Quattro amici in moto in Tunisia

Ricordando Alberto, un grande amico che proprio un anno fa ci ha improvvisamente lasciati…
Scritto da: mronz
quattro amici in moto in tunisia

Testo di Marco Ronzoni

Foto di Alberto e Rosario Dormeletti, Giorgio Sensalari e Marco Ronzoni

È la mattina del 27 aprile 2019. La nave della GNV è semivuota, quasi tutti tunisini, qualche moto e fuoristrada 4×4. Siamo un gruppo ben assortito: due scooter e due moto. Alberto è su un Quadro Tre 350 (uno scooter a tre ruote), Rosario detto “Dudu” su una Yamaha Majestic 400 (uno scooter tradizionale), Giorgio sulla sua Suzuki V-Strom 1000 ed io (Marco) sulla mia Triumph Tiger 1200. Anche se le premesse sembrano troppo strane, siamo certi che ci divertiremo.

28 aprile, Tunisi

Alle 14:00 eccoci a Tunisi. Scesi dal ferry, in breve siamo fuori dai cancelli del porto. Prima lungo la strada che costeggia il mare e poi nel traffico del centro, in una ventina di minuti raggiungiamo l’Ibis Hotel di Tunisi. Abbiamo programmato la prima sosta qui per prendere confidenza con questo nuovo mondo, infilandoci nella Medina con la Grande Moschea Zitouna ed i mille souk coperti che offrono tessuti, profumi e gioielli preziosi. Fuori dalla Medina, la città è moderna con edifici in stile Art nouveau e Art déco, caffè popolari e boutiques.

29 Aprile: Tunisi – El Jem – Km 283

Usciamo da Tunisi ed imbocchiamo la statale N1. Fino a Hammamet la strada è piuttosto piatta e scorre tra gli ulivi. L’andatura è tranquilla, sia perché non abbiamo alcuna fretta, sia per poterci gustare il viaggio. Raggiunte Port El Khantaoui e Sousse iniziamo a seguire la costa orientale del Paese fino a Monastir, dove ci fermiamo per pranzo. Ripartiti, lasciamo la litoranea e la comoda statale per strade secondarie con i primi sterrati. Oltre Jemmel – Bou Merdes arriviamo ad El Jem, seconda città romana del Nordafrica dopo Cartagine, nota per il grande anfiteatro simile al nostro Colosseo in grado di contenere 35.000 spettatori.

30 Aprile: El Jem – Matmata – Km 280

Prima di rimetterci in sella, visitiamo l’interno dell’anfiteatro ed alle 9:30 partiamo. La strada è piuttosto monotona e piatta lungo una specie di autostrada priva di stazioni di servizio che corre tra milioni di ulivi. Giunti a Sfax ritroviamo il mare che ci accompagnerà fino a Gabes. Sfax, un tempo luogo di sosta delle carovane provenienti dall’Oriente o dalla Libia, è oggi un grande porto commerciale con edifici risalenti al periodo del Protettorato francese ed una propria Medina circondata da bastioni. A circa 70 chilometri da Gabes facciamo un rabbocco al serbatoio di Alberto, che è quello che ha meno autonomia, con benzina venduta da alcuni ragazzi lungo la strada. Dopo un rapido spuntino fuori dall’autostrada, finalmente il percorso diventa molto più interessante ed arriviamo a Gabès, l’unica oasi sul Mediterraneo con un esteso palmeto con alberi da frutta, in particolare melograni. Un’oretta dopo ecco Matmata.

Ormai le montagne hanno preso il posto della pianura. Veniamo accolti dalla pioggia che comunque, tutto sommato, non ci impedisce di gustare la strada ed il paesaggio. Matmata è un villaggio reso famoso come set del film Guerre Stellari; non offre chissà cosa, ma si trova in una zona davvero piacevole. Giracchiamo un po’ in moto su facili sterrati fino a fermarci in un punto panoramico. Da una vicina casupola esce una donna che salutiamo con un semplice “bonsoir madame” e lei, rientrata in casa, ne esce per regalarci alcuni succosi datteri. La sistemazione odierna è all’interno di una tipica casa scavata nel terreno e trasformata in albergo, dove è praticamente obbligatorio cenare data l’assenza di alternative. Le camere sotterranee, così realizzate dagli abitanti per difendersi dal calore, si affacciano su un cortile circolare profondo una decina di metri, cui si accede lungo una scala anch’essa ricavata da un cunicolo interrato. Le stanze sono arredate con semplicità; il letto è un grande basamento in pietra su cui sono posti un materasso e coperte pesanti ed alcune nicchie nelle pareti formano comodini e ripiani. La cena, servita in un ampio locale comune, è squisita: insalata tunisina, cosciotto di agnello in umido con verdure, frutta e datteri. Dopo esserci abbuffati usciamo nel freddo della sera per guardare un cielo coperto che da lì a poco ci regalerà una grande stellata.

1° Maggio: Matmata – Tozeur – Km 350

Il tempo non è dei migliori; fa fresco ed è coperto, anche se in direzione della nostra meta odierna sembra sia buono. Facciamo rotta verso ovest tagliando il paese in direzione di Douz. L’itinerario per un pò segue le montagne poi si appiattisce mentre ci avviciniamo a Kebili ed al grande Chott El Jerid, l’antico mare interno salato ai confini con l’Algeria. La strada asfaltata che attraversa la zona è semplicemente fantastica: chilometri e chilometri circondati da una distesa infinita di candido sale. Facciamo una sosta presso un gruppo di baracche dove spicca un bagno pubblico a dir poco originale, giusto all’altezza di una pozza di sale rosso sangue ricoperta da un velo di acqua increspata dal vento.

Arrivati a Tozeur, la “Capitale dei Datteri”, scarichiamo i mezzi presso l’albergo e ripartiamo verso Nefta, a pochi chilometri dal confine con l’Algeria. Entrambe le città, sorte dal deserto e cresciute dentro immensi palmeti come tappe obbligate sul percorso delle grandi carovane del Sahara, sono caratterizzate da edifici con facciate e decori realizzati con mattoni color sabbia. A Nefta arriviamo fino al piazzale della dogana algerina e ritorniamo sui nostri passi facendo una breve deviazione semisterrata che si inoltra nella piana desertica punteggiata di dromedari. La sera ci vede passeggiare in cerca di un locale dove mangiare qualcosa.

2 Maggio: Tozeur – Gafsa – Km 201

Prima di uscire da Tozeur, girovaghiamo in moto all’interno del suo gigantesco palmeto. Numerose sorgenti lo alimentano con ruscelli e canali in pietra, rendendo fertile il terreno dove ortaggi e cereali crescono all’ombra degli alberi da frutto, loro stessi protetti dalle centinaia di migliaia di alte palme da dattero. Verso metà mattina si parte per le Oasi di Montagna, Chebika e Tamerza, con canyon, cascate e palmeti annidati nella roccia, dove una sosta è di rito. Da lì arriviamo a Redeyef. Attraversando il paese ci fermiamo in un bar dove chiediamo informazioni circa la “Pista di Rommel”, una strada in lastre di cemento realizzata dall’esercito tedesco nella Seconda Guerra Mondiale per permettere il passaggio delle truppe e dei mezzi dell’Africakorps. Un uomo si offre per portarci all’attacco della Pista, giusto dopo aver attraversato una vasta discarica.

Alberto e Dudu non se la sentono di affrontare il percorso che scende nella valle con i loro scooter, dato che delle lastre di cemento è rimasto ben poco ed il resto è sassi e terra, per cui ci aspettano a Redeyef mentre io e Giorgio lo seguiamo per qualche chilometro. Ripresa la via, dromedari ed un grosso e polveroso sterrato in una cava ci accompagnano a Metlaoui e da lì a Gafsa, famosa per i suoi bacini romani in pietra ed i tendaggi dai colori vivaci. Poche gocce di pioggia ci attendono all’arrivo nel bell’albergo di oggi. Ceniamo in città spendendo 7 euro in quattro.

3 Maggio: Gafsa – Kairouan – Km 194

Oggi sarà un semplice trasferimento su una statale senza infamia né lode e con pioggia a tratti anche piuttosto forte che non ci molla fino all’arrivo a Kairouan, Città Santa dell’Islam e Patrimonio mondiale dell’UNESCO. È primo pomeriggio quando usciamo a piedi per portarci verso la Medina dominata dalla Grande Moschea, dove ci immergiamo per qualche ora vagando nei vicoli, tra i souk con laboratori dove si fabbricano i tappeti annodati più famosi della Tunisia. Per cena, stanchi dalla camminata pomeridiana, decidiamo di affidarci ad un taxi e ci facciamo portare presso la Grande Moschea col suo minareto ispirato al faro di Alessandria dove ceniamo in un ottimo locale affacciato proprio nella piazza che fa da preludio alla Medina.

4 Maggio: Kairouan – Tunisi – Km 319

Rieccoci presso la Medina. I non musulmani possono accedere al cortile interno della Grande Moschea, da cui si riesce a buttare lo sguardo infedele dentro la sala di preghiera, ricca di arcate e di colonne antiche. Con una breve camminata arriviamo all’ingresso dell’edificio del pozzo chiamato Bir Barrouta, dove un dromedario, salito lungo una ripida scala interna, arriva al di sopra del pozzo e girando attorno ad un antico meccanismo, aziona un sistema di ruote per attingere l’acqua. Ci rimettiamo in sella. Piove e tira vento mentre saliamo verso El Fatis. Prima di rientrare nella Capitale, vogliamo visitare le rovine romane di Dougga, pochi chilometri a sud di Teboursouk. La strada è molto bella, peccato per il tempo e per le continue deviazioni causa lavori stradali. Il sito archeologico è circondato da ulivi ed adagiato su un colle da cui si gode un ampio panorama. L’insediamento romano è giunto a noi quasi integrale e si riconoscono i resti meglio conservati di tutto il mondo romano quali il Campidoglio, il Teatro da 3500 posti ed il Tempio di Giunone. Un’ultima tirata ci riporta a Tunisi.

5 Maggio: Tunisi e traghetto Per Genova

Ed eccoci all’epilogo del viaggio. Il ferry è nel pomeriggio per cui riusciamo a fare un salto a Cartagine ed a Sid Bou Said. Cartagine, Patrimonio mondiale dell’UNESCO, fondata dai fenici e passata da Punici, Cartaginesi e Romani, è una grande area archeologica affacciata su una splendida baia. Poco sopra troviamo il pittoresco villaggio di Sidi Bou Said, con le tipiche case bianche ed azzurre. Alle 14:45 siamo in porto.

Game over.

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