Que viva Cuba!
Que viva Cuba!
Ritorno a Cuba dopo 6 anni, per ritrovare vecchie amicizie ma soprattutto perché questo paese rimane nel cuore. E’ un’occasione per vedere se sta cambiando qualcosa.
Dopo ben 54 anni di blackout, il 2015 ha segnato la ripresa delle relazioni diplomatiche tra Stati Uniti e Cuba. Barack Obama e Raul Castro si sono stretti la mano sorridendo ai fotografi, la bandiera a stelle e strisce è tornata a sventolare davanti all’ambasciata americana a L’Avana, l’embargo è stato tolto e ora sono possibili normali transazioni commerciali tra Cuba e gli altri paesi del mondo, Italia compresa.
Ma per i cubani cosa c’è di nuovo? Per adesso in apparenza sembra tutto uguale.
E’ ancora in vigore il doppio regime monetario, che differenzia tra i pesos convertibles o CUC e i pesos reali (o meglio MN, moneda nacional) che usa la gente e sono poco più che carta straccia in comparazione con l’altra valuta. Il 10% circa della popolazione possiede dei dollari, perché ha un lavoro nel settore del turismo (e quindi prende mance) o perché ha parenti negli USA, e con quelli vive decentemente. Il rimanente 90% si arrabatta con uno stipendio da fame: 250-300 pesos al mese per un operaio o una commessa (12-15 dollari), che possono diventare 400-500 per un medico di ospedale o un professore universitario. Tutta questa gente rimane aggrappata alla “libreta de abastecimiento” che fornisce razioni di beni di consumo essenziali (latte, riso, zucchero, fagioli, sapone) a prezzo politico, ottenuti sopportando lunghe file senza avere alcuna certezza di trovare poi quello che si cerca. Nei supermercati però si trova di tutto, solo che la pasta e lo shampoo costano come da noi, quindi sono inaccessibili alla massa. L’accesso al web è tuttora vietato alla popolazione, salvo concessioni a dipendenti di ministeri, centri di ricerca, ospedali, organizzazioni turistiche.
In Centro Habana gli apagones (blackout elettrici improvvisi) si verificano ancora, anche se durano solo 8-10 ore invece che giorni interi e sono meno frequenti rispetto a qualche anno fa. Il trasporto urbano è un problema tutt’ora irrisolto: scomparse da tempo le guaguas rosse e nere che eruttavano sbuffi di catrame, per le vie della città oggi circolano ancora i terribili camellos, autoarticolati più simili a carri-bestiame che a mezzi da trasporto. Hanno una forma a gobba che ricorda gli animali da cui prendono il nome e sono costantemente presi d’assalto da frotte di gente senza alternative per gli spostamenti urbani. Ci vorrebbe la metropolitana, come a Portorico e Santo Domingo, ma senza massicci interventi di finanziamento esteri questo rimane un progetto improponibile.
In compenso, vanno scomparendo i murales di propaganda governativa che richiamano la revoluciòn, la resistenza contro l’imperialismo e i valori della cubanità. Sbiadiscono a poco a poco le effigi di Fidel Castro e Ernesto Che Guevara dipinte sui muri dei viali, perché nessuno si cura più di ravvivarle. Per le vie dell’Avana e dei centri turistici sono aumentate le bellissime auto d’epoca (carros americanos) abbandonate dagli americani negli anni ’50. Ora, lustrate, cromate, riparate con pezzi di ricambio miracolosamente apparsi da chissà dove, a volte completamente rimotorizzate, sono pronte per scarrozzare dietro lauto compenso i turisti in cerca di fotoricordo (35-40 CUC per un’ora). Alcuni edifici del malecòn, il bellissimo lungomare dell’Avana, sono stati restaurati e ridipinti in colori pastello regalando foto imperdibili alle X-cards (solo che, guardando bene, dopo un palazzo restaurato ce n’è un altro dove i calcinacci cadono a pezzi, accuratamente evitato nelle immagini a uso e consumo del turismo). Sulle piattaforme fissate tra i rami di altissimi manghi le ipersensuali ballerine mulatte del Tropicana continuano a ballare la salsa seminude, però adesso è quasi impossibile portarle fuori per il dopo-spettacolo. Una ragione in più per non spendere gli 85 CUC dello show, obiettivamente non irresistibile.
Nuovi paladares, i ristoranti familiari privati, sono stati aperti dovunque. Rimangono un’ottima opzione per mangiare senza svenarsi al ristorante, oltre che per avere un contatto diretto con una famiglia cubana. Chiedete la langosta enchilada, uno spezzatino di aragosta con pomodoro e spezie. Vi diranno che non c’è, ma se insistete salterà fuori. Quasi introvabile invece la carne di jicotea, la tartaruga: è giusto così, visto che stanno scomparendo.
Il turismo rimane la voce-base del PIL cubano: i villaggi sorti in varie parti del paese sono sempre affollati da vacanzieri alla ricerca di spiagge bianche e acque turchese, che a Cuba davvero non mancano. Tra i turisti si nota il ritorno degli americani, grazie alla ripresa dei voli quotidiani da Miami che consentono anche agli ex-profughi temporanei rientri in patria.
Per conoscere davvero la realtà odierna della Perla del Caribe, bisogna fare un po’ di queste cose:
– andate a vedere una partita di pelota (baseball) nello stadio del Cerro. E’ lo sport nazionale. Potreste ancora imbattervi nel derby Industriales-Capitalinos, prima che le squadre diventino qualcosa come “Habana Eagles” o “Santiago Dolphins”. Osservate la gente che invece delle patatine mangia chicharrones e pan con guayaba e unitevi ai loro cori di gioia per un punto segnato, o di scherno verso un battitore strike-out
– fate un giro a piedi per il Parque Central dell’Avana o per il Parque Céspedes di Santiago, ascoltando i discorsi della gente. Quasi sicuramente vi chiederanno una conferma che realmente è stato tolto l’embargo, ma potreste anche essere coinvolti in un crocchio che commenta una certa poesia di Garcia Lorca o discute se le tecniche di chirurgia oftalmologica usate a Cuba hanno realmente lo stesso livello di quelle praticate in altre parti del mondo
– andate alla messa della domenica mattina nella bellissima Catedral barocca dell’Avana. Leggete il noticiero della parrocchia e stringete più mani possibile al momento dello scambio della pace
– lasciate la piscina dell’hotel (o il patio della casa particular dove alloggiate) e passate un pomeriggio sotto le palme di Playa del Este, dove gli habaneros cercano refrigerio nelle domeniche d’estate
– invece che prenotare un posto per il Cabaret Parisien dell’Hotel Nacional (biglietto 50 CUC), informatevi se in qualche piazza c’è un concerto dei Van Van del mitico Juan Formell o se canta Adalberto Alvarez, l’unico cantante al mondo che ha ammesso di essere diventato un rapper a causa delle limitate qualità canore. Spettacoli ovviamente gratis. Unitevi ai ragazzi che improvvisano cori e ballano la salsa e ammirate l’eccezionale abilità dei musicisti
– cercate una sala dove c’è uno spettacolo di boleros, la musica melodica cubana. Scoprirete ritmi classici insospettati cantati da interpreti dotati di una vocalità eccezionale. Il luogo migliore è Las Gardenias, nella zona di Miramar all’Avana
– andate a Santiago e Baracoa, l’oriente di Cuba, dove usi e costumi tradizionali sono più vivi e radicati. Visitate la fabbrica del rhum Habana Club, ex-Bacardi, origine inconfondibile testimoniata dalla grande bottiglia posta sul traliccio di ferro che domina lo stabilimento. Andate al santuario della Virgen de la Caridad del Cobre, la patrona di Cuba appena fuori Santiago, dove risuona ancora l’eco delle parole di Papa Francesco. Vi colpirà la devozione dei fedeli in visita e noterete la confusione che fanno tra la Madonna e Ochùn, l’icona dell’amore nella santeria creola. Osservate bene gli ex voto: ci troverete quello lasciato da Hemingway, la medaglia ricevuta per il premio Nobel per la letteratura vinto nel 1954.
Detto questo, è evidente che nel paese meritano di essere visti anche i luoghi classici del turismo, come la città coloniale di Trinidad con le sue vie di acciottolato e le inferriate alle finestre, i paesaggi della zona tabaquera e i mogotes di Pinar del Rio, gli edifici barocchi di Camaguey.
Chiaramente qualche momento di relax spaparanzati su una spiaggia bianca a scelta ci vuole. Una volta evitato accuratamente Varadero, la scelta di luoghi da sogno è davvero ampia: Cayo Largo, Cayo Coco, Levisa, Guardalavaca, Maria La Gorda. Alla fin fine, il soggiorno in uno di questi paradisi è un doveroso omaggio alle bellezze naturali della Perla del Caribe. Chissà mai che i soldi che spendete possano servire a migliorare il futuro del pueblo de Cuba.
Que viva Cuba!
Luigi.balzarini@tin.it