Rifugio Mantova sul Monte Rosa
6.00 del mattino. La sveglia suona e mio marito mi scuote leggermente. Mi sveglio come sempre con fatica (già non sono una mattiniera) lasciando metà della mia mente là dove nessuno è mai giunto sinora. I sensi sono ancora intorpiditi ma poi un flash improvviso: oggi è il D-Day. Oggi abbiamo previsto una gita al Rifugio Mantova a 3.459 m, sotto il Monte Rosa. Oggi finalmente supererò a piedi i 3.000 metri ed arriverò là dove osano le aquile. Certo lo so che per chi è abituato a frequentare le alte quote tutto ciò sembrerà quantomeno banale, ma per me che non sono una camminatrice e le alte quote mi danno un po’ di apprensione (soprattutto perché non amo molto camminare nella neve) questa è sicuramente un’impresa degna di nota. Complice il marito (che è stato alla Margherita) e il cagnetto (che adora camminare al fresco) la gita è stata programmata e tirarsi indietro adesso è un po’ tardi (non posso nemmeno far valere il fatto che non sono più giovanissima, dato che ero presente nel corpo e nello spirito quando la decisione è stata presa). OK tutto questo passa rapidamente nella mia mente mentre le mie gambe scendono dal letto e le sento già stanche. Ce la farò?
Mi sento quasi come Messner quando affronta una scalata impegnativa: certo il paragone è quantomeno assurdo. ma si sa, ognuno di noi ha il proprio metro di valutazione. Ma non c’è più tempo per i dubbi: marito, cagnetto, zaino e macchina mi aspettano. Si parte! Il viaggio con tutti i dubbi che mi arrovellano la mente sembra più corto del previsto. Arriviamo a Gressoney in un attimo. Già, perché dato il mio scarso amore per le camminate nella neve, abbiamo deciso di partire non dalla funivia di Alagna dove il dislivello sarebbe stato quantomeno non impegnativo. Noi partiremo dal lago Gabiet dove ci aspetta un dislivello direi importante: più di 1000 metri. Eccoci arrivati al Gabiet.
Arrivo al lago Gabiet e salita al Rifugio Mantova
Saliamo sulla funivia e via, che l’avventura abbia inizio. Mi sento improvvisamente bene: tutti i dubbi sono spariti: la giornata è bellissima e il Monte Rosa ammicca. Cagnetto mi guarda e sorride. Il mio cane vagabondo sorride sempre mentre cammina e nonostante gli anni siano passati anche per lui tra un sentiero e l’altro non demorde. In più ama tantissimo le funivie in genere. Chissà perché. Non ho certo l’abilità di scavare nella mente canina, per cui mi accontento di vederlo felice e con lo sguardo pieno di aspettative.
Scendiamo dalla funivia, zaino in spallo cagnetto al guinzaglio e si parte. La salita inizia da subito e mio marito, come sempre, è già avanti. Il solito pensiero: avrò sposato Superman? Non ho risposta in merito. Io come al solito parto piano. Così affronto la montagna: piano, senza fretta. Nei miei passi c’è la fatica, il rispetto e la meraviglia che ogni volta mi coglie guardandomi in giro. L’aria mi sfiora quasi con vigore, sembra voglia quasi spingermi e la solitudine è piena di libertà.
Il rifugio è lassù: è una presenza costante da quando siamo partiti, lo vedo e intanto metto un piede avanti all’altro, un passo dopo l’altro e penso che la distanza si accorcia. Il paesaggio così imponente mette quasi timore. Camminiamo ad un’altezza dopo la quale non ci sono più alberi, ma solo il verde dei prati, il grigio della roccia e il bianco della neve.
Qualche stambecco, spettatore curioso mi guarda con sospetto (o pena?). Superman, alias mio marito, è sempre avanti e io devo fare i conti con lo scoramento che mi assale: sto camminando da quasi 3 ore e piano piano il paesaggio del verde dei prati lascia il posto al grigio delle rocce. Un po’ di sfasciume portato probabilmente da vecchi ghiacciai e poi più in alto vedo la neve e mi rendo conto che dovrò passarci sopra. Una strana paura la mia quella della neve: paura di scivolare. Forse una paura atavica? (In effetti penso nemmeno sui pattini da ghiaccio ero un campione). Ma oggi non mollo. Non posso. E poi è vero che la neve non mi entusiasma ma mi è già capitato di fare camminate dove era presente e quindi vado avanti.
Oggi tutto è perfetto per l’impresa. Addirittura trovo chi, mentre scende mi dice che su al rifugio ci sono delle torte buonissime. Senza saperlo tocca la mia corda segreta: dolci, dolci, dolci. Un altro motivo per arrivare al rifugio quindi. Finalmente Superman alias mio marito si è fermato. Mi aspetta anche cagnetto e sembra dirmi: su dai muoviti. Cagnetto, cavolo, io ho solo due zampe. Poi é un attimo e la sento, eccola: l’aria che cambia, che si fa più leggera: ci sono! Ho superato i 3.000 metri evvai… non posso arrendermi adesso. Sono quasi euforica. Tutto intorno è silenzio, immensità e gioia pura. Le neve, le rocce, il cielo azzurro e sotto i prati verdi. Nessun pittore avrebbe potuto creare uno scenario così. Avanzo imperterrita. L’ultima neve, le roccette finali e finalmente tocco il pavimento del rifugio.
Non mi vergogno a dire che ho baciato il legno del pavimento della verande del rifugio. Ce l’ho fatta! Superman mi abbraccia, cagnetto ride senza ritegno e io mi siedo. Per riportare cuore, mente e gambe a una parvenza di normalità. Sono felice. Ho compiuto la mia impresa. Foto di rito, maglietta e mentre assaporo una torta direi spaziale con la mente abbraccio la maestosità che mi circonda e stupidamente mi viene in mente Mike Bongiorno. Finalmente posso dire: Capanna Mantova, sempre più in alto!
Da quassù mi sembra che il mondo sia diverso: sicuramente più movimentato. La gente è tanta e ci sono quelli che sono tornati dalla Margherita. Li guardo e penso: un giorno anche io ce la farò ad arrivare lassù. Ogni cosa a suo tempo. A proposito. Per noi il tempo è tiranno. Dobbiamo scendere se non vogliamo perdere l’ultima funivia che ci riporta a Gressoney e farci a piedi anche quel tratto. Quindi scendiamo abbastanza rapidamente. Arriviamo alla funivia proprio per prendere l’ultima corsa: oggi è il mio giorno fortunato. Stanche ma profondamente felici ci godiamo la discesa in funivia. Guardo Cagnetto e sembra quasi che mi strizzi un occhio.
Ce l’abbiamo fatta! Per un attimo anche io sono stata ad un passo dal cielo.
Accarezzo cagnetto che mi si adagia sulle gambe e penso che questo può essere solo un giorno perfetto. E in un giorno perfetto la felicità è davvero totale.