Que levante la mano… Il Perù in camioneta!

Que levante la mano… chi può tornare dal Perù senza portare per sempre nel cuore quella terra e quella gente! Prendiamo in prestito dal Grupo Cinqo -colonna sonora del nostro tour peruviano, grazie al nostro autista Arnaldo- le parole per descrivere le nostre senzazioni dopo questa vacanza. Siamo partiti il 18 giugno del 2008, con un volo...
Scritto da: Romualdo
que levante la mano... il perù in camioneta!
Partenza il: 18/06/2008
Ritorno il: 04/07/2008
Viaggiatori: fino a 6
Spesa: 2000 €
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Que levante la mano… chi può tornare dal Perù senza portare per sempre nel cuore quella terra e quella gente! Prendiamo in prestito dal Grupo Cinqo -colonna sonora del nostro tour peruviano, grazie al nostro autista Arnaldo- le parole per descrivere le nostre senzazioni dopo questa vacanza. Siamo partiti il 18 giugno del 2008, con un volo Alitalia da Roma a Caracas e quindi Lan Perù sino a Lima. Ad attenderci all’arrivo c’era Paolo Perniceni, di www.peruindimenticabile.it, un ragazzo italiano che, dopo aver girato il mondo e l’America Latina in particolare, si è fermato qui con Tonita, la compagna che a metà luglio partorirà una bambina. L’avevamo contattato dopo averne letto su Turisti per caso e la sua proposta ci era parsa la più convincente: non ce ne siamo pentiti! Poche ore di sonno all’Hotel San Martin nella piazza omonima (bella ma quanto rumore fanno anche di notte le poche auto che passano: i peruviani sembra non sappiano resistere a suonare il clacson anche alle quattro di notte!) e poi alle nove la camioneta rossa di Arnaldo era pronta ad accogliere me, mia moglie Iole, la nostra amica Angela e Paolo, che ci ha fatto da guida per buona parte del nostro viaggio. La prima giornata è davvero ambiziosa: usciamo da Lima e ci sorprende la visione di questa sterminata città, con dodici milioni di abitanti, circondata dalle dune del deserto. Quando arriveremo a Huacachina, questa oasi circondata da dune altissime, dove faremo il nostro primo incontro con la cucina peruviana, avremo di che sorprenderci: le dune sono bellissime e noi sembriamo essere, dopo solo un giorno, completamente fuori dal nostro mondo. Ci circondano i bambini delle scuole di Ica, venuti in gita. Ci aspetta ancora il deserto, uno spettacolo che ci lascia senza parole, e Nazca con le sue linee, che ci limitiamo a sbirciare dal mirador lungo la Carretera Panamericana: per me è il coronamento, seppur rapido, di un sogno d’infanzia, quando mi perdevo a fantasticare su Atlantide, sul Triangolo delle Bermude e sulla mano misteriosa che poteva aver tracciato queste linee fantastiche nel deserto. Ma il tempo è poco e dobbiamo arrivare sino ad Arequipa! Non ce la faremo, alle dieci, dopo tre ore nel buio della Carretera e con i fari dei camion negli occhi, Arnaldo cede e chiede un po’ di riposo. Ci fermiamo ad Atico, un oscuro paesino della costa, dove ceniamo velocemente e troviamo un albergo per la notte. Stanchi da una giornata di viaggio, ci mettiamo a letto vestiti: alle quattro, infatti, Paolo bussa alla porta, si riparte. A Camanà lasciamo la costa e cominciamo la salita verso l’altopiano, accompagnati da una nebbia che si confonde con la sabbia e rende incerti i contorni del paesaggio. Arrivati ad Arequipa, prendiamo alloggio all’Hotel La Hosteria, una struttura molto bella, in stile coloniale, con belle stanze e personale davvero gentile. Il tempo di posare i bagagli e subito Paolo ci trascina al Monasterio di Santa Catalina: una storia affascinante per colori forti ed atmosfere di altri tempi…è bello perdersi tra le stradine di questa città nella città. Per il pranzo puntiamo alla parte alta della città, che attraversiamo tutta a piedi. È davvero Arequipa “la bianca”, per il bel colore della sua pietra e non solo della pelle degli spagnoli che la abitarono: dal mirador la si coglie tutta, la seconda città del Perù. Pranzo veloce, primo incontro con la chicha, questa bevanda di mais fermentato prodotta in casa che entusiasma i peruviani sicuramente più di noi. Nel pomeriggio, visita obbligata al Museo Santury, per vedere Juanita, la principessa di ghiaccio, e le altre bambine conservate nel ghiaccio del monte Ampato: una visita interessante ed una prima introduzione alla civiltà degli Inca ed ai suoi misteri. Piccola esperienza di vita quotidiana: ci serve un phon e lo cerchiamo in tutti i negozi di elettrodomestici; risulterà un acquisto difficilissimo, per il quale perderemo due ore e dovremo compilare una lunga serie di documenti… i peruviani hanno davvero uno strano rapporto col lavoro! Il giorno dopo si parte per il Colca Canyon. Causa ipertensione non posso prendere farmaci per il mal d’altezza e così imparo a bere mate di coca ed a masticare foglie di coca: funziona. Mentre saliamo il paesaggio diventa mozzafiato: altipiani sterminati, deserti, abitati solo dagli alpaca e dalle vigogne della Riserva Nazionale: le foto che ci fermiamo a scattare non renderanno mai le sensazioni provate. Arriviamo sino a 4800 metri, incantevole, poi scendiamo sino a Chivay, un paesino molto semplice, e alloggiamo all’Hostal Las Portales, dove pranziamo ad un ottimo buffet. C’è una delle tante feste popolari e le ragazzi ne approfittano per passeggiare tra le bancarelle del mercato e per assistere ad una specie di corrida; io preferisco smaltire un po’ il mal di testa a letto. Nel pomeriggio si va alle famose terme all’aperto. Sono in riva al fiume, poco fuori dal paese, in una vallata, ed hanno acque sorgive molto calde. Ci sono piscine coperte –nelle quali si concentrano i peruviani, particolarmente numerosi nella giornata di festa- ed all’aperto, dove si divertono i turisti, bottiglia di birra alla mano. Per noi fa troppo freddo e così facciamo una lunga passeggiata sul fiume. In serata continuiamo a girare per Chivay, attratti dalla convenienza dei bei capi di alpaca del mercatino. La mattina dopo, di buon ora, si parte per il Cruz del Condor, sperando di essere tra i primi a vederne il maestoso volo. Lo spettacolo vale la levataccia, anche se i condor, ormai abituati ai turisti, si concedono facilmente anche ai più ritardatari. Rientrati ad Arequipa, abbiamo giusto il tempo di vedere i rigori con i quali l’Italia viene eliminata dagli Europei e poi si riparte, destinazione Puno. Qui arriviamo sul tardi, giusto il tempo di andare a dormire all’Hotel Santa Maria, semplice ma pulito. La giornata successiva è dedicata al lago Titicaca ed alle sue isole. Le guide sconsigliano le isole degli Uros, i cui abitanti sarebbero troppo abituati a trattare con i turisti. Eppure vedere queste enormi zattere galleggianti, ricoperte di canne, sui quali questa gente da sempre costruisce le proprie case, vive, cucina, va a scuola, fa davvero sensazione. E poi i prodotti del loro artigianato, seppur più cari della media, sono molto belli. Vado via continuando a chiedermi come si faccia a convivere in questo modo con l’umidità ed i reumatismi. Arriviamo a Taquile, un’isola lussureggiante che ci costringe ad una lunga, faticosa, salita per raggiungerne la vetta… meno male che i 500 e passa gradini ci tocca farli solo per scendere, da quando hanno fatto scoppiare il cuore ad un paio di turiste sovrappeso. Torniamo a Puno per una rapida cena e per un eccellente pisco sour: è l’unico che riusciremo a provare durante il nostro viaggio ma ne conserviamo un gran bel ricordo.. Io ne faccio fuori due. Breve puntata mattutina al mercato per qualche altro acquisto (ci hanno giustamente consigliato di non farne a Cusco) e lasciamo Puno per puntare al cuore dell’impero Inca: Cusco! Due ore prima di arrivarci, ci fermiamo a Raqchi, un sito non previsto nei tour svolti in pullman: è il vantaggio di essere con il nostro minivan, guidato dal fedele Arnaldo e accompagnati dall’attentissimo Paolo. Raqchi si trova pochi chilometri di Sicuani ed è davvero spettacolare. Sono le rovine inca meglio conservate e che danno l’idea più completa del sito originario. Qui si trova il Tempio di Viracocha, uno dei pochissimi dell’impero, e soprattutto vi si trovano una quantità tale di granai da far impallidire Pisac, sin qui ritenuta il granaio degli inca. Visitatelo, è il sito forse più originale e particolare, capace di sconvolgere quello che degli inca e delle loro tecniche costruttive sarete in grado di apprendere nel resto dell’impero. A Cusco, dove arriviamo in serata, Paolo ha prenotato per noi all’Hotel Amerindia, una struttura molto bella e confortevole, in stile coloniale e con stanze molto comode, a due passi da Plaza San Pedro. La città di sera si mostra in tutta la sua eleganza, e ci fa dimenticare il Perù spartano ed essenziale conosciuto sinora: l’orgoglio dell’antica capitale si vede tutto, nonostante la confusione che regna in città: è la sera del 24 giugno e in mattinata si è svolto l’Inti Raimi, con l’inevitabile invasione di turisti da tutto il mondo. La mattina dopo, tanto per cambiare, non si riposa: sveglia all’alba se vogliamo vedere in un solo giorno tutta la Valle Sacra… e così dopo la consueta colazione a mate de coca, si parte per Pisac, Moray, Ollantaytambo. Tutti siti bellissimi, che ci lasciano senza fiato, e non solo per le innumerevoli scale da salire… la mia preferenza va ad Ollantaytambo, per la bellezza del paesaggio ed anche per il ruolo nella storia dell’impero ma… io non mi sarei perso nessuno di questi posti, ne vale la pena. Di rientro, al calar del sole, riusciamo ad arrivare alle saline lungo il fiume Urubamba. Costringiamo Arnaldo ad una corsa spericolata lungo i fianchi della montagna ma ci aspetta uno spettacolo incredibile, alla luce del tramonto… torniamo a Cusco distrutti ma felici. Ma a Cusco dedichiamo anche la giornata successiva: Tambomachay, Pukapukara, Saqsaywaman, San Blas e i suoi artisti di tutto il mondo, le rovine del tempio di Qoricancha ed il relativo museo: tutto rimarrà nella memoria e nelle centinaia di foto che scattiamo. Cena veloce, però, ed a letto presto: domani ci aspetta l’ennesima levataccia, si va a Machu Picchu! Iole aveva fantasticato di Inca Trail ma Paolo l’ha riportata alla realtà: senza una prenotazione fatta un anno prima non se ne parla nemmeno… per mia fortuna! Vada allora per il trenino lungo il corso dell’Urubamba: un viaggio lento ma molto bello, dai finestrini del treno si ammirano scorci unici. Quando poi si giunge ad Aguas Calientes, neanche la folla che si accalca ai pullman riesce a cancellare la sensazione che si stia per entrare nel mistero: l’effetto che fa l’improvvisa visione di Machu Picchu dall’alto è inenarrabile! Ci allontaniamo presto dalla nostra guida, orgogliosissima del passato inca, per poter visitare le rovine in santa pace… e non ce ne pentiremo. Man mano che i turisti vanno via, la città acquista sempre più fascino. Prima di andar via, ci concediamo una piacevole passeggiata di una ventina di minuti sino al Ponte Inca, giusto per tenerci in allenamento: meno male che la veduta solitaria della città, alla quale ormai ultimi rimasti, ci abbandoniamo prima di andar via, ci ripaga di tutto. A conclusione del nostro tour archeologico, abbiamo sugli Inca più dubbi di quanti non ne avessimo prima: come avranno fatto a costruire queste opere? E perché? Le spiegazioni di guide e accompagnatori, francamente, ci sembrano insufficienti… e poi a noi piace sognare questo misterioso popolo dagli strani poteri. Il nostro tour è ormai completo. Mancano pochi giorni, che abbiamo riservato ad un po’ di riposo al mare. Il giorno dopo, in aereo, rientriamo a Lima e poi andiamo a Piura, da dove un pullman per Mancora ed un taxi ci condurranno a Punta Sal, al nord, sulle sponde del Pacifico, presso il Resort Caballito de Mar, ben attrezzato, confortevole, dalla buona cucina e dal personale molto gentile. Gli ultimi tre giorni sono dedicati al sole, al mare e, soprattutto, al sonno: le faticate delle settimane precedenti si fanno sentire. Ma quel che ci rimane veramente dentro è l’incanto dei paesaggi e delle ricchezze peruviane… davvero, come dice Paolo, Perù indimenticabile!


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