Québec in camper con tutta la famiglia!

On the road in Canada, tra natura e avventura.
Scritto da: kiara16
québec in camper con tutta la famiglia!
Partenza il: 27/07/2010
Ritorno il: 17/08/2010
Viaggiatori: 6
Spesa: 2000 €
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Quando ami viaggiare più di ogni altra cosa al mondo non sei disposto a fermarti davanti a nulla, nemmeno all’evidenza; la nostra “evidenza” sono 4 monelli, la più piccola di 16 mesi, e tutta una famiglia remando contro al grido di …e se succede qualcosa?!! Non è nel nostro stile arrendersi e così abbiamo discusso una serie di “destinazioni sicure”: la scelta è caduta sul Canada, nostro primo e più grande amore; una sola regione, il Quebec, per non strapazzare troppo i piccoli e un mezzo di trasporto che fosse insieme auto, hotel e ristorante: il camper! Nuovi gridi di disperazione delle nonne ma grande entusiasmo della “truppa”.

Una volta presa la decisione mi metto all’opera; già in gennaio riesco a trovare a buon prezzo i biglietti aerei con British Airways, scalo a Londra con necessaria corsa tra il terminal 3 e il terminal 5 di Heathrow (c’è chi giura di averlo fatto in meno di un’ora… mente!) e, contemporaneamente, prenoto il camper con Canadream – un nome un programma – potendo risparmiare notevolmente grazie all’anticipo. Passo i mesi seguenti a navigare e cercare tutta la informazione possibile, stilo un itinerario e un programma di massima, grazie anche alla guida della Lonely Planet di cui acquisto solo il documento PDF che riguarda il Quebec, anche in questo caso il risparmio è considerevole.

Il 27 luglio 2010 siamo pronti a partire, le valigie sono preparate per un clima temperato, sappiamo che non farà mai troppo caldo (smentiti clamorosamente dalle temperature di Montreal) e con i vestiti necessari per una settimana circa, il resto sarà lavoro di lavatrici e asciugatrici dei campeggi. La scelta della compagnia aerea si rivela subito azzeccata, a bordo mi consegnano un minilettino per fare dormire Emma e non tenerla per tutto il viaggio sulle ginocchia, per gli altri c’è un menù per bambini e ogni posto ha uno schermo dove possono scegliere quale film o cartone animato vedere anche nella loro lingua… perfetto! Il volo scorre senza intoppi.

Dopo circa 7 ore atterriamo all’aeroporto internazionale Pierre Elliot Trudeau di Montreal e ci accorgiamo immediatamente che possiamo cavarcela benissimo con l’italiano, la quantità di paesani è altissima e il livello di inglese di questi “francesi” d’oltreoceano è veramente scarso, in particolare tra i giovani. Dopo una mezzora di attesa arriva la navetta che ci porta all’albergo Holiday Inn Montreal Airport, un nome altisonante, bella la hall e il ristorante ma le stanze dimesse e sporchine, siamo comunque distrutti e dormiamo come sassi recuperando già il cambio di fuso orario. Alla mattina ci svegliamo alle 7.30, facciamo colazione al meraviglioso buffet e al momento di pagare il conto ci dicono che i bambini mangiavano gratis solo dal menù appositamente preparato, il buffet sarebbe costato 11 dollari a testa…..per 4! Fortunatamente il cameriere è molto gentile, si accorge che siamo un po’ sfasati e lascia correre…buffet gratis per le belve! Nell’attesa del van di Canadream faccio già la prima lavatrice e asciugatrice, servizio che è presente in tutti gli alberghi, anche di bassa categoria (in questo caso lavaggio e asciugatura saranno della categoria corrispondente). Alle 11.45 arriva puntualissimo il servizio navetta che ci porta alla sede di Canadream, circa 1 ora, attraversando Montreal verso Nord, sull’autostrada 15. Il sistema di numerazione di strade e autostrade in Quebec è geniale, i numeri dispari vanno da Nord a Sud e i numeri pari vanno da Est a Ovest, con una semplice cartina sai sempre dove vai, non c’è nessun bisogno di costosi GPS.

Dopo un paio d’ore durante le quali la “signorina Rottenmeier” controlla il camper all’esterno e all’interno, ci spiega il funzionamento di ogni singolo bottone con una lentezza esasperante per poi rivelarci che ci dà in dotazione un completissimo manuale….grrr….possiamo finalmente partire con entusiasmo: prima fermata il supermercato e il benzinaio. Durante l’estenuante attesa per permettere all’addetta di compilare tutti i documenti, facciamo incetta di tutte le Official Tourist guides, una serie di libricini suddivisi per singola regione, rivelatisi indispensabili per viaggiare e pianificare tutte le attività. Al supermercato riempiamo un carrello gigante saltellando come bambini intorno agli scaffali con i prodotti extralarge per la nostra famiglia: pacchi di cereali da 2 kg, bottiglie di latte da 4 litri, secchielli di burro da 3 kg… E via a riempire ogni angolino del camper tra lo sgomento di mio marito che non crede possibile che in 3 settimane ci faremo fuori tutto quel ben di Dio (previsione errata dato che al quarto giorno era praticamente finito tutto). Consiglio: riempite il camper più che potete perché i supermercati non si trovano così facilmente e non sono sempre ben forniti. Le catene più diffuse sono IGA (prodotti di ottima qualità ma un po’ cari) e MAXI (prodotti con un buon rapporto qualità prezzo); quando trovate un’insegna FAMILY PRIX che ha tutta l’aria di un supermercato non fatevi ingannare, è una farmacia. Decidiamo per un pranzo veloce al Mc Donald’s tra l’entusiasmo generale raffreddato subito dal fatto che i panini sono diversi e un’orrenda salsina al pepe appiattisce ogni sapore, prima ed ultima volta in tutto il viaggio.

Alle 4 del pomeriggio partiamo finalmente verso la nostra prima destinazione: il Parco Nazionale La Mauricie, per fortuna siamo già nella giusta direzione, prendiamo l’autostrada 40 Ovest e ci allontaniamo progressivamente dalla civiltà. Dopo circa 2 ore e mezza, senza soste, ma con un gran numero di fermate dovute ai lavori in corso (vera e propria piaga del viaggio), arriviamo al campeggio (prenotato e pagato da casa perché all’interno di un parco nazionale). Quando ci assegnano la piazzola ci sentiamo in una fiaba: ettari di bosco, silenzio assoluto, solo la luce del sole…parcheggiamo e, come dei veri esploratori, ci dirigiamo a una fonte per riempire la pentola in cui cuoceremo i nostri primi spaghetti canadesi. La vera sorpresa è l’assenza di zanzare, eravamo partiti con un kit completo di repellente che non abbiamo usato durante tutto il viaggio! La notte scorre tranquilla e senza intoppi. Il giorno dopo ci rechiamo a un Visitor Center: il parco è molto bello, l’attività regina è il kayak, ma l’età della piccola ci impedisce di partecipare, così passiamo la giornata facendo passeggiate alla ricerca di fiori, funghi e scoiattoli.

Il 30 luglio di buon mattino partiamo per la nostra seconda destinazione: Lac Saint Jean, percorriamo la Route des Rivieres, (155Nord) e ci lasciamo cullare dalle curve lente e profonde che seguono le anse dei fiumi che scorrono ai lati, il paesaggio è mozzafiato, mio marito ed io ci emozioniamo mentre i bambini giocano imperterriti ad Uno sul tavolino del camper. Lungo i 150 km del percorso troviamo solo una triste cittadina, La Tuque, dove approfittiamo per fare benzina e la spesa. Arriviamo nel pomeriggio a Roberval e cominciamo a cercare un campeggio, purtroppo non eravamo al corrente del campionato mondiale di nuoto in acque libere che si sta svolgendo nel lago e quindi è tutto occupato; dopo un’ora di vane ricerche retrocediamo una trentina di km sulla 155 e troviamo un grazioso camping comunale a San Francois de Sale, dove prenotiamo per 3 notti; prima di cena, scottata dall’esperienza, decido di prenotare tutte le notti seguenti e così godermi la vacanza in pace. Nella zona visitiamo Le Village historique de Val jalbert, un villaggio originale dell’inizio del secolo scorso, dove un gruppo di famiglie francesi lavorava in una cartiera, oggi abbandonata e riconvertita in museo, la visita è piacevole, ci sono diversi personaggi in costume d’epoca che illustrano il modo di vita, c’è una scuola, con tanto di suora direttrice, la chiesa, il supermercato….ci si sposta su tram rossi con sedili in legno e una cabinovia porta alla cima della cascata che forniva energia alla fabbrica. Nel pomeriggio i bambini sono stanchi e così andiamo sulla spiaggia del lago a giocare un po’, gli arditi fanno anche il bagno, ma rimbalzano fuori dall’acqua con un principio di assideramento!

Il giorno seguente bellissima gita allo ZOO Sauvage de Saint Félicien, a circa 40 km sulla 167Nord, la parte di zoo classico non è molto grande, anche se la presenza degli orsi polari da sola varrebbe la pena, la peculiarità è una zona enorme dove gli animali tipici del Canada si trovano in semilibertà e noi umani rinchiusi in gabbia in un trenino su ruote che ti permette di avvicinarti fino a fissare l’orso bruno negli occhi. Ai fini della nostra piccola scommessa famigliare sull’avvistamento di orsi bruni o grizzly la visita allo zoo non conta, ma l’emozione è comunque grande.

Il 2 agosto prendiamo la Route du Fiord (172Sud) e scendiamo prima attraversando una zona quasi industriale, poi recuperando finalmente i paesaggi canadesi di boschi infiniti e profonde acque blu, noi continuiamo ad emozionarci, mentre dietro continuano a giocare ad Uno. Facciamo tappa a Sainte Rose du Nord, come consigliato dalla Official guide, e percorriamo un breve sentiero (circa 20 minuti) che parte dall’imbarcadero e porta al più bel panorama del fiordo. Riprendiamo il cammino, dopo aver fatto benzina (il camper beve come un lavandino), verso Sacrè Coeur. A 10 minuti dalla nostra meta c’è la Baie Sainte Marguerite, famosa perché una colonia di beluga vi trascorre tutta l’estate, si può arrivare alla zona di avvistamento con una camminata di circa un’ora, caldamente consigliata a tutti quelli che non hanno bambini troppo piccoli o troppo stanchi al seguito: noi ce la siamo persa. Arriviamo nel primo pomeriggio al nostro campeggio, Ferme 5 etoiles, per i bimbi un paradiso, ci sono molti animali, anche selvaggi (lupi artici, bisonti, alci…) che tutte le mattine vengono nutriti dal custode seguito da un’orda di bambini smaniosi di aiutare, il nostro Marco, 6 anni è sempre in prima fila. Organizziamo tutte le attività per i giorni seguenti: kayak al tramonto (Emma ed io restiamo in camper a preparare la cena), giro a cavallo (questa volta resta papà con Emma), giro in quad e crociera a vedere le balene. La mattina della crociera ci svegliamo con la nebbia e minaccia di pioggia, partiamo ugualmente per Tadoussac ma giusto poco prima di salire a bordo inizia a piovere, la temperatura è polare e restiamo il più possibile all’interno della nave al calduccio (qualcuno approfitta per fare un riposino), dopo 3 ore di vana ricerca finalmente avvistiamo tra la bruma un paio di pinne dorsali…ci dovremo accontentare…un mezzo fallimento. Stanchi e abbacchiati rientriamo al campeggio e per tirarci su il morale decidiamo per la prima volta di cenare al ristorante: carne di bisonte….deliziosa!

Il 4 agosto prendiamo armi e bagagli e partiamo per il grande Nord, Route des baleines, seguiamo la 138 Nord lungo la rotta che seguono le balene nel loro viaggio verso il fiordo di Saguenay. A pochi km da Tadoussac c’è Cap Bon Desir, tanto piccolo che rischia di passare inosservato, se non fosse per la nostra mitica Official guide non ci fermeremmo neanche; con grande lungimiranza ci fermiamo e a solo 5 minuti dal parcheggio ci sediamo sugli scogli e osserviamo a pochi metri da noi il maggior numero di balene e delfini che vedremo in tutto il viaggio. La giornata è illuminata da un bel sole e c’è un’arietta frizzante, tutto intorno ci sono osservatori dotati di seggiolina, binocolo e libro che si fermeranno tutta la mattina, noi avremmo dovuto portare un guinzaglio per Emma che ogni 2 secondi cerca di rotolare in acqua, qui profonda e gelida, così ce ne andiamo in fretta ma a malincuore! Riprendiamo la marcia, all’ora di pranzo facciamo una nuova sosta a Ragueneau dove, secondo la guida, dovremmo vedere altre balene e foche, in realtà la zona di avvistamento è lontanissima e non si vedono nemmeno con il binocolo, comunque approfittiamo per farci un bel piatto di maccheroni al sugo e una passeggiata fino a un paio di monumenti strani a forma di dinosauro, mamma e piccolo, che i bimbi scalano divertiti. Nel pomeriggio arriviamo a Baie Comeau, cittadina industriale dove gli addetti al piano regolatore non ci sono o se ci sono dormono, il paesaggio è squallido, all’inizio del paese c’è una grande zona commerciale e subito fuori un bel parco urbano sovrastatato da un cementificio di proporzioni immense che copre la vista alla foresta boreale e abbatte gli animi. Siamo un po’ perplessi visto che qui dovremo trascorrere un paio di giorni in attesa del traghetto, per fortuna il campeggio è a Pointe Lebel, una zona turistica sul fiume piuttosto carina e soprattutto lontana da fabbriche e centrali idroelettriche. Il giorno dopo abbiamo in programma la visita al Jardin des Glaciers, una specie di parco di divertimenti scientifico, quando arriviamo alla biglietteria la delusione è grande, i bimbi sono troppi piccoli o troppo leggeri per poter utilizzare il Parco avventura (solo Agnese potrebbe entrare) e il resto delle attività è carissimo; purtroppo però non c’è alternativa, in paese non c’è proprio nullaltro da fare e così decidiamo di visitare la Vallè de cosquillage: un sito geologico di fossili e conchiglie residuo di quando l’oceano copriva queste zone; per fortuna la guida è molto simpatica e parla la nostra lingua…i bimbi ringraziano! Stanche della zona decidiamo di proseguire un po’ più a nord, circa 100 km, la strada e il clima ci ricordano l’era glaciale, a Pointe des Mont troviamo un bellissimo faro, la visita è interessante, il caffè un po’ meno, ma il clima è così gelido che qualsiasi bevanda calda è gradita.

Il giorno 8 agosto ci dirigiamo al ferry per attraversare il fiume, il viaggio è piacevole, dura circa 2 ore e mezza e hanno una sala giochi con DVD…finalmente un po’ di televisione! E’ in francese ma che c’importa! Al momento dello sbarco abbiamo un attimo di panico quando aprono il portellone e siamo ancora piuttosto distanti dal molo, siamo proprio in prima fila, speriamo che nessuno spinga! Finalmente in Gaspésie, zona turistica locale, da qui in avanti incontreremo solo Quebecoises, nessun straniero, ora la strada è la 132 ovest -Route des Phares- e spingiamo a tavoletta il nostro camper (80km/h) per arrivare prima di sera a Cap Chat dove abbiamo prenotato il campeggio. All’arrivo ci rendiamo conto che la sistemazione è “essenziale”, praticamente un prato sulle rive del fiume, i servizi sono di conseguenza: le docce a pagamento, 1$ per 2 minuti di goccine tiepide, ma noi intrepide riusciamo a farci la doccia in 3, la lavatrice e asciugatrice non eseguono correttamente il loro compito e ci troviamo la notte a stendere i panni con una corda all’interno del camper (meno male che le dimensioni sono “canadesi”). Continuiamo comunque ad essere graziati dalle zanzare (non ce ne spieghiamo il motivo) così approfittiamo per cenare fuori dopo aver fatto un bel fuoco (lontano dalla bombola di propano) di cui Marco è diventato un vero esperto.

Dopo una bella dormita ripartiamo verso ovest e raggiungiamo il Parco Nazionale di Forillon, la visione del campeggio ci rinfranca lo spirito, di nuovo boschi, tavolo di legno e zona per il fuoco, servizi grandi e puliti, anche qui lungo il fiume…fantastico! Anche in questo caso la prenotazione è obbligatoria, i posti sono veramente pochi! Ci rechiamo al visitor center e ci rendiamo subito conto che avremmo dovuto prevedere almeno 3 giorni, sulla cartina ci sembrava un parco piccolo ma in realtà le cose da fare e da vedere sono moltissime, quindi cominciamo subito. Andiamo diretti a Cap Bon Ami dove ci fermiamo a pranzo, praticamente dappertutto è possibile mangiare su tavoloni di legno pubblici e in questo caso la vista è davvero imperdibile. Per avere una visione completa di tutto il Capo decidiamo di salire fino al view point, una “passeggiatina” di mezzoretta con una pendenza da Tour Malet, però il panorama toglie il respiro (soprattutto a Giacomo che è più “un tipo da spiaggia”). Rientriamo per cena al meraviglioso campeggio e programmiamo per la giornata successiva una nuova passeggiata a Cap Gaspè e un bagno alla spiaggia di Penouille. La camminata stavolta è molto più agevole, il sentiero è ampio e sale costantemente, quando arriviamo il capo è battuto da un vento fortissimo, anche qui c’è un faro ma non si può visitare, il panorama è sempre molto bello e vediamo qualche foca sguazzare da lontano. Durante il ritorno, avvisati da una famiglia di francesi, facciamo una piccola deviazione dal sentiero per avvistare un orso bruno che pasteggia comodamente sdraiato in mezzo agli arbusti….questo sì che vale! Nel pomeriggio spiaggia a Penouille, si parcheggia al visitor center e si scende con una navetta: la sabbia occupa circa 2 metri di spazio davanti alla foresta, l’acqua è come sempre gelida (d’altronde in mattinata abbiamo visto delle foche!), ma stavolta è tanta la voglia di mare che gli intrepidi resistono quasi un’ora; poi, per fortuna c’è l’ultima chiamata del trenino di ritorno e scappiamo assiderati.

Tappa successiva il Rocher Percé, anche in questo caso percorriamo gli 80 km un po’ all’arrembaggio, arriviamo a Percé nel pomeriggio, la cittadina ci fa storcere subito il naso, sembra un po’ Madonna di Campiglio (se non fosse per il mare) la strada principale è un negozio dietro l’altro ed è tutto è carissimo, però la lavatrice è la migliore di tutta la vacanza! Decidiamo di fare un po’ di foto, dormire nel campeggio stipati come sardine in scatola (ogni metro recuperato è un dollaro in più) e la mattina dopo ritornare a Forillon per vedere una parte che ci era sfuggita. Il paesaggio è splendido e al tramonto la roccia del Rocher striata di rosa è incantevole ma, come sottolinea Fabio, tanta strada per vedere I Faraglioni….potevamo restare in Italia!

Di buon mattino ripercorriamo la 132 Est verso Gaspè e raggiungiamo Fort Peninsule dove ci fermiamo a mangiare e a fare una breve passeggiata. Si tratta della zona da cui i Canadesi si difendevano dagli attacchi dei sottomarini tedeschi durante la seconda guerra mondiale in quella che viene chiamata la battaglia del San Lorenzo, a poca distanza ci sono anche delle reti antisottomarino tese in mezzo al fiume, non è gran cosa ma ci sono pannelli esplicativi e i bimbi con un po’ di cannoni si entusiasmano sempre.

Per rientrare a Cap Chat decidiamo di fare un colpo di vita e allontanarci dalla 132: tagliamo per la 198 est da Gaspé a Mont Luis, la strada è assolutamente deserta, non un bar, né un negozio, né tantomeno un benzinaio, però il panorama è incantevole, scorre in mezzo alle riserve di pesca e si attraversa solo un’orribile cittadina chiamata Murdochville (conviene evitarla e raggiungere in fretta il lungo fiume). Di nuovo a Cap Chat e al campeggio Au Bord de la Mèr evitiamo accuratamente di fare lavatrici! Siamo ormai verso la fine della vacanza e ci dirigiamo a grandi passi verso la civiltà, ma prima delle grandi città visitiamo un ultimo parco, il Parc du Bic ancora sul lato ovest del fiume. Il clima comincia a essere torrido, fa piuttosto caldo e le zanzare per la prima volta fanno capolino, ci rechiamo al visitor center e ci danno un paio di idee per il nostro soggiorno. E’ un vero paradiso per gli amanti della bicicletta come noi, peccato che non le abbiamo al seguito e affittarle sarebbe carissimo, così decidiamo di raggiungere i vari parcheggi con il camper e fare un paio di passeggiate. Guidare un camper di proporzioni “americane” è un’impresa in sé, per farlo sulle stradine sterrate 1 e 2 del Parco serve un superpotere; quando mi lasciano sola in un parcheggio e si avvicina una gentile famigliola che mi chiede di spostarlo perché non riesce a passare con la macchina faccio una faccia angelica e ….Quoi? je ne comprend pas! Le giornate passate al Bic sono intense, nel primo pomeriggio ci avviciniamo a una baia dove possiamo avvistare le foche, in lontananza vediamo un paio di puntini e siamo soddisfattissimi; la mattina dopo andiamo ad un’altra baia e potremmo quasi accarezzarle!!!! La natura ci riserva sempre grandi sorprese! Ci spostiamo al parcheggio di Ferme Rioux da dove parte un sentiero lungo un’ansa del fiume, percorrendolo fino alla fine il panorama è incredibile e lungo la strada incrociamo un giovane cervo solitario. Ci fermiamo a mangiare nell’area di sosta della fattoria dove, come sempre, ci sono tavoli a disposizione dei turisti, e facciamo shopping alla Boutique Nature dove compriamo una caldissima tutina da alce per i freddi inverni di Madrid alla piccola Emma.

Lasciamo a malincuore l’ultimo Parco Nazionale e prendiamo la 20ovest verso Quebec, man mano che ci avviciniamo alla città il paesaggio si fa più urbano, i negozi e i benzinai sono più numerosi e anche più cari (ma non dovrebbe essere il contrario?). La nostra meta di oggi è il Parco delle cascate di Montmorency, a 15 km da Quebec, purtroppo, grazie a un momento di panico del nostro GPS umano e ai maledettissimi lavori in corso impieghiamo circa 2 ore per percorrerli. Arriviamo affamati e nervosi, il parco è piccolissimo, praticamente ci sono solo le cascate, saliamo con una cabinovia e scendiamo per una scala lunghissima, non è granchè ma ci mangiamo un buon gelato alla vaniglia ammirando il panorama. Nel pomeriggio raggiungiamo il “campeggio”: all’indirizzo che ci ha fornito il SEPAQ troviamo un parcheggio di asfalto con piazzole numerate, non ci voglio credere ed entro a chiedere ad una solitaria ragazzina che sta studiando seduta alla reception…sì è proprio qui, un parcheggio e un bagno aperto dall’1 del pomeriggio alle 9 di sera…non c’è acqua, non c’è corrente….Aiuto! C’è un altro camper con una coppia di signori allegri e socievoli che ci spiegano di essere ancora loro vittime dell’inganno, facciamo un po’ di comunella, scopriamo che hanno visitato l’Italia in bicicletta e sono innamorati del nostro paese. Dopo un attimo di sconforto decido di prenotare immediatamente il campeggio municipale di Beauport per la notte successiva, sarà la nostra ultima notte in camper, oltre che il mio compleanno, non me la voglio proprio rovinare! Sistemata la questione campeggio partiamo per Wendake, a 10 minuti di strada, un villaggio indiano della tribù Hurones, il parcheggio è vuoto, chiude alle 5 e sono le 4.50, proprio non ci abituiamo agli orari canadesi, decidiamo di entrare ugualmente e abbiamo fortuna, troviamo una guida disposta a farci fare la visita in inglese, siamo gli unici visitatori e possiamo approfittare per fare mille domande e imparare parecchie cose sugli indiani d’epoca ed attuali (sono quasi un milione!). Durante la notte al parcheggio non riesco a chiudere occhio, non c’è una sbarra di chiusura ed entrano altri due camper che si fermano a dormire (loro più agili, senza pagare), un paio di macchine a sgommare, un grappolo di ragazzi si ferma a bere e ridacchiare…per fortuna sono canadesi e all’una hanno già finito la baracca! Il vantaggio è che al mattino siamo già alla fermata del metro bus per andare a visitare la città. Sul metro bus incontriamo un diplomatico in pensione che ha vissuto a Valencia e ci attacca bottone guardando le magliette dei bimbi che gridano Spagna, quando gli confessiamo la nostra venerazione per il Canada ci tiene a ricordarci che gli inverni sono durissimi e le estati molto brevi, non sarà l’unico esempio di canadese che ama la Spagna e risparmia dollaro a dollaro per potersi pagare un soggiorno invernale in costa del Sol.

Quebec è graziosa, fa un caldo soffocante ma la città vecchia è piccola, in una mattinata l’abbiamo vista tutta compreso lo spettacolo di Monsieur Renè, vecchio artista di strada, con cui Giacomo collabora felice. Per la prima volta incontriamo molti turisti italiani che anche qui approfittano per fare compere, con i negozi che ci sono a Milano proprio non me lo spiego! Certo che anche noi non siamo da meno visto che i bimbi insistono per mangiare una pizza! Nel pomeriggio rientriamo al parcheggio con il metro bus e, felici di aver ritrovato il camper sano e salvo, scappiamo veloci verso Beauport. Quello sì che è un bel campeggio, è immenso con tanto di parco giochi e piscina, ci assegnano una piazzola ampia, circondata dal bosco, vicino ai servizi (qui non tanto puliti come nei Parchi Nazionali) ma soprattutto con una bella buca dove Marco farà l’ultimo fuoco della vacanza! Che malinconia! Però i ragazzi sono felici di rientrare, 3 settimane sono un po’ lunghe!

In mattinata partiamo sotto una pioggia battente, riprendiamo la 20 ovest e percorriamo la nostra tappa più lunga, i bimbi sono così stanchi che non giocano neanche più ad Uno, si stravaccano sui sofà e chiedono “quanto manca?” con un moto uniformemente accelerato. Quando arriviamo alla sede di Canadream, Emma piange nel vedere che si portano via quella che è stata la sua casa per tanto tempo, mentre noi siamo un po’ in preda al panico perché si portano papà nell’ufficio del direttore! Speriamo di non aver combinato qualche guaio!!!! Per fortuna è tutto in regola e il nostro simpatico autista ci riporta all’aeroporto, qui prendiamo un taxi per il centro città dove trascorreremo l’ultima notte. L’hotel Le Roberval è un tre stelle di una grande città, caro e non molto pulito, ha comunque diversi vantaggi: è in centro, le stanze sono comunicanti, parlano spagnolo e hanno un deposito bagagli per la giornata di domani. Già nel pomeriggio facciamo un giro per la parte vecchia della città, molto turistica ma piacevole, la temperatura è gradevolissima e nella Place Jacque Cartier gli artisti di strada simpatici. Per la cena decidiamo di fermarci al “re de la poutine” (pronuncia putin e non puten ….molta attenzione!) un piatto tipico della città con patate fritte sormontate da un formaggio semisciolto annegate in una salsa marrone, né l’aspetto né il sapore sono grancosa, ma in viaggio si sperimenta! Dormiamo come sassi per la prima volta in uno spazio superiore ai 5 metri quadrati (anche se il camper era così spazioso che ci sembrava il nostro appartamento di Casette…o forse era anche un po’ più grande) ma all’alba ci svegliano gli operai che lavorano nel palazzo di fronte – i lavori in corso non ci abbandonano più – Oggi visiteremo la città olimpica, siamo dei patiti dello sport e ci causa grande emozione la visita guidata allo stadio olimpico di Montreal 1972, dove Nadia Comaneci ottenne il primo 10 della storia! Nella piscina si sta allenando la squadra nazionale di nuoto sincronizzato e fino a tre mesi prima si allenava Micheal Phelps (ci sarà ancora un po’ del suo sudore nello spogliatoio?). Saliamo con l’ascensore obliquo alla torre e ci godiamo il panorama, anche se ci inquieta un po’ sapere che i cavi d’acciaio sotto di noi sostengono il tetto che è già caduto tre volte secondo il disegno di un architetto francese con molto glamour ma pochi studi di ingegneria! Alla discesa rimaniamo un po’ delusi scoprendo che il velodromo olimpico trasformato in giardino botanico – zoo (Biodome) è chiuso per ristrutturazione e così abbandoniamo l’idea di passare nella villa olimpica tutta la giornata e ritorniamo a Place Jacque Cartier. Riusciamo finalmente a vedere la cattedrale che il giorno prima stava chiudendo, è interessante ma senza una guida non capiamo granchè. Mangiamo in una ristorante francese ma il livello non aumenta molto rispetto alla poutine, prendiamo un gelato carissimo e ci fermiamo ad aspettare gli artisti di strada. Oggi non abbiamo proprio fortuna ci tocca un saltimbanco poco aggraziato e un po’ volgare, decidiamo di chiudere qui l’avventura quebecoise, torniamo all’albergo a prendere il taxi che ci porterà all’aeroporto. Fino all’ultimo ci stressano i lavori in corso e impieghiamo il doppio del dovuto per raggiungere il terminal, ma smettiamo di preoccuparci quando un SMS della British ci avvisa che il volo è in ritardo di un’ora…perfetto perderemo la coincidenza a Londra! Nessun problema al banco della British una simpatica impiegata spagnola ci spiega che ci riproteggono su un volo Iberia però il check in lo dovremo fare a Londra, in un’ora e mezza abbiamo tutto il tempo del mondo! (lei è di quelle bugiarde che giura di aver fatto il passaggio dal terminal 3 al 5 in meno di un’ora!). Comunque siamo rilassati “a andare alla bassa tutti i santi aiutano”, una volta in Europa in qualche modo arriveremo a casa. Con un po’ di malinconia decolliamo guardando fino all’ultimo le luci sul San Lorenzo….au revoir Quebec, je me souviens!



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