rajasthan 2
Dal 23 agosto al 12 settembre 2008 Costo circa 2.000 euro ITINERARIO Delhi – Mandawa – Bikaner – Jaisalmer – Jodhpur – Udaipur – Pushkar – Jaipur – Agra – Delhi più 6 giorni al mare a Kovalam (Kerala) in un resort lussuosissimo della migliore catena alberghiera Indiana, la Taj.
NB: Generalmente il giro del Rajastan viene effettuato al contrario, in senso orario, in modo da vedere subito alcuni dei monumenti famosi nel mondo come il Taj Mahal di Agra e l’Amber Palace di Jaiphur. Noi abbiamo scelto il senso antiorario: in questo modo si visita prima la parte meno famosa, meno frequentata e con monumenti meno impotenti seppur bellissimi, lontano dalle grandi masse e calandosi subito nell’India rurale meno contaminata. Proseguendo il giro si passa man mano in zone più turistiche, ma la diminuzione del fascino viene via via compensata dai forti, dai palazzi, dai monumenti sempre più belli e interessanti, fino a culminare con l’indescrivibile Taj Mahal. Insomma consiglio assolutamente di visitare il Rajastan in senso antiorario! FASE ORGANIZZATIVA: Finalmente io e mia moglie Elena abbiamo deciso: quest’anno, dopo tanti rinvii, si va in India! Come sempre decidiamo di organizzare il viaggio per conto nostro e ho proceduto come sempre: ho guardato cosa proponevano i cataloghi di viaggi, ho letto i resoconti dei viaggiatori sui siti internet, ho letto le guide (per l’India del Nord ho preso la Lonely Planet, la Routard e la Rough Guides – nessuna soddisfacente ma la Rough Guides è risultata la migliore delle tre). Poi ho stabilito percorsi, programma eccetera e quindi sono passato alla fase realizzativa. Ho inviato una mail ad una trentina di agenzie di viaggio di Delhi, di cui ho reperito gli indirizzi su motori di ricerca, chiedendo un preventivo per il noleggio dell’auto con autista dal 24 agosto al 6 settembre specificando l’itinerario che intendevo fare. Una ventina di queste agenzie mi ha inviato un’offerta e a tutte ho risposto di aver ricevuto condizioni migliori chiedendo di ribassare il prezzo. Ne è seguita una selezione fatta in base ad alcuni aspetti che potevano indicarmi il livello di affidabilità delle agenzie – tempestività nella risposta, precisione e dettagli dell’offerta, professionalità apparente, scarto di prezzi rispetto ai concorrenti – fino a salvare tre agenzie con le quali ho intavolato trattative più serrate.
Stabilito il percorso e le tappe in base alle distanze, ai tempi di percorrenza ed alle cose da vedere, sono passato alla ricerca degli alberghi su internet e ne ho valutato i costi. Successivamente ho chiesto alle agenzie sopravvissute una proposta per il pernottamento e ho confrontato la qualità e i prezzi degli alberghi da loro proposti con quelli da me individuati su internet. Nel frattempo ho studiato più approfonditamente la guida e mi sono reso conto che le percorrenze sono lunghe, le strade non proprio scorrevoli, spesso le cose da visitare poco segnalate e non facilissime da raggiungere: così ho deciso di chiedere un preventivo per un pacchetto comprendente auto con autista per tutto l’itinerario, il volo interno Delhi-Trivandrum a/r, i tranfert per e dagli aeroporti, guida locale in ciascun posto che visiteremo, pernottamenti e prima colazione.
Questa volta le offerte delle agenzie sono risultate migliori di quanto abbia trovato sia su internet che sulle guide. Infine ho deciso a quale agenzia affidarmi .
COSTI E AVVERTENZE Per farla breve chiudiamo con l’agenzia a 3430 dollari per due persone (1715 dollari a testa pari a 1125 euro) per i seguenti servizi: auto con autista dal 24 agosto al 5 settembre (tour Delhi, Rajasthan e Agra); guide locali in tutti i luoghi visitati; pernottamenti con prima colazione nei luoghi stabiliti dal 24 agosto al 12 settembre; volo interno a/r Delhi Trivandrum; transfert da e per gli aeroporti. In sostanza tutto compreso tranne i pasti e i biglietti di ingresso ai monumenti.
Il volo internazionale Malpensa – Delhi l’ho trovato su internet: ho scelto un’ottima compagnia già usata in passato, la Qatar, che fa scalo a Doha, al costo di 550 euro a/r a testa. COSTO TOTALE: 2.047 euro (a testa). Dettaglio per una persona: volo Malpensa – Delhi A/R 550€ + auto-autista-guide-transfert-pernottamenti BB 1335$ / 875€ + volo Delhi-Trivandrum A/R 380$ / 249€ + biglietti ingresso 83€ (10635 rupie per 2 persone, 1 fotocamera e 1 videocamera) + pasti 224€ trattandoci bene + mance varie e guide 33€ + mancia all’autista $ 100 = 66€ PASTI : li abbiamo consumati sempre in hotel o ristoranti di un certo livello (per evitare problemi gastro-intestinali e ci siamo riusciti tranne una notte per colpa di un gelato!) e abbiamo sempre consumato piatti della cucina indiana. Il costo è stato mediamente di 5 euro a testa. BIGLIETTI DI INGRESSO: Sono mediamente cari. Nei monumenti più importanti arrivano a 12 euro a testa (750 rupie). Dove costano meno spesso è richiesto un supplemento per l’uso della fotocamera (1 euro) e per la videocamera (5 euro).
MANCE: Sono il vero flagello del turista in India. Chiunque faccia qualcosa si aspetta una mancia: chi vi apre la portiera, chi vi offre un tovagliolino di carta se andate alla toilette, chi vi porta le valigie, chi vi controlla il frigo bar, chi subito dopo controlla che l’aria condizionata funzioni, chi vi sorveglia le scarpe quando entrate in un tempio o chi si para davanti alla vostra macchina fotografica mentre immortalate qualcosa. Tutti aspettano la mancia. 10 o 20 rupie (16 – 32 eurocent.) sono sufficienti per tutto. Se volete far felice qualcuno date un dollaro. Per le guide abbiamo dato da 3 a 10 dollari a seconda del tempo trascorso insieme e del livello di soddisfazione. All’autista abbiamo lasciato 100 dollari per 13 giorni.
VALUTA E CAMBIO: Noi abbiamo portato dei dollari, ma gli euro sono accettati ovunque così come le carte di credito. Si può cambiare solo nelle città e consiglio di farlo all’aeroporto o negli uffici di cambio: sono un po’ meno convenienti ma infinitamente più veloci delle banche. Nei negozi le carte di credito hanno tassi di cambio più convenienti rispetto al contante in euro o dollari.
SICUREZZA: Il rischio attentati in India deve essere elevato (sono esplose cinque bombe a Delhi il giorno successivo al nostro rientro) e lo si evince dagli infiniti controlli che vengono fatti sia agli aeroporti che agli ingressi di tutti i monumenti. Ma a parte questo non abbiamo mai avuto alcun problema e nemmeno la percezione di qualche pericolo, neppure quando siamo andati in giro da soli di notte a Delhi.
CLIMA: Il periodo da noi scelto corrisponde alla fine dei monsoni e dunque è a rischio pioggia. In realtà abbiamo trovato sempre tempo splendido e solo una mattinata di nuvole con un po’ di pioggia a Udaipur. Il caldo non è più insopportabile come nei mesi precedenti anche se si superano sempre i 35 gradi. Nella zona desertica (nord Rajasthan) è abbastanza secco; nel sud ovest del Rajasthan è meno caldo. La zona di Agra è torrida. A Kovalam (Kerala, estremo sud dell’India) c’era la coda dei monsoni: ad ampie schiarite si alternavano violenti e brevi temporali.
La massa dei turisti arriva a metà ottobre e in questo periodo eravamo davvero in pochi: in ben quattro alberghi siamo stati gli unici clienti, serviti e riveriti come veri Marajà. HOTEL: Non sono in grado di dirvi il prezzo dei singoli alberghi avendo acquistato un pacchetto completo. Tuttavia gli alberghi da me scelti costavano mediamente dai 25 ai 30 euro a camera e l’offerta dell’agenzia è stata migliore. A Delhi gli alberghi costano il doppio. Se andate per conto vostro contrattate il prezzo fino alla metà di quanto richiestovi (in bassa stagione).
IL VIAGGIO Giorno 1 – 23/08/08: Malpensa – Delhi Si parte alle 12 da Malpensa con il volo Qatar, una delle migliori compagnie al mondo. Dopo uno scalo di tre ore a Doha arriviamo a Delhi puntuali alle 3,30 del mattino. Recuperati i bagagli e cambiate un po’ di Rupie usciamo dall’aeroporto dove ci aspettano il nostro autista Sham e l’agente della Flexi Tour di Delhi e ci accompagnano all’hotel (Grand Sartaj Hotel). L’albergo non è un gran che ed è a metà strada tra l’aeroporto e il centro città.
Giorno 2 – 24/08: Delhi Dopo qualche ora di riposo alle 10 il nostro autista ci viene a prendere insieme alla guida locale per cominciare la visita della città. Oggi è domenica e quindi diamo la precedenza a tutto ciò domani, lunedì, sarà chiuso: National Museum, Lal Quila (Forte Rosso), Museo dell’artigianato, . Fa davvero caldo ma Delhi appare subito meglio di quello che ci si aspettava e decisamente meno inquinata di altre capitali orientali, grazie anche alla trasformazione a gas di autobus e tuc-tuc e al trasferimento di tutte le fabbriche fuori dalla città. Al mattino la città è pulita perché tutti, a Delhi come nel resto dell’India che abbiamo visitato, si preoccupano di spazzare strade e marciapiedi. Il risultato è molto buono ma dura poco. I contrasti tra ricchezza e povertà sono subito evidenti ma non sono un pugno nello stomaco come ci si aspettava: certo ci sono persone che chiedono l’elemosina, persone che vivono, mangiano e dormono sui marciapiedi o sotto le sopraelevate, ci sono tende o baracche ai piedi di palazzi coloniali adibiti a uffici di governo o di rappresentanza. Ma al di là della dietrologia che si fa sull’India queste sono più o meno le stesse situazioni viste in Guatemala, in Birmania, nelle Filippine, in Malesia, in Madagascar e in tutto il “terzo mondo”. Chissà perché però in India fa più notizia! La città è un fermento di lavori in corso per preparare Delhi ad ospitare i Giochi del Commnwealth del 2010. In particolare troviamo ovunque i lavori di costruzione della metropolitana che arriverà fino all’aeroporto, anch’esso in ristrutturazione per l’ampliamento; accanto ai lavori di ammodernamento è un pullulare di case fatiscenti ricoperte di cartelloni pubblicitari e di negozietti e bancarelle che vendono qualunque cosa possa essere venduta.. La cosa che colpisce di più è il traffico: un fiume ininterrotto di tutto ciò che può muoversi in tutte le direzioni, privo di qualsiasi regola. Uomini a piedi o che tirano carretti, risciò, tuc-tuc, moto, biciclette, automobili, autobus, elefanti, carri trainati da mucche, da asini o da cammelli. Ma non basta perché ci sono anche animali che riposano sin mezzo alla strada o vagano per conto proprio in totale anarchia: vacche sacre, capre, pecore, cani, cammelli, asini. Tutto si mescola e si confonde in una fiumana che scorre ora lentamente ora in modo frenetico, ma miracolosamente senza mai scontrarsi. L’unica regola che esiste è la legge del più forte, o meglio di chi suona prima o più rumorosamente il clacson. Nemmeno il senso di marcia è una regola, né in città né in quelle che definiscono autostrade. Solo un pazzo furioso può pensare di noleggiare un auto senza autista in India!!! La nostra visita di Delhi inizia al National Museum che ci cala subito nella storia, nei costumi e nelle tradizioni dell’India; ampie sezioni sono dedicate ai tessuti e alle miniature. In tutti i maggiori musei si può noleggiare l’audioguida (inglese o francese). Subito dopo ci siamo addentrati nella Old Delhi e siamo andati al Forte Rosso: immense mura circondano questo vasto spazio contenente diversi edifici interessanti, alcuni dei quali privi di pareti esterne, come da tradizione, per permettere una maggiore aerazione e ciascuno dedicato ad una funzione della vita di corte dei Moghul. I giardini sono pieni di scoiattoli (non mancano mai in India) e la sera viene presentato nei giardini del Forte uno spettacolo di luci e suoni: una voce narra in inglese la storia dell’India fino all’Indipendenza con un effetto di suoni e luci empirico ma suggestivo. Di fronte al Forte Rosso (ma a Delhi di fronte vuol dire un paio di chilometri!!) c’è l’imponente moschea Jami Masjid alla quale si accede da una ripida scalinata in arenaria rossa che si raggiunge dopo aver attraversato gli stretti e caotici vicoli del bazar. Dl cortile interno della moschea, che può ospitare 25.000 fedeli, si vede anche un bel panorama su Old Delhi e sul Forte Rosso. Il nostro giro prosegue al Museo dell’Artigianato, molto interessante anche se la parte in cui sono riprodotti i villaggi rurali indiani è chiusa perché nel periodo dei monsoni la pavimentazione rischia di diventare scivolosa per il muschio (!!!!) A quel punto siamo andati a riposare in albergo prima di tornare al Forte per lo spettacolo e poi andare a cena.
Giorno 3 – 25/08: Delhi Si riparte alla scoperta di Delhi: Raj Ghat, il luogo dove fu cremato Mahatma Gandhi: una tomba moderna e poco suggestiva in un grande parco in centro città; il quartiere di Nizamuddin con il bazar e la moschea: il bazar è impressionante: vicoli strettissimi straripanti di gente e di animali negli atteggiamenti più diversi: chi lavora, chi guarda, chi aspetta, chi mendica, chi mangia, chi dorme, chi prega… Al centro del quartiere si trovano il santuario lo Hazrat Nizamuddin Dargah, santuario in marmo e la moschea Jam-at Khana Masjid (ingresso vietato alle donne): è un quartiere sporco e caotico, ma è un pezzo di India e vale la pena di vederlo. Nel quartiere non portatevi orologi, gioielli, macchine fotografiche. La visita di Delhi prosegue con il Bangla Sahib Gurudwara, tempio sikh in marmo bianco e cupole d’oro. Poi è la volta di uno dei maggiori templi induisti, lo stravagante Lakshmi Narayan Mandir, composto da diversi templi costruiti su più livelli e decorati con tantissime svastiche (per gli induisti sono un simbolo di buona sorte). Con la macchina andiamo a vedere la zona governativa: ministeri e parlamento sono un insieme di edifici rossi costruiti dagli inglesi, così come le auto ministeriali sono vecchie vetture bianche inglesi. Il palazzo presidenziale si può vedere solo dalla cancellata che separa la strada dai grandi giardini. Dal palazzo presidenziale un immenso viale affiancato da giardini, il Raj Path, conduce all’India Gate, un grande arco di trionfo costruito per ricordare i soldati indiani morti nella prima guerra mondiale mentre combattevano per la regina d’Inghilterra. E’ la volta del Mausoleo di Humayun, fatto costruire nel 1564 dalla vedova del secondo imperatore Moghul. E poi il Qutb Minar, complesso di palazzi, moschee, torri in arenaria rossa magnificamente scolpita del XII secolo. Rimane poco della bellezza originaria perché il tempo ha distrutto molto ma quello che rimane è davvero notevole. Nella visita vi accompagneranno decine di scoiattoli e di pappagalli verdi.
E’ ora di cena: andiamo al Dilli Haat, un mercato all’aperto di prodotti artigianali provenienti da tutta l’India. Si paga l’ingresso: una stupidaggine ma sufficiente a tenere fuori vagabondi e accattoni. Il mercato è molto carino e al fondo c’è una zona con diversi ristorantini all’aperto e ciascuno propone la cucina di una determinata zona dell’India. Giorno 4 – 26/08: Delhi – Mandawa (250Km – 6 ore) Si parte di buon mattino e l’uscita da Delhi è interminabile. La città è infinita e sembra che tutti i suoi venti milioni di abitanti siano per strada, ovviamente con altri venti milioni di animali vari. Dopo circa 40 km. Finalmente finisce la città e comincia il viaggio. Il panorama non è un granché, attraversiamo vaste pianure coltivate e la nostra attenzione è più che altro attratta dalla vita che si svolge lungo la strada. Arriviamo verso le 15 al nostro albergo: è circa 50 Km prima di Mandawa in un villaggio che di turisti deve averne visti davvero pochi. L’albergo, il Surajgarh Fort è una ex residenza dei maharajà, è bellissimo e lussuoso, la camera è grande quasi come il nostro appartamento di Torino e ha l’accesso diretto alla piscina e il bagno con la vasca in marmo incassata nel pavimento decorato. Siamo gli unici ospiti e ci trattano da re. Posati i bagagli proseguiamo per Mandawa, un paese con le strade in terra battuta rimasto indietro nel tempo. Incontriamo la nostra guida locale che ci accompagna a visitare le Haveli, un tempo dimore dei mercanti arricchitisi con i traffici sulla via della seta: sono abitazioni per lo più a due piani, costruiti intorno a delle corti: nella prima si svolgeva la vita degli uomini immersi negli affari, in discussioni politiche, o a bere e fumare, mentre nella seconda si svolgeva quella delle donne, affaccendate nei lavori di casa. Ma la caratteristica di queste Haveli è quella di essere interamente decorate con affreschi raffiguranti immagini induiste, scene di vita indiana, posizioni del kamasutra ma anche immagini rubate in Europa o medio oriente dai mercanti indiani e riprodotte sulle case in modo da renderne partecipi i signori e la popolazione del luogo. Così si va dagli elefanti del sud agli aerei ad elica o ai treni inglesi. Oggi le haveli sono spesso di proprietà di ricconi indiani – discendenti dei mercanti che le hanno fatte costruire – che risiedono nelle grandi città o all’estero e vengono lasciate in custodia a famiglie del posto che ne prendono cura. Purtroppo non sono molto ben tenute.
Terminata la visita di Mandawa torniamo nel nostro lussuoso albergo dove ci concediamo una cena nel salone di specchi e intarsi vicino accanto alla terrazza, prima di farci un bagno ristoratore in piscina. Giorno 5 – 27/08: Mandawa – Fatephur – Bikaner (190 Km – 4 ore) Si parte nuovamente di buon’ora: ripercorriamo la strada di ieri fino a Mandawa che superiamo per arrivare a Fatephur, dove vediamo altre haveli, più finemente decorate di quelle di ieri ma peggio conservate. Siamo nella regione del Shekhawati e le haveli sono pressoché ovunque. Visitiamo le più belle ma ci vorrebbe una settimana per vederle tutte. Si riparte alla volta di Bikaner dove arriviamo nel primo pomeriggio attraversando una regione semidesertica che segna il confine con il deserto del Thar. Il termometro segna 37 gradi ma si sopportano perché l’aria è secca anche se caldissima. A Bikaner chi vuole può fare escursioni nel deserto, anche con il cammello, ma la cosa importante da vedere è il Forte di Junagarh. E’ un forte del 1500 e successivamente ampliato composto da palazzi templi e cortili riccamente e finemente decorati, scolpiti, intarsiati, affrescati. Bellissimo! L’ultimo salone che si visita è stato trasformato in museo. Lasciato il forte andiamo a vedere il Palazzo di Lalgarh, residenza reale attualmente trasformata in albergo di lusso. E’ in arenaria rossa ed è tutto finemente decorato. Il palazzo si trova al centro di un grande e bel giardino frequentato da pavoni in libertà; scopriremo che in India si incontrano spesso. La guida ci porta poi in un laboratorio di miniaturisti dove vediamo disegni e quadri bellissimi, e poi nell’immancabile negozio di tessuti: questo sembra sia una cooperativa che raccoglie le manifatture dei villaggi circostanti e con essi divide i guadagni. Speriamo che sia vero visto che gli abbiamo lasciato un sacco di soldi! Infine ci ritiriamo nel nostro bellissimo albergo, il Banwhar Niwas Palace, una bellissima haveli tutta per noi.
Giorno 6 – 28/08: Bikaner – Deshnok – Jaisalmer (333 Km – 6 ore) Partiamo da Bikaner verso le otto. La città si sta rianimando, ovunque ci sono donne e uomini che spazzano strade e marciapiedi. Dai portoni aperti delle case intravediamo le stalle che occupano i cortili interni ma molte “vacche sacre” sono sdraiate in mezzo alla strada incuranti de traffico che inizia ad aumentare.
La prima tappa di oggi e il Tempio di Karni Mata a Deshnok: il tempio è veramente brutto ma la sua particolarità è che al suo interno vengono adorati i topi, reincarnazioni dei cantastorie defunti il cui spirito è stato sottratto dalla dea Karni Mata, incarnazione di Durga, all’ira di Yama, il dio della morte, facendoli reincarnare in topi… Questa è l’India! Insomma nel tempio ci sono centinaia di topi grossi e grassocci che vagano ovunque in libertà e ai quali i fedeli portano da mangiare. Bisogna fare attenzione a non pestarli (porta male) e si è fortunati se si viene calpestati da uno di loro come è successo a me: siamo in un tempio e quindi scalzi! Elena è assolutamente schifata e disgustata e per evitare i topi si avvicina ad alcune ringhiere nere in ferro che delimitano la parte del tempio riservata ai fedeli; solo dopo un po’ si accorge che le ringhiere sono nere perché completamente ricoperte di topi. A quel punto capisco che è giunto il momento di portarla fuori dal tempio. Il viaggio riprende, Elena a riprendersi ci metterà un po’ di più. Procediamo per Jaisalmer, città che sorge nel deserto a un centinaio di chilometri dal Pakistan. Lungo la strada ci sono decine di persone che camminano nella nostra direzione, poi diventano centinaia, poi migliaia. Portano delle bandiere colorate, camminano, cantano: sono fedeli che percorrono fino a trecento chilometri a piedi per andare in pellegrinaggio al loro tempio. Scopriremo che ce ne sono lungo tutte le strade, ognuno va verso il proprio tempio e dato che in India ci sono tre milioni di dei… A pochi chilometri dal tempio i pellegrini si tolgono le scarpe così per un centinaio di metri la strada è ricoperta di ciabatte e scarpe gettate via. Superato il tempio comincia il pellegrinaggio in senso opposto. La zona che attraversiamo è ormai desertica: distese di sabbia contro le quali lotta una vegetazione di cespugli. Ci saranno più di 40 gradi ma è secco e ventilato. Lungo la strada attraversiamo la ferrovia, il cui segnale di stop è una bandiera rossa piazzata in mezzo ai binari. I treni procedono lenti e sovraccarichi, molte persone viaggiano sul tetto dopo aver regolarmente pagato il biglietto per il posto sul tetto! Arriviamo a Jaisalmer e prendiamo possesso della nostra stanza in albergo, il Narayan Niwas Palace. Ci sono già due o tre camere occupate e abituati ad essere soli ci sembra di essere in un albergo affollatissimo! La prima tappa a Jailasmer è il bacino di Gadi Sagar: un lago artificiale costruito nel XIV secolo, fiancheggiato da templi sacri e nel quale le donne si bagnano con la speranza di trovare marito. Al lago si accede da un triplice portale: per un’intricata storia di siccità e prostitute che ha coinvolto il maharajà di un tempo, passare dal portale grande porta male e tutti attraversano quello piccolo sulla sinistra. Qualche anno fa la siccità ha indotto le autorità a collegare il lago ad un canale confinante: il risultato è che l’acqua oggi c’è, ma con essa sono arrivati migliaia di pesci gatto enormi che si accalcano uno sull’altro in modo impressionante. Lasciato il lago andiamo a vedere il Forte di Jasalmer: si erge alto sul deserto con le sue mura imponenti. Enormi porte d’accesso introducono a strade strette e tortuose lungo le quali si affacciano palazzi con le facciate finemente scolpite. Alcuni palazzi sono mal conservati e attualmente hanno cominciato alcuni lavori di restauro. Numerosi sono i templi giainisti lungo le strade all’interno del forte. Purtroppo erano chiusi (orario 8 – 12) ma le facciate lasciano intendere quanto belli debbano essere gli interni. Usciti dal forte si possono vedere ancora diverse haveli molto belle, accanto alle quali sono state edificate nuove haveli che riproducono fedelmente architettura, decori e sculture di quelle antiche. Il giro della città finisce inevitabilmente nei negozi: di antiquariato, di argento, di cuoio… E’ la tassa che si paga ogni volta alla guida. Chi vuole vedere i tempi giainisti e magari fare un giro sulle dune del deserto può programmare un giorno in più a Jaisalmer. A cena Sham ci porta a mangiare in un posto un po’ fuori città: si mangia (bene) su delle terrazze all’aperto e sotto di noi musicisti e danzatrici si esibiscono in canti e balli regionali. La danzatrice balla anche su delle lame affilate o portando in testa una pila di 8 vasi sovrapposti!! Alla fine, imitando un turista indiano, lasciamo 100 rupie di mancia.
Giorno 7 – 29/08: Jaisalmer – Pokaran – Jodhpur (290 Km – 5 ore) Al mattino ripercorriamo una pezzo della strada fatta ieri per arrivare a Jaisalmer fino a Pokaran, nel deserto, dove ci fermiamo per visitare l’omonimo Forte in arenaria rossa. Composto come sempre da edifici e cortili collegati l’uno all’altro da strette scalette e angusti corridoi, il forte è frequentatissimo dagli indiani (è vicino al tempio che attira migliaia di pellegrini a piedi) mentre non incontriamo nemmeno uno straniero. Forse perché le guide citano Pokaran solo per ricordare che qui nel 1998 furono fatte esplodere tre ordigni atomici 200 metri sotto il deserto, annoverando l’India tra le potenze atomiche.
Ripartiamo alla volta di Jodhpur, incontrando altri pellegrini in marcia, donne con i sari colorati al lavoro, animali che passeggiano per strada. Jodhpur è chiamata la città blu per via del fatto che le case sono colorate di azzurro intenso (in realtà perché la vernice contiene una sostanza che tiene lontani gli insetti). La visita della città comincia con il Jaswant Thada, fatto costruire dalla moglie del maharajà Jaswant Sing II, rimasta vedova. Il mausoleo è in marmo bianco, bellissimo, su un’altura da cui si domina la città blu. Poi andiamo a vedere il Forte di Meherangarh, sicuramente il più bello di quelli visti finora: sculture, decori e intarsi lasciano senza fiato. Terminata la visita del forte la nostra simpaticissima guida locale ci fa fare un tuffo nel cuore commerciale della città: il bazar, un dedalo di vicoli stretti pieni di negozietti colorati, artigiani al lavoro e odori di ogni tipo. Dopo l’immancabile tappa al negozio di tessuti (incontriamo un italiano che vive in India e che ci garantisce essere il migliore e più economico negozio di esportazione della regione) e proseguiamo il nostro giro in questa città colorata, viva, divertente e appassionante. Uscendo dal bazar ci troviamo in una piazza con al centro la torre dell’orologio illuminata da luci che cambiano colore; ai suoi piedi negozi, bancarelle, gente che vende, che compra, che mangia, cani capre e mucche vanno per conto loro mentre auto e tuc tuc cercano di farsi spazio tra i carretti trainati dai cammelli… la guida ci guarda estasiata e con un sorriso carico di orgoglio esclama “THAT’S INDIA!”. Già questa è l’India e ormai ci ha coinvolti in pieno.
Dopo una tappa nel negozio di the e spezie andiamo al nostro albergo, poco fuori dalla città: è il Jhalmandgarh Hotel Jodhpur, bellissima residenza estiva del maharajà. Siamo di nuovo gli unici clienti e ceniamo sulla terrazza dell’albergo con splendida vista sulla città.
Giorno 8 – 30/08: Jodhpur – Ranakpur – Udaipur (290 Km – 7 ore) Dopo la solita abbondante colazione a base di frutta, succhi, uova e pane e marmellata partiamo nuovamente con il nostro autista Sham alla scoperta di un altro pezzo di India. Uscendo da Jodhpur si vedono i molti negozi di antiquariato famosi in tutto lo Stato. Il panorama cambia, ci lasciamo alle spalle il deserto e la pianura sempre più verde diventa progressivamente ricca di alture. Arriviamo a Ranakpur (pur, l’avrete ormai capito, vuol dire città) che si trova in una bella valle verde, ma non per questo meno calda e molto umida. Al centro della valle un complesso di templi giainisti meravigliosi, non inferiori a quelli più famosi e più frequentati del monte Abu. Sono semplicemente spettacolari: il più grande, in marmo bianco, ha al centro la cripta e tutto intorno si estende un colonnato di 1444 colonne di marmo bianco finemente scolpito che suddivide il tempio in 23 sale aperte. E’ una di quelle cose che non si possono descrivere, bisogna vederle. Accanto al tempio principale sorgono altri templi minori, comunque interessanti. Lasciata Ranakpur si procede per Udaipur. Tra qualche giorno sarà la festa di Ganesh, la cui immagine, sotto forma di santino, statua o qualunque forma possibile, è onnipresente nelle case, negli alberghi, nei locali e sui mezzi di trasporto (e adesso anche al collo di Elena e sul camino della nostra casa di campagna). Così lungo le strade vendono pacchianissime statuette in plastica rosa di Ganesh, il dio con la testa dell’elefante. Fatevi raccontare la storia di Ganesh e avrete un’altra idea del misticismo indiano! Per farla breve suo padre, Shiva, prima ha mozzato la testa al figlio, Ganesh, e poi in seguito alle suppliche della madre ha mozzato la testa di un cucciolo di elefante per riattaccarla a suo figlio… That’s India!!! Ci fermiamo a pranzo in montagna, finalmente al fresco, e proseguiamo per Udaipur dove arriviamo al tramonto. L’albergo, Hotel Visnhnupriya, non è granché e non lo consiglio. Lasciamo libera la guida e con un tuc tuc andiamo in un ristorantino in riva al lago Pichola, l’Ambrai: in un complesso alberghiero molto lussuoso si mangia all’aperto sul lungo lago con vista spettacolare sui palazzi illuminati nella notte indiana e con la città che sembra un enorme presepe. Molto suggestivo. Il tuc tuc ci aspetta fuori perché, dice, al ritorno non è facile trovarne per rientrare in hotel, e forse è vero. Si mangia molto bene ed è buono anche il gelato che io prendo alla fine del pasto ma… me ne pentirò trascorrendo la notte sul water.
Giorno 9 – 31/08: Udaipur Al mattino sto uno schifo e salto la colazione. Quando Elena ritorna (lei, saggia, non ha mangiato il gelato) usciamo per andare a visitare la città. Oggi piove! Mi sento la febbre! Ma quel topo di merda che mi ha pestato i piedi non doveva portare fortuna?? La pioggia smette dopo meno di due ore e dopo poco torna il sole, che ci continuerà ad accompagnare per tutto il viaggio. La giuda locale sembra svogliata e allora questa volta siamo noi a dettare il ritmo ed il programma della giornata. Cominciamo con il City Palace, un immenso palazzo, il più grande del Rajasthan, costituito da diversi edifici contigui costruiti in epoche successive. Il risultato è sorprendente e pur notando le differenze tra palazzi costruiti in epoche diverse l’insieme è armonioso e molto, molto bello. Mura, palazzi, terrazze, torri, cortili.. È tutto da vedere. Non perdete il Crystal Palace, sempre nel City Palace, un enorme salone centrale – oggi sala da pranzo di un lussuosissimo hotel – circondato da una galleria con le stanze dell’albergo ma soprattutto con la Crystal Gallery, un museo di cristalli favoloso: Il maharajà Sajjan Singh a fine ottocento fece arrivare dall’Inghilterra questi pregiatissimi cristalli: bicchieri? Si anche, ma letti, poltrone, divani, tavoli, sedie.. Tutto in cristallo. Alla fine del giro vi offriranno the e pasticcini. L’ingresso costa 12 euro, non si può fotografare e vi danno le audioguide per seguire il percorso mussale. Dovete lasciare un documento, mai il passaporto! Non può mancare il giro in barca sul lago, che ci permette di vedere uno dei due palazzi costruiti su due isolette in mezzo al lago, entrambi oggi trasformati in hotel/ristoranti. Io sono sfinito, la febbre sale e così torno in albergo a riposare mentre l’instancabile Elena prosegue e visita ancora una haveli nella città vecchia in cui vengono riprodotte le stanze delle case indiane, dei giardini famosi ed un villaggio artigianale con la riproduzione delle case delle varie regioni dell’India. Quando torna in hotel io sto meglio e ripartiamo per vedere il tramonto sul lago e poi a cena (ormai stò meglio) sulla terrazza di un ristorante che si affaccia sul lago. Giorno 10 – 1/09: Udaipur – Deogarh – Pushkar (310 Km – 7 ore) Oggi dovremmo andare a Pushkar passando da Chittorgarh ma per l’unico disguido del viaggio (l’autista non ne era al corrente) imbocchiamo un’altra strada e quando me ne accorgo è troppo tardi per tornare indietro. Chittorgarh fu una capitale importante del Rahajastan e il primo importante sbarramento sulla strada degli invasori mussulmani: Ma proprio per questo ripetutamente invasa sicché i palazzi, i templi ed il forte, che un tempo devono essere stati stupendi, oggi versano in rovina. Quindi non mi dispiaccio più di tanto del disguido, anche perché Sham, per farsi perdonare, inserisce nel percorso una tappa non prevista a Deogarh: si tratta di un villaggio fuori dalle rotte turistiche, e quindi più vero con i suoi vicoli, i suoi negozi, i suoi artigiani miniaturisti. Sopra il villaggio spicca il Deogarh Castle, già residenza del maharajà e oggi trasformato in albergo. Entriamo comunque a visitarlo ed è veramente bello, disposto su diversi livelli collegati da strette scale e da terrazze. Dietro compenso (50 rupie), un cameriere dell’hotel ci accompagna nella nostra visita, ci apre le camere più belle e fra tutte spicca ovviamente la camera da letto del maharajà… bè, c’è un motivo se quando uno naviga nell’oro si dice che è un maharajà! Il lusso dell’albergo è completato da una bella piscina e da una spa: secondo me è un buon posto per fare una tappa di tutto riposo prima di proseguire il viaggio. Da qui si può anche visitare la grotta- tempio di Shiva o fare escursioni in fuoristrada o bicicletta: io preferirei la piscina! Il viaggio prosegue e tra alture e valli arriviamo a Pushkar, cittadina ai piedi dell’omonimo lago, circondata da monti, pascoli e da un vero e proprio deserto di sabbia: non manca nulla! La città, una delle tre città sante dell’India, ha dato i natali a Brama, il creatore, una delle tre emanazioni del brahman, il principio impersonale dell’unità cosmica, insieme a Visnhu, il conservatore e a Shiva, il distruttore e rigeneratore (quello che ha ucciso Ganesh e poi gli ha attaccato una testa di elefante). Mentre ci siamo vi dico che i concetti cardine dell’induismo sono tre: il dharma: l’obbligo di adempiere ai doveri verso la famiglia e verso la casta, vivendo in modo retto per acquisire meriti per la vita successiva; l’artha: il lecito accumulo di ricchezza; il karma: la legge secondo la quale ogni azione delle vite precedenti avrà delle conseguenze in quelle successive, a cominciare dalla casta nella quale ci si reincarnerà. Ma torniamo al nostro viaggio: la visita di Pushkar inizia ovviamente dal tempio di Brama, curioso ed affollato, frequentato anche dalle scimmie che d’ora in poi si aggiungeranno alle moltitudini di animali che incontreremo. Poi si va al lago attraversando il bazar del villaggio. Ovunque ci sono templi induisti, se ne contano 500 tra grandi e minuscoli. Il lago è sacro ed è circondato da templi e dai ghat, gradinate che scendono nel lago e che i fedeli utilizzano per raggiungere le sante acque e bagnarcisi secondo il loro rito. Veniamo avvicinati da un bramino che ci racconta la storia del posto e ci da la sua benedizione per la salute, la famiglia, il lavoro. Ci lega un braccialetto benedetto di corda (che tra l’altro indica agli altri bramini che abbiamo già versato l’obolo e ci chiede un’offerta. Lasciamo 10 euro a testa perché questi soldi vengono utilizzati per mantenere una mensa pubblica che tutti i giorni fornisce da mangiare pane e riso ai bramini, che per dovere religioso vivono di elemosina, ma anche a tutta la povera gente che non ne ha. Proseguiamo a piedi la circumnavigazione del lago, ci fermiamo a bere del masala chay (the indiano dolce, con il latte e speziato, buonissimo) in un bar mentre vediamo tramontare il sole dietro ai templi che si affacciano sul lago. Dissetati e benedetti torniamo veso il nostro bell’albergo, il Master Paradise, dove consumiamo la cena dopo aver fatto un bagno in piscina.
Bella giornata, intensa e a tratti emozionante, ma il famoso misticismo indiano proprio non riusciamo a coglierlo! Giorno 11 – 2/09: Puskar – Jaipur (135 Km – 3 ore) Il tratto di strada che ci separa da Jaipur e in parte autostradale: vuol dire che si paga, ma tutti continuano ad andare contromano, si attraversano i paesi, i cammelli continuano a tirare i loro carretti e le vacche sacre continuano a farla da padroni. Così per fare centotrenta chilometri ci vogliono tre ore. Ma per i locali è tutto assolutamente normale: That’s India! Lentamente arriviamo a Jaipur, la città rosa. Il nostro albergo è molto bello ed è uno dei più vecchi della città: il Bissau Palace. Le sale da pranzo e da lettura riportano agli splendori dei maharajà e dei coloni inglesi. Lasciati i bagagli andiamo a visitare il Forte di Jaigarh, vicino ad Amber, molto grande, interessante e con mura enormi che corrono lungo le montagne circostanti. Il panorama dall’alto del forte è bellissimo: si vede si vede la città, il suo lago, il meraviglioso Amber Palace che si trova sotto di noi e che visiteremo domani. C’è ancora tempo per visitare il Forte di Nahargarh, Un palazzo immerso nel verde sulle colline sopra Jaipur, fatto costruire da Jai Singh II nel 1734 per le sue dodici mogli: il palazzo è formato da un edificio costruito attorno ad un cortile lungo e stretto e contava in totale dodici appartamenti identici, una per ciascuna moglie. Ogni appartamento ha la camera da letto, la cucina, la stanza per l’ancella, il bagno ed un soggiorno.Sono belli e decorati, anche se un po’ in rovina (e oggi dimora delle scimmie). Successivamente sono stati aggiunti altri appartamenti al piano superiore, mantenendo i criteri architettonici originari. La giornata non è finita perché ci aspetta l’immancabile negozio di tessuti: Elena vuole comprare un sari ma finisce per farsi fare un vestito in seta su misura. Il lavoro del sarto costerà ben 550 rupie (9 euro!!) Si torna in albergo per la cena in attesa di scoprire le cose meravigliose che vedremo domani: Il nostro viaggio è un crescendo di cose ogni giorno più belle.
Giorno 12 – 3/09: Jaipur Alle otto siamo pronti per andare a visitare la città rosa, dal colore dell’arenaria utilizzata per la costruzione dei suoi palazzi e delle sue mura. Si accede all’interno delle mura della città attraverso imponenti porte in arenaria rosa. I viali sono larghi ma trafficatissimi ed ai lati è un susseguirsi di attività commerciali di ogni tipo. Lungo la strada ci fermiamo a vedere il famoso Palazzo dei Venti (Hawa Mahal). E’ forse il palazzo più famoso di Jaipur: Costruito a fine ‘700 è un edificio di cinque piani in arenaria rosa destinato a permettere alle donne della famiglia reale di osservare la vita cittadina che si svolgeva nelle strade sottostanti. La facciata principale del palazzo – profondo quanto una stanza – è infatti ricca di finestre a nido d’ape, con le tipiche “grate” scolpite nell’arenaria che permettevano alle donne di vedere senza essere viste: Una specie di burka in muratura! Attualmente non è possibile visitare gli interni per motivi di sicurezza ma la guida ci garantisce che la cosa bella da vedere è la facciata. Scattate tutte le foto ricordo proseguiamo l’attraversamento della città e ci imbattiamo nel mercato del latte: gli allevatori che vivono fuori città al mattino portano qui i loro contenitori in alluminio pieni di latte appena munto. Gli acquirenti infilano il braccio fino al gomito nel contenitore per vedere quanto il latte sia grasso: la misura è data da quanto il braccio rimane bianco una volta estratto dal contenitore: stabilita così la percentuale di grasso si contratta il giusto prezzo. Sarà stato scelto così anche il latte che abbiamo appena bevuto a colazione??! Facendo gli scongiuri proseguiamo per l’Amber Palace, un po’ fuori città. L’ultimo tratto di strada in salita lo percorriamo a dorso dell’elefante, circondati da uomini, ragazzi e bambini che cercano di venderci qualunque cosa, comprese le nostre foto sull’elefante appena fatte e già stampate. Siamo in bassa stagione ed anche qui ci sono pochi turisti – soprattutto gruppi di giapponesi e americani – ma la guida ci racconta che in alta stagione per salire al palazzo con l’elefante si fanno fino a SEI ore di coda!!! Si può sempre fare a piedi la breve passeggiata per raggiungere l’Amber Palace che però immagino sia piuttosto affollato. Terminata la passeggiata sull’elefante e distribuite le solite mance, paghiamo i biglietti d’ingresso e cominciamo la visita. Il palazzo è veramente bello, il più bello visto finora. Composto, come tutti i palazzi reali indiani, da numerosi edifici uno più bello dell’altro, con decori, intarsi, marmi, colonne… L’armonia architettonica degli edifici, gli intarsi sulle porte in sandalo e sulle facciate in arenaria, le sculture dei palazzi in marmo, i disegni dei mosaici , gli specchi intarsiati, il panorama circostante, l’idea geniale di far scorrere l’acqua lungo le pareti per raffreddare l’aria nelle stanze… tutto contribuisce a rendere questo palazzo una meta da non perdere. Torniamo in città, fotografiamo il Jal Mahal (Water Palace), ex palazzo reale costruito al centro del lago di Jaipur e in procinto di essere trasformato in albergo di lusso. Poi andiamo a visitare il City Palace, altro complesso di edifici dove si svolgeva la vita di corte, pubblica e privata. Una parte del complesso non è visitabile perché ancora residenza del marahajà di Jaipur. Il resto del complesso è interessante. Da notare in particolare poco dopo l’ingresso i due enormi vasi in argento fatti costruire da Madho Singh II per il suo viaggio in Inghilterra: uno conteneva l’acqua da bere, l’altro quella del Gange. Più avanti non perdete le sale delle udienze, e in particolare il cortile del Chandra Mahal con le sue splendide quattro porte decorate e intarsiate: è notevole quella del Pavone. Al fondo del complesso un altro edificio contiene un museo in cui sono esposti gli abiti che utilizzavano i maharajà. La visita di Jaipur si conclude con il Jantar Mantar: è un osservatorio astronomico progettato e fatto costruire dal maharajà Jai Sing nel 1728 e perfettamente conservato: al suo interno decine di strumenti in muratura misurano ancora oggi con assoluta precisione la posizione delle stelle, le eclissi, l’ora, il calendario, il segno zodiacale e l’ascendente.
A questo punto ci vuole una pausa e la trascorriamo nella piscina dell’albergo prima di tornare al negozio di tessuti a ritirare il vestito che Elena si è fatta fare ieri. Giorno 13 – 4/09: Jaipur – Fatehpur Sikri – Agra (240 Km – 7 ore) Lasciamo il Rajasthan per andare a visitare ancora due città dell’Uttar Pradesh prima di tornare a Delhi e ripartire per il necessario riposo al mare. Il viaggio dovrebbe essere breve e agevole in quanto Jaipur ed Agra sono collegate da una moderna autostrada a quattro corsie. Forse in un remoto futuro perché oggi l’autostrada è in costruzione con continui cambi di corsie e con gli immancabili carretti e le onnipresenti vacche sacre! Arriviamo a Fatehpur Sikri in tarda mattinata con un caldo umido allucinante: come si stava bene nel deserto di Jaisalmer! Fatehpur Sikri è una città fatta costruire alla fine del XVI secolo dall’imperatore Akbar, il più grande dei Mogul. Akbar trasferì la capitale dell’impero da Agra a Fatehpur Sikri ma dovette poi abbandonare questa città perché risultò impossibile rifornirla di acqua, essendo posta su un’altura e lontana dai fiumi. Sembra che il tempo si sia fermato a Fatephur Sikri e la città fantasma si presenta in perfette condizioni al turista: un complesso di edifici in arenaria rossa magnificamente scolpita: bellissimo. La visita di Fatephur Sikri si conclude con la Jama Masjid, una moschea con un enorme cortile che ospita molte tombe, molte capre e moltissime persone che cercano di vendere qualcosa o di avere un po’ di elemosina. Spicca la tomba del santo Shaikh Salim Chisthi: la città fu costruita da Akbar in suo onore per ringraziarlo di aver predetto la nascita di un erede. La sua tomba, circondata da pannelli in marmo traforato, è ancora oggi meta di pellegrinaggio di chi desidera avere un erede. Lasciata Fatehpur Sikri andiamo verso l’ultima tappa del nostro viaggio itinerante: Agra. Arriviamo verso le 15, lasciamo i bagagli all’hotel (Hotel Hathiti, nulla di che) e ripartiamo per visitare il Taj Mahal (ricordatevi che il venerdì è chiuso). A due chilometri di distanza bisogna lasciare la macchina e ci si arriva solo con bus elettrici o tuc tuc per preservare il marmo dalle insidie dell’inquinamento. Il Taj Mahal è un mausoleo in marmo bianco fatto costruire dall’imperatore Shan Jahan in ricordo della sua seconda moglie Mumtaz Mahal, morta durante il parto nel 1631. Per la costruzione del mausoleo l’imperatore scelse un architetto iraniano e un disegnatore italiano. Il risultato fu talmente meraviglioso che decise di costruirne un altro identico, per sé stesso, in marmo nero sull’altra riva del fiume. Peccato che uno dei suoi diciotto figli non gradisse l’idea di sperperare ulteriore denaro e così uccise i suoi diciassette fratelli, fece imprigionare suo padre e si impossessò del potere. Pagato il biglietto varchiamo l’immensa porta di accesso ai giardini antistanti con prati, alberi e fontane e ce lo troviamo davanti: il Taj Mahal! Sarà la suggestione di essere di fronte ad uno dei palazzi più belli del mondo, sarà che la sua immagine ormai è il simbolo di tutti i viaggi in India, sarà che è veramente spettacolare… rimaniamo senza parole incantati a guardarlo. E non ci sono parole per descriverlo, bisogna vederlo. E’ semplicemente perfetto: nella forma, nelle proporzioni, nel colore del marmo che muta col calare del sole, nella sua posizione in riva al fiume. Non saprei spiegare perché ma di fronte al Taj Mahal ci si sente piccoli e indegni di essere al suo cospetto. Ci giriamo a lungo intorno, ammiriamo i disegni fatti con intarsi nel suo marmo bianco, i suoi quattro minareti, le cupole. Poi entriamo ed ammiriamo le pareti in marmo traforato, splendidamente scolpite, che nascondono la tomba dell’imperatore e di sua moglie. Usciamo estasiati e ci sediamo a guardarlo, in silenzio, aspettando che il sole tramonti facendogli cambiare mille tonalità di colore. Poi dobbiamo andarcene, ma solo perché dopo il tramonto chiudono i cancelli. Giorno 14 – 5/09: Agra – Delhi (203 Km – 5 ore) Nulla può più impressionarci dopo il Taj Mahal, ma c’è ancora qualcosa da vedere e riprendiamo la visita di Agra. Andiamo all’Akbar’s Mausoleum, in arenaria rossa e marmo bianco, immerso in un grande parco abitato da scimmie, scoiattoli e cervi. Poi è la volta della Itimad-ud-Daulah, detta piccolo Taj: è il mausoleo dedicato ad un ministro persiano la cui figlia sposò un imperatore Mogul: è in marmo bianco, fittamente e finemente scolpito e intarsiato ed è assolutamente incantevole. Infine l’Agra Fort, complesso di edifici, alcuni in arenaria rosa e altri in marmo bianco, circondati da imponenti mura. Alcuni di questi edifici sono notevoli ma la famosa Moschea della Perla (Moti Masjid) non è visitabile in quanto situata in una zona attualmente destinata ad ospitare l’esercito. Spiccano le sale delle udienze pubbliche e private e il Mussaman Burj, la torre nella quale fu rinchiuso Shan Jahan da suo figlio: splendido edificio in marmo da quale il vecchio imperatore poteva ammirare in lontananza il mausoleo che aveva fatto costruire per sua moglie, il Taj Mahal.
Lasciamo Agra per raggiungere Delhi, da dove domani partiremo per qualche giorno di riposo al mare.
Giorno 15 – 6/09: Delhi – Kovalam Il volo era previsto al mattino ma è stato spostato al pomeriggio, così come quello del ritorno è stato spostato dal pomeriggio al mattino. Normale, siamo in India. Così dedichiamo la mattinata al riposo prima di farci estorcere ben 8 euro per il pranzo a buffet in hotel. Poi partiamo per le 4 ore di volo che ci separano dal mare di Kovalam. All’aeroporto di Trivandrum ci aspettano l’auto, l’autista e l’agente locale che ci accompagnano al Taj Garden Resort (13 Km). Alla reception ci danno la camera e ci accompagnano con la macchinina dei campi da golf. Il resort è composto da diverse casette a due piani con poche stanze ciascuna. La nostra affaccia sul giardino, sotto di noi un tetto di palme e in fondo il mare. La camera è splendida, ha un balconcino che si affaccia verso il mare, il bagno è lussuosissimo, la camera ampia e accogliente. Giorni dal 16° al 19°: 7-8-9-10/9: Kovalam . Nel resort c’è tutto: due ristoranti aperti 24 ore su 24; piscina che si affaccia sull’oceano, spa con massaggi favolosi (e cari: 1 ora 60 euro) con annessa sauna; campi da tennis, campi da golf, spiaggia privata, sale lettura eccetera. Noi siamo qui per riposare e trascorriamo il nostro tempo in piscina. Il tempo è buono anche se il sole ogni tanto lascia il posto alle nuvole che portano un violento temporale tropicale, ma dura poco e torna il sole. Il mare subisce ancora i postumi dei monsoni ed è molto mosso: le guardie costiere fanno attenzione che nessuno sfidi le onde di tre metri dell’oceano. Facciamo passeggiate lungo mare fino al villaggio di Kovalam, ex villaggio di pescatori oggi turistico. Facciamo anche una gita in barca sui canali del Kerala, piacevole.
L’ultima sera ci concediamo un lusso sfrenato: cena a lume di candela in un gazebo a bordo piscina e con vista sul mare, cameriere personale, grigliata di pesce, gamberi e aragosta e spumante. La tavola è imbandita con fiori e petali sparsi ovunque. Sull’altro lato della piscina due ragazze si esibiscono in danze locali. Giorno 20 – 11/09: Kovalam – Delhi Si parte al mattino presto e a mezzogiorno siamo al solito Grand Sartaj di Delhi, dove avevamo la sciato parte delle valigie durante il viaggio al mare. Preparati i bagagli per il giorno successivo lasciamo l’hotel e con un tuc tuc andiamo a Connought Place: la piazza è il centro commerciale di New Delhi: due anelli concentrici di edifici con varie attività commerciali e al cento un ampio prato. Ci sono i negozi delle varie marche internazionali accanto a botteghe di tessuti locali. Ci sono caffè, ristoranti, banche, bancarelle, insomma la vita di Delhi. Mangiamo verso le 4 in un caffè lottando con l’aria condizionata, poi ci buttiamo nel mercato adiacente, il Jampath Market, e infine torniamo in albergo per dormire un po’: all1,30 del mattino ci vengono a prendere per portarci all’aeroporto. Giorno 21 – 12/09: Delhi – Malpensa Il nostro viaggio è finito, i voli sono puntuali e i bagagli arrivano regolarmente. L’attesa a Malpensa è inferiore a dieci minuti… mai successo prima!