Ritorno a Cuba
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Cuba è una bellissima isola molto ricca di cose da vedere e soprattutto affascinante per la sua particolare atmosfera che “trasuda” dalle architetture coloniali, ti avvolge con la sua musica, la gente, i colori ed i sapori del rum (ron). La prima volta avevo scelto solo una destinazione balneare, Cayo Largo, dove avevo trovato veramente un bellissimo mare ed ero riuscita a fare un’escursione di un giorno all’Avana, che mi era già piaciuta molto, ma conservavo la voglia insoddisfatta di vivere meglio l’atmosfera cubana. Per questo motivo, appena mi si è presentata l’occasione, ho deciso di tornare, seppure per un mini tour di 3 notti all’Avana, 2 nell’interno dell’isola e 4 di relax a Cayo Santa Maria. Questa seconda volta mi ha permesso di percepire meglio l’anima di Cuba e ne sono rimasta molto soddisfatta.
Il clima a marzo è stato ottimo, generalmente caldo e più fresco, di sera, al mare. Ho avuto solo una mezza giornata di pioggia.
Ho scelto un viaggio organizzato.
1° giorno – mercoledì 21 marzo: Roma – Madrid – L’Avana
A Roma prendiamo il primo aereo (Air Europa, per Madrid), partito in orario alle 10.30. Siamo in tempi di crisi ed a bordo è tutto a pagamento. Volo buono fino a Madrid che ha un aeroporto immenso: l’aereo percorre chilometri sulla pista prima di sbarcarci e noi ne facciamo altrettanti per arrivare al gate B 24 per il volo diretto all’Avana. I posti sono strettissimi, meno male che ho il corridoio.
All’Avana alloggio in una grandissima camera dell’hotel Occidental Miramar, nel quartiere omonimo, a circa 14 km dal centro città. L’hotel è bello (la cena pessima) ma, come le cose qui in regime comunista, manca di charme (anche se a Cuba ci sono tanti piccoli hotel affascinanti).
2° giorno – giovedì 22 marzo: L’Avana
Oggi è una bella giornata e saliamo in bus diretti in centro. L’Avana è divisa in vari quartieri: Avana vecchia, Centro Avana, Vedado e Miramar. Iniziamo a piedi il giro dell’Avana vecchia, la parte più antica, entrando in piazza San Francesco, con la chiesa omonima (1580-1591) e la bellissima Fontana dei leoni sul davanti. Entriamo poi in un cortile, attratti da un grande pannello a rilievo colorato (che rappresenta la fauna e la flora locali), che spicca sul fondo del giardino. Alcuni pavoni vagano aprendo le bellissime code colorate! Percorriamo una stradina che costeggia la chiesa e poi, girando a destra, arriviamo alla Plaza Vieja (con all’angolo il ristorante “Cafè Taberna” dove torneremo stasera per la cena). Girovaghiamo un po’ intorno, ammirando delle finestre tipiche con vetri colorati (questa decorazione, nata verso la metà del ‘700 per proteggere dal riverbero del sole tropicale, si chiama mediopunto ed usava all’inizio motivi geometrici, sostituiti poi da disegni floreali) e ci soffermiamo in qualche negozio con quadri del Che e souvenir, mentre bambini sorridenti giocano sulla piazza. Riprendiamo la passeggiata e costeggiando il ristorante Taberna imbocchiamo una strada con case colorate verde mela, giallo, rosa, che porta alla Plaza de Armas (detta così perché dal 1600 fino alla prima metà del 1700 era usata per le esercitazioni militari), nella quale si trova il Palazzo dei Capitani Generali, davanti al quale è allestito un mercatino di libri usati, molti dei quali riferiti alla rivoluzione ed ai suoi eroi. Il Palazzo, splendido esempio di barocco cubano, fu costruito tra il 1776-1791 e fu prima la sede del Governatore, poi della Repubblica cubana (1902-1967) ed ora del Museo della città. Ha sale arredate con mobili d’epoca, costumi militari, 2 bei pezzi in argento (le Mazze del Cabildo, del 1631, prima importante opera di oreficeria cubana) e una sala degli specchi che scopro in seguito, leggendo la guida, di aver saltato. Non si potrebbero fare le foto, ma le ragazze della sorveglianza ci invitano a farle lo stesso, chiedendoci poi….delle caramelle! (cosa usuale qui a Cuba). Di fronte al palazzo c’è un piccolo parco verdeggiante. Poco vicino c’è la bellissima Plaza de la Catedral, la mia preferita, (la sua facciata barocca è considerata una delle più belle del continente americano), che ricordavo benissimo e dove avevo pranzato nell’unico ristorante-bar situato proprio accanto alla chiesa. Entro velocemente nella cattedrale (abbastanza bello l’interno, di atmosfera) e nel piazzale di fronte alcune amiche si fanno fotografare con un cubano che fuma un grande sigaro: qui capita spesso d’incontrare soggetti strani, vestiti in abiti tipici cubani, pronti a farsi fotografare dietro compenso: è un business… Prendendo una stradina laterale si arriva alla mitica Bodeguita del Medio (botteguccia di mezzo), patria del mojito. Il locale è famoso per le sue passate frequentazioni di illustri personaggi, le foto dei quali riempiono le pareti interne del piccolo ristorante situato dietro il bar. Le pareti colorate sono piene di scritte e firme. Tutti si affollano al bancone per ordinare la famosa bevanda fatta con lime, zucchero di canna e rum. In sottofondo un complesso suona musica cubana: ci abitueremo presto a sentire in ogni bar, ristorante e per strada questi ritmi molto gradevoli e allegri, che invitano al ballo. Dopo tante foto e video, ritorniamo al bus che ci porta, oltre la baia, al Castillo de Los Tres Reyes del Morro, dal quale si gode una splendida vista sulla città vecchia e sul Malecon. Fermata d’obbligo in una negozio situato ad hoc all’ingresso del castello, che vende sigari cubani, rum, caffè e qualche souvenir. Dopo uno stretto passaggio con caratteristiche sottili feritoie, arriviamo in uno spiazzo con tante bancarelle e quadri colorati… altro passaggio obbligato (ma piacevole) per riprendere il bus che ci porta (finalmente perché la stanchezza inizia a farsi sentire) al ristorante El Alhibe, nel quartiere Miramar del nostro hotel. Il pranzo è tipico cubano con riso e fagioli neri, pollo e platani fritti (questo menù sarà un classico del nostro tour). Un po’ rifocillati andiamo alla Piazza della Rivoluzione, grande spazio non molto emozionante esteticamente, ma importante storicamente come luogo delle più significative manifestazioni della città. E’ circondato da palazzi sui quali spiccano le sagome in bronzo del volto di Ernesto Che Guevara e di Camilo Cienfuegos, il braccio destro di Fidel Castro. La piazza è già transennata e pronta per l’arrivo imminente del Papa (per tutta la città abbiamo incontrato manifesti che annunciano questo evento). Da un lato spicca il monumento a Josè Marti (scrittore dell’800 ed eroe popolare cubano contro la dominazione spagnola): è una torre alta oltre 100 m., con pianta a stella in marmo grigio, con davanti una statua del personaggio, di 18 m. So che c’è un ascensore che porta in cima alla torre e dalla quale si gode un bel panorama sulla città, ma oggi è chiusa. La prossima tappa è il Capitolio. Questo simbolo della città è una copia del Campidoglio di Washington, è stato sede del Parlamento fino al 1959 ed oggi ospita il Ministero della Scienza, Tecnologia e Ambiente. Anche questo spot è ancora vivo nel mio ricordo: è un angolo molto suggestivo, con tante colorate macchine d’epoca, parcheggiate lì davanti per le foto turistiche e usate come taxi; la strada di fronte è costeggiata da case coloniali in tinte pastello. Da qui parte il Viale del Prado che percorreremo domani. Ultima tappa è il mercato artigianale che era all’aperto e che invece è stato spostato in uno spazio coperto molto meno suggestivo. Ci perdiamo tra le bancarelle per gli immancabili acquisti. Dopo una sosta doccia in hotel, alle 20 risaliamo nuovamente sul bus per ritornare nell’Avana Vecchia al ristorante “Cafè Taberna” dove mangiamo con il sottofondo musicale di una band dal vivo, gustandoci l’esibizione di due ballerini bravissimi.
3° giorno – venerdì 23 marzo: L’Avana
Oggi trascorro una bellissima giornata: con delle amiche decidiamo di staccarci dal gruppo e girovagare da sole per goderci la città: c’è il sole e fa caldo. Prendiamo un taxi che con 7 cuc ci porta all’incrocio tra l’Avenida Linea e quella de los Presidentes, una bella strada con siepi arrotondate e statue di vari presidenti, all’inizio della quale c’è il Museo della danza dedicato alla famosa ballerina cubana Alicia Alonso. E’ piacevole percorrere questo viale fino all’incrocio con l’Avenida 23, che ci porta alla famosa gelateria Coppelia, dove ci sono piccoli padiglioni, ognuno per dei gusti diversi di gelato, e arriviamo all’hotel National: è un edificio abbastanza imponente con una hall datata, ma non priva di fascino ed un bel parco che si affaccia sul Malecon. Qui a Cuba tutto è un po’ malandato ed anche questa struttura non sembra all’altezza delle sue 5 stelle: pure la piscina, un rettangolo anonimo, è piuttosto banale! C’è una troupe televisiva che riprende l’hotel ed in alcune zone del parco non si può andare, forse per preparare l’imminente visita del papa. Abbandonato l’albergo, prendiamo un divertente coco-taxi giallo, con un’autista donna molto “sprint” che ci porta, in equilibrio precario, nel rione popolare di Cayo Hueso. Il Calleion de Hammel (chiamato con il nome di un ricco trafficante d’armi e commerciante che aveva preso il quartiere sotto la sua protezione) è una piccola strada famosa per i murales di alcuni artisti (il più importante dei quali è Salvador Gonzales) che, oltre a decorare i muri, hanno fatto anche delle particolari sculture moderne che rappresentano varie divinità afro-cubane. Ci sono delle piccole botteghe che espongono e vendono quadri, chiedendo offerte per I bimbi del quartiere che hanno una scuola proprio lì. Ci piace molto, veramente originale. La tassista ci ha aspettato per portarci lungo il Malecon (il famoso lungomare dell’Avana che si snoda per 7-8 km attraversando tutti i quartieri, dai più antichi ai più moderni) fino all’inizio del Paseo del Prado, che un tempo doveva essere una bellissima elegante passeggiata dal Capitolio al mare. Il viale centrale pedonale ha dei lampioni in ferro lavorato e belle panchine. Ai lati un susseguirsi di palazzi in stile coloniale (qualcuno anche arabo), in evidente stato di decadenza: balconi divelti, finestre fatiscenti, tetti e pavimenti mancanti, mura oltre le quali si vede il vuoto. Qualche palazzo è adibito a scuola e da molte finestre pendono file di panni appesi, in un singolare pazzesco contrasto con le ricce decorazioni di stucchi colorati. E’ affascinante: cerco con la fantasia d’immaginare le carrozze dei ricchi e nobili habaneri in abiti di lino bianco, con il sigaro in bocca e le signore eleganti al fianco, mentre vedo persone che si affacciano alle finestre e abitano quindi in palazzi che sembrano abbandonati dopo un bombardamento! Lungo il viale, seduti sulle panchine o sui muretti, gruppetti di cubani parlano o si riposano stando in silenzio. Il Paseo termina in un bellissimo punto sul quale si affaccia l’hotel d’Inghilterra (dalla cui terrazza, che però non visitiamo, si dovrebbe vedere un bel panorama) e il Teatro Nazionale (edificio barocco molto imponente, che fa parte del Centro Gallego, un monumentale complesso costruito nel 1915). Il Gran Teatro dell’Avana, uno dei più grandi del mondo, fu inaugurato con l’Aida di Giuseppe Verdi. Sullo sfondo spicca il Capitolio. Al Parco Central imbocchiamo la via Obispo dove, all’inizio, si trova il famoso bar “La Floridita”, culla del daquiri e celebre per le frequentazioni di Hemingway. Nell’interno un mare di gente che affolla il bancone del bar o è seduta ai tavolini con l’immancabile musica cubana. Riprendiamo la via Obispo, che è veramente carina e caratteristica, piena di bar, ristoranti con musica allegra, negozi di souvenir, gente che ti avvicina, gentile, ma che cerca di venderti sigari, che vuole soldi per il latte, per mangiare o semplicemente che chiede…..caramelle! Ci fermiamo in un localino (La Pergola) che sembra carino. Qui il complesso musicale è arricchito da un bravo flautista: il suono è un po’ forte ma bello…ci rifocilliamo e riposiamo un po’, per poi riprendere la nostra passeggiata che ci porterà di nuovo a Plaza de Armas. Prima di arrivare però entriamo in una caratteristica farmacia antica (Taquechel) e all’hotel Ambos Mundos (dove ha vissuto Hemingway): qui saliamo al sesto piano e ci sediamo al bar della bella terrazza panoramica, godendoci il venticello gradevole e caldo, sorseggiando un “semplice” succo d’ananas, con una splendida vista.
Per strada ho visto una donna vestita tutta di bianco: ho appreso poi dalla guida che quest’abbigliamento indica un voto (di 1 anno) fatto nell’ambito della santeria (religione afro-cubana), una specie di iniziazione che culmina con una festa in cui si fanno regali alla divinità e poi si entra a far parte della comunità religiosa. A Plaza de Armas, davanti al palazzo visitato ieri, troviamo un’orchestra di soli fiati che, sotto la guida di un direttore, suona musiche di Debussy e Piazzolla. E’ molto particolare! Vicino ad un musicista c’è un bambino, forse il figlio, che lo guarda incantato! Attraversato un piccolo parco, ci troviamo davanti al Templete, con architettura classica, accanto al quale contrastano edifici coloniali come l’hotel Isabel, antica casa restaurata con il classico patio interno e sala da pranzo molto carina ed intima. Riprendiamo il taxi per tornare in hotel dove ci attende un meritato riposo. Alle 20.30 però il bus ci porta al famoso locale Tropicana: anche se è uno spettacolo turistico non voglio perderlo perché vari amici me lo hanno consigliato ed in effetti sono molto contenta di averli ascoltati. E’ all’aperto, in un bel giardino lussureggiante: i tavoli sono messi a raggiera intorno al palcoscenico centrale, su vari ripiani. Quando inizia lo spettacolo e si accendono le luci, scopro che ci sono altri piccoli palcoscenici posti lateralmente o su piani rialzati. I ballerini scendono da scale illuminate, con costumi sfavillanti che cambieranno in continuazione, con una bella regia che usa ritmi veloci per passare da una scena all’altra, evitando la monotonia per la ovvia ripetitività dei balletti. Ogni tanto si alternano giocolieri ed acrobati bravissimi: veramente bello il “quadro” africano con tamburi e danze tribali. Spettacolare anche il “volo” di una ballerina che dall’alto si butta nelle braccia del partner più in basso.
4° giorno: sabato 24 marzo L’Avana – Cienfuegos – Santa Clara – Sancti Spiritus
Stamattina trasferimento lungo: con il bus usciamo dall’Avana e percorriamo una strada piena di vegetazione tropicale che ci porta a Cienfuegos. E’ molto frequente incontrare persone lungo le strade statali che sembrano aspettare il bus. In realtà non sempre ci sono delle vere e proprie fermate, molto spesso la gente attende un qualsiasi passaggio: macchine, bus, camion. Probabilmente gli orari dei mezzi pubblici non sono molto attendibili ed ogni auto-stop è utile! Facciamo una piccola sosta alla Fiesta Campesina, un’azienda che offre succo di canna da zucchero (guarapo de canna) appena spremuto e “corretto” con rum e succo di lime; in un bel giardino tropicale sono evidenziate piante e piccoli animali chiusi in recinti. E’ un misto di vero e finto, ma va bene come piccolo break al viaggio. All’arrivo a Cienfuegos andiamo subito al ristorante del Club Nautico locale, situato in una bella villa coloniale sul mare. Infatti la città è posizionata su una grandissima baia protetta. Il buffet non è un gran che. Dopo pranzo andiamo a visitare il Teatro dell’Opera Tomàs Terry (1887-1889) costruito per volontà testamentaria di questo personaggio, ex sindaco della città, arricchitosi con il traffico di schiavi. Il teatro ha ospitato molti artisti famosi tra cui il nostro Caruso ed è molto particolare, con palchi stranissimi ai quali si accede attraverso porticine a persiane. Ha un’aria molto coloniale: sembra di stare in un romanzo di Marquez. Oltre al Teatro ed alla Cattedrale della Purissima Concezione, vari edifici circondano una bella piazza, nel quale spicca l’arco di Trionfo (dedicato all’indipendenza cubana ed unico in tutta Cuba) oltre il quale si erge la statua di Josè Marti, al centro del parco. La cittadina è bella, pulita e ristrutturata, ma non mi emoziona particolarmente. Fa molto caldo, anche perché sono le 15! Dovevamo recarci in un giardino botanico, ma hanno deciso di andare a Santa Clara perché il lunedì (giorno previsto per la visita) il memoriale del Che è chiuso ed è un peccato perderlo.
Considerazione durante un trasferimento in bus: Cuba è un paese ancora molto povero, attualmente il turismo è una delle sue principali risorse, ma i cubani sono ancora lontani dagli standard medi, devono migliorare molto i servizi. E’ tutto allo stato brado. Secondo me questo dipende da vari fattori: governo comunista, embargo americano e anche l’indole dei cubani che sono molto gentili, ma troppo abituati a svolgere attività il cui guadagno va al governo e quindi non motivati all’iniziativa personale. Mi viene spontaneo il paragone con il Vietnam, paese in espansione ed anche con regime comunista, ma lì la popolazione è più intraprendente e vogliosa di crescere (l’orientale è molto più operoso e lavorativo).
Il Mausoleo del Che è un monumento particolare: mi viene ovvio il confronto con quello di Ho Chi Minh che ho visitato di recente. Quello tutto austero e rigoroso, questo più “cubano” nel senso che i materiali usati (mattoni sul pavimento e pietra per i medaglioni che rappresentano i 29 rivoluzionari caduti nel 1967 in Bolivia insieme al Che, che è posto al centro,) sono più “caldi”. Anche la presenza di un’aiuola tropicale, che simboleggia la giungla, dà un’atmosfera più emotiva. All’esterno, su di un piedistallo, c’è una statua in bronzo del Che con in mano un fucile ed un braccio appeso in una fascia per una precedente frattura. Alla base leggiamo il suo famoso motto “Hasta la Victoria Siempre”. Accanto c’è un bellissimo bassorilievo che illustra momenti della sua vita e altri blocchi di granito con varie incisioni, tre cui l’ultima lettera di commiato a Fidel.
Santa Clara deve il suo nome alla battaglia che determinò la vittoria dei rivoluzionari del Che nel 1958. I guerriglieri deragliarono un treno blindato, carico di armi e soldati fedeli al dittatore Fulgencio Batista, ed assediarono i controrivoluzionari nell’hotel Santa Clara. Dopo il mausoleo andiamo a visitare proprio i resti del famoso “treno blindato”. I vagoni si trovano ancora nello stesso punto dell’esplosione, a testimonianza dell’accaduto: nel loro interno ci sono varie foto e cimeli. Mi è piaciuto molto. Il centro di Santa Clara non è niente di speciale: si riduce alla solita piazza, meno “alliccata” di Cienfuegos ma forse più vera, con vari palazzi intorno, tra cui un hotel che conserva ancora i segni dei proiettili della famosa battaglia.
Originariamente dovevamo pernottare a Trinidad, ma poi un cambiamento di programma ci ha portati a Sancti Spiritus, paesino nell’interno di Cuba. Purtroppo l’hotel Los Laureles si rivela un posto molto scadente, con camere veramente modeste. L’unica cosa positiva del luogo è il locale tipico “La casa della Trova”, nel centro del paese, dove passo una serata veramente particolare, in un autentico posto cubano con bella musica, Ron a tutta forza e vecchietti veramente indescrivibili che ballano cantando. Ci sono anche tanti giovani.
5° giorno: domenica 25 marzo Sancti Spiritus – Trinidad – Sancti Spiritus
Oggi bellissima giornata a Trinidad (patrimonio dell’UNESCO), che mi è piaciuta moltissimo: la città, fondata nel 1514, era molto importante per la produzione di canna da zucchero, ma, verso la metà dell’Ottocento, i grandi proprietari terrieri, a causa della crisi del settore, si sono trasferiti all’Avana. L’economia si è orientata verso la lavorazione del tabacco, ma la zona è rimasta molto isolata (la ferrovia è arrivata solo all’inizio del Novecento): è come se il paese fosse stato abbandonato di colpo, con tutti i beni lasciati lì ed oggi la città sia stata di nuovo recuperata e riproposta ai turisti in forma più bella (per cui qui tutto è immutato e sembra che il tempo si sia fermato). Le case eleganti sono ben conservate ed utilizzate come musei o ristoranti. I restauri sono ben fatti, non troppo finti; molte anche le “case particular” (sorta di bed and breakfast), sempre arredate in stile coloniale. La struttura della città è insolita, con una piazza non piazza (Plaza Mayor), nel senso che non ha la forma tradizionale, ma è una spazio un po’ in salita con la chiesa da un lato, un giardino al centro ed edifici coloniali ai lati (ex dimore dei ricchi magnati dello zucchero ed ora adibiti a museo). La particolarità è nella pavimentazione rimasta a ciottoli di fiume tondeggianti (chinas pelonas), scomodi per camminarci, ma esteticamente molto d’effetto. Le strade che partono dalla piazza e si snodano poi in reticolati perpendicolari, sono fiancheggiate da case basse, tutte della stessa altezza, di colori pastello, con a pianterreno le abitazioni, protette sul fronte strada da tipiche inferriate (nel Settecento erano usate in legno, barrotes, dall’Ottecento furono sostituite da grate in ferro) che sporgono leggermente sul davanti. Molti portoni-finestre vengono lasciati aperti, permettendo una visuale dell’interno. In genere sono case particular o ristoranti, qualcuna è casa-negozio o solo abitazione: è molto singolare entrare in un negozio, arredato come un’abitazione, perché in realtà è l’ingresso di un appartamento. Poco oltre s’intravede il salotto e l’immancabile patio. Gli articoli in mostra sono un po’ gli stessi dell’Avana, ma qui l’artigianato è più originale e c’è più assortimento di tovaglie e indumenti ricamati a punto Trinidad. La prima visita che facciamo è l’interno della Chiesa Parrocchiale della Santissima Trinità, al quale diamo però solo una rapida occhiata (bello l’altare ligneo), perché è in corso una funzione. Poi una piccola sosta alla Casa della Trova (ben diversa da quella di ieri sera, più popolare): qui un complesso si esibisce per i turisti e nel negozio accanto si vendono i dischi. Passando velocemente tra le bancarelle di un mercato, arriviamo al ristorante “Plaza Mayor”, per il pranzo. Anche questo è collocato in un’antica dimora, ma essendo usato da gruppi numerosi di turisti per pranzi a buffet, non è particolarmente raffinato rispetto ad altri, intravisti dalle finestre sulle strade. Andiamo quindi al Museo Storico Municipale, situato del neoclassico Palazzo Cantero: qui ci sono mobili d’epoca, un bel patio e soprattutto una torretta originale, che mi intriga molto sul suo possibile utilizzo nel passato (mi viene in mente qualche donna dell’ottocento qui reclusa da mariti-padroni, per chissà quale motivo!). Tramite ripidissime scale si può salire nella torre ed ammirare dalla terrazza il panorama di Trinidad. Prima di arrivare in cima c’è una stanza ora adibita a negozio. Terminiamo la visita con una sosta al famoso bar “La Canchanchara”, che offre l’omonimo cocktail a base di aquardiente, lime, zucchero di canna, miele e ghiaccio, servito in un bicchierino di coccio. Naturalmente il tutto è accompagnato dall’immancabile musica cubana, suonata da un complessino di chitarre e percussioni: qui i musicisti sono bravi dovunque, hanno il ritmo nel sangue.
6° giorno: lunedì 26 marzo Sancti Spiritus – Cayo Santa Maria
Oggi partiamo alle 8.15 per raggiungere, in 2 ore circa, Cayo Santa Maria, un’isola collegata alla terraferma da un terrapieno di quasi 50 km, costruito sul mare (strada molto particolare). Il primo impatto con l’Hotel Barcelò Cayo Santa Maria Beach & Colonial Resort è buono: la struttura è bella, divisa in due zone identiche e simmetriche, il Colonial (dove siamo alloggiati noi) e il Beach, immerse in una bella vegetazione, piscine, ristoranti vari, grill aperto 24 ore, tutto all inclusive. Dalla piscina si percorre una stradina, un ponticello di legno e si arriva alla spiaggia che è lunga e non molto larga (su di essa si affacciano vari hotel). L’acqua del mare è particolarmente azzurra, però c’è un bel venticello che la muove formando parecchie onde.
7° giorno: martedì 27 marzo Cayo Santa Maria
La giornata scorre tranquilla con una sosta pranzo, una passeggiata, qualche bibita, altro sole, altri bagni. Accanto a me il chioschetto delle musiche cubane a tutto volume e, poco oltre, dopo scalette in legno, il bar sempre pienissimo che serve in continuazione cocktail di tutti i tipi:
–cuba libre (rum, soda e coca cola)
–mojito (rum, menta, lime, soda e zucchero)
-piña colada (rum, succo d’ananas e latte di cocco)
–Hemingway special (rum, succo di pompelmo e maraschino)
–Varadero sunrise (rum, curac̦ao blu, succo d’arancia, succo d’ananas e granatina)
–Cubanito (rum, succo di pomodoro, sale, pepe, salsa worcestershire e limone)
–Mary Pickford (rum, succo d’ananas, maraschino e granatina)
–Ron Punch (rum scuro e rum chiaro, succo d’ananas, succo d’arancia e granatina)
–Daiquiri frozzen (rum, zucchero e limone)
Apro parentesi: il rum (ron), distillato della canna da zucchero, qui a Cuba è una parte fondamentale della vita: è dovunque, viene bevuto in continuazione nei bar, nelle discoteche, nei locali da ballo, per strada. Se ne sente l’odore in giro, si legge sui manifesti, sulle pubblicità, è l’anima dei cubani, è l’ingrediente, insieme all’onnipresente musica (che con il suo ritmo allegro ed inconfondibile risuona dappertutto) di tutti i cocktail. Ho già parlato della Bodeguita del Medio, del Floridita e della Casa della Trova…
Qui al Barcelò, struttura all inclusive, è indescrivibile il traffico e l’affollamento che c’è in tutti i bar dell’hotel. Non so se è la formula free o la voglia di bere, ma tutti sembrano presi da un’irrefrenabile frenesia di ordinare bibite di tutti i tipi. E’ un continuo andirivieni di camerieri con vassoi carichi di bicchieri colmi di liquidi colorati, dal giallo o rosa del daquiri, al tricolore giallo, rosa e blu del varadero sunrise, dal verde della menta del mojito al semplice trasparente del ron bianco e scuro. Completano la coreografia cannucce variopinte e fettine d’ananas e d’arancio. Devo dire che è tutto molto allegro.
Alle 17, dopo una velocissima doccia prendiamo (siamo un gruppetto) il trenino per il pueblo, una struttura moderna che rappresenta un piccolo centro, stile messicano, che si trova a pochi minuti dall’hotel. Questo posto ha al suo interno dei ristorati, bar, negozi e bancarelle che, per uno strano ed incomprensibile motivo, sono aperti fino alle 18, mentre di sera è accessibile solo la discoteca, che serve tutti gli hotel della zona. Ieri sera, infatti, avevo già preso questo trenino con alcune persone per perlustrare la zona: non ero andata in discoteca ma avevo fatto solo una passeggiata constatando l’assurdità (qui a Cuba è normale) che di sera, in un posto di vacanza, i negozi siano chiusi, riducendo di molto le attrazioni del dopo cena. Anche in hotel, dopo lo spettacolo, non c’è niente da fare.
8° giorno: mercoledì 28 marzo Cayo Santa Maria
La giornata di oggi nasce sfortunata: sveglia alle 6.30 per partire alle 8 per la gita in catamarano. Il tempo è nuvoloso con qualche spiraglio di sole, ma mentre ci avviciniamo al molo, a poco a poco la situazione peggiora. Saliamo sulla barca che già inizia a piovere, l’umore di tutti è a terra, navighiamo per pochissimo tempo verso nuvoloni grigi, mentre il capitano annuncia che fra circa 10 minuti faremo una sosta per lo snorkeling! E’ comico. Iniziano le prime lamentele e alla fine si decide per il rientro. Che peccato: io ci tenevo tanto a questa escursione per vedere dei tratti di mare diversi dalla spiaggia del nostro hotel, magari più calmi e con la possibilità di ammirare stelle marine e qualche pesciolino, pazienza.
9° giorno: giovedì 29 marzo Cayo Santa Maria
Oggi tempo bello ed intera giornata dedicata al mare.
10° giorno: venerdì 30 marzo Cayo Santa Maria – L’Avana – Madrid
Ultima mattinata di mare: non rinuncio a qualche ora di sole e a un bel bagno, tanto più che oggi il vento è pochissimo ed il mare calmo. Poi doccia e pranzo veloci e si inizia la maratona finale che ci porterà, in circa sei ore, all’Avana, dove verso le 20 ci imbarchiamo per Madrid e da lì per Roma.