intera cittadina: costruito nel 1864 per la linea ferroviaria Rennes-Brest, misura 292 metri di lunghezza per 58 di altezza.
Tornati alla piazza e recuperata l’auto, ripartiamo in direzione Sud e ci dirigiamo a Plougonven, dove si trova uno dei calvari più antichi di Bretagna. A pianta ottagonale, è ricco di figure poste su due livelli: cercando bene tra i personaggi, si può trovare anche la statuina del Demonio. La chiesa è chiusa, ma possiamo ammirare da fuori i gargoyles che adornano le guglie.
Percorrendo la D785 immersa nei boschi del Parco Naturale d’Armorica, arriviamo a Plounéour-Ménez, dove si trova l’”enclos della montagna”, così chiamato perché ci troviamo tra i Monti d’Arrée. Il recinto parrocchiale comprende un arco monumentale, un piccolo calvario (con le immagini di Saint Yves e Saint Enéour) e la chiesa di Sant’Ivo, che ci crea qualche problema in entrata: dobbiamo girare attorno all’edificio e tentare tutte le porte, prima di riuscire ad entrare da quella di servizio sul retro.
Ci spostiamo a Loc Eguiner, dove troviamo “una cappella divenuta enclos”: si tratta di una piccola chiesetta di campagna, circondata da un cimitero più recente, che, per volere dei suoi fedeli, stanchi di doversi recare fino a Plounéour-Ménez, divenne parrocchia. All’esterno, si trova un semplice calvario del XVI secolo.
Nel nostro peregrinare tra i Monti, incontriamo il villaggio di Commana, con il suo enclos completo e caratterizzato da un doppio calvario (uno risalente al 1624 e il secondo del 1742). All’interno della chiesa, vi sono delle pale d’altare molto elaborate, con statue che sembrano vere (“le più spettacolari pale policrome di legno della Bretagna”).
A pochi chilometri si trova il recinto parrocchiale di Sizun. In questo caso, il piccolo calvario sormonta l’arco monumentale d’ingresso. All’interno della chiesa è esposto il “Tesoro”, ovvero una ricca collezione di abiti talari, calici d’argento, messali miniati e un reliquiario del patrono, Saint Suliau. Mentre siamo seduti e composti a leggere le informazioni sul luogo, ci accorgiamo che un ragazzo, vicino a noi, sta ballando una melodia che sente solo lui… La scena è davvero esilarante!
Ci spostiamo a Locmélar; al centro del villaggio, si trova la piccola chiesa con un calvario semplice ma d’impatto: la sua silhouette si staglia sulla valle sottostante; sulle due sottili traverse della croce si trovano, quasi in equilibrio, il Cristo, i ladroni, i cavalieri, quattro statue gemelle, una Pietà e il giovane Principe Mélar. All’interno della chiesa ci colpisce un originale soffitto azzurro a volta, dipinto con volti di cherubini.
Il prossimo enclos ci aspetta a Ploudiry; la chiesa è chiusa per ristrutturazione ma, qui, la particolarità si trova sulla facciata dell’ossario del 1635: una “danza macabra”, in cui l’Ankou, uno scheletro che rappresenta la Morte, ricorda agli altri personaggi (un contadino, una donna, un giudice e un nobile) che, davanti a lui, siamo tutti uguali.
Imbocchiamo la D35 e, dopo appena un chilometro e mezzo, visitiamo “il più antico dei grandi enclos”, il complesso parrocchiale di La Martyre. All’interno della Chiesa si trova un grande jubé (arco scolpito) che rappresenta la crocifissione, ma la caratteristica del recinto è sicuramento l’arco trionfale d’ingresso, risalente al 1450, sormontato dal calvario e sul quale è possibile salire, per ammirare da vicino le statue (tra le quali, spicca un simpatico demone con la pancia). Un’altra caratteristica si nasconde tra i fregi dell’ossario: il bassorilievo di un angelo con una pergamena scritta in bretone.
Dobbiamo spostarci, per la prossima notte, sulla costa atlantica, a circa 50 chilometri da qui.
Ne approfittiamo per raggiungere un altro dei grandi calvari monumentali: si trova nella cittadina di Plougastel-Daoulas ed è veramente impressionante per le dimensioni. 182 statue, disposte su due ordini, riempiono i quattro lati del calvario ripercorrendo le scene della vita di Gesù, dalla nascita alla morte e Resurrezione. Mentre scattiamo le nostre foto, ci accodiamo ad un volontario che offre visite gratuite e dettagliate del monumento.
Ultima meta del nostro personale circuito degli enclos è quello di Pleyben, che avevamo già visitato nel 2013 e ci era piaciuto a tal punto da averne stampato una foto che fa bella mostra di sé nel nostro ingresso di casa! Sono quasi le 20.00, la chiesa (per altro in ristrutturazione) è ovviamente chiusa, però possiamo ammirare l’immenso calvario monumentale, che adorna un arco di trionfo. Edificato nel 1555 (e modificato nel 1743), si compone di oltre una trentina di scene bibliche, scolpite nel granito di Kersanton.
Seguendo le indicazioni piuttosto confuse dell’app di Airbnb, arriviamo all’immensa spiaggia di Lestrevet, dove ci attende per tre notti l’appartamento di Manon “Les pieds dans la sable” (€ 252,29). Lo studio monolocale n.108bis si trova al primo piano di un residence posto di fronte alla spiaggia. Il check-in è self-service: l’host ci ha inviato la combinazione per entrare nel parcheggio privato e ritirare le chiavi nella cassetta davanti al posto auto riservato. L’appartamento è abbastanza spazioso, così come il bagno. Le due portafinestra hanno una visuale sul mare: peccato che non ci siano zanzariere e, di sera, non si possano tenere aperti i vetri senza essere invasi da moscerini!
Ci prepariamo, con qualche difficoltà (manca qualche utensile in cucina…), una pasta al sugo, poi ci avventuriamo nel buio più totale per una breve passeggiata in spiaggia, prima di goderci una notte di meritato riposo.
Lunedì 10 agosto: Penisola del Crozon – Plage de Lestrevet (km 134)
Ci alziamo verso le 8,30, aspettandoci una giornata nuvolosa, ma si sa che il tempo bretone non è facilmente prevedibile: infatti, non c’è una nuvola!
Dopo aver fatto colazione a casa, partiamo alla volta della Chapelle de Sainte Marie du Menez-Hom, al cui interno si possono ammirare alcune ricchissime pale d’altare decorate con statue e dipinti in oro (che ti aspetteresti di vedere in una cattedrale barocca e non in una piccola cappella di campagna!). Il luogo è organizzato secondo rigide regole anti-Covid, con ingresso e uscita separati e un percorso obbligato da seguire. All’esterno, si trova un piccolo calvario del 1544 immerso nei cespugli di ortensie.
Ci dirigiamo, poi, alla penisola del Crozon, a cui dedicheremo la giornata.
Lungo la strada, facciamo una breve sosta ad Argol, dove io-Francesca ammiro l’enclos e io-Marco ammiro il banco della boulangerie locale!
Raggiungiamo il villaggio di Landevennec, dove eravamo già stati nel 2013. Un consiglio: se, come noi, volete visitare l’antica abbazia in rovina, non dovete seguire le indicazioni per “l’Abbazia”, perché vi trovereste nel complesso monastico più recente e tutt’ora in uso (come era successo a noi, 7 anni fa!); seguite, invece, le indicazioni per “il Museo”.
Il percorso di visita (ingresso € 6,00 a persona) inizia con il museo, dove si ripercorre la storia del monastero, fondato nel V secolo da San Guénolé; si esce, poi, all’aria aperta per visitare il sito archeologico e passeggiare tra le rovine (grazie all’opuscolo informativo, riconosciamo i chiostri, la sala del capitolo, il refettorio dei monaci, il coro della chiesa carolingia e la navata della chiesa romanica). Infine, il percorso conduce al “giardino dei Semplici”, dove vengono coltivate piante e erbe officinali, già utilizzate in ambito medico e culinario dai monaci dell’alto Medioevo.
A circa 500 metri dall’Abbazia, consigliamo di vedere anche la chiesetta di Landevennec, il cui interno è molto semplice ma la posizione panoramica sul fiordo è meravigliosa.
Da qui, facciamo rotta verso la Pointe des Espagnoles, il punto più a nord della penisola del Crozon. Percorriamo l’anello formato dalla strada D355, con viste sulla rada di Brest e sui fari di Portzic e Petit Minou nonché sulla baia di Camaret. Ci fermiamo spesso lungo il GR34 che segue la costa e scopriamo alcune calette nascoste bagnate dal mare turchese e circondate dal viola dell’erica in fiore.
Arriviamo a Camaret-sur-Mer che sono quasi le 14.30 e, nonostante la grande offerta di ristorazione del paese, molti ci dicono che “il servizio del pranzo è terminato”. Questo non vale (per fortuna!) per la Creperie Cap à l’Ouest che ci serve un ottimo pranzo a base di moules frites. Rifocillati, percorriamo il lungomare e ci concediamo un po’ di shopping alla Biscuiterie de Camaret e all’Atelier Ramine (dove acquistiamo un paio di quadretti dipinti a mano).
In auto, raggiungiamo il punto panoramico sulla Pointe de Penhir, oggi particolarmente affollata visto il sole splendente. Lungo la strada, vediamo anche il sito megalitico di Lagatjar e le casamatte del Muro Atlantico, che ospitano un museo sulla Guerra.
Ripercorriamo la penisola per un’ultima sosta: alla Cidrerie de Rozavern ogni lunedì, dalle 17.00 alle 20.00, si svolge un “marché à la ferme”, un meraviglioso mercato contadino che non vogliamo perdere, dove compriamo il necessario per la cena di stasera, a base di formaggi locali e baguette appena sfornata. La boutique della Sidreria, allestita all’interno della zona di produzione, consente di assaggiare e acquistare i vari sidri della casa: usciamo, felici, con un cartone pieno di bottiglie!
Quando arriviamo a casa, sono le 20.00, il sole è alto e la spiaggia davanti al nostro appartamento è quasi vuota: è il momento di una bella passeggiata con “les pieds dans l’eau” fino all’ora del tramonto sul mare!
La serata trascorre, poi, tranquilla con una cenetta casalinga con prodotti tipicamente bretoni e con la scrittura del nostro diario.
Martedì 11 agosto: Plage de Lestrevet – Pointe du Raz e Pointe du Van (km 129)
Approfittiamo della posizione strategica del nostro appartamento per concederci una mattinata in spiaggia, passeggiando lungo i 4 chilometri di sabbia da Lestrevet a Pentrez.
Dopo un veloce pranzo a casa, alle 14.30 partiamo, sfidando una temperatura di 30 gradi (la più alta registrata fino ad ora in Bretagna). La nostra meta è la Pointe du Raz, classificata Grand Site de France: una scogliera che si allunga nell’oceano verso l’Ile de Seine.
Sulla strada, incrociamo il paesino di Confort-Meilars e, attirati da un calvario con statue giganti, ci fermiamo per visitare la chiesetta di Notre Dame de Confort che nasconde una chicca: all’interno, si trova una ruota di legno a carillon, con un diametro di 1,70 metri, risalente al 1600; sulla sua circonferenza sono fissate 12 campanelle di dimensioni e suoni differenti: quando si fa girare la ruota, le campanelle suonano armoniosamente una dopo l’altra… ovviamente, io-Marco non posso fare a meno di provare!
Raggiungiamo, poi, la Pointe du Raz, che è parecchio cambiata dalla mia (Francesca) visita di trent’anni fa: è stato creato un grande parcheggio a pagamento (€6,50 al giorno), per impedire l’accesso alla scogliera e preservarne l’integrità naturalistica. La Pointe si può oggi raggiungere a piedi, attraverso due percorsi (uno di 1,7 km e uno, più diretto, di 0,8 km) oppure mediante le navette elettriche. Una volta superato il Centro Visitatori, con i suoi negozi, bar e ristoranti, ci incamminiamo lungo il percorso costiero più lungo, che permette una splendida visuale sulla Baia di Audierne.
Arrivati in prossimità del sémaphore e dell’estremità della Pointe, che guarda il faro de la Vieille, ci accorgiamo che c’è decisamente troppa gente assembrata sugli scogli; scattiamo la foto di rito poi imbocchiamo il sentiero GR34 verso la Baie des Trépassés. Bastano pochi metri per ritrovarci da soli davanti al panorama più bello dell’intero sito, con vista sul faro, sulla baia e sulla vicina Pointe du Van.
Rinfrancati da questa visuale, rientriamo al parcheggio e ci dirigiamo proprio verso la Pointe du Van (dopo una breve ma dispendiosa sosta alla Biscuiterie locale, dal cui interno si può vedere il laboratorio di produzione dei biscotti).
Questa Pointe è più selvaggia e meno trafficata rispetto alla precedente; il parcheggio è gratuito e, da qui, partono numerosi sentieri costieri. Ne imbocchiamo uno e raggiungiamo la Chapelle de Saint-They, a picco sulla falesia: un’immagine molto scenografica. Percorriamo un pezzo del GR34 per scattare qualche foto alle scogliere, all’oceano che si infrange parecchi metri sotto di noi e alla Pointe du Raz in lontananza. C’è foschia sul mare e, purtroppo, anche con il binocolo non è possibile vedere il famoso faro Ar-Men, un gigante di 33 metri di altezza costruito su un piccolo scoglio a 10 miglia dalla terraferma.
Sulla via del ritorno, decidiamo di cenare alla Creperie de Kervengard a Saint-Nic, a pochi chilometri dal nostro appartamento. Visto che ci sediamo a tavola abbastanza tardi, possiamo ritenerci soddisfatti del distanziamento sociale: siamo da soli nella grande distesa estiva del locale! Ottime galette e omelette, così come le “crepes au beurre sucre” che ci mangiamo come dessert (€ 28,50 comprese le bevande).
Infine, prima di tornare nell’appartamento e preparare i bagagli, ci fermiamo lungo la spiaggia per vedere il tramonto: sono quasi le 22.00.
Mercoledì 12 agosto: Penmarc’h – Trégunc – Quiberon (km 279,80)
Approfittiamo del check-out alle 12.00, per fare un’ultima passeggiata in spiaggia: anche se il tempo è nuvoloso, si sta benissimo.
Caricata l’auto, iniziamo la discesa verso la tappa serale, la penisola di Quiberon. Il nostro itinerario prevede qualche sosta, prima di arrivare a destinazione.
Lungo la strada, incontriamo il paesino di Guengat, dove ci fermiamo per una foto al calvario e all’interno della chiesa di Saint Fiacre. Sulla piazza, troviamo anche una boulangerie, dove acquistiamo (e mangiamo subito!) un ottimo flan.
Puntiamo, poi, alla Pointe de Penmarc’h, alla ricerca del faro di Eckmuhl. Prima di raggiungere il faro, però, ci fermiamo al porto di Saint Guénolé e gustiamo due ottime galettes Saint Jacques (annaffiate da un sidro dolcissimo) nel ristorante La Glacière.
Il piccolo porto ci regala anche un’occasione di shopping ittico, l’Océane Alimentaire: all’interno di un magazzino storico, troviamo un emporio di vendita di prodotti a base di pesce e alghe (e annesso conservificio, visibile attraverso una grande vetrata); facciamo scorta di tonno e soupe de poisson!
Ripartiamo e raggiungiamo il faro di Eckmuhl: saranno le nuvole grigie, sarà il luna park deserto, sarà il paese mezzo vuoto, ma questo posto proprio non ci ispira! Quindi, decidiamo di procedere per stradine di campagna, per cercare la chiesa di Notre Dame de Tronoen.
Per caso, ci imbattiamo nell’isolata Chapelle de la Madeleine, molto carina e tranquilla. A fianco, una schiera di splendidi cottages dal tetto di paglia e dagli infissi azzurri.
Arrivati alla Cappella di Notre Dame de Tronoen, chiamata anche “la cattedrale delle dune”, ammiriamo all’esterno il calvario del 1450, il più antico dei sette calvari monumentali di Bretagna: le figure sono erose dal tempo e, in alcuni casi, è difficile riconoscere i personaggi e le scene bibliche. All’interno della chiesa, due solerti volontarie tentano in tutti i modi di regalarci una guida in tedesco, cercando di convincerci che è molto simile all’italiano. Alla fine, riusciamo ad ottenerne una in inglese e ad accendere una candelina.
Si riparte, imboccando la superstrada D785 fino a Quimper, poi proseguiamo sulla veloce N165 fino a Trégunc, dove ci aspetta la “Boutik” della Brasserie de Bretagne. Ci gustiamo subito una pinta di Britt Blanche e una di Britt Blonde, per poi fare scorta di bottiglie da portare in Italia.
A questo punto, possiamo fare rotta su Quiberon. Essendo già le 19.00, decidiamo di comprare baguettes e formaggi per una cena casalinga.
Abbiamo prenotato, tramite Airbnb, un appartamento “Duplex T2” (per due notti, € 154,00), nel tranquillo quartiere residenziale di Kerhihuel, a 500 metri dalla Cote Sauvage e a meno di 2 chilometri dal lungomare di Quiberon. Ci accoglie Jean, l’host, che si rivela subito simpatico e disponibile. L’appartamento si sviluppa su due livelli: al piano terra, un salotto spazioso e ben arredato ed una cucina super accessoriata; al primo piano, la camera da letto mansardata e un bel bagno. Molto comodo il posto auto riservato esattamente di fronte alla porta finestra d’ingresso; sull’altro lato della casa, si trova anche un bel patio con tavolo, sedie e sdraio.
Ci sistemiamo, molto soddisfatti della location, e ceniamo.
Poi, andiamo sul lungomare della Grande Plage per bere qualcosa e provare i famosi “chichis”, la versione francese dei churros. Dopo giorni di solitudine, Quiberon e le sue strade piene di turisti ci sembrano una metropoli!
Giovedì 13 agosto: Presqu’ile de Quiberon (km 16,50)
Oggi, giornata relax totale! Ci dedichiamo alle passeggiate lungo la Cote Sauvage, la costa occidentale della penisola, affacciata sull’Oceano.
Alla mattina, raggiungiamo a piedi la Cote passando per il campeggio di Kernè; percorriamo circa 2 chilometri sul sentiero costiero GR34 (con frequenti soste fotografiche e una sosta caffè all’altezza di Le Vivier) fino al Castello di Turpault, che segna l’inizio del paese di Quiberon.
Il tempo è nuvoloso ma, mentre ci avviciniamo alla Grande Plage, esce un bel sole.
Sul lungomare di Port Maria, ci fermiamo per pranzare nella Creperie La Capitanerie.
Per smaltire il pasto a base di “galettes et saucisses”, decidiamo di rientrare a piedi all’appartamento, fermandoci anche all’Ufficio del Turismo (uno dei pochi trovati aperti e funzionanti).
Nel pomeriggio, in auto, percorriamo il restante tratto di Cote Sauvage, circa sei chilometri, da Portivy a Kernè. Questa zona è veramente selvaggia, con scogliere che si aprono in piccole calette di sabbia. Il cielo torna a scurirsi e il mare s’ingrossa. Dopo alcune soste nei vari punti panoramici, come la Pointe de Beg en Aud, la Pointe de Percho e la Pointe de Marie Venell, rientriamo a casa per rilassarci un po’, prima di cena.
Per la nostra ultima cena bretone, abbiamo prenotato un tavolo in terrazza al ristorante L’Huitrerie, sul lungomare. Mangiamo benissimo, a base di pesce (menzione d’onore per l’entrée: una spettacolare soupe de poisson con crostini e formaggio fuso!) e ci godiamo la vista sulla spiaggia al tramonto.
Dopo cena comincia a piovere e noi, sazi e soddisfatti, rientriamo in appartamento per preparare i bagagli e scrivere le cartoline.
Venerdì 14 agosto: Guéhenno – Manoir de l’Automobile (km 694,40)
Ci svegliamo con calma e trascorriamo la mattina a fare gli ultimi acquisti bretoni a Quiberon. Visitiamo anche il birrificio artigianale Zéphyr.
Verso mezzogiorno, carichiamo l’auto e, percorrendo la strada costiera lungo la Cote Sauvage, lasciamo la penisola, per iniziare il viaggio di ritorno. Oggi abbiamo in programma un lungo trasferimento, circa 700 km, fino al centro della Francia, con due soste intermedie.
Innanzitutto ci fermiamo nel minuscolo paesino bretone di Guéhenno, per visitare l’ultimo dei sette calvari monumentali, risalente al 1550 e caratterizzato da statue enormi, che raffigurano le ultime ore della vita di Gesù (dalla Crocifissione alla Deposizione). Curioso il pilastro sormontato da un grande gallo, che simboleggia il tradimento di Pietro. Leggiamo sulla guida che le sembianze particolari delle statue sono dovute ad un restauro “in economia” operato nel 1800 dal parroco di allora.
Approfittiamo dell’ombra dell’aerea picnic di fronte alla chiesa, per mangiare due pain au chocolat acquistati lungo la strada, nella boulangerie di Camors.
Ripartiamo e facciamo rotta su Lohéac, dove si trova il Manoir de l’Automobile (ingresso € 14,00 a testa), una collezione privata di oltre 400 veicoli, tra auto d’epoca, auto da rally e magnifici bolidi di Formula 1, esposti nelle sale di questa enorme residenza di campagna. All’esterno, accanto al parcheggio, si può vedere il traguardo del circuito su cui si corre il campionato mondiale di rally-cross.
Verso le 16.00 è ora di ripartire, perché ci attendono quasi 500 chilometri per raggiungere la tappa della notte: il “Pod des deux chenes”, un casetta in legno self-catering (prenotata su booking.com, € 97,00). Il Pod si trova nelle campagne vicino a Montlucon, in un angolo riparato dell’immenso giardino di proprietà degli hosts. Alle 21.30 veniamo accolti calorosamente da Adeline e suo marito che ci permettono di parcheggiare a fianco della casetta e ci mostrano l’interno super accessoriato, per poi lasciarci soli nella quiete della campagna.
Sapendo che sarebbe stata una lunga giornata e che avremmo dormito in un luogo isolato, stamattina abbiamo comprato l’occorrente per una cena casalinga a base di baguettes, fromage et jambon.
Dopo cena, usciamo sul patio del Pod e, complice la totale assenza di fonti luminose, vediamo un cielo stellato che sembra finto. E’ il luogo ideale per una notte di meritato riposo.
Sabato 15 agosto: Montlucon – Reggio Emilia (km 887,50)
Dopo una colazione home-made, salutiamo il Pod e andiamo nella vicina cittadina di Montlucon, per una visita al centro storico, dominato dall’imponente sagoma del castello dei Duchi di Borbone.
Percorriamo le vie medievali, costeggiate da splendide case a graticcio, fino alla piazza antistante la chiesa di Notre Dame, dove è in corso un mercatino di prodotti locali. Visitiamo la chiesa che ha una pianta irregolare, dovuta all’aggiunta di una navata da una parte e di tre cappelle commemorative dall’altra.
Dopo qualche coccola ad un simpatico micio di strada (sul quale riversiamo la nostalgia per i nostri Mimi e Whitby!), ci inoltriamo nella parte vecchia della città, ammirando le casette sbilenche tutelate come monumenti storici.
Un caffè veloce e si parte per il lungo rientro.
Decidiamo di allungare un po’ la strada, per evitare l’attraversamento di Lione e per visitare lo stadio Geoffroy-Guichard, casa del Saint-Etienne.
Attraversiamo, poi, l’Alta Savoia fino al traforo del Frejus (€ 46,30,) e, una volta arrivati in Italia, altri 360 chilometri ci separano da Reggio Emilia.
Nell’estate del Covid, abbiamo percorso un totale di 5.524 chilometri; la nostra vacanza francese termina con tanti ricordi da condividere e un baule pieno di birre bretoni e biscotti. Au revoir!