Quattro donne nello yemen
Qui mi si sono spalancate le porte. Ho letto tutti gli itinerari fino allora pervenuti e contattato coloro il cui diario si avvicinava di più alla mia idea di viaggio e ho ricevuto tanto aiuto e tanta disponibilità. Non è stato poi difficile convincere 3 amiche a seguirmi in quello che si è poi rivelato un favoloso viaggio. Per cui grazie di cuore a tutti e adesso vorrei dare anch’io un contributo con questo mio diario. Non so se riuscirò ad aggiungere qualcosa di nuovo, ma spero possa servire alle tante donne che,come me, si trovano spesso a viaggiare senza una presenza maschile e che quindi in certe situazioni possono avere dei dubbi sul da farsi.
Questo è il nostro itinerario e Sala, il nostro autista, ha poi aggiunto qualcosa di suo.
Lunedì 5/2/2007 Sana’a Martedì 6/2/2007 Sana’a- Thula- Kawakaban- Shibam- Mahwit Mercoledì 7/2/2007 Mahwit- Manakha- Al Hajjarah Giovedì 8/2/2007 Al Hajjarah – Hotaib- Bait al Amir-Manakha Venerdì 9/2/2007 Manakha- Bait al Faqih- Taiz Sabato 10/2/2007 Taiz- Ibb- Jibla-Al Bayda Domenica 11/2/2007 Al Bayda- Bir Ali Lunedì 12/2/2007 Bir Ali Martedì 13/2/2007 Bir Ali- Sayun Mercoledì 14/2/2007 Sayun- Tarim- Shibam Giovedì 15/2/2007 Sayun Sana’a volo interno Venerdì 16/2/2007 Wadi Dahr Sabato 17/2/2007 Sana’a Domenica 18/2/2007 Ritorno in Italia Il 4 di febbraio partiamo da Malpensa con un volo Royal Jordania che ci porta a Sana’a e dove arriveremo alla 1.45 di notte. Ad attenderci avrebbe dovuto esserci il taxi del hotel precedentemente prenotato e contattato uno dei proprietari via e-mail , ma del nostro taxista neanche l’ombra. Siamo in 4 e solo donne e a quell’ora di notte è facile attirare l’attenzione. Personalmente non mi meraviglia il fatto che il taxista ci abbia lasciato a piedi ,un po’ me l’aspettavo e la mia calma tranquillizza le mie compagne di viaggio, le quali contano su di me in quanto l’unica a sapere 4 parole d’inglese ( per quel che conta in un paese come lo Yemen ). Nonostante l’ora, l’ufficio di una nota agenzia di viaggi è ancora aperto ed è proprio l’impiegato che si avvicina e ci offre il suo aiuto. Spiego tutto, lui si meraviglia un po’ del fatto che non siamo in un gruppo organizzato ma in un viaggio fai da te, però prende il numero di telefono e indirizzo dell’hotel che gli porgo e si fa carico di informarsi e risolvere il problema. Certo questo intoppo non ci voleva, però da subito abbiamo constatato la proverbiale ospitalità degli Yemeniti. Sarà un taxista chiamato e istruito dall’impiegato dell’agenzia di viaggi che ci porterà all’ Arabia Felix hotel. Il 5 febbraio girovaghiamo per la capitale senza una meta precisa in attesa di incontrare il nostro autista ( parlante italiano ) che ci porterà in giro per lo Yemen. Sana’a sembra uscita da una favola. La strada che divide la città vecchia dalla nuova ,praticamente è l’alveo del fiume in secca, regolarmente pavimentato, con ai lati due alte pareti somiglianti ad ali le cui estremità sembrano lambire i palazzi della città. Le case a torre che si scorgono sono dello stesso colore della strada, delle sue pareti e dei bellissimi ponti che ci passano sopra la testa, in più solo dei decori di colore bianco intorno alle finestre e balconcini che danno all’insieme l’effetto pizzo. Nel tardo pomeriggio incontriamo l’autista nel nostro albergo e ci accordiamo per il tour. Passeremo 9 giorni con lui e saranno molto pieni, perché ogni giorno ci sarà un fuori programma, o per dirla a modo suo, “ una sorpresa” che solo un buon conoscitore del territorio si può permettere di fare.
Il 6 febbraio incomincia seriamente il tour: Thula con la sua famosa cisterna, i bei vicoletti fra le case a torre e i tanti ragazzi e bambini che parlano diverse lingue e in particolar modo quella biforcuta. Infatti, dopo il giro del villaggio, affinché ci fermassimo a visitare i loro tanti negozietti ( cosa che non ci costava molto…Anzi ) ci fecero credere che conoscevano bene Sala, il nostro autista e che si erano premuniti di avvisarlo che avremmo tardato di mezz’ora. Mi hanno anche addirittura fatto parlare con lui, da un loro cellulare, il quale mi aveva confermato quanto da loro detto. Scoprii di essere stata ingannata quando, al nostro ritorno, vidi l’autista piuttosto preoccupato.
Kawakaban da dove si ha una vista su Shibam che è qualcosa di straordinario. Il sentiero a piedi che parte da Kawakaban e scende fino a Shibam è doveroso se si vuole avere un’idea della bellezza del paesaggio.
Al-Tawila è” la sorpresa “ del giorno. Il villaggio, a ridosso della montagna, ha le case incastonate come perle fra le rocce e quel giorno è avvolto dalla nebbia, che gli conferisce un non so che di magico. Al ritorno dalla visita incontriamo una ragazza Yemenita che subito cerca un contatto con noi e nonostante non parli altro che arabo riusciamo a capire che ci sta invitando a casa sua e noi accettiamo molto volentieri. Appena entrata nel portone di casa, la ragazza si toglie subito il velo rivelando un bel viso e un grande sorriso. Ci presenta tutte le donne della famiglia compreso un bimbo nato pochi giorni prima e poco dopo, la più anziana di loro, arriva con un vassoio pieno di bicchieri di tè. Nonostante sia tardi non possiamo rifiutare così ci accoccoliamo sul cuscino e lo sorseggiamo con grande soddisfazione nostra e loro. Una bella esperienza !!! Sala incomincia ad abituarsi ai nostri ritardi.
Mahwit è l’ultima tappa della giornata, dove ci fermeremo a dormire.
IL 7 febbraio riprendiamo il viaggio da Mahwit verso i Monti Haraz, ma quasi subito arriva “ la sorpresa “ della giornata : Ariadi è un minuscolo villaggio immerso nel verde, il che è già strano per un posto come lo Yemen, ma la particolarità che rende questa località imperdibile è lo straordinario scenario che si apre non appena si arriva in cima ad un piccolo promontorio, dopo pochi metri di sterrato. La maestosità del panorama è tale che qualsiasi descrizione, pur con dovizie di termini ,non gli renderebbe onore. Bravo Sala! Proseguiamo il viaggio e nel tardo pomeriggio oltrepassiamo Manakha e arriviamo a Al Hajjarah, che tradotto significa villaggio in pietra Ha la particolarità di avere ancora intatta la porta della città ,posta in cima ad una ripida scala all’ingresso del villaggio, che un tempo ogni sera veniva chiusa. L’Hotel che si trova poco distante ti accoglie come si accoglie un famigliare, il modesto prezzo a persona che viene chiesto comprende: stanza, cena e colazione. Quello che si consuma durante il giorno come tè o pane non viene calcolato perché è una forma di ospitalità. Alla sera, dopo cena, c’è l’intrattenimento con musica, canti e danze locali e sono veramente bravi.. E’ quasi d’obbligo un po’ di trekking sui monti Haraz se si vuole vedere quei villaggetti che sono disseminati ovunque e che spesso la 4×4 non ci arriva. Noi abbiamo avuto come guida per la nostra passeggiata un ragazzo di nome Ali.. Ricordo che il sole mi stava bruciando le spalle e vedendo una pianta di aloe, ne ho staccato un pezzo e come lenitivo, mi sono passata sulla parte scottata la sua gelatina. Ali ha seguito la scena molto incuriosito e non avendo capito mi ha chiesto il motivo del mio gesto e io glielo spiegai.. Durante tutto il percorso, ad ogni persona che incontrava, raccontava la storia dell’aloe e tutti ascoltavano interessati e volevano saperne di più .Alla sera tutto il villaggio ne era al corrente. Anche questo è Yemen e per associazione di idee mi viene in mente un quadro naif..
Il 9 febbraio lasciamo i monti perché l’appuntamento è per il mercato tanto rinomato di Bait Al Faqih. Personalmente l’ho trovato un po’ deludente, però trattandosi di un mercato prevalentemente di bestiame, in effetti a quattro donne la cosa non poteva interessare più di tanto. La nostra meta è Taiz, ma Sala non dimentica la sorpresa della giornata così, fuori programma, ci fermiamo a Zabid che è una città molto calda con le case fatte di mattoncini bianchissimi, protetta dall’ UNESCO, dove Pasolini aveva la casa.
Taiz la raggiungiamo a metà pomeriggio di una giornata di sole con temperatura ottimale e ci buttiamo subito nel fermento della città e tutte le nostre più buone intenzioni culturali svaniscono alla vista dei tanti negozietti parlante argento, corallo e ambra che fiancheggiano le vie principali. Alla sera il nostro autista ci porta in un ristorantino dove si mangia un ottimo pesce. Non è un locale per turisti per cui è facile intuire che siamo le uniche donne e ci accorgiamo d’aver suscitato un certo interesse dal via vai di maschietti davanti al lavabo posto a pochi metri da noi. Però sono molto gentili e rispettosi.
Il 10 febbraio partiamo da Taiz con destinazione Al Bayda come tappa per la notte. Ma a Jibla e Ibb naturalmente una sosta va fatta. Come spesso succede tutti i villaggi sono molto belli visti da lontano,poi man mano che ci si avvicina le cose cambiano fino ad arrivare nei vicoletti dove sporcizia e trascuratezza la fanno da padrona e allora la poesia sbiadisce un pò ed è un peccato, ma anche questo è Yemen. Proseguiamo il nostro viaggio fermandoci lungo la strada a fare provvista di frutta e pane fresco Yemenita per il nostro abituale pic- nic di mezzogiorno e poi via alla ricerca di un panoramico posto per consumare il pasto. Sala sembra non trovare un luogo adatto e arriviamo così fino a Yarim dove ferma la macchina davanti a una saracinesca chiusa con a fianco una montagna di detriti e noi ci guardiamo allibite. Il nostro autista ride di gusto e dice che questa è la sorpresa del giorno. Oggi si pranza a casa sua e la sua famiglia ci sta aspettando .Non capita tutti i giorni di essere invitati a pranzo da una famiglia yemenita a mangiare alla yemenita e quando gli ospiti sono solo donne, naturalmente moglie e figlie non hanno problemi a togliersi il velo e mettersi a “tavola” con noi. Grazie Sala ci hai regalato una bella emozione. Arriveremo ad Al Bayda al tramonto e dopo una cena rock subito a letto.
L’11 febbraio via verso Bir Ali.. Ho voglia di un po’ di mare e dietro suggerimento di un amico TPC, anziché scegliere il mar rosso preferiamo una selvaggia spiaggia sul mar Arabico e risulterà essere una scelta indovinata. Prima però passiamo attraverso i molteplici blocchi di controllo militari e ogni volta insistono perché almeno uno di loro possa salire a bordo della nostra jeep per farci da scorta. Il nostro autista rifiuta sempre, ma a circa Km. 70 dall’arrivo, non hanno più voluto ascoltare storie e se in macchina non c’era posto ci avrebbero scortato in 4 su un pick up con mitraglietta regolamentare, e così è stato fino a Bir Ali.
Bir Ali una bianchissima spiaggia , ampia, con un mare turchese e rocce laviche. Il sole del pomeriggio ammicca e ti invita a tuffarti in quelle calde acque…Che goduria ,che meraviglia!!! Mangeremo del buon pesce in un “ristorante” del vicino villaggio e poi a nanna .
Il 12 febbraio, il sole del mattino entra nella nostra capanna sulla spiaggia e ci sveglia. Oggi giornata di mare, ma mentre sono sola sulla spiaggia vedo affiorare dall’acqua una pinna e poi un’altra,mi si chiude lo stomaco, poi vedo qualcosa che esce dall’acqua e si rituffa, tiro un sospiro di sollievo, è un delfino, anzi sono una decina , mi tuffo e nuoto vicino a loro…Che meraviglia…Non avrei mai pensato di fare il bagno con dei delfini. A mezzogiorno, durante il nostro pic-nic sulla spiaggia, Sala ci dice di tenerci pronte per le 3 perché ci sarà una sorpresa. Così all’ora stabilita saliamo in macchina e andiamo in direzione Al Mukkala, ma dopo 10 min. Esce di strada, percorre circa m. 200 di sterrato e si ferma ai piedi di un vulcano spento e ci invita a salire. Quello che troveremo una volta arrivati in cima alla collina è spettacolare. Nel cratere si è formato un lago che ha una forma ovale quasi perfetta ed è sufficientemente grande da farci desistere dal fare la passeggiata lungo tutto il sentiero che lo costeggia, però il panorama è magnifico e sullo sfondo il mare blu.
Per cena mangeremo l’aragosta che Sala è riuscito a procurare dai pescatori e la farà cucinare nel ristorantino della sera prima.
Il 13 febbraio abbiamo come meta Sayun. Lungo la strada ci fermiamo a pranzo, stavolta in un ristorante all’aperto e mangeremo carne di capra con contorno di riso e tanta verdura in umido. Riprendiamo il viaggio per poi fermarci poco dopo ai bordi di un dirupo dopo aver percorso un centinaio di metri su una stradina sterrata in un pianoro di pietre. Scendiamo dalla macchina e quello che vediamo sporgendoci dal crepaccio altro non è che il wadi Daw’an. E’ impressionante il panorama che si gode da quel punto, un pittore non ci sarebbe riuscito a creare un’opera così bella. In macchina percorriamo quel km. Che ci separa dal wadi e anche da vicino è molto bello. Shibam, la Manhattan del deserto, ci appare da lontano e riusciamo a distinguerla dal resto del paesaggio per quelle pennellate di bianco, tipiche dei suoi grattacieli. Le passiamo davanti e la superiamo, è un po’ tardi e l’albergo che abbiamo scelto è all’entrata di Sayun. Mi godo un po’ la piscina dell’albergo ed è già subito il tempo di prepararsi per uscire a cena. Il ristorante in centro di Sayun è moto carino, mangeremo alla Yemenita in un locale con il pavimento coperto da tappeti con tanti cuscini lungo tutta la parete. Ci metteremo sedute in terra a gambe incrociate e la tavola verrà apparecchiata davanti ai nostri piedi.
Il 14 di febbraio lo dedichiamo a visitare Tarim, molto velocemente perché non c’è molto da vedere, Sayun e il suo affascinante palazzo del sultano e Shibam la vedremo il pomeriggio. Il nostro abituale pic-nic di mezzogiorno lo consumiamo intorno alla piscina del nostro albergo. Ci riposiamo un po’ e quindi si parte per Shibam dove assisteremo anche alla “celebrazione”di un matrimonio. Lo metto fra virgolette perché sinceramente non ho capito bene come funzionano le cose lì in fatto di matrimonio, ma pare che la festa duri circa tre giorni e la sposa si veda solo alla fine. Sicuramente questo matrimonio era appena cominciato perché della” fortunata” neanche l’ombra.
Il ristorante della sera precedente sarà scelto anche per questa sera e sarà l’occasione per salutare il nostro simpatico e bravo autista che spesso e volentieri ci ha fatto anche da guida Il 15 febbraio , con un volo interno, andiamo a Sana’a e già il pomeriggio stesso ci dedichiamo alle lunghe e divertenti trattative per gli acquisti di souvenir e non, nel famoso quanto bello suq della capitale. Il suq è grandissimo e ci si perde facilmente, ma niente paura c’è sempre qualcuno che molto gentilmente ci indica o addirittura ci accompagna al nostro hotel .
Il 16 febbraio, abbiamo come meta wadi Dhar, ovvero il castello sulla roccia. Da Sana’a dista soltanto mezz’ora di macchina e non è indispensabile che sia una 4×4 perciò prendiamo il taxi dell’albergo e il tour ci prenderà soltanto la mattinata, però la visita ne vale davvero la pena . Il nostro volo di ritorno parte alle 3 di notte del 18 febbraio e fino allora bighelloneremo fra i suq della vecchia e nuova Sana’a.