QUATTRO LAMBRATESI, 5500 km in utilitaria

QUATTRO LAMBRATESI IN SUDAFRICA : Diario da campo, raccontato a quattro mani Intro: Il testo, a volte non proprio ortodosso, è frutto della viva esperienza di noi 4 ragazzi scatenati e dei nostri appunti di viaggio. Avventure ed inconvenienti, scenari spettacolari, compagni di viaggio indimenticabili. 5500 km guidati a sinistra, questo è stato...
Scritto da: shaobell
quattro lambratesi, 5500 km in utilitaria
Viaggiatori: in gruppo
Spesa: 2000 €
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QUATTRO LAMBRATESI IN SUDAFRICA : Diario da campo, raccontato a quattro mani Intro: Il testo, a volte non proprio ortodosso, è frutto della viva esperienza di noi 4 ragazzi scatenati e dei nostri appunti di viaggio. Avventure ed inconvenienti, scenari spettacolari, compagni di viaggio indimenticabili. 5500 km guidati a sinistra, questo è stato il nostro Sudafrica.

PRETORIA – 07 Agosto 2005 Siamo partiti male, due bambini sull’aereo ci hanno tenuti svegli. Alle 4 di notte ci siamo alzati tutti per la caldazza e ci siamo ritrovati davanti ai cessi a chiacchierare. Siamo riusciti anche a farci riprendere da una tipa perchè parlavamo ad alta voce. La posizione fetale della supereconomy class e le turbolenze hanno fatto il resto. Dopo un viaggio che sembrava interminabile, siamo arrivati a Johannesburg, da cui partiamo subito per Pretoria in taxi (per quattro persone veramente economico). Fuori dall’aeroporto, scarsi gruppetti di “procacciatori” vari, ci aspettavamo di peggio. Il tragitto Joburg-Pretoria si fa in un’oretta, mentre il tassista risponde instancabilmente alle nostre domande in italo-zulu. A Pretoria, dopo 1000 peripezie, vedi sbattimento bancomat (tra le linque fra cui scegliere, oltre all’inglese, ci sono lo zulu, l’afrikaan e lo swazi..) e vari tassisti abusivi, arriviamo da Motibi il quale ci promette subito il mondo, aspettiamo per circa 5 ore e alla fine ci trova un alloggio presso Mamy al costo di circa € 8,50 cadauno ma.. Ci é andata di stralusso. Abbiamo tutta per noi un’intera villetta con tanto di cancello telecomandato. Andre ha portato nel bagaglio a mano una boccia di alcool con questa motivazione: se faccio una doccia, incendio il fondo per disinfettarlo. Pretoria appare forse un po’insipida. Le case dei bianchi, compresa la nostra, sono recintate da filo spinato a bassa tensione, allarmate, con cani assetati di sangue. La serata si é conclusa con una pizza da Jean Pierre. Oh Dio, ce la sentiamo. Siamo in Sudafrica; stasera abbiamo passeggiato sotto un cielo di stelle mai viste.

NELSPRUIT Nelson, mettiti a posto. Abbiamo trovato una città in cui le etnie sono ancora nettamente separate; abbiamo avuto un approcio trasversale che ci ha portato, in un pomeriggio, a passare repentinamente da un lato all’altro della società. Ma andiamo per ordine: Appena arrivati abbiamo subito notato i forti colori che distinguono questa città da Pretoria; la zona che stavamo attraversando era popolata solo da gente di colore: neanche un bianco. Ci siamo fermati e abbiamo affrontato un mercato popolare pieno di gente, con la inconsapevolezza ingenua dei turisti. A parte un incontro spiacevole con un tizio che ci ha abbaiato qualche insulto che non abbiamo capito, l’esperienza si é conclusa nella totale indifferenza della gente della zona. Parrucchieri improvvisati tagliano i capelli in piccoli banchi per strade. Dopo ci siamo mossi verso un altro quartiere che ci é sembrato essere la parte bianca di questa città. Siamo entrati in un locale: gli unici neri erano i camerieri, a riprova che i retaggi delle divisioni passate sono ancora presenti.

Abbiamo passeggiato nella parte bassa della città, per strada delle tipe con un telefono appoggiato su una cassetta fungevano da cabina telefonica. ?-Un boero che abita vicino alla “nostra” villa ci ha consigliato un itinerario, che più o meno coincide con il nostro. Abbiamo quindi noleggiato, dalla mitica Sue Ellen, una macchina: una Chico (Golf 1* modello) blu elettrico, con il volante a destra. Cauto l’impatto con la strada e la guida a sinistra. Ha guidato Andre da Pretoria a qui.?- Rapidi accenni all’ambiente: passiamo da giornate molto calde a notti fredde, grossa escursione termica. Animali strani ancora non ne abbiamo visti, a parte molti tipi di uccelli. Palme di aloe vera a centinaia, aggrappate alle alture che scorrono ai lati della strada.?- Fortunatamente la guida ci ha indicato un ostello crasto (funky monkey): paghiamo 70 rand a notte (meno di 10 euro) e dormiamo con una coppia di inglesi taciturni. Ieri abbiamo passato la serata con Dominique, il tipo italo-franco-sudafricano che sta con la manager dell’ostello. Ha tirato fuori un paio di borse d’erba, siamo stati a chiacchierare fino a tardi, e a giocare a biliardo. Lui é maestro di un paio de arti marziali, ha provato un paio di mosse letali su Maio. Quante ghignate, si vede che di ospiti inglesi ecc. Ne ha piene le palle, siamo arrivati noi italiani a tirare su il macello. Domani andiamo con la Chico al Blyde River Canyon. Mentre scrivo, un uccello giallo canta su un banano. Che altro? Alla prox.

NELSPRUIT Dopo la serata passata in compagnia di Dominik, ci svegliamo ancora in svarione e decidiamo di partire per il Blyde River Canyon ma, forse per colpa dello svarione di cui sopra, ci siamo ritrovati alla “Finestra di Dio”(God’s Window) che ci aspettava affacciato. Il panorama, fatto di strapiombi e vallate, vale la pena di una sosta. Qualche bancarella vende oggetti d’antiquariato interessanti, si contratta sempre. Lungo la strada, gruppi di donne con gli abiti tipici si esibiscono suonando corni di bufalo e altri strumenti ingegnosi, e lo scopo di lucro è discreto, una semplice tazza per le offerte. Il primo animale che ci attraversa in statale: non un coniglio, non un riccio… Una scimmia. Il canyon della riconciliazione bello ma corto… Forse dovevamo fare un’escursione a cavallo. Abbiamo provato a pigliare a calci un nido di termiti alto 1 metro e mezzo (;) ma non c’é stato verso, a malapena lo scalfivamo. Ogni tanto, sulla strada, passiamo attraverso delle township, ossia baraccopoli. Sono vivaci e non sembrano particolarmente pericolose, evitando di passeggiare nelle zone più isolate con i soldi che cascano dalle tasche..Andre: “Vorrei essere in una bidonville pettine (7 stelle).. Ma sotto un’altra forma, non umana”. La scusa è che ha bevuto un Cuba. La strada viene attraversata continuamente da stuoli di bambini che tornano da scuola, e da animali vari, per cui procediamo a velocità di crociera ridotta. ??LASCIANDO NELSPRUIT Ci siamo svegliati e fuori pioveva, proprio oggi che ci avviamo verso il Kruger. Cielo grigio plumbeo. Stanotte in stanza avevamo Chernobyil (per via dell’odore) e una ragazza, una ricercatrice di Berlino che é qui per lavoro (fa l’etnologa). Andrea ha rinunciato a diventare Robinson Crusoe e si é fatto la barba. Abbiamo poi lasciato il Funky Monkey e siamo in viaggio per il Kruger. KRUGER – DATA ASTRALE 11 Agosto 2005 Stiamo vagando per il Kruger alla ricerca di leoni e leopardi, che sono i due dei big 5 che ci mancano. Solo per fare un elenco sommario degli animali che vediamo: facoceri per strada; gazzelline(capre); giraffe; branchi di zebre e impala; uno splendido rinoceronte a due metri dalla macchina che sgranocchia pigramente da un cespuglio; antilopi zebrati con la gozza; un coccodrillo davvero enorme che passa sbuffando sotto un ponticello da cui ci siamo affacciati; ippopotami; un gufo; una iena; gnu. Non serve acquattarsi fra gli arbusti per fare degli avvistamenti entusiasmanti: ci sono animali dappertutto! Ogni tanto incrociamo qualche jeep di turisti, altre volte lo sterrato viene letteralmente invaso dai babbuini che spesso si fanno davvero molesti. Abbiamo appena visto una famiglia di elefanti che fa il bagno e un gruppetto di scimmie con le palle blu che sono venute a scroccarci pezzi di mela. Solo i felini predatori non si fanno vedere. Con questa caldazza sarà dura. Saremmo dovuti arrivare prima, stamattina Fulmine ci ha svegliato tardi. Fulmine é il nostro ostellante, ma ne parleremo dopo, ora siamo troppo occupati negli avvistamenti. Marco sta facendo il richiamo della leonessa zoccola. Sembra più una leonessa tranvaz. Ogni tanto, per necessità fisiologiche, dobbiamo scendere dalla macchina, cosa fortemente sconsigliata per via dei predatori. Scendiamo quando abbiamo una visuale di un centinaio di metri tutto attorno alla macchina. Sembrano precauzioni ridicole ma gli attacchi di leoni e ippopotami sono molto frequenti.??Quando chiediamo ad un gate (ingresso del parco) se ci siano alloggi di qualsiasi tipo per passare la notte all’interno del parco, la tipa ci ride praticamente in faccia. Bisognava prenotare! Noi, senza scomporci, ci dirigiamo verso Hazyview, una tranquilla cittadina appena all’esterno. Darryl, il nostro ostellante, ci ha accolto con una pettinata di birra. Quindici anni fa ha mollato il colpo nello Yorkshire e si é trasferito qua. E’ molto accogliente, e la sua casa pullula di scultore e oggetti di legno, ognuno con una storia che Darryl racconta senza farsi pregare, mentre accarezza la sua pitbullina Savannah. In serata siamo usciti con Richard, un piccolo nero scatenato del Malawi che ci ha portato a tazzare e che parla sempre. Swaziland is different, là guardi le tipe e ti innamori, Luca is the Godfather, Davide mafioso, Marco bambino. Ci ha presentato tre ragazze nel locale ma non ce la siamo sentita, anche se ci hanno seguito fino al parcheggio. swaziland… Is different Dopo l’accappatoio e lo sbattimento frontiera (una giornata per fare duecento Km di sterrato) siamo arrivati nella capitale. La Wild Fronteer é stata da delirio (abbiamo pure sbagliato strada, le indicazioni sono praticamente inesistenti e ci ha salvato una sciura che si é scatenata in swazilandese, rimandandoci indietro sulla giusta strada). Il percorso fra le montagne, a parte la scomodità, è molto suggestivo, anche se forse una jeep sarebbe meglio della nostra utilitaria: gli ammortizzatori chiedono pietà. Valli semi-lunari con un’eco da brividi. Le formalità per entrare in Swaziland sono rapide, un’ enorme lucertola turchese ci tiene compagnia in frontiera mentre le sbrighiamo. Siamo scesi tra minatori e pastori fino alla capitale Mbabane che é un posto francamente un po’ inutile. Vabbé andiamo a Manzini. Qui di turisti non sembrano essercene, vediamo solo due ragazze bianche con zaino da trekking che vagano spensierate. Fatichiamo a trovare l’ostello indicato dalla guida, nessuno sembra conoscere vie o indirizzi. Mixo’s, ma a’rocaz stai? (grazie Darryl). Chiediamo a Tony Mafia dentro al Big Surprise Bottle Store e rimbalziamo di nuovo in città. Infine lo troviamo. Dormiamo quindi nell’unico ostello gestito da swazi del paese (una famigliola davvero simpatica composta da nonna secolare, Mixo, moglie di Mixo e ragazzina non meglio identificata). Ci propongono qualche tour nei dintorni, che decliniamo gentilmente. Proviamo nell’ilarità generale a parlare in swazi, con risultati discreti. In bagno c’è un cartello: If you sprinkle when you tinkle, be a sweetie, wipe the seatie.

SODWANA BAY Partiamo presto per Sodwana Bay. La strada che attraversa lo Swaziland è affiancata da casette o fattorie veramente semplici e primitive, cioè fatte di canne o roba simile, con caprette che brucano sterpi e nugoli di bambini. La macchina inizia a straripare di ebanate (il nome generico che abbiamo dato all’artigianato locale). Arriviamo a Sodwana, che dicono sia uno dei posti più belli del Sudafrica. In realtà non sembra così eccezionale, uno spiaggione oceanico su cui scorrazzano delle jeep. La barriera corallina vicino alla riva è davvero molesta, per apprezzare il mare bisogna andare oltre, magari con le bombole (e gli squali bianchi, come ricorda un cartello). Il clima è ottimale, caldo ma ventilato. Primo giorno di bagni e prima volta di Marco in un oceano.. Bella! Qui a Rapinopoli, però, per tutto devi pagare e pagarci sopra la tassa. Dà l’impressione di un villaggione-trappola per turisti.?Prenotiamo l’escursione per lo snorkeling:?”Avete le bombole?” – “No”?”Il reef è a 10 metri, sapete andare in apnea?” – “No”?”Ok allora facciamo un giro, avete la maschera e le pinne?” – “No, abbiamo la maschera ma non le pinne”?”Vabbé, vi porto a vedere i delfini..” Questa mattina, dopo la lavanderia, siamo riusciti anche a lisciare i delfini (unico sbattimento della giornata) perchè Luca doveva lavare i calzini!. Andrea, al ristorante: “Do you want a Booeroswurst? Questa è solo una delle figure di merda che ho fatto, ma con il mio inglese sono riuscito ad arrivare fino a qui sano e salvo”. Tutto procede a meraviglia, le compere di oggetti locali anche ma sorge il problema: dove mettiamo tutta questa roba? La Chico non offre molto spazio, pensavamo di eliminare la ruota di scorta ma dopo vari tentativi abbiamo desistito; quindi passiamo il tempo bevendo Cuba di merda e a giocare a scopa d’assi come i pensionati di una bocciofila. Domani é il giorno di St Lucia; vedremo cosa ci riserva questo luogo misterioso. Non vediamo l’ora di abbandonare questo posto solo x il fatto che ad ogni richiesta da noi fatta, ci vengono subito addebitati sulla carta di credito di Maio 100R (one hundred cazzi).

Studiamo la mappa-lenzuolo, misurando a falangi la distanza dal Lesotho. Le strade per entrarci dal versante montagnoso orientale (il nostro) sono segnate a puntini. Praticamente una muraglia. Ci sono zone che dovremo fare “in carena” (o “a uovo”), perché l’amico Fritz a Pretoria ci ha sconsigliato. In particolare, ci ha detto che il Transkei va affrontato con cautela, visto che non sono rari gli episodi di brigantaggio e relative pistolettate. Domattina andremo a vedere gli ippopotami e i coccodrilli sull’estuario dell’ Umfolozi. Luca se la sente: dopo il Lesotho propone il deserto! Ormai lo abbiamo perso. Decidiamo che il Lesotho è troppo impegnativo e dirigiamo verso sud. VERSO DURBAN Stamattina a St. Lucia, siamo andati in gita in barca, sull’estuario del Black Umfolozi. Un coccodrillo ci é passato sotto la barca, varie famiglie di ippos pozzavano qua e là. ?Sulla strada per Durban, siamo stati fermati da un poliziotto con l’autovelox che voleva farci 700 rand di multa. Gli abbiamo detto che in Italia il limite é 150 km/h. Andrea:”Excuse me, today is possible to close the eyes?” Alla fine il poliziotto si é fatto mollare 120 rand e con un gioco di prestigio se li è infilati in tasca. Come in Italia, anche qui il motto nazionale é “Tengo famiglia”.

LEAVING DURBAN Ascoltando la cassetta di Bob (l’unica che abbiamo), su una highway che si snoda tra colline verdi e gialle, canne da zucchero e alberi della pioggia. Direzione Jeffrey’s Bay, mecca dei surfisti. Everything’s gonna be all right. Durban era troppo caotica. Abbiamo visitato il mercato indiano, niente di che, a parte un paio di “stregoni” che vendevano pelli e ossa di ogni genere per curarsi. Bambini indiani che giocano intorno alle madrasse. Alla sera siamo andati in Morningside, la via pettinata dove tazzare. Dopo un paio di rimbalzi, siamo entrati di prepotenza in un locale, dove le cameriere ci hanno fatto sbavare. Con noi c’era anche Stefano, un viaggiatore solitario conosciuto in ostello. Dopo tre bonze di bianco, siamo tornati verso l’albergo. Sotto c’era Sonya, la tenutaria del locale bordello, che ci ha proposto un paio di ragazze. Non ce la siamo sentiti. ?Alla nostra sinistra, ora sull’autostrada, vediamo spiaggie spettacolari e deserto, ma siamo fermamente decisi a correre verso i pinguini.

EAST LONDON Dopo una macchinata, che ci ha scassato, attraverso Fezziland (il Transkei), siamo arrivati in questa cittadina sull’oceano. Fa freddo. Siamo in un ostello di surfisti, cioé il posto meno adatto a noi. Di fronte all’oceano, abbiamo anche una torretta di avvistamento. Ieri sera, dopo aver mangiato du spaghi al ristorante, siamo andati al Bucaneer, il locale più popolato di qua. Lì abbiamo ribeccato i camerieri del ristorante, un tipo ed una tipa molto carina, che ci hanno mandato degli shot di colluttorio, che abbiamo ricambiato. E’ nata la simpatia, (Luca si é innamorato dopo che lei gliel’ha strisciata sul ginocchio) e i tipi ci hanno invitato a casa loro, immediatly. A fare che? A gradire, ognuno secondo le proprie preferenze. Fatto sta che siamo tornati dopo le 3. Stasera al locale dovrebbe esserci un concerto, con relative fichette danzanti. Vedremo, male che vada ci ributtiamo a casa del tipo. ?- Abbiamo vinto due birre al biliardo contro Mandisi e Pingu;?- Io e Pode abbiamo accompagnato il tipo nel quartiere nero per prendere da bere. Lui é entrato in un locale di neri scatenati da cui non pensavamo sarebbe uscito mai più;?- Oggi abbiamo visto i surfisti, volevamo ridicolizzarli ma Luca ha detto che non c’era il vento giusto.?- Domani dovremo essere a Jeffrey’s Bay…?- Cuba a 1 euro! JEFFREY’S BAY ! (addio Desolation Valley) Decision moment: andiamo a J Bay o verso la Desolation Valley??? Vabbè decidiamo al bivio, ora mangiamo da JFK (ossia KFC).

A Jeffrey’s ci accoglie Miss Simpathy e partiamo bene. In compenso l’ostello é il più pettinato; serata in cerca di ravioli. Andiamo a mangiare e ci serve il cameriere surfista (capello lungo, aria scazzata, camminata ondeggiante): “Scusate, mi sono dimenticato cosa avete ordinato”. Si fa perdonare facendoci trovare una Jolla nel conto..Bella.?La mattina a J Bay si é divisa tra finale di rugby con gli Springbox e shopping smoderato per gli spacci di articoli da surf in cerca di cazzate di ogni tipo e dimensione, che sono veramente economici. La cittadina, in serata, è da canzoncina dei Beach Boys e vento nei capelli, e poco più..

OUDTSHOORN Luca prende possesso della Chico e ci porta dritti a Outsdoorn, detta anche “Struzziland”. Trovato l’ostello andiamo a cena e notiamo che oltre agli struzzi ci sono una cifra di chiese e anche l’architettura cambia; c’é un misto di Olanda e Bretagna. Il giorno seguente ci rechiamo nel “Bus del cù” delle montagne che ci circondano e più precisamente facciamo visita alle Kango Caves. Sono grotte molto particolari, alcune enormi, e le stalattiti (sapientemente illuminate) modellano forme oniriche; meritano senz’altro una visita, magari in gruppetti meno numerosi per evitare l’effetto “ora di punta sul 23”. Per i più avventurosi, si può strisciare fin nelle viscere della terra, ma noi optiamo per un percorso soft. Poi andiamo a vedere uno dei passi (Soderberg Pass) indicati dalle guide in nostro possesso ed il panorama che ci attende é a dir poco spettacolare. Le nuvole che ammantano lentamente le cime delle montagne attorno a “Die Top” e, forse, una musica che arriva da lontano. Luca Marco e Davide decidono di godere di tutto ciò da una posizione di maggior prestigio e “scalano” una cima. Dopo tutta questa fatica si va a pranzo e ci siamo scatenati ordinando 4 specialità diverse in modo tale da fare 4 piatti misti:?Marco:coccodrillo; Davide:struzzo; Luca:kudu; Andrea:Springbok.

ARNISTON/BREDASDORP/HERMANUS Dopo la magia montana, ci avviamo fiduciosi verso Arniston, tranquillo villaggio di pescatori. Il viaggio attraversa una landa nordica, pecore e campanili, e il tempo inclemente non migliora le cose. Arriviamo quindi a serata inoltrata ad Arniston, non prima che Andre abbia stirato un coniglio per strada. Andiamo in un hotel pettinato e vuoto, dove il caso vuole che ci diano la camera numero 17. Ceniamo in un posto della madonna, pesce e vino da paura (riserva privata 2004). Poi un Cuba sul bancone-acquario. Quindi… Andre se la sente di guidare fino all’ostello. Lungo la strada vediamo delle luci che ci sembrano essere quelle dell’ostello. Andre fa un’inversione a U su una tripla striscia continua. Da qui in poi, il delirio: nello stesso istante, in direzione opposta me s’arribbarta ‘a volante. Una macchina della polizia, senza apparenti motivi e ad almeno 50 m di distanza, si esibisce in un doppio carpiato avvitato con il suo furgoncino, e finisce fuori strada. Luca e Marco, esempi encomiabili di senso civico, ci fanno fermare per prestare soccorso. Tempo 2 secondi arrivano due pattuglie di poliziotti neri e a fucili spianati, che ci urlano: “Who’s the driver?”; Noi nell’ordine:?Davide: tenta il record del mondo a Pacman;?Luca: pensa intensamente ad Elena;?Marco: finge di cercare le lenti a contatto per terra.?- non sento una vocina… Stritula stritula…?Andrea timidamente azzarda un “I” pronunciato “Ahi”… Viene immediatamente spintonato in una volante, mentre noi fronteggiamo un attacco laterale da parte di piranha-baboons della township, che pensano che la macchina fuori strada sia uno di loro, e accennano ad un linciaggio. Davide raggiunge Andrea, vede la volante ribaltata in un fosso e pensa alla fuga nelle risaie. Macelli vari, ospedale, tipo fezzato, esami del sangue, centrale di polizia, interrogatori, impronte digitali, ecc. Paura diffusa. ?Notte insonne, mattina dopo processo che salta a giovedì 25 perché Andrea “doesn’t understand”. Contattiamo un avvocato d’ufficio che ci tranquillizza, dicendo che nella peggiore delle ipotesi Andre caca 5 leopardi (o buste sgrause). ?Scappiamo da Bredasdorp e arriviamo a Hermanus, dove un ostello pieno di fighe e le balene ci fanno pensare ad altro. ?- “A balena coll’arcobaleno? – Cellò”?Andrea al processo, dopo una supercazzola del giudice, si gira fiducioso verso gli amici x una traduzione, ma vede tre maschere di cera (Davide gioca a Pacman). Dopo questo triste esordio, veniamo allontanati dall’aula. ?L’argomento del giorno é il poliziotto carpiato e il calamaro ring di Andrea al centro della sua pesca. L’avvocatessa ad Andre, dopo che gli aveva detto che aveva bevuto e ribaltato la volante: “No problem”.

HERMANUS La mattina, come prodi intrepidi esploratori, siamo andati verso il nostro destino: una gabbia nel mare per nuotare con gli squali bianchi. Ci siamo spostati nella cittadina vicino ad Hermanus, Gansbaai, dove si pratica questo allegro sport. Ci ha accolto la moglie di capitan Nemo (Moby Dick). Abbiamo dovuto aspettare l’arrivo dei nostri compagni d’immersione x poter salpare verso il puntello con i cari pescetti. I nostri amichetti non si sono fatti attendere, così capitan Nemo ci ha buttato in acqua abbaiando “Shark, right, left”. Dopo l’immersione c’é stata un’epidemia di mal di mare che ha costretto alcuni di noi (Luca e Marco) alla pizzata violenta. Score: Luca 3, Marco 2.?I nostri compagni di avventura: Pitbull, Big Boops, Salvagente/Poldo, Sveglione, Panic-Ok Panic, Scimmia lancia sandwich. ?Appunto Giangi (di Verona):?Ué.. Ho visto il leopard nella riserva privata… Ora vado a farmi una bella doccietta al resort perché non si sa mai quale animale ha indossato queste mute… Dai Marchino, che dobbiamo andare, ma sapete che ho fuso la Megane..” Serata introspettiva con 50enne affamata “Wild Fronteer” che abbiamo respinto con una dura guerra di trincea. Giorno seguente (24 Agosto) decidiamo di muovere alla volta di Cape Town. La decisione sofferta é stata risolta democraticamente a schiaffi e pugni: ci faremo una “gita” di un giorno.

CAPE TOWN ( la terra promessa)?Città frizzante.. Clima temperato.. Pettiniamo subito: aeroporto/ostello/ebanate. Al mercato ribecchiamo Stefano con cui ci diamo un puntello x il giorno successivo (processo permettendo). Dopo aver assaggiato due ore di clima capetoniano battiamo subito ritirata verso Hermanus per una seconda serata introspettiva, ultima prima del processo. Stracciamo a biliardo i rappresentanti di diverse nazioni, incluse le “southafrican witches”.

25 AGOSTO 2005 – Giovedì H. 6,00 Sveglia?H. 7,00 Partenza per Bredasdorp…?Andrea: Arriviamo alle h 8,30 in Tribunale, c’erano tutti, mancava il mio avvocato – ok panic. Attesa snervante in cerca/attesa dell’interprete e dopo 2 ore di rosolamento duro appare, in un’aurea di luce, Fred che ci dice: “In verità vi dico: di chi é la Chico?”. Lui era il ns. Salvatore. Sbattimenti vari x capire cosa stava x accadere e dopo 3 infarti il giudice ha dichiarato: “Il caso é cancellato”. Dopo siamo stati ospiti del Messia e delle sua famiglia, che ha moltiplicato e mandato pani e pesci (ma poco vino). Visita a Cape Agulhas, sigaretta foto e via + veloci della luce verso il delirio di Cape Town.

CAPE TOWN Arriviamo che già bruneggia, ma abbiamo voglia di scorrazzare con l’amico Durbans per le vie della città. Immancabile la gita sulla cima della Table Mountain, per godere di un panorama che abbraccia tutto il golfo. In città qualche faccia poco raccomandabile. In ostello recupero Mafalda, e quella che Marco sostiene di avere limonato poi. Due ragazze inglesi assai compiacenti. In 6 nella Chico raggiungiamo Stefano Durbans per andare a mangiare da Mama Africa, da cui ci rimbalzano e finiamo al Zula, Lasagne vegetali e fuffe varie. Complesso complessato che prova l’audio tutta la sera ( peace & love, check-two, twenti rand);un rastone che caca una busta d’erba dal turbante;. La vita notturna è elettrizzante. Dopo la cena al Zula vaghiamo tra i locali della Long Street, attratti come falene dalle luci e dal pelo. Quindi finiamo in una disco-sala biliardi dove facciamo chiusura, la psicopatica a guardare giù dal balcone mentre Andrea la molestava. Leggendario, ormai, il suo approcio a Mafalda, a fine serata in ostello, semifradici: “If you want, the second bed, down!”.

CAPE TOWN Giornata naturista, ci instradiamo lungo le penisola per raggiungere il Capo di Buona Speranza. Arriviamo là con un tempo da lupi, di mare, che manco B.Diaz. Grandine, vento a 80 nodi, furgonata di cinesi che scattano foto. Onde incazzatissime. Raggiungiamo la vetta del Capo, prima di andare a mangiare, con le note di Papa Wemba e le balene nel mare sotto di noi. Torniamo fradici di pioggia alle macchine e ci fermiamo a Simon’s Town a vedere e molestare (;) una colonia di pinguini. Alla sera riusciamo finalmente a mangiare da Mama Africa, tra gli sbongoloni. Domani ci aspettano 26 (!) ore di treno blindato per tornare a Johannesburg.

IMPRESSIONI FINALI Il Sudafrica è un paese che offre innumerevoli possibilità di esperienze e scenari, e gli italiani sembrano accolti con particolare entusiasmo!. E’adatto a tutte le tasche: anche i routard più accaniti possono trovare alloggio a buon mercato; ma costa talmente poco che non vale la pena fare troppa economia. Chiaro, se vi infilate nel villaggio “all inclusive”, poi non lamentatevi se vi spennano! Se non si parla un po’ di inglese la comunicazione è dura. Il paese, almeno nelle sue tratte più battute, è abbastanza moderno, ma basta poco per lasciare la strada principale e ritrovarsi in villaggi dove la gente ti guarda spaesata. Si mangia come leoni, roba sana per pochi spiccioli. Conservando gli scontrini dei nostri acquisti, prima di ripartire, in aeroporto ci siamo fatti restituire l’IVA; è stata un’esperienza unica veder tornare indietro dei soldi di tasse. E’ un Paese adatto anche alle coppiette che vogliono il brivido dell’Africa senza rischiare troppo. La gente, almeno quella che abbiamo incontrato noi, è sempre stata molto ospitale e curiosa, soprattutto lontano dai “punti di smistamento” dei turisti. Per quanto riguarda la pericolosità di certe zone, basta usare il normale buon senso. Non cercate guai e non ne troverete. Evitare di viaggiare di notte sulle statali, specialmente nel Transkei, almeno così ci hanno consigliato. Anche le zone a confine col Mozambico vanno affrontate con cautela. A noi non è successo niente, ringraziando la Madonna, ci siamo divertiti senza avere (quasi) mai problemi. Il clima: noi siamo andati ad agosto, il nord del paese era caldo e soleggiato, mentre più si scende e più il clima, pur sempre asciutto, diventa freddo; per arrivare a Cape Town dove, la sera, un maglione e una giacchetta sono indispensabili. Il nord del paese è fatto di paesaggi tipicamente africani, mentre il sud mi sembra la Scozia, pur non essendoci mai stato. Salute: antimalariche e vaccini strani non sembrano necessari, a meno di andare in remote zone paludose. Forse non sempre le condizioni igieniche sono encomiabili, quindi magari un antiepatite. Comunque, le città più grosse sembrano avere strutture ospedaliere rassicuranti, a patto di avere soldi sonanti o un’assicurazione convincente. Vista la preoccupante situazione HIV in questa zona, non prendere precauzioni adeguate rischia di trasformare una trombata in una roulette russa.

Lasciate solo orme e portate via solo ricordi. Buon Sudafrica.

DAVIDE MARCO ANDREA LUCA – LAMBRATESI IN SUDAFRICA – 2005 Foto e video del viaggio sono disponibili sul mio sito



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