Quest’anno si fa sul serio!
Greg D.R.[1] ancora non si capacitava di come avesse accettato quell’incarico, erano anni che aveva deciso di appendere la mimetica al chiodo, la vita di un membro delle forze speciali inevitabilmente termina in un pensionamento anticipato o con 6 pareti di mogano. E invece era lì, seduto sullo scomodo Antonov 2 modello Colt che lo stava portando in Malesia, con l’occhio sinistro visibilmente tumefatto a ricordo di una serata movimentata: due marines ubriachi avevano deciso di importunarlo e Greg si era trovato costretto a presentare loro Mano Destra e Mano Sinistra, concludendo la cordiale scazzottata con il punteggio di due a uno a suo favore[2].
La missione era talmente semplice che Greg ancora si domandava cosa centrasse lui in tutto questo, qualsiasi recluta con l’acne puberale avrebbe potuto concluderla facilmente senza dover per forza scomodare un vecchio veterano in pensione: il software di un dannato satellite militare era andato in tilt a causa di un baco ed il costoso marchingegno, oltre a non essere più in grado di fotografare le chiappe del dittatore asiatico di turno, aveva avuto la brutta idea di schiantarsi nel bel mezzo di una delle più impenetrabili foreste pluviali indocinesi. Una volta arrivato in Malesia, Greg sarebbe stato trasferito in incognito nel Laos Centrale e da lì poi avrebbe proceduto per una penetrazione nella giungla selvaggia fino a raggiungere uno sperduto villaggio Hmong dove, a detta dei servizi segreti, avrebbe potuto recuperare la scatola nera del costoso giocattolo. Tutto questo gli rammentava che il suo odio per i computer era secondo solo all’odio che nutriva per i programmatori. “Maledetti onanisti mangia popcorn![3]” L’arrivo a Kuala Lumpur gli fece inevitabilmente riaffiorare i ricordi di quando, da giovane, giocava a chi aveva il parang (un machete tipico del Borneo n.D.R.) più lungo con gli “ospitali” Iban, cioè i terribili cacciatori di teste[4]. Otre alla nostalgia, la Malesia faceva riaffiorare a Greg anche altre due cose; la prima era il sudore, per quanti anni uno possa vivere in Indocina, per distinguere di spalle un occidentale da un asiatico e sufficiente osservare quale dei due ha la maglietta fradicia. La seconda era la nostalgia per Who, la dolce amante che per molti anni gli aveva leccato le ferite. “Magliette fradice e sentimentalismo, puah!” Per fortuna, pensò Greg, se c’è una cosa che non manca nel sudest asiatico, sono le lavanderie e le mignotte[5].
Prima di partire per il Laos, Greg doveva assolutamente ritrovare la bettola giapponese dove aveva mangiato anni prima, la salsa wasabi preparata dallo sfregiato cuoco nipponico era la più piccante che avesse mai raschiato il suo palato[6]. Dunque Greg fece nell’ordine, una accurata doccia, uscì dall’albergo, si infradiciò nuovamente di sudore dopo due passi ed infine si recò puzzolente come un caprone nel paradiso delle gole in fiamme.
La mattina seguente, ancora con le lacrime agli occhi per la salsa orgoglio del sol levante, Greg si levò dal suo letto, si strofinò quello che sembrava un sapone sulla sua barba ispida, congedò la prostituta che aveva rimorchiato in Jalan Vattelapesca[7] e si avviò verso l’aeroporto con il suo vecchio zaino sbrindellato.
——————————– [1] Greg è l’equivalente di Gregorio in Italiano, che a sua volta è l’equivalente di Igor (il mio nome) in Russo: sembra che l’origine della traduzione di Igor derivi dal modo in cui i Russi chiamavano il Papa Gregorio.
[2] In realtà la sfortuna ha voluto che un giorno prima della partenza mi si conclamasse una blefarite all’occhio sinistro, niente di grave, tre giorni di pomata antibiotica hanno risolto il tutto rapidamente.
[3] Meglio che me ne stia alla larga da Greg, infatti sono uno sviluppatore software che lavora nel campo della localizzazione satellitare.
[4] Questa è la mia seconda volta in Malesia, in questo lungo viaggio mi limiterò a soggiornare solo una settimana sulle isole Perhentian. Per leggere il reportage del precedente viaggio in Malesia e Borneo, vedi “Trentacinque chili di piacere” qui su Turisti per Caso.
[5] Beh, sarà anche un cliché, ma effettivamente…
[6] La bettola a cui fa riferimento Greg, è uno stupendo ristorante Giapponese che si trova nel centro commerciale alla base delle Petronas Towers. Il ristorante infatti oltre a servire piatti prelibati ed essere estremamente conveniente, ha la singolare caratteristica che ogni tavolo al posto del menu ha un monitor touch screen, voi scegliete quello che volete pigiando le foto delle pietanze e poi vi servite dal tapis roulant che vi scorre affianco. Da provare! [7] Effettivamente, all’angolo fra Jalam P. Ramlee e Jalam Sultan Ismail, in pieno Golden Triangle, ci sono due locali che si fronteggiano e che sembrano fare a gara a chi offra più “ospitalità”. La maniera più rapida per esaurire la vostra valuta già all’inizio del viaggio, è quella di entrare in uno di questi locali e offrire da bere alle allegre signorine.
UNA CITTÀ ARANCIONE Dopo tre ore di scossoni accompagnati dai rigurgiti dei passeggeri Laotiani dallo stomaco debole, lo scassatissimo ATR della Lao Airways[8] arrivò a Luang Prabang.
L’antica capitale del regno era rimasta così come se la ricordava, affollata di monaci con la tunica arancione e allo stesso tempo pervasa da un tranquillo senso di spiritualità, che a Greg provocava allo stesso tempo rilassamento e prurito alle mani. Il sesto senso di Greg stava urlandogli che doveva andarsene da lì al più presto[9].
La prima cosa da fare era trovarsi una guida, anche il più scaltro e navigato soldato non avrebbe potuto sopravvivere più di due giorni nella giungla laotiana senza qualcuno che fosse in grado di interpretare i segni lasciati dagli indigeni; Greg per fortuna ricordava ancora il covo di un gruppo di mercenari chiamati le “Orme della Tigre”[10], sempre pronti all’azione per qualche dollaro. Ingaggiò dunque la sua guida personale e pianificò la partenza per le 05:00 della mattina seguente, obiettivo il villaggio Hmong alle coordinate GPS prestabilite.
——————————– [8] Il sito Internet del Ministero degli Esteri Italiano sconsigliava nel 2008 di utilizzare la compagnia di bandiera a causa della scarsa manutenzione dei suoi velivoli; se devo essere sincero la mia esperienza è stata positiva, gli aerei erano dei moderni ATR e così a prima vista non mi hanno dato l’idea di essere dei rottami… Ma d’altra parte io non sono un meccanico, sono un programmatore (non ditelo a Greg mi raccomando!).
[9] In realtà è successo esattamente il contrario, prima di arrivare a Luang Prabang avevo prenotato via Internet un albergo per 3 notti, ma alla fine, stregato dalla bellezza del posto, ci ho passato 7 giorni. Dopo un paio di giorni ero diventato metodico, ero stato intrappolato dalla dolce routine di Luang Prabang: durante il giorno mi dedicavo alla fotografia ed alle escursioni, il pomeriggio alle 16 richiamato dai tamburi dei monasteri, nonostante il mio ateismo sfegatato, mi accovacciavo come il più devoto dei fedeli dentro un tempio ad ascoltare le cantilene dei monaci in preghiera; alle 17 tornavo al mio hotel in stile coloniale francese (Le Calao Inn) per rilassarmi sulla sedia di vimini della mia terrazza, sorseggiando un drink e guardando le barche che solcavano il Mekong; la sera infine cenavo con gli amici occasionali e concludevo il tutto con un sigaro cubano. Sarei potuto andare avanti così per mesi! [10] Greg qui fa riferimento all’agenzia Tiger Trails (www.Laos-adventures.Com) a mio avviso assieme a Green Discovery (www.Greendiscoverylaos.Com) le migliori agenzie di escursioni del Laos, le trovate praticamente in ogni località di richiamo. Tutte le altre mi hanno dato l’idea di essere improvvisate o comunque di essere semplicemente degli intermediari che alla fine ti vendevano le escursioni di una delle suddette. La Tiger Trails in particolar modo mi è sembrata particolarmente organizzata a Luang Prabang, impegnata nel progetto turistico “Fair Trek” attento a far conoscere le tribù ai viaggiatori in maniera non invasiva e allo stesso tempo volto ad aiutare i villaggi con una percentuale delle rendite. Mi sono appoggiato invece alla Green Discovery per fare un’escursione nella zona di Vang Vieng.
L’ACQUA ALLE GINOCCHIA Greg e Yu, la sua nuova guida, partirono alla buonora, la prima parte del tragitto passò senza trambusti, risalirono il Nam Khan (un affluente del Mekong) con un’imbarcazione fino al primo villaggio sito sulle sponde del corso d’acqua. Qui ingaggiarono uno sherpa laotiano per pochi spiccioli e per loro incominciò la vera avventura. Greg si era già trovato in situazioni simili: attraversare la giungla nella stagione delle piogge, a parte i continui ed intermittenti acquazzoni tropicali, quando ti va bene equivale a camminare per ore con i piedi dentro all’acqua, altrimenti se ti va male ti tocca camminare con le gambe che sprofondano fino alla tibia in uno strato di fango molle e appiccicaticcio, sicché dopo un ora di marcia ti sembra di aver camminato per giorni[11]. Ad un cero punto un urlo riecheggiò nella foresta, Greg fece un balzo in avanti per oltrepassare il torrente e si diresse rapidamente verso Yu che in teoria lo precedeva di 20 passi. La sua preziosa guida, l’uomo che doveva fargli attraversare indenne i monti del Laos centrale, giaceva per terra con la caviglia trafitta da una primitiva ma efficace trappola anti uomo.
“Incominciamo bene” pensò tra sé e sé Greg “sono nelle mani di un novellino!” Greg estrasse il suo fidato Leatherman e si calò nel ruolo di una barbuta infermierina, pulì la ferita, bendò la caviglia dell’infortunato e ripresero il cammino[12].
A mezzogiorno, fradici di sudore (Greg) e per le continue piogge (Yu), arrivarono ad un altro villaggio e bivaccarono con un piatto di riso e una lattina di Coca Cola ricoperta di vermi[13]: il GPS di Greg indicava che dovevano attraversare altri tre piccoli insediamenti prima di raggiungere il loro obiettivo finale. A tarda sera, quando incominciarono ad incrociare sul loro cammino donne che portavano secchi di acqua arrampicandosi per le impervie colline della regione, Greg capì che dovevano essere vicini, queste povere donne infatti sono costrette ogni giorno a farsi chilometri di cammino anche solo per un bicchiere d’acqua. Quando raggiunsero finalmente il loro villaggio, il più grande fra quelli incontrati fin’ora, Greg capì che la meta finale era l’unica casa di mattoni, la casa del capo villaggio. Stranamente Greg si aspettava di udire musiche folkloristiche ed assistere a danze tribali, invece furono accolti da un’assordante musica da discoteca Tailandese. “Sembra proprio che sia una festa” disse Greg ridacchiando. Non fece nemmeno in tempo a togliersi lo zaino che fu trascinato all’interno di una rumorosa capanna, dove un vecchio generatore diesel stava tirando gli ultimi per dare energia ad un improbabile stereo. Dopo aver fatto due stanchi e goffi passi di danza giusto per non sembrare scortese, Greg aveva bisogno urgente di fare una doccia e di rifocillarsi. Il capo villaggio fu ben lieto di dimostrare la sua ospitalità indicandogli la doccia da usare: Greg la riconobbe, consisteva infatti di un secchio ed un mestolo, uno di quelli che le donne incontrate lungo il sentiero portavano sommessamente per chilometri sulla propria schiena[14].
Cenarono assieme agli uomini al chiaro di luna, nel vero senso del termine, infatti finita la festa danzante, l’unico generatore era stato spostato in un’altra capanna per dare energia ad un altro importante e vitale strumento: la televisione.
Dopo cena Yu si accomiatò da Greg comunicando che per lui era ora di andare a caccia. Greg lo guardò sbigottito e gli chiese “Di cos’è che vai a caccia a quest’ora della notte?!” “A caccia di tigri dai capelli lunghi” rispose.
Un luccichio si accese negli occhi di Greg che capì al volo “Se non ti dispiace verrei a caccia anche io”. Yu fu ben lieto di questa proposta, infatti già l’asiatico aveva ottime possibilità di non andare in bianco essendo agli occhi delle indigene un “ricco cittadino”, se poi veniva accompagnato anche da un “ricco occidentale” allora avrebbe matematicamente centrato il segno[15].
Si recarono presso una delle capanne di frasche e Yu disse “Aspettami qui che entro e ne porto fuori un paio”. Entrò e Greg da fuori lo sentì parlottare, non capiva il linguaggio degli indigeni, ma gli sembrò chiaro che Yu stava facendo l’imbonitore, tessendo le lodi di sé stesso e di Greg ai genitori delle ragazze. Dopo un paio di minuti uscì dalla capanna con due ragazzine la cui somma delle età era ancora parecchio distante dagli anni totalizzati da Greg.
“Cosa diavolo sono queste! Mi avevi detto che andavamo a caccia di tigri feroci, questi sono due cuccioli!” “Qui non esistono donne disponibili più vecchie, nel villaggio una di 15 anni che non abbia già 2 figli è ritenuta una zitella inacidita.” sogghignò Yu “Le ragazze sono felici di poter stare in nostra compagnia e i loro genitori ne sono onorati”.
Greg soppresse a stento l’istinto di imprecare alla luna piena, in effetti non era proprio il caso di essere sgarbato, soprattutto perché si trovava da solo a centinaia di chilometri da qualsiasi barlume di civiltà. Rispose quindi: “Va beh, andiamo a berci qualcosa in un posto dove a scanso di equivoci possano vederci tutti e poi via a dormire! Ognuno nella sua culla!” Passarono così un’ora in allegria offrendo Lao Lao (whisky di riso) a mezzo villaggio[16] e Greg si divertì come erano anni che non accadeva, si sentì per la prima volta parte di qualcosa: lo stare lì al buio, circondato da gente ospitale, gli fece capire cosa voleva dire far parte di una comunità.
Si liberò delle ragazzine mandandole al cinema (il televisore di cui sopra), passò ancora un’oretta con i pochi sopravvissuti ai fumi del Lao Lao ed infine andò nel suo agognato letto, praticamente un pavimento di legno con sopra una zanzariera.
——————————– [11] Qui non ho esagerato, è esattamente così come l’ho descritto, siatene consci se volete fare questa escursione d’estate.
[12] La mia guida aveva deciso proprio quel giorno di sperimentare le sue nuove scarpe, che più che scarpe erano dei sandali in gomma, tipo quelli che si usano al mare per non mettere i piedi sui ricci. Dopo un’ora di cammino la sua caviglia era visibilmente tagliata dal continuo sfregamento con il bordo dello scadente sandalo “made in China”. Il mio Leatherman in questo caso è servito a rimodellare il sandalo rendendolo più confortevole.
[13] Sta cosa è vera, ma il caldo e la sete erano tanti…
[14] Questa è stata esattamente la mia doccia dopo ore di cammino, mentre a casa mia l’acqua scorre a fiumi, qua invece ho dovuto risolvere un’equazione differenziale per riuscire a non sprecare neanche un goccio d’acqua e riuscire allo stesso tempo a pulire ogni parte del mio stremato corpo.
[15] Questa curiosa parte della storia assomiglia molto a ciò che è accaduto per davvero.
[16] E’ molto facile fare gli splendidi offrendo Lao Lao a tutti, una bottiglia da un litro costa qualche centesimo di euro e ne bastano poche per mandarli tutti KO.
FUOCO INCROCIATO L’indomani mattina Greg si alzò di buon umore notando che praticamente tutti gli uomini avevano un’aria sbattutella. Il Lao Lao aveva colpito. Bene, mal comune mezzo gaudio! A lui il mal di schiena per il letto, a loro l’emicrania per il liquore.
“Yu, sveglia!” tuonò “Devi portarmi dove si trova la scatola nera del satellite” “E’ davanti ai tuoi occhi, non la vedi?” rispose “è tutta sera che ce l’hai avuta sotto il naso.” “Mi stai prendendo per i fondelli? Dove diavolo sarebbe?” “Guarda bene la nuova casa degli spiriti[17] del capo villaggio” rise il mercenario asiatico.
Greg rimase a bocca aperta, la scatola nera giaceva su un trespolo circondata da svariati animaletti in terracotta: dopo essersi assicurato che nessuno guardasse, aprì l’involucro metallico, estrasse il dispositivo di memorizzazione e richiuse il tutto.
“Speriamo che gli spiriti non se la prendano se ho smontato il loro soggiorno” ridacchiò Greg.
Si recarono dal capo per salutarlo e quest’ultimo si lanciò in abbracci e benedizioni in una lingua totalmente incomprensibile alle orecchie del vecchio veterano che a sua volta però annuiva rispettosamente. Lasciato alle spalle il villaggio, dopo un’ora di silenzioso cammino, Greg chiese: “Senti un po’ Yu, per curiosità, ma che diavolo di parabola ci ha recitato il capo villaggio quando siamo andati a salutarlo, le sue benedizioni mi basteranno per i prossimi due anni!” “Non erano benedizioni, semplicemente era contento di aver fatto la tua conoscenza e quella del tuo collega che ti ha preceduto tre giorni fa.” In un istante il copioso sudore di Greg si raggelò, ma non abbastanza velocemente da impedire alla testa di Yu di esplodere spalmando la propria materia grigia su tutta la risaia. La felice e spensierata scampagnata si trasformò in un battito di ciglia nel peggiore degli inferni infuocati; centinaia di proiettili sibilavano lungo il crinale della montagna e le linee di luce dei traccianti si avvicinavano sempre più pericolosamente la posizione in campo aperto di Greg.
“Uomo a terra! Uomo a terra!” avrebbe urlato Greg se nella sua dotazione ci fosse stata una radio portatile, ma purtroppo la sua missione era segreta e dunque priva del supporto della cavalleria.
I fischi dei proiettili che provenivano sia da destra che da sinistra gli fecero immediatamente capire che era caduto sotto il fuoco incrociato di un’imboscata e che lui era il protagonista dei festeggiamenti pirotecnici. Schiacciato dal peso del suo zaino tattico[18] incominciò a strisciare lungo il pendio infangato, doveva assolutamente levarsi da quella scomoda posizione e poi, eventualmente, se ne avesse avuto la possibilità, rispondere al fuoco. Greg iniziò a scivolare incontrollatamente e pericolosamente lungo il viscido pendio, d’altra parte era molto meglio sbucciarsi le manine sul terreno che prendersi un proiettile camiciato in piombo nel proprio cranio: le risaie, grazie a Yu, per quel giorno erano state concimate a sufficienza. Arrivato in fondo al fangoso pendio intravide un riparo, si alzò per fare un balzo ma un dolore lancinante lo schiacciò a terra: Nel momento che aveva alzato la cresta, il colpo preciso di un AK-47 gli aveva fottuto il ginocchio destro[19].
“Di bene in meglio dannazione! Almeno peggio di così non può andare” disse dolorante fra sé e sé.
Quasi fosse stato il protagonista di un romanzetto avventuroso di serie B, a quelle parole il cielo si squarciò ed iniziarono a cadere ettolitri di acqua.
“Di una cosa almeno sono sicuro: qui non può nevicare!” grugnì.
Dei passi iniziarono ad avvicinarsi alla sua posizione, per l’esattezza il rumore che percepiva nella boscaglia corrispondeva a due persone; probabilmente i due cecchini stavano arrivando per controllare se il loro ultimo colpo fosse stato letale o, in caso contrario, per indicare a Greg la luce in fondo al tunnel.
Greg estrasse dalla fondina la propria Beretta 9mm, levò la sicura, scarrellò l’arma e si assicurò che il colpo fosse in canna, libero da qualsiasi eventuale grumo di fango accumulato durante la scivolata: la sua unica possibilità era quella di sorprendere i due visitatori e quello che proprio non voleva era sentire il famoso “click della morte”, ovvero il rumore sordo che fa il cane della pistola quando va a colpire un proiettile che fa cilecca.
“Due colpi due morti, due colpi due morti, due colpi due morti…” iniziò a ripetere ipnoticamente in una sorta di training autogeno. Non avrebbe avuto la possibilità di sparare più di due colpi e le sue condizioni fisiche attuali di certo non gli permettevano di fare capriole alla Starsky e Hutch: lì era e lì sarebbe rimasto, doveva solo decidere se vivo o esanime in una pozza di sangue.
Una mano lurida scostò il fogliame vicino alla sua posizione e due sagome entrarono nel campo visivo di Greg; l’uomo in testa era leggermente voltato verso il secondo e se la stavano ridendo di gusto, quasi fossero ad una gita scolastica. “Bravi fessi! Questa è l’ultima barzelletta che vi raccontate in vita vostra!” La 9mm di Greg non fece complimenti, sputò due saette infuocate in direzione dei bersagli, colpendo il primo al cuore e il secondo allo stomaco. Il primo allegro compagnone raggiunse il creatore all’istante, il secondo si accasciò a terra vomitando sangue. Un colpo di arma da fuoco allo stomaco è notoriamente il peggiore, ti porta con certezza matematica all’altro mondo, ma non prima di aver sofferto pene atroci per 5 minuti almeno.
“Mi dispiace povero bastardo, potrei anche alleviare le tue pene, ma sinceramente non ne ho voglia. Non sarebbe carino nei confronti di Yu. E poi avevo detto due colpi/due morti e mi dispiacerebbe rovinare questa eccellente prestazione.” Greg guardò il proprio GPS, il Nam Khan era ancora a tre ore di cammino e la situazione non era certo idilliaca. Le alternative erano due, alzarsi e camminare prima dell’arrivo del buio oppure fare da merendina a qualche tigre.
Decise che le tigri per quel giorno avevano abbastanza di che banchettare, fece impassibilmente rientrare il proprio ginocchio in sede, recise un palo per aiutarsi a camminare e si avviò lentamente verso il fiume[20].
N.D.R.: da www.Andataritorno.Com/Reportage/Laos è possibile scaricare il file GregGPS.Kml e poi caricarlo su Google Earth, per rivivere tutta l’avventura di Greg così come l’ha registrata il suo GPS portatile.
——————————– [17] La casa degli spiriti è una piccola casetta che si trova fuori da ogni casa laotiana. Ad un primo distratto sguardo può sembrare una variopinta cassetta delle lettere, ma in realtà è più somigliate ad una tempio per le bambole: praticamente ogni famiglia laotiana, per ingraziarsi gli spiriti della casa, costruisce loro una dimora nel luogo più propizio, di solito scelto consultando un monaco. La mattina del mio risveglio, alcuni uomini erano impegnati nella costruzione di una nuova casa degli spiriti per il capo del villaggio.
[18] Il mio zaino fotografico effettivamente pesa 15Kg.
[19] Quello che realmente è successo è che scendendo lungo il pendio infangato del monte, ho perso l’appoggio ed il mio ginocchio ha avuto la cattiva idea di piegarsi verso l’interno, rompendo irrimediabilmente il mio povero legamento crociato anteriore.
[20] La mia guida ovviamente non è morta, anzi è viva e vegeta e oggi cammina felice per i monti del Laos accompagnando i turisti, è stata lei a tagliarmi un palo e poi assieme, con calma, abbiamo raggiunto il corso d’acqua che ci ha riportato a Luang Prabang.
LA QUIETE DOPO LA TEMPESTA “Vi dico che sapevano tutto, maledizione! La vera memoria della scatola nera ce l’ha qualcun altro, quei bastardi ci hanno preceduto e mi hanno teso un agguato.” imprecò Greg dal telefono della sua stanza di albergo a Vientiane[21].
“Senti Greg, prima di poter tornare a farti massaggiare le chiappe in Malesia, devi completare la tua missione, devi recuperare la stramaledetta scatola nera. Fra due giorni ti manderemo dei rinforzi lì a Vientiane, fatti trovare alle 17:30 al tempio di Wat Sok Pa Luang. Chiudo.” “Fanculo anche a te!” chiuse Greg sbattendo la cornetta.
Due giorni dopo, esattamente alle 17:30, mentre era assorto in una sessione di meditazione Vipassana[22], Greg si sentì battere timidamente sulle spalle, si girò e, turbando la meditazione dei monaci, si lasciò sfuggire un improperio ad alta voce: l’immagine dei tre sbarbatelli che stavano sull’attenti davanti a lui gli fece capire che il bello, purtroppo, doveva ancora arrivare[23]…
Per vedere la galleria fotografica del racconto: www.Andataritorno.Com/Reportage/Laos ——————————– [21] Greg sta telefonando dall’Hotel Beau Rivage Mekong (www.Hbrm.Com), un piccolo gioiellino in riva al Mekong gestito da un cortese australiano.
[22] E’ una simpatica esperienza che consiglio a tutti, i monaci ogni Sabato tengono una lezione di 60 minuti di meditazione.
[23] Dopo una settimana da solo, come da programma mi hanno raggiunto i “rinforzi”, cioè altri tre compagni di viaggio: Claudia, Boris ed Anna. Per fortuna la rottura del legamento non ha portato a dolorosi effetti collaterali, infatti ho continuato il mio viaggio per le altre tre settimane previste, visitando assieme Vientiane e Vang Vieng (Laos), poi la Cambogia ed infine concludendo il viaggio in bellezza su un’isola tropicale della Malesia. Effettivamente, come dice Greg, il bello doveva ancora arrivare…