Quadretti di vita indiana

Sono passati oramai 30 anni da quando entrai in India la prima volta, arrivando via strada dall’Italia. Era un viaggio avventuroso ma interessantissimo, per le conoscenze che si facevano e per i luoghi stupendi che si attraversavano, alcuni di essi oramai distrutti da guerre fraticide. Ho girato l’India in lungo e in largo, prima come...
Scritto da: Franco Pizzi
quadretti di vita indiana
Partenza il: 10/06/2003
Ritorno il: 10/07/2003
Viaggiatori: da solo
Spesa: 1000 €
Sono passati oramai 30 anni da quando entrai in India la prima volta, arrivando via strada dall’Italia. Era un viaggio avventuroso ma interessantissimo, per le conoscenze che si facevano e per i luoghi stupendi che si attraversavano, alcuni di essi oramai distrutti da guerre fraticide. Ho girato l’India in lungo e in largo, prima come giovane con pochi soldi in tasca e poi, a causa del lavoro che svolgo, come turista di lusso. Ho imparato, comunque, che l’India va vista a pezzetti, a quadretti, perchè è impossibile inglobarla in un’ unica idea.

In particolare mi piace venire a contatto con la gente dei villaggi in cui passo.Ora vivo nello stato prehimalayano dell’Himachal Pradesh, che ogni giorno mi regala scorci di vita rurale da me dimenticati. Ad esempio, nella mia passeggiata quotidiana, per arrivare ad un grande prato dove porto a giocare il mio cane, devo attraversare due o tre villaggi nei quali la vita si svolge ad un ritmo lento, quasi medioevale. Camminando incontro gente che mi sorride e mi saluta, ma senza la falsità della gente di città abituata ai turisti, il cui sorriso è un esca per venderti qualcosa. Incontro il trasportatore di pietre di ardesia con i suoi cavalli, che scende dalla montagna verso la cittadina di Dharamsala. La desi-anda-madam (la signora che vende le uova fresche e gustose delle sue galline che razzolano libere e con le quali il mio cane gioca tranquillamente) mi saluta ad ogni mio passaggio. Incontro il pastore dell’etnia gaddhi, con l’inconfondibile berrettino di lana, la giacca di lana grezza e l’orecchino d’oro, che fa la transumanza con il suo gregge di pecore. Passo davanti a case belle e ad umili capanne, quelle dei Bihari arrivati da poco tempo dall’est dell’India in cerca di lavoro. Incontro i bambini, tanti bambini, che prima si mettevano a strillare nonappena vedevano spuntare quel bestione che è il mio cane, ma ora, dopo pochi mesi, sono diventati suoi amici, e ad ogni mio passo sento che lo chiamano per nome. I cani, ovviamente, li conosco tutti. Con il piccolo particolare che in India i cani sono aggressivi, visto che la maggior parte sono randaggi . Incontro anche qualche muccha, liberamente a spasso, come in tutta l’India. E poi ci sono tanti uccelli. E il gorgolio dell’acqua. E basta che alzi lo sguardo per vedere la catena del Dhauladar (4500 m) coperta di neve illuminata da un sole invernale. Non fa per niente caldo adesso, ma dentro di me vi è il calore del momentopresente, perchè senza distrarmene posso vivere in pieno la realtà presente.

Viaggiare in questo modo diventa estremamente affascinante. Anche in Ladakh, localizzato nell’estremo nord del paese e di cultura buddista, spesso viaggio così. Al mattino faccio una camminata, nel pomeriggio arrivo nella casa dove devo soggiornare. L’accoglienza è semplicemente calorosa! L’ospitalità viene onorata con l’offerta di una tazza di tè caldo, mentre viene sistemata la “camera da letto”. Passo il pomeriggio seguendo la signora che va a mungere la mucca o le dzomo, o, se è il periodo giusto, seguo gli abitanti del villaggio nei campi per la mietitura. Il lavoro, invece di essere accompagnato da rimbrotti o moti di insoddisfazione, è scandito da canti intonati dal gruppo dei lavoratori. Ci si ferma, si beve il tè, si continua! La gamma di colori offerta dalla natura toglie l’attenzione dal terreno e naturalmente ci si rivolge verso l’alto. Quando cala il sole e il freddo si fa sentire si torna in casa, intorno alla stufa con i proprietari. Si parla di varie cose, in attesa della cena; una cena frugale ma ottima e soprattutto calda. Dopo, sempre intorno alla stufa, s’incomincia a bere il chang (birra locale); qualcuno tira fuori una tanica di metallo (tipo tanica di benzina militare) e percuotendola come fosse un tamburo, ne tira fuori un suono ritmato, fantastico per lo strumento che è, e intona una canzone ladakha, al chè si alzano uomini e donne, e ballano danze locali. In pochi minuti la casa è affollata da molti altri abitanti del villaggio venuti a vedere il turista ma anche a partecipare ai canti e alle danze. Di stupendo c’è la certezza che tutto ciò non è uno spettacolo per turisti, ma è il loro quotidiano di persone felici che vivono in un ambiente impervio ma felice. Poi tutti a nanna, in una camera calda e pulita anche se molto spartana! Al mattino si resta ancora un pò con loro, e poi si riparte verso una nuova casa. In breve, in alcune zone l’India è percorribile anche senza le strutture di super lusso, sebbene in alcuni posti sono indispensabili; ci si può spostare anche pernottando in semplici guesthouse – ovviamente assai spartane- , a piedi invece che in macchina con aria condizionata, camminando da un paese all’altro, senza per questo dover intraprendere un faticoso ‘trekking’. Per concludere citerei una frase del Mahatma Gandhi: “La vera India è l’India rurale”! Era vero allora, e in gran parte lo è tuttora…

Pizzi Franco e Kristin Blancke Dharamsala 26/01/04 www.Viaggiinasia.Com



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