Quattro giorni di emozioni a Roma
Quest’anno, dopo alcuni anni difficili tra vicissitudini gravi, Covid e lockdown, volevamo festeggiare il mio quarantesimo compleanno riprendendo finalmente a viaggiare. Tra le tante idee, una è spiccata sin da subito, una meta che da tanto sognavamo di rivedere ma che finora ci era sfuggita: Roma. Davide l’aveva visitata da piccolo e non ricordava quasi nulla, io ci avevo trascorso una breve gita di cinque giorni con la classe quando avevo diciotto anni e ne avevo solamente un ricordo piuttosto sbiadito. Una volta deciso, abbiamo prenotato subito il treno (un comodissimo Frecciarossa che ci avrebbe portato da Parma a Roma in circa tre ore e mezza) e poi ci siamo buttati nella ricerca dell’hotel: lo volevamo in una posizione comoda vicino a qualche attrazione tra quelle che sapevamo avremmo visitato, possibilmente con un prezzo abbordabile, una buona categoria intermedia e magari con una policy di cancellazione gratuita che ci avrebbe permesso di dormire sonni tranquilli prenotando diversi mesi prima. La scelta è caduta sull’hotel Anfiteatro Flavio, in Via dei Serpenti 130, a poca distanza dal Colosseo, in pieno Rione Monti: 379 euro per tre notti, colazione e tassa di soggiorno escluse (24 euro). Prenotiamo con largo anticipo e aspettiamo con ansia il giorno della partenza.
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Circa 20 giorni prima prenoto anche i biglietti per alcune attrazioni che vorremmo visitare: ho avuto difficoltà perché le prime ore della mattina non davano già più disponibilità, ma in realtà la prenotazione nelle ore del tardo pomeriggio si rivelerà poi una scelta vincente.
Giorno 1 – 26 maggio
Il nostro Frecciarossa parte puntuale da Parma alle 7.03. Dopo qualche veloce fermata tra Emilia e Toscana, arriviamo a Roma Termini alle 10.35. A Roma il sole brilla, fuori dalla stazione c’è un traffico impressionante e la fila per il taxi è piuttosto lunga.
Ci armiamo di pazienza e aspettiamo il nostro turno. Dopo una mezz’oretta, saliamo a bordo e dopo un breve tragitto siamo già nei paraggi dell’hotel. Il tassista è costretto a lasciarci in una strada poco lontana, i vigili hanno chiuso il traffico perché alcune auto blu devono transitare e non è possibile accedere alla zona in cui dobbiamo arrivare, ma la distanza è breve e percorribile a piedi anche con i nostri pochi bagagli.
Arriviamo in hotel in pochi minuti: l’accoglienza è gentile, la camera sarà pronta nel pomeriggio e lasciamo i bagagli in custodia, così siamo pronti per iniziare la nostra esplorazione della città.
Chiesa di San Pietro in Vincoli
Iniziamo con la prima tappa dell’itinerario che ho preparato da casa: ad appena 400 metri di distanza, c’è la chiesa di San Pietro in Vincoli, famosa perché ospita al suo interno la statua del Mosè di Michelangelo. La temperatura all’esterno è già piuttosto alta, ma dentro la chiesa si sta decisamente meglio. I turisti sono assiepati sulla destra in fondo, si capisce che la statua è già stata presa d’assalto. Mi faccio largo e riesco a scattare qualche foto al Mosè e allo spettacolo marmoreo che circonda questa imponente figura.
Sotto l’altare maggiore, in una teca ben visibile al pubblico, si possono notare le catene che avevano tenuto legato San Pietro durante la prigionia a Gerusalemme (da qui il nome della chiesa, San Pietro in Vincoli). Si dice che quando le due catene furono avvicinate, si fusero miracolosamente in una. La chiesa sorse proprio per celebrare e ricordare il miracolo, e per custodire degnamente la preziosa reliquia.
Usciamo dalla chiesa, e ci dirigiamo verso la libreria Libri Necessari, poco lontana. Purtroppo però troviamo tutto chiuso, un cartello ci avvisa che apriranno nel pomeriggio.
Ci dirigiamo allora verso il ristorante che avevo scelto da casa per questo nostro primo pranzo, “La Carbonara”, nella vicina via Panisperna, nel cuore del Rione Monti. Il ristorante è ancora chiuso, ma la proprietaria ci riserva un tavolo senza problemi. Facciamo una passeggiata nei paraggi, nella vicina libreria Panisperna, piccola ma ben fornita, e poi nelle stradine del quartiere, lastricate di sanpietrini e contornate da edifici con edera e fiori. È tutto abbastanza tranquillo e colorato, è piacevole passeggiare qui. Verso le 12.30 siamo di ritorno al ristorante, e veniamo fatti accomodare in un tavolo all’esterno. La via non è particolarmente trafficata, per lo più tanti turisti passeggiano guardando i menù dell’ampia offerta gastronomica della via.
Le proposte del ristorante, ben spiegate su una lavagna che viene spostata per permettere di scegliere con comodità, sono tante e tutte molto invitanti: per questo primo pranzo, ci facciamo consigliare sugli antipasti e scegliamo due crostoni (uno con cicoria e mozzarella di bufala e uno con guanciale e carciofi, entrambi molto gustosi). Come primi, non possiamo non provare una carbonara e una gricia (entrambe superlative). Usciamo soddisfatti sia per i piatti che per il servizio, molto amichevole e senza fronzoli.
Rientriamo in hotel attraversando il quartiere (passiamo anche per la chiesa cattolica di rito bizantino-ucraino dei santi Sergio e Bacco degli Ucraini, in piazza Madonna dei Monti – è poco più di una cappella ma è decorata in modo splendido) e portiamo i bagagli in camera. Per mancanza di stanze doppie libere ci hanno dato una quadrupla, quindi saremo molto comodi! Gli spazi sono veramente ampi, e questo cambiamento ci fa davvero piacere.
Dopo un riposino al fresco con l’aria condizionata, ci rimettiamo in marcia. Dopo poco più di 500 metri, arriviamo davanti al bellissimo Palazzo del Quirinale, dove assistiamo anche al cambio della guardia. La stupefacente Fontana di Trevi è poco lontana, ma c’è davvero una folla enorme e scappiamo dopo un paio di foto. Proseguiamo il nostro itinerario per il Palazzo di Montecitorio (passando davanti alla bellissima costruzione del tempio di Adriano) e, dopo una breve sosta in una fornitissima bancarella di libri, arriviamo al Pantheon. La fila di persone in attesa di entrare sembra piuttosto lunga, ma scorre veloce. In pochi minuti entriamo in questa stupefacente costruzione, che – insieme al Colosseo e ai Fori, può essere davvero considerata il cuore della storia di Roma. All’esterno, la struttura è magnifica, con le sue grandi colonne e la facciata così tipicamente classica. L’interno non è da meno: nonostante la folla, riusciamo ad apprezzare la magnificenza di ciò che stiamo visitando. Dopo qualche foto, siamo pronti a riprendere il nostro cammino verso l’Area Sacra di Torre Argentina: si tratta di un piccolo sito archeologico non ancora accessibile al pubblico, nel mezzo di una piazza trafficatissima, che però mantiene il suo fascino eterno. Le rovine dei templi ci trasportano indietro nel tempo, lontani dal traffico e dalla confusione della capitale. Certo, sarebbe molto più bello poter scendere ed entrare nel sito, speriamo che presto anche quest’area sia accessibile (e anche che venga curata con più attenzione…).
A poca distanza, ci aspetta la visita alla Chiesa del Gesù. Costruita nella seconda metà del Cinquecento, fu la prima chiesa gesuita di Roma. Le sue ricche decorazioni interne ci stupiscono, dandoci una chiara idea del significato di “arte barocca”. In una delle zone laterali troviamo la Cappella di Sant’Ignazio di Loyola, un autentico capolavoro artistico. Qui si trova la tomba del santo, decorata con argento, oro, bronzo, marmo e minerali preziosi.
Nel rientro a piedi verso l’hotel, è inevitabile non attraversare la storica Piazza Venezia e soprattutto il Vittoriano. Il bianco dell’Altare della Patria e la sua imponenza risaltano nel panorama che si presenta ai nostri occhi. Proseguiamo il cammino dopo qualche foto anche ai vicini scavi (che non hanno niente da invidiare a quelli di Largo Argentina), passiamo davanti ai Mercati Traianei e finalmente arriviamo in albergo per un riposo rinfrescante prima di cena.
Decidiamo di festeggiare il compleanno tornando da Maria a “La Carbonara” e ci regaliamo una cena gustosissima: carciofi alla giudia, coda alla vaccinara, crostatina di fragole e un fantastico cannolo siciliano al pistacchio che mi viene servito con tanto di candelina che Maria ha acceso cantandomi i suoi auguri.
La passeggiata fino al Colosseo per vederlo illuminato nella notte è d’obbligo: è veramente meraviglioso, la sua magia colpisce anche con il buio della sera. Le luci lo fanno come risplendere d’oro e ci si sente trasportati in un’epoca lontana. Facciamo qualche foto e poi rientriamo in hotel tra i festeggiamenti piuttosto rumorosi dei tifosi romani giubilanti che corrono sulle vespe con le bandiere per celebrare la vittoria recente della loro squadra.
Ci addormentiamo contenti di questa nostra prima giornata romana, certi di essere davvero in una delle città più belle del mondo.
Giorno 2 – 27 maggio
L’obiettivo di stamattina è quello di non stancarci eccessivamente, in vista della nostra visita ai Musei Vaticani del pomeriggio. Facciamo un’ottima (ed economica) colazione al bar di fronte all’hotel, e poi ci mettiamo subito in marcia.
La prima tappa di oggi è Piazza di Spagna, dove arriviamo dopo poco più di un chilometro e mezzo di camminata. La fontana della Barcaccia, ai piedi della scalinata di Trinità dei Monti, è uno dei simboli più famosi della città e risalta molto bene in questo lussuoso salotto. Via Condotti, proprio di fronte, è zeppa di negozi di marche di lusso. La percorriamo tutta, arrivando poi vicino al Mausoleo di Augusto (che ahimè non possiamo vedere perché teatro di lavori in corso che ostacolano la visuale anche dell’esterno) e all’Ara Pacis. Attraversiamo il Tevere, passiamo davanti al maestoso palazzo della Corte di Cassazione, e arriviamo poi a Castel Sant’Angelo (imponente guardia al vicinissimo Vaticano).
Qualche foto e ci incamminiamo veloci verso Via della Conciliazione: la folla è già immensa anche lì, e quando arriviamo in Piazza San Pietro rimaniamo sconcertati. Centinaia di persone aspettando di entrare nella Basilica. Davide riesce a capire dove comincia la fila, ci armiamo di Santissima (è il caso di dirlo) pazienza, e affrontiamo un’attesa di quasi un’ora e mezza (sotto il sole cocente di fine maggio) per riuscire infine ad entrare nel cuore del mondo cattolico e cristiano. Superiamo i metal detector ed entriamo nella Basilica di San Pietro: è immensa, strabiliante con le sue decorazioni che lasciano veramente a bocca aperta. La Pietà di Michelangelo è di una bellezza commovente, riusciamo a scattare qualche foto benché sia difficile avvicinarsi il più possibile data la folla che preme da ogni lato.
Scendiamo a vedere le tombe dei Papi, ma il frastuono dei visitatori è fastidioso e rimaniamo poco tempo. Riempiamo la nostra bottiglietta d’acqua ad una fontana in un cortile della Basilica, rientriamo per qualche attimo per le ultime foto e poi usciamo nuovamente in Piazza San Pietro. Il caldo e la folla hanno reso la visita più difficoltosa del previsto, anche se ciò che abbiamo visto è comunque un vero spettacolo, assolutamente imperdibile.
Ci dirigiamo verso la Trattoria Vaticano da Giggi, che raggiungiamo in una decina di minuti. L’avevo scelta da casa visionando il menù e devo dire che le mie aspettative non sono state tradite. Con un’ottima carbonara e una gustosissima cacio e pepe, il ristorante ci soddisfa. Il servizio è amichevole e semplice, questa è davvero un’autentica trattoria romana (un’altra! Non togliamo nulla al nostro affezionato “La Carbonara” del Rione Monti!).
Musei Vaticani
Onde evitare un’insolazione, oppure di svenire lungo la strada (lunga, troppo lunga) verso l’hotel, optiamo per un taxi e raggiungiamo l’hotel in una ventina di minuti. Dopo una siesta rigenerante (e la scoperta di una bellissima sorpresa che una delle mie più care amiche mi ha fatto trovare in albergo), chiamiamo un altro taxi e arriviamo ai Musei Vaticani.
La nostra visita è prenotata per le 18.30, ma nessuno ci fa problemi ed entriamo poco dopo le 18. Appena entrati, una terrazza con vista sul Vaticano ci dà il benvenuto, così come la copia di una statua di Augusto (che mostra i colori originari) e il leggendario gruppo statuario del Laocoonte, uno degli esempi più belli (secondo il mio modesto parere) dell’arte dell’antichità classica.
Accediamo subito alla raccolta egizia, contenuta ma piuttosto ricca di meraviglie, tra bassorilievi, statue, sarcofagi e mummie (piuttosto ben conservate). Passiamo poi ad un’area che vede una concentrazione impressionante di statue, busti e gruppi marmorei risalenti all’epoca romana per poi arrivare al museo etrusco, dove rimaniamo incantati tra elmi, corazze, sarcofagi in pietra splendidamente decorati e intagliati: le figure sdraiate al di sopra sembrano guardarti dritto negli occhi dal loro triclinio, come se fossero ancora lì a brindare con le loro ciotole, gustando il loro vino dall’aldilà. Il realismo di queste opere, realizzate migliaia di anni fa, è strabiliante. L’area dedicata ai vasi greci ed etruschi è molto interessante e vasta, non ho mai visto in vita mia una raccolta tanto ampia. Le figure nere dipinte su questi grandi orci sono ancora splendide e raccontano ancora con efficacia le gesta di dèi ed eroi appartenenti ad un mondo lontano ma anche così incredibilmente vicino.
Vogliamo arrivare alla Cappella Sistina prima che venga presa d’assalto dai turisti che pare stiano ancora arrivando in massa nonostante l’orario, e attraversiamo abbastanza velocemente – seppur incantanti – la sala delle carte geografiche, dove sul muro troviamo anche il “nostro” ducato di Parma e Piacenza. Il soffitto di questa sala è meraviglioso, quasi ci acceca la sua ricchezza. Passiamo velocemente anche per le stanze di Raffaello (meraviglioso l’affresco della famosissima “Scuola di Atene”, dove il protagonista è comunque il mio leggendario Leonardo Da Vinci, raffigurato nelle vesti di Platone). E poi, finalmente, ci siamo. All’improvviso, dopo qualche scalinata, varchiamo una porta e siamo dentro alla Cappella Sistina, che – seppur affollatissima, ci toglie il fiato con la maestosità degli affreschi di Michelangelo. Il Giudizio Universale, sulla parete verso la porta di ingresso, è magnifico, ma è la Volta che mi toglie letteralmente il fiato. Profeti, Sibille, scene tratte dalla Bibbia, tutte le figure sembra che stiano per staccarsi dalla muratura per scendere in mezzo a noi poveri mortali. Sembra tutto tridimensionale, persino il dito di Dio, che tocca quello di Adamo, pare possa avvicinarsi a chi sta osservando la scena.
Rimaniamo ad osservare gli affreschi per un bel po’ di tempo, poi ci alziamo dai nostri posti conquistati con fatica in mezzo alla folla e percorriamo un lungo cammino verso l’uscita.
Dopo la Cappella Sistina, niente di ciò che vediamo nei nostri ultimi minuti nei Musei Vaticani è ormai degno di interesse. Siamo stanchi ma non accaldati, le finestre aperte lasciano entrare il vento e la temperatura di questa sera è gradevole. Usciamo e il temporale che era già nell’aria si scatena. I taxi all’esterno sono già prenotati, provo a prenotare un ristorante vicino all’hotel ma è già tutto al completo.
Optiamo per rimanere in zona Vaticano, il tempo di una telefonata e decidiamo di tornare da Giggi, visto che la proprietaria è disposta a tenerci un tavolo prenotato nonostante il ristorante sia affollato. Strada facendo, smette di piovere, l’area è un po’ più frizzantina. Arriviamo da Giggi e la proprietaria, piacevolmente colpita dalla recensione che ho scritto dopo il pranzo di oggi, ci fa accomodare in un tavolo all’esterno. Aspettiamo un po’ perché i clienti sono tanti, ma ci gustiamo poi due bei piatti di pasta (gricia “de Giggi” e amatriciana da urlo) e due gustosi secondi di carne, annaffiando il tutto con un ottimo rosso dei Colli Albani. Dopo due chiacchiere con Floriana, la proprietaria, chiamo un taxi e torniamo velocemente in albergo, felici e soddisfatti per questa seconda giornata.
Ormai Roma ci è entrata veramente nel cuore.
Giorno 3 – 28 maggio
Ho atteso la giornata di oggi con trepidazione, perché sarà pressoché tutta dedicata ad una delle mie più grandi passioni: l’archeologia. La prima tappa di oggi, che raggiungiamo con una breve corsa in taxi per una cifra pressoché ridicola (i mezzi pubblici sono già pieni di gente anche nelle prime ore del giorno, meglio evitare), sono le Terme di Caracalla, uno dei più grandi e meglio conservati complessi termali dell’antichità, edificate sul Piccolo Aventino nel secondo secolo d.C. in un’area adiacente al tratto iniziale della Via Appia.
Ho prenotato il biglietto da casa, non c’è un orario fisso per l’ingresso ma data la canicola prevista è meglio visitare il sito di prima mattina. Sono le 9 e la temperatura è perfetta, con un po’ di venticello che rinfresca tutto si prospetta davvero molto bene. Appena entrati, capisco subito che sono entrata nel nirvana dell’archeologia. Le ampie strutture che costituiscono le terme di Caracalla sono a dir poco impressionanti: altissime e molto ampie, nella maggior parte dei casi sono ancora arricchite da stupefacenti pavimenti a mosaico. Nonostante siano state depredate nei secoli successivi alla caduta dell’impero romano, e molte vasche siano tutt’ora adibite a fontane o quant’altro in diverse piazze e chiese di Roma ma anche d’Italia, le terme hanno conservato il loro antico fascino: la passeggiata tra le rovine di questo sito è una tra le più belle mai fatte. Accostati alle pareti si trovano dei mosaici raffiguranti mostri marini e creature acquatiche, resti delle meravigliose decorazioni che avevano reso questa struttura una delle più belle (e frequentate) dell’antica Roma imperiale.
Concludiamo la visita e iniziamo la nostra camminata di 1.4 km verso la Basilica di San Clemente, una delle più interessanti e antiche basiliche di Roma. Costruita su una costruzione romana di età repubblicana, la chiesa superiore, se non altro anche solo nel suo cortile interno, ricorda in effetti la tipica casa romana. All’interno, un meraviglioso mosaico del XII secolo toglie veramente il fiato, con i suoi riverberi d’oro e le sue elaborate decorazioni.
Non scendiamo nella chiesa inferiore, siamo un po’ stanchi e il caldo inizia a farsi sentire. Siamo a 300 metri circa dal Colosseo, vorrei visitare la vicina Basilica di Massenzio ma i lavori per la nuova metropolitana rendono impossibile vedere molto. Incappiamo nella chiesa di Santa Francesca Romana, che si rivela una bellissima sorpresa: non ha davvero niente da invidiare alla Basilica di San Clemente appena visitata, anzi. Il soffitto è un trionfo di decorazioni, e il mosaico nell’abside è tra i più belli mai visti finora.
Fa veramente caldo, ormai, e decidiamo di pranzare vicino all’hotel e poi di rientrare per un riposino.
La trattoria che ho scelto per oggi apre alle 12.30, abbiamo il tempo di berci una birra in Piazza della Madonna dei Monti. Rinfrancati, entriamo per il pranzo alla Trattoria Vecchia Roma: il menù propone piatti semplici, tipici della cucina romana, l’ambiente piccolo è visibilmente votato alla fede per la squadra giallorossa. L’accoglienza è senza fronzoli, ma gentile. Ordiniamo due bei piatti della tradizione (che avremmo sempre voluto assaggiare) e due belle birre fresche. Nell’attesa, ci vengono servite due gustose panzanelle come antipasto. Quando ci vengono portati i due piatti che abbiamo ordinato rimaniamo basiti: almeno due etti a testa di rigatoni cotti alla perfezione ci vengono serviti rispettivamente con coda alla vaccinara (tenerissima, si stacca direttamente dall’osso senza dover usare il coltello) e pajata (intestino del vitello). Inutile dire che sono due piatti unici, impossibile mangiare altro… Più che soddisfatti rientriamo in hotel e ci riposiamo. Alle 17.25 ci aspetta il Colosseo!
Ci presentiamo all’ingresso un po’ in anticipo sperando di poter entrare prima, ma qui non è come ai Musei Vaticani. Ci chiedono di attendere fino a 15 minuti prima rispetto all’orario della prenotazione (non è possibile acquistare biglietti in loco, la prenotazione on line è obbligatoria), quindi nel frattempo facciamo due passi nei paraggi e ci godiamo l’aria fresca della serata data dalla mancanza del sole, che così ci grazia dopo la calura patita nella mattinata.
Entriamo puntuali e iniziamo subito l’esplorazione del Colosseo, che si apre davanti a i nostri occhi in un abbraccio meraviglioso: c’è tantissima gente, ma a me sembra di essere in un altro mondo! Vedere l’interno del Colosseo ti trasporta veramente in un’altra epoca, è una dimensione a parte che è difficile descrivere. Scattiamo molte foto e poi prendiamo l’ascensore per goderci la vista dall’alto e apprezzare ancora di più questa grande meraviglia.
Non posso non comprare qualcosa nel bookshop, ricco di belle edizioni Edicta. All’uscita, ci prendiamo due bottigliette d’acqua ghiacciate (ebbene sì, non ci sono più i gladiatori per le foto con i turisti, ma i venditori d’acqua ghiacciata dal freezer) e ci apprestiamo ad entrare nel Foro Romano, ma ahimè i cancelli ci vengono chiusi davanti ai nostri occhi. Sono le 18.30, dobbiamo tornare domani (poco male, il biglietto del Colosseo comprende il Foro ed è valido per 24 ore).
Dovremo stravolgere l’itinerario che avevo progettato, ma sicuramente ne vale la pena, ed è impensabile lasciare Roma senza aver visitato questo sito.
Decidiamo di rimanere direttamente fuori per cena, a “La Carbonara” Maria ci aspetta a braccia aperte all’apertura del ristorante alle 19. L’ultima carbonara, l’ultima cacio e pepe, un cannolo al pistacchio in due, mezzo litro di vino rosso dei Colli, una foto con Maria, due amari fatti in casa offerti dalle proprietarie, e rientriamo stanchi ma felici in hotel per un bel sonno ristoratore.
Oggi Roma era veramente ai nostri piedi.
Giorno 4 – 29 maggio
Usciamo presto per fare con calma la nostra ultima colazione romana. In pochi minuti raggiungiamo a piedi il Colosseo, ci sediamo poco lontano dall’ingresso al Foro Romano e aspettiamo che i cancelli vengano aperti per l’ingresso alle 9.
Subito dopo i metal detector e il bellissimo Arco di Tito, la grandiosa meraviglia del Foro Romano si stende davanti ai nostri occhi. Con l’Altare della Patria che fa da sfondo a destra, le rovine di quello che un tempo fu il cuore pulsante di Roma ci accolgono in un abbraccio a trecentosessanta gradi. Il Tempio di Romolo, il Foro di Cesare, la Casa delle Vestali, colonne rastremate, capitelli corinzi, tutto ci racconta di un’antichità splendente e di tempi favolosi.
L’antica chiesa di Santa Maria Antiqua, alle pendici del colle Palatino, è un raro gioiello “nascosto” nel cuore del Foro Romano, regalando un’emozione unica: gli affreschi di epoca bizantina, i meravigliosi intarsi dei sarcofagi pagani che furono reimpiegati nei primi secoli della cristianità e i canti gregoriani diffusi nell’ambiente ci sorprendono e ci incantano portandoci via in un nuovo viaggio nel tempo e nello spazio.
La visita al Foro continua con una sorpresa dietro l’altra, ogni angolo merita una pausa e una foto. Con il nostro biglietto abbiamo diritto all’ingresso nei siti cosiddetti S.U.P.E.R. accessibili nel momento della visita. Uno di questi è proprio la Casa di Augusto (purtroppo la Casa di Livia è chiusa al pubblico).
Camminiamo un bel po’ per scovarla, ma alla fine è lì, nascosta agli occhi di tutti. Mostriamo i nostri biglietti e aspettiamo pochi istanti per l’inizio della visita guidata in italiano. Appena entrati, la sorpresa. Quello che da fuori sembrava spoglio e insignificante, si rivela invece la sorpresa dell’intera vacanza. Il video iniziale che la guida ci mostra ci racconta di Augusto e della storia della costruzione della struttura. Siamo sul Palatino, che dopo Ottaviano diventerà celebre per tutti gli imperatori che gli succederanno.
La guida ci accompagna nei diversi ambienti, e le sorprese si susseguono una dopo l’altra: dai pavimenti intarsiati alle pareti affrescate, dai colori ancora vivi degli ambienti in cui camminiamo fino ai soffitti che anticipano quei cassettoni che saranno tanto di moda nei secoli a venire, ci muoviamo in un mondo antico e lontano dal nostro, in un’atmosfera unica che ci fa estraniare dal mondo del 2022 e ci conduce per mano ai tempi di Augusto, seduto nel suo studiolo in attesa di qualche clientes o di qualche generale dell’esercito. Rimarrei per ore a rimirare tutto ancora e ancora, ma dobbiamo lasciare spazio al turno di visita successivo. Ringrazio la guida e le esprimo la mia meraviglia, concordando con lei circa la necessità di salvaguardare un tesoro così meraviglioso e nascosto nel cuore di Roma.
Dopo tutte queste emozioni, e con il caldo che fa, siamo davvero stanchi. Frotte di turisti ormai invadono senza sosta tutti i sentieri del Foro, la situazione è molto diversa rispetto alla pace che avevamo trovato al nostro ingresso alle 9 di mattina.
Usciamo un po’ a malincuore, ci sarebbero state tante altre cose da vedere, ma ci accontentiamo della nostra visita. Usciamo dal complesso del Colosseo e prendiamo un taxi al volo. Destinazione: Trastevere, dove arriviamo in una ventina di minuti.
Sin da subito ci accorgiamo che anche questo quartiere è preso d’assalto dai turisti. Il caldo è asfissiante, ci rifugiamo in uno dei primi locali che troviamo, a pochi passi dalla Chiesa di Santa Maria in Trastevere. L’”Enoteca Trastevere” ci accoglie in modo un po’ freddo rispetto alle trattorie a cui ormai ci siamo abituati in questo nostro soggiorno romano. Gli spazi interni ed esterni del locale sono piuttosto ampi, ma il menù ci convince e ordiniamo due piatti di carbonara, le ultime di questa vacanza. Con due birre, una bottiglia d’acqua e un caffè, il conto è un po’ sopra la media di questi giorni, ma siamo comunque abbastanza soddisfatti.
Ci rimettiamo in marcia, vogliamo attraversare il Tevere passando dal più antico ponte romano, il Ponte Fabricio, e piano piano arrivare fino a Piazza Navona, che ci accoglie con un sole fortissimo e centinaia di turisti. Ormai caracolliamo, e in Piazza Madama prendiamo un taxi che ci porta in hotel, dove ci riposiamo sulle poltrone del salottino leggendo un po’.
Poco prima dell’arrivo del taxi prenotato per la Stazione Termini, andiamo nel forno poco lontano dall’hotel e mangiamo focacce ripiene e supplì.
L’ultimo taxi della vacanza arriva puntuale e nel suo tragitto ci mostra per l’ultima volta il “mio” meraviglioso Colosseo, che mentalmente saluto indirizzandogli un arrivederci a presto.
Il treno che ci riporta a casa è puntuale, ma durante il viaggio è difficile non ripensare a tutti i luoghi meravigliosi che abbiamo visto in questi giorni e alle emozioni provate che non dimenticheremo mai.