Questione di capelli
Un viaggio a lungo sognato con bambina novenne al seguito
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Dopo anni di attesa siamo finalmente riusciti a partire per l’indonesia. Ci avevamo provato diverse volte ma arrivava sempre qualcosa a scoraggiarci. Stavolta, complice una tariffa area eccezionale (Cathay pacific, 400€ a testa a/r tasse incluse), non potevamo proprio rinunciare. Così la prima cosa acquistata è stato il volo, poi, dopo una serie di mail con abitanti ed albergatori del posto, è venuto il resto. Le tappe sono state tre Bali, le Gili e Lombok, un classico. Arrivati all’aeroporto ci siamo subito scontrati con i tempi della burocrazia indonesiana, (una fila per avere il visto ed una per far vedere che lo avevamo!) ma avendo ben noti quelli italiani, non ci siamo stupiti più di tanto. Tre ore di fila all’aeroporto sono state comunque impegnative, dopo un giorno di viaggio. Un consiglio a tutti, dividetevi, uno va a prendere il posto nella fila per timbrare i passaporti ed uno va a pagare la tassa di ingresso, oppure accettate con filosofia la fila. All’uscita dell’aeroporto ci aspettava il taxi mandato dal Saren Indah, l’hotel di Ubud presso cui avevamo prenotato. Eravamo indecisi tra questo e l’Alam Indah, che, abbiamo scoperto, era proprio di fronte. La zona è bellissima. Proprio al confine con la Monkey Forest, in una parte residenziale di Ubud, dove e facile mettersi a parlare con la gente del posto. La notte si sente solo il canto delle rane e dei geki, di giorno le oche, e, nonostante il fatto che l’albergo sia circondato da risaie, non abbiamo visto una zanzara una. Il giorno dopo abbiamo raggiunto a piedi il centro di Ubud. L’hotel mette a disposizione un trasporto gratuito, ma noi lo abbiamo usato solo qualche volta la sera, quando nostra figlia era stanca. Ubud è ancora un posto a misura d’uomo e dopo due tre giorni ci si sente a casa, qualcuno comincia a salutarti per strada e mia figlia restava tranquilla a giocare sotto la grande tettoia comune al centro, mentre io facevo i miei giri nel mercato. Nella via centrale ci sono fondamentalmente negozi per turisti, ristoranti ed alberghi o pensioni, ma appena girato l’angolo si scoprono abitazioni, orti, laboratori che fanno vedere una cittadina che conserva ancora una propria identità. Ovviamente i turisti sono la principale risorsa dell’isola, ma i balinesi hanno imparato a sfruttarli senza perdere le proprie tradizioni Abbiamo prenotato una gita con l’agenzia turistica pubblica, la più economica, per il giorno successivo ed alla sera abbiamo rinunciato al trasporto dell’hotel e siamo tornati a piedi. Attraversare la Monkey Forest di notte è suggestivo ed assolutamente non pericoloso, almeno per la nostra esperienza. Le scimmie sono un po’ noiose, ma la notte dormono! Il terzo giorno siamo partiti per questo giro tra i templi delle montagne di Bali. Con noi era una coppia turco inglese ( lei turca, lui inglese) con cui abbiamo fatto presto amicizia, tanto da modificare il percorso concordato e decidere di ritrovarci due giorni dopo, senza agenzia, ma con lo stesso autista, un ragazzo veramente simpatico e disponibile, che ha sopportato tutte le nostre richieste con stoica resistenza. I templi delle montagne sono bellissimi, ma noi abbiamo rinunciato al Pura Besakih, su consiglio dell’autista, che, capito che non ci sentivamo obbligati a vedere tutto, ci ha risparmiato i posti più turistici ed affollati, lasciandoci invece più tempo per quelli che preferivamo gustarci con calma. Abbiamo visitato il tempio di Pura Ulun Danu Bretan, dove erano incorso diverse cerimonie funebri, ( e un set fotografico di matrimonio per giapponesi) un luogo mistico dedicato all’acqua, per poi approdare a Candidasa, dove ci siamo fermati a mangiare in uno dei classici posti per turisti, il peggior pasto di tutto il viaggio. Ma questi sono gli inconvenienti del pacchetto prenotato in agenzia. Se non avete bambini, comprate un po’ di frutta e saltate il pasto, cercate di imporvi in tutti i modi con gli autisti, che hanno l’obbligo di portarvi dove decide l’agenzia. Poi ci siamo fermati a vedere le piantagioni di caffè. I paesaggi sono impressionanti, in qualche punto sembra di salire sulle nuvole. Sulla via del ritorno ci siamo fermati al mercato di Candikuning. Anche qui ci sono i prezzi per turisti e i prezzi per gli indonesiani. Il mercato è gestito da muslims e le trattative sono tenaci anche a fine giornata. Qui ho assaggiato un frutto che non ho trovato da altre parti una specie di kiwi che sa di dattero, buonissimo, peccato che non mi ricordo il nome! Dopo un’ora di trattative siamo ripartiti e tornati ad Ubud proprio all’ora di cena. A proposito di pranzi e cene, quando stavamo ad Ubud il nostro posto preferito per il pranzo era il Warung Ibu Oka. E’ decisamente un posto unico, dove si cucina sostanzialmente maiale nel latte di cocco secondo la tradizione balinese. Io sento ancora il sapore dello spesial in bocca! Ma è l’atmosfera generale, oltre alla qualità del cibo a rendere unico questo locale. Alla sera invece il nostro posto preferito è stato Casa Luna. Ho letto delle pessime recensioni su Casa Luna, che non mi so spiegare. Con noi sono sempre stati molto gentili ed il prezzo era in sostanza allineato con quello degli altri ristoranti, tranne certo il Warung Ibu Oka.. In compenso la preparazione del cibo, l’atmosfera del posto, la bontà dei dolci, meritano sicuramente una nota positiva. Il quarto giorno lo abbiamo dedicato a passeggiare per Ubud, camminando tra le risaie, fermandoci a comprare qualche regalino, una visita al museo di arte contemporanea ed alla sera siamo andati a vedere lo spettacolo delle marionette. Abbiamo visto solo da lontano lo spettacolo delle bambine che ballano , ed è bello, ma le marionette sono davvero particolari. Si tratta di un teatro delle ombre, dove alcuni personaggi dell’epica tradizionale indu, si confrontano. . L’artista ha mescolato la rappresentazione tradizionale , con alcune battute per i turisti, in modo da non snaturare troppo la rappresentazione ( originariamente sacra) accattivandosi i bambini presenti in sala. Mia figlia, che conosce quattro frasi di inglese, riusciva comunque a capire gran parte della storia, ed ad afferrare diverse battute. L’arte delle marionette è estremamente complessa. Una sola persona deve riuscire contemporaneamente a modulare la voce ed a muovere le marionette, manovrando i diversi personaggi presenti in scena. In sottofondo l’orchestra di gamelan in versione ridotta sottolinea i momenti di maggiore pathos. Il quinto giorno, siamo ripartiti con la coppia turco inglese. Stavolta la meta era il vulcano. Per strada abbiamo visitato il tempio di Goa gajah e quello di Gunung Kawi. Alle sorgenti sacre di Tirta Empul abbiamo di nuovo trovato le famiglie di indonesiani, accoglienti e gentili come sempre. Mia figlia si è accodata ad una famiglia in preghiera che l’ha accompagnata spiegandole come eseguire il rito. Per lei è stato una specie di gioco. Nel frattempo mio marito ci aspettava sotto la tettoia comune ,ed è stato invitato a mangiare pasticcini da un’altra famiglia! Insomma ci avevano adottato. Alla fine, dopo il bagno rituale, mia figlia si è fermata a giocare fuori dal tempio, mentre noi adulti continuavamo a visitare il tempio ed a fotografare i Balinesi. Ero particolarmente affascinata dagli splendidi bambini indonesiani, con i capelli nerissimi lucenti e due vispi occhini neri. Dopo pochi minuti ho visto una strana fila di persone e mi sono accorta che era la fila degli indonesiani per fotografarsi con la mia “esotica” bambina: una bionda con i ricci è una vera rarità in Indonesia dove tutti hanno i capelli lisci e neri. Come si suol dire quel che è fatto è reso! Abbiamo proseguito verso il vulcano e ci siamo fermati a mangiare in un ristorante per turisti locali. Anche la strada panoramica che si affaccia sul vulcano è un’altra trappola per turisti, ma al solito, il paesaggio merita veramente. Infine ci siamo fermati a vedere il tramonto sulle risaie. Il sesto giorno è stato dedicato alle ultime spese ed al batik. Io e mia figlia siamo andate a casa di un pittore locale per prendere i primi rudimenti. Devo dire che avevo fatto il batik diverse volte in Italia, ma mai con la tecnica, i colori e le attrezzature balinesi. E’ una vera magia vedere apparire il disegno un po’ alla volta. Poi abbiamo continuato il nostro solito vagabondaggio per Ubud e gli “amici” balinesi ci hanno detto della grande festa del tempio che si sarebbe tenuta nella Monkey Forest proprio quella sera, la nostra ultima sera a Bali. Così tornati in albergo, indossati i sarong e le sciarpe, siamo andati a vedere la cerimonia. I balinesi sono estremamente religiosi, tutto il giorno si susseguono preghiere e riti ed ovunque troviamo cataste di offerte elaboratissime. Praticamente gran parte del giorno è dedicata a preparare offerte che vanno da piccole confezioni di fiori e biscotti a vere e proprie torri di cibo, e fiori, che i balinesi offrono alle varie divinità. Inoltre nessuna attività si svolge senza la debita offerta e relativa preghiera. Nonostante questo fuori dal tempio si svolgeva uno strano gioco d’azzardo in cui si scommettevano somme consistenti sulle varie divinità indu, in una specie di ruolette in cui gli estratti erano numeri ma i vari shiva, visnu, ecc. Dentro il tempio invece i ragazzi, vestiti con gli abiti tradizionali, si messaggiavano in continuazione con telefonini di ultima generazione, mentre in sottofondo suonava il gamelan e gli attori rappresentavano l’eterna lotta tra male e bene. Alla parte più sacra del tempio invece potevano accedere solo i balinesi. L’atmosfere era quella della festa di paese, anche perché i turisti presenti erano al massimo cinque o sei, noi compresi. La mescolanza tra sacro e profano, tra moderno e tradizione, rende unico un luogo come Bali e fuori da ogni schema. L’ultima sera al tempio è stato per noi una specie di regalo di Bali e della sua gente prima della nostra partenza. Al mattino sveglia all’alba ( un’alba rossa infuocata con sullo sfondo il vulcano) e viaggio in taxi sino al porto di Sanur a per prendere la barca veloce fino alle Gili, do ve ci aspettava Angelo del Dream Village. La traversata non è così impegnativa come dicono alcuni, ma il mare era calmissimo, mentre in agosto dicono sia terribile. Per gili intendo le tre più note Meno, air e trawangan. Noi dormivamo a Trawangan, ma le abbimao visitate tutte e tre. Sono diverse l’una dall’altra, la più bella è forse Gili Meno, anche se a Gili Air la barriera è forse lameglio coservata. Qui piano piano si perde il senso del tempo, come diceva una ragazza in spiaggia non si riesce a tenere insieme i neuroni, ma in generale l’impressione complessiva è che tutti ci guadagnino in tranquillità e rilassatezza. Ogni giorno, nelle ore più calde, ci avviamo maschera e pinne in mano, per farci una escursione sulla barriera corallina. Scoperto il trucco è un vero spasso. Infatti basta spostarsi nella punta più a nord della spiaggia di Trawangan, entrare in acqua e lasciarsi trasportare dalla corrente ( piuttosto forte). Immancabilmente l’approdo è proprio davanti al nostro albergo, il dream village. Sotto scorrono coralli viola e blu, pesci di ogni colore e purtroppo, anche i segni di devastazione portati dai turisti e da pescatori senza scrupoli. Il secondo giorno la vedo apparire, grande, emozionante, la tartaruga che abita da un po’ di tempo queste acque, detta amichevolmente da Angelo del Dream Village, la vecchiona. Ci avventuriamo su una barca tradizionale per fare un po’ di snorkeling tra le tre Gili e il paesaggio sottomarino è così affascinante che talvolta si perde l’orientamento e bisogna tirare fuori la testa dall’acqua per capire dove siamo. Sotto è un susseguirsi di coralli, pesci multicolori, aragoste, molluschi. Appaiono una coppia di giovani tartarughe e coralli di ogni colore. All’improvviso una sorpresa, una, due tre, moltissime stelle marine di un blu intenso, grandi fino a mezzo metro. Sembrano finte, mai viste stelle marine di questo colore. La nostra guida scende a prenderne una per farci vedere che sono vere. Bisonga però fare attenzione perchè da un’isola sembra di poter arrivare all’altra a piedi, soprattutto quando c’è la bassa marea ma in realtà il braccio di mare che divide le isole è profondo ed attraversato da forti correnti. Sconsiglio chiunque la traversata a nuoto, ed anche in canoa è bene andare in coppia ed essere abbastanza esperti o si rischia di trovarsi in mare aperto, là dove si formano le onde amate dai surfisti. La sera i ragazzi si scatenano, ma noi, dopo un sushi o una grigliata di pesce, eravamo abbastanza stanchi da andare a letto. Dopo sei giorni Angelo ci ha organizzato il trasporto a Lombok, dove ci attendeva l’auto inviata dal Purimas! Più coccolati di così! Lombok è una vera meraviglia, una Bali selvaggia, con un mare trasparente ed una natura potente. Il Purimas, dove alloggiavamo è un posto stranissimo, di proprietà di olandesi innamorati dell’indonesia, pieno di statue, con camere una diversa dall’altra, tutte realizzate con materiali ed in stile tradizionali. La spiaggia davanti all’albergo è splendida e pressoché deserta, orlata di palme con un piccolo porticciolo dei pescatori della zona. All’orizzonte si vede il grande vulcano di Bali, e spesso ci fermavamo a prendere un aperitivo o a chiacchierare con i ragazzi della spiaggia, che, immancabilmente ma senza aggressività, cercavano di venderci qualcosa. Alla fine con uno di loro abbiamo organizzato un giro dell’isola, con tappa nei villaggi interni, a vedere gli artigiani al lavoro, in un villaggio tradizionale ( a dire il vero un po’ desolato), ed a Kuta di Lombok, bellissima, ventosa selvaggia, un posto che rimane nel cuore. Non avevamo tempo per fare anche il trekking al vulcano, ma è un buon motivo per tornare. Nei giorni passati a Lombok andavamo a mangiare spesso all’Asmara a Sengiggi, con un buon rapporto qualità prezzo ed ben organizzato per i bambini. Sengiggi è un posto paradossale, un tentativo fallito di creare una cittadina turistica alla maniera occidentale, comprensiva di albergoni, residence e centri commerciali. Per fortuna gli abitanti di Lombok continuano a vivere Sengiggi a modo loro, così la spiaggia, nei giorni di festa, è affollatissima di bambini, turisti indonesiani, donne che fanno il bagno vestite, ed al tramonto le coppie ed i ragazzi si ritrovano sotto le palme a guardare in lontananza le barche dei pescatori ed il profilo del vulcano di Bali. Così sono trascorsi gli ultimi giorni di vacanza, e il Puri Mas ci ha organizzato (gratuitamente) il trasporto fino all’aeroporto , dove abbiamo preso il volo per Bali. Il volo per adesso può essere prenotato solo in Indonesia, e conviene farlo direttamente da Lombok, nell’agenzia di viaggi di Mataram, magari con un po’ dia anticipo. Mi è piaciuto poter provare le due diverse soluzioni di trasporto tra Bali e Lombok, ed entrambe sono state soddisfacenti, forse tra le due sceglierei il volo. Arrivati a Denpasar avevamo uno stop di qualche ora ed allora abbiamo lascito in deposito le valigie e ci siamo avventurati verso Kuta di Bali, che non avevamo ancora visto. Si tratta di una specie di Rimini versione Indonesia, anche se può capitare, come a noi, di trovarci nel mezzo di una delle cerimonie religiose tradizionali, appena girato l’angolo. Insomma non ci eravamo persi niente. Per consolarci prima di partire ci siamo concessi l’ultimo sfizio: un sushi al Kunti Japanese. Poi di nuovo all’aeroporto! Ultimo consiglio, non dimenticatevi che a Bali occorrep agare la tassa di uscita(!)