Pura magia in Marocco
Fai da te fra il fascino senza tempo delle medine, le strette viuzze intasate di asini, le botteghe dai mille mestieri, i coloratissimi bazar, le maestose moschee, i dolci paesaggi collinari, montagne e canyon imponenti, l’incanto delle dune del deserto, l’impetuoso oceano.
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Scrivo questo resoconto per magnificare le bellezze del Marocco. Una terra non molto lontana, eppure già assai esotica, dove non avrei mai pensato di trovare una così ampia e stupenda varietà di paesaggi. Il fascino senza tempo delle medine, le strette viuzze intasate di asini, le botteghe dai mille mestieri, i coloratissimi bazar, le maestose moschee, i dolci paesaggi collinari, montagne e canyon imponenti, l’incanto delle dune del deserto, l’impetuoso oceano. Un viaggio morbido, un mondo completamente diverso, a un paio di ore d’aereo, con poca spesa. Itinerario: Marrakech, Ouarzazate, Valle delle Rose, Gole di Todra, Merzouga, Fes, Meknes, Rabat, Essaouira, Marrakech. Cambio: 1 eu = 10.68 dirham A dicembre, il clima è piacevole di giorno, un po’ più freschino di sera, tenendo conto che molte sistemazioni economiche sono sprovviste di riscaldamento. Sono però disponibili coperte a volontà, su richiesta. Ho veramente patito il freddo solo la notte trascorsa nelle gole del Dades (la temperatura nella stanza è scesa a 5 gradi). A Merzouga in tenda non ci sono stati problemi. Ho usato prevalentemente gli economici mezzi pubblici, e comprato un’unica escursione in un’agenzia di Ouarzazate, Talila Tours, comprendente Valle delle Rose, Dades, Gole di Todra e Merzouga. Basta passeggiare lungo il corso principale, per essere contattati dai procacciatori d’affari. E’ necessario mercanteggiare. Vorrei enfatizzare l’estrema cordialità del popolo marocchino, con cui è facile entrare in contatto in molte situazioni, sui bus, nei bar, in strada, in piazza. Nel suk i commercianti non sono insistenti e fastidiosi come in Egitto. Fra l’altro, oltre ai souvenir, nelle tante imprese artigiane perse nel labirinto dei vicoli secondari sopravvive l’arte di antichi mestieri, nelle abili mani di sarti, mobilieri, intagliatori, panettieri, falegnami. Soltanto qualche complimento galante, da parte del sesso forte, ma nulla di volgare od offensivo. Ci si sente sicuri, anche le donne sole, ferme restando le regole basilari dettate dal buon senso. Un Islam tollerante, grande apertura e curiosità, non ostilità, verso lo straniero, questo è quanto si percepisce da subito, e scaturisce dalle conversazioni non appena il contatto si fa più profondo, cadono le barriere difensive, e gli interlocutori diventano così gentili da concedere il privilegio di condividere i loro pensieri. Religione e politica sembrano essere un tutt’uno, la questione palestinese non è un tabù, anzi è l’argomento principe, che gli arabi per primi ti sbattono in faccia, dopo i convenevoli di rito. Quasi tutte le persone con cui ho amabilmente dialogato hanno parenti in Italia, alcuni di essi sono felici e ben integrati, con un lavoro stabile, altri non altrettanto fortunati. Conoscere queste storie, ascoltare queste esperienze di successo, di dolore, di distacco, di solitudine, di nostalgia mi farà guardare con occhi diversi la realtà dei migrati che qui incontro ogni giorno. Acquisto da Atlas Blue un biglietto Milano-Marrakech e ritorno con un certo anticipo, andata 22 dicembre, ritorno 5 gennaio 2006. Lo pago ad agosto 172 Euro comprese le tasse, in coda al check-in scoprirò che alcuni sono arrivati a sborsarne 600. 22 dicembre – Marrakech Volo confortevole. Sono incuriosita dalla presenza di un giovanotto belloccio seduto accanto a me, dall’altro lato del corridoio, a cui soprattutto gli altri uomini dedicano complimenti e sorrisi. Un ragazzino che blindo all’uscita della toilette mi rivela che si tratta di Zebina, specificando anche, notando la mia espressione interrogativa, che è un noto calciatore. Taxi per il centro città condiviso con altri due italiani, prima negoziazione, 40 dirham è la mia quota. Hotel Alì, nominato sulla Lonely Planet, trovato sul posto a 160 dirham. Chiedo una stanza interna, con una finestra che si affaccia sulla tromba delle scale, più tranquilla. L’albergo è ai lati della celebre Djemma El Fnaa, accanto all’ufficio postale, dal tetto si gode di un pittoresco scenario. Consumo la cena alle bancarelle sulla stessa piazza. Si può scegliere fra tantissime pietanze, il costo singolo di ciascuna è esiguo, ma le porzioni sono ridotte. Costo totale 35 dirham. Già all’imbrunire la piazza si trasforma d’incanto come Cenerentola al ballo, si riempie di vita, cantastorie, giocolieri, incantatori di serpenti, danzatori, sedicenti guaritori con i loro farmaci tradizionali, ambulanti di ogni tipo, umanità variegata, e soprattutto capannelli di curiosi. Comincia oggi una lunga serie di degustazioni di thé alla menta, bevanda nazionale. All’Argana, rinomata elegante caffetteria/ristorante dai prezzi abbastanza cari, frequentato da molti turisti, costa 12 dirham. Su un altro bar situato sulla piazza stessa, La Brasserie du Glacier, molto più essenziale e frequentato esclusivamente da uomini del posto, il più delle volte intenti a tifare calcio straniero trasmesso in tv, ne costa 10, e viene servito con zucchero a parte 23 dicembre – Marrakech Incontro un’australiana che avevo agganciato nella sezione “travel buddy” sul sito web della Lonely Planet. Con lei, Donna, mi reco in stazione per prenotare per l’indomani un bus per Ouarzazate, 65 dirham. Il terminal è accanto alle mura della medina, raggiungibile quindi a piedi zigzagando fra le strette calli di colore rosato. Il resto della giornata è dedicato alla perlustrazione della città, con pranzo sul terrazzo del Nid de la Cicogne, 20 dirham, e vista panoramica gratis. Per la cena, invece, preferiamo un ristorante terrazzato nella medina, da cui ci godiamo lo scorrere della vita nel suk sottostante, dove si commercia ogni cosa, un pasto semplice a base di cous cous e verdure ci costa 50 dirham. 24 dicembre – Ouarzazate Partiamo alle 10 ed arriviamo alle 15. La nostra malandata corriera, dai sedili pieni di terra, magnifica nel suo sudiciume, arranca sui tornanti dell’Atlante. Senso di libertà estrema, paesaggio estremamente suggestivo, difficile scattare foto a causa delle curve e dei sobbalzi. Ci sistemiamo all’Hotel Baba, 100 dirham, collocato vicino al terminal dei bus. L’albergo presenta stanze di ampia metratura, pulite e molto luminose. C’è acqua calda. Prenotiamo per l’indomani una escursione con Talila Tours per visitare le bellezze della zona, la Valle delle Rose e del Dades, le gole di Todra, e Merzouga. La richiesta iniziale è 1300 dirham, negoziamo sino a 1000. Consiglio di fare scrivere, sul contratto che si andrà a firmare, tutti i servizi pattuiti, per non andare incontro a spiacevoli discussioni in seguito. Purtroppo non abbiamo molto tempo da dedicare a Ouarzazate, e la nostra visita della città è piuttosto frettolosa. Saltiamo quindi la famosa Kasbah, e gli studi cinematografici. Ceniamo deliziosamente al ristorante Massimissa, in centro. 25 dicembre Valle delle Rose Una jeep dotata di autista e guida viene a prelevarci in albergo, I nostri compagni di viaggio sono una coppia di olandesi di circa una decina d’anni più vecchi di me e Donna, che invece siamo coetanee (38). Lui è un fotografo professionista, e viaggia con l’attrezzatura al completo, la moglie è un tipo molto interessante, del genere hippy che non si tinge i capelli e se li lava con i tuorli d’uovo, tanto per rendere l’idea. La destinazione finale del giorno è l’hotel Au nom du Rose, il tragitto per arrivarci sarà molto interessante. La prima sosta è Ait Ben Haddou, location di molti film famosi. Per fortuna ci arriviamo al mattino sul presto, ed è praticamente deserta. Ci fermiamo dopo a Skoura, per un veloce pranzo e la visita di altre kasbah. Gruppuscoli di bambini curiosi ci trotterellano dietro, a debita distanza. Dopodichè, inizia il dissestato e stupendo percorso attraverso la valle delle Rose. Il sole fa capolino ogni tanto, le sfumature cromatiche del canyon sono eccezionali, il cuore sobbalza, si può soltanto rimanere senza parole davanti a tale capolavoro. Nel pomeriggio, già abbastanza tardi, considerando che è inverno, sostiamo al canyon di Ait Larbi dove intraprendiamo un’escursione in una ripida gola, arrampicandoci fra le rocce ed infilandoci in alcuni passaggi angusti, che richiedono allenamento da free climbers. I due olandesi sono provetti alpinisti. In alcuni punti io e Donna veniamo letteralmente afferrate per un gomito e sollevate di peso dalle guide attraverso strettissime pareti in cui non siamo in grado di sostenerci. Giungiamo sull’estremità di un crinale roccioso da cui si gode una vista spettacolare, ma il sole è già tramontato. Esterniamo alle guide la nostra perplessità sulla difficoltà del cammino, loro ci rispondono che da subito ci hanno studiate e valutate idonee. Visto il nostro scarso peso, sapevano che sarebbero stati in grado di portarci a braccia, se necessario, come infatti è avvenuto. Se fossimo state buzzicone e sessantenni, beh, avrebbero tirato dritto e annullato l’escursione. Resta il fatto che siamo due pappemolli. Donna è sopravvissuta al cancro da poco, prende ogni sera almeno 7 od 8 pasticche, e quindi è giustificata. Io, invece, non ho scuse. Apro una piccola parentesi sulla storia personale di Donna che, anziché stare a casa a piangersi addosso, passa instancabilmente da un giro del mondo all’altro. Dopo aver saputo di essere ammalata, ha venduto tutto, e si è messa in viaggio, seguendo la filosofia del “se proprio devo schiattare, almeno che prima mi tolga qualche soddisfazione”. In ospedale, tempo prima, aveva conosciuto il grande amore della sua vita, malato anche lui. Appena finito la chemio erano partiti per l’India, e da lì via verso nuove terre. Lui però non è riuscito a sopravvivere ad una seconda ricaduta. Tornando a Donna, qualunque paese possa saltarmi in mente, beh, lei c’è stata, ha viaggiato in treno da Mosca a Pechino, visitato il castello di Dracula, prestato volontariato in un centro primati dell’Uganda, ammirato i vulcani della Bolivia e le alte vette delle Ande, attraversato il Canale di Beagle, insomma, di tutto di più.. Giungiamo che è già notte all’albergo, pasteggiamo in un salotto comune, riscaldato da una stufa a gas. Le stanze sono graziose, e dotate di bagni modernissimi con acqua bollente, ma putroppo non hanno riscaldamento, e fa freddissimo. Io, nonostante la montagna di coperte che ho addosso, per colpa del gelo non riesco a dormire. 26 dicembre – Todra – Merzouga Partiamo alla volta delle Gole del Todra, uno spettacolo maestoso, una natura solenne. In zona hanno edificato alcuni alberghi. Finalmente c’è un sole deciso, che sciabola tra le increspature della roccia vivificando ogni cosa. Veniamo lasciati liberi di girellare un po’ per nostro conto, fotografando mandrie di greggi e pastori berberi con le gerle cariche di erbe, e ripartiamo alla volta di Erfoud, da cui lasciamo il mondo cosiddetto civile per spingerci nel deserto alla volta di Merzouga. Ci fermiamo in alcuni punti per osservare fossili. Il deserto qui non è altro che un’immensa distesa di ghiaia, compatta e rossastra Giungiamo a Merzouga un po’ prima del tramonto, veniamo scaricati all’Auberge Soleil Bleu. Subito io e Donna ci precipitiamo alle prime dune, per vedere il calar del sole, purtroppo però si è alzato il vento, e la visibilità è scarsa. Questa sera dormiamo in tenda, su alcuni materassi sistemati per terra. Per fortuna che ho il mio sacco lenzuolo, perché la pulizia non regna sovrana. I bagni in comune sono invece decenti, e riesco a fare una bella doccia calda. Non fa freddo e riposiamo benissimo. 27 dicembre – Merzouga – Erfoud – Fes “Dio ha creato terre coperte di acque perchè l’uomo le abitasse, poi ha creato il deserto, perchè l’uomo vi trovasse la sua anima” (proverbio Tuareg) Sveglia che è ancora buio per la cammellata. Esperienza straordinaria. Il sole che sorge, i repentini cambi di colore dal rosa all’ocra, le mutazioni di forma del mare di sabbia, le curve sinuose delle dune, l’ombra lunga dei pochi arbusti e dei cammelli, una visione eccezionale. Ritornate a Erfoud, caotica e polverosa cittadina immortalata da Salvatores in Marrakech Express, io e Donna ci accomiatiamo dal resto del gruppo e balziamo al volo su un bus strampalato, tenuto insieme col fil di ferro, con destino Fes, costo 100 dirham + 10 per il bagaglio. Viaggio lunghissimo, attraversiamo paesaggi mozzafiato, sembra di essere nello Utah, e villaggi graziosi (Ifrane) in stile svizzero. Seguendo le consuetudini locali, poiché non troviamo due posti liberi vicini, ci accomodiamo accanto ad individui del nostro stesso sesso. Mi lancio in spericolate dissertazioni con le signore, velate e non, che mi siedono accanto. Se non mi ricordo una parola, rattoppo col piemontese. Il dialetto delle vallate che circondano la mia cittadina è ancora più vicino al francese del torinese stesso. Arriviamo a Fes alle 21.30. A piedi ci dirigiamo all’Hotel Cascade, che si trova proprio accanto alla Bab Bou Jeloud, la porta principale di ingresso alla Medina. Paghiamo 140 dirham una stanza senza bagno. Sul ballatoio, dove di notte, protetti da alcuni paravento, dormono per terra gli inservienti dell’albergo, si trovano soltanto alcuni gabinetti a turca. La zona docce è al piano terreno. In ogni cabina c’è ben poco spazio e bisogna organizzarsi con sacchetti di plastica da appendere ai vari ganci per non inondare asciugamani e vestiti di ricambio. In ogni caso, ci si adatta, e non me ne frega niente.. Ceniamo al ristorante Le Kasbah, di fronte al nostro hotel, per 40 dirham. E’ un locale veramente affascinante, dalle stanze piastrellate con motivi geometrici tipici, lampade etniche, delizioso. 28 dicembre – Fes Facciamo colazione con 20 dirham sulla terrazza del nostro hotel, benedetta da una magnifica vista sulla città. Cedo alle insistenze di Donna, che, seguendo quanto riportato sulla Lonely Planet, vuole ingaggiare una guida per vedere la medina. Spendiamo quindi 125 dirham a testa per accodarci per 3 o 4 ore ad un signore anziano che ci scorta a conoscere i luoghi di principale interesse, cosa che avremmo potuto fare anche da sole. Secondo errore della giornata: chiediamo al nostro cicerone di condurci in un ristorante “tipico”. Con questo termine noi intenderemmo un ritrovo “tipico” per gli abitanti del posto, di quelli rustici, invece lui interpreta in tutt’altro modo e ci trascina in un luogo iper-turistico, anche se arredato stupendamente, popolato di comitive di viaggi organizzati, con fauna del genere sessantenne mitteleuropeo. Ci rendiamo conto spaventate che la portata più economica costa come la nostra stanza, e scappiamo a gambe levate, inseguite dall’accompagnatore che si giustifica (non a torto) affermando che noi siamo turiste, e quindi ci ha portato in un ristorante “tipico” per turisti. Chiarito il malinteso, ci ridiamo sopra e consumiamo cibo da una bancarella in strada; dopo esserci congedati, iniziamo a girovagare per conto nostro a casaccio fra stradine strettissime intasate di asini, arriviamo al suk dei tintori seguendo le indicazioni suggerite dal nostro olfatto. Rimango piuttosto scioccata nel constatare le condizioni in cui lavorano questi uomini, immersi in pozze colorate a gambe e braccia nude senza alcun tipo di protezione. L’odore, data la stagione, non è molto fastidioso, ma mi assicurano che con il caldo è tutt’altro e non si resiste a lungo. Ceniamo con 40 dirham in un ristorante proprio sotto al nostro hotel. A Fes si respira cultura tipicamente magrebina, grazie alle variopinte fontane, gli eleganti giardini, le maestose moschee e le antiche mederse. L’Università gode di grande prestigio, ed è seconda nel mondo islamico soltanto a quella di Al Azhar, al Cairo. 29 dicembre – Fes Dopo un’altra ricca colazione al Cascade, dedichiamo la mattinata alla visita dell’affollatissima Fes El Jdid e la Mellah, e poi raggiungendo un punto panoramico da cui si gode un bella vista di tutta la città vecchia. Per il pomeriggio, invece, shopping nella medina, e cena nello stesso ristorante di ieri, dove con 30 dirham mi divoro un bel tajine vegetale. Noto con sollievo e compiacimento che gli arabi sembrano amare e rispettare molto i felini, che si presentano sani d’aspetto, poco timorosi e ben pasciuti. In effetti, pare che il profeta Maometto abbia tagliato una parte del suo mantello per non svegliare il gatto che vi dormiva sopra 30 dicembre – Meknes In bus (18 dirham + 11 per il bagaglio) approdiamo a Meknes. Dopo aver vagato un po’, troviamo una stanza senza bagno all’hotel Toubkal, nella parte nuova della città, al costo di 150 dirham. Senza infamia e senza lode. Con un bus urbano raggiungiamo la Place El Hedin, nella zona vecchia. Qualcosa che nell’intenzione dovrebbe assomigliare a Djemma el Fnaa, ma più piccolina, e meno appariscente. Dopo un breve giro nella medina, ci rechiamo al Koubbat As Sfarà (ingresso 10 dirham), al Mausoleo di Moulay Isma’il, Heri Es Souani ed il bacino di Agdal (10 dirham). Cena al Sandwich Rossignol, zuppa di ceci per 6 dirham. Devo dire che Meknes non mi ha molto impressionato. Ho preferito Fes. 31 dicembre – Volubilis – Moulay Idriss Visitiamo oggi alcune attrazioni nei dintorni di Meknes. Un taxi collettivo (9 dirham) ci conduce sino a Moulay Idriss e da qui, con un taxi privato (5 dirham) raggiungiamo Volubilis (ingresso 20 dirham). Il sito è stupendo. Si tratta di resti di un’antica città romana, immersa in un paesaggio che ricorda il nostro centro Italia, dolci colline ondulate e verdeggianti cipressi. Bellissimi i mosaici e l’arco di trionfo. Scarpinando ritorniamo a Moulay Idriss, per conoscere questa città santa che fino a pochi anni fa era chiusa ai forestieri. Le reliquie del Venerabile non sono visitabili dai non-mussulmani. Ci accontentiamo di prendere un thé nella piazza, consapevoli di essere le sole straniere al momento in circolazione, e sentendo pesare sulla nostra pelle gli sguardi di tutti. Sarà forse per reazione a questo ostinato isolamento, ma nel suk per l’unica volta nella vacanza sentirò echeggiare musica pop anglosassone, la stupenda “Let there be love” e la voce nasale di Liam Gallagher si diffondono prepotentemente fra i vicoli. Ritorniamo a Meknes con un taxi collettivo (9 dirham) e da qui a piedi in albergo. Il cenone (è un eufemismo) di capodanno (si fa per dire) lo consumiamo in un ristorante nominato dalla guida Routard nei paraggi del nostro albergo, riesco a spendere ben 6 dirham, ossia poco più di mezzo Euro, per una harira (zuppa di legumi) ed un maakouda (polpetta di patate). Dopodichè, festeggiamo alle 21 con thè e dolcetti in una pasticceria molto frequentata, scialacquando altri 9 dirham. Stanche per il lungo camminare, andiamo a letto alle 22.30, dimenticandoci persino di scambiarci gli auguri. 1 gennaio – Rabat – Essaouira In una carrozza di seconda classe su un treno migliore dei nostri (55.50 dirham) raggiungiamo Rabat.Abbiamo tempo qualche ora per visitarla. L’istinto ci porta verso il mare. Gli imponenti bastioni racchiudono una graziosa cittadella dalle mura immacolate, porte tinte di un blu vivace, aranceti e giardini. Breve sosta al suk per divorare un tajine, e poi via di corsa verso Casablanca. Un bus di stralusso CTM con 125 dirham ci trasporta ad Essaouira, dove arriviamo all’1 di notte. L’albergo che aveva prenotato Donna telefonicamente, nonostante lei avesse avvisato del tardo arrivo, non ha onorato l’impegno. La lascio litigare furiosamente con il proprietario, scendo in strada e dopo neanche mezzo secondo vengo avvicinata da un tizio che mi porta a casa di un suo amico che ha stanze da affittare. Si tratta di Maghnia, rue Ibn Rochd 30. Il prezzo non me lo ricordo, ma credo fosse sui 170-200 dirham. La camera è bellissima, con 3 letti, ammobiliata in stile tipico, ed è evidente che non è parte di un anonimo ed impersonale albergo, ma possiede un’anima ed il gusto ed il carattere del privato benestante che la abita. Il bagno è quello in comune coi padroni di casa ed altri ospiti, ed è dotato di ogni comodità. Sulle mensole sono depositati i profumi ed i sali da bagno della proprietaria. Spesso durante il breve soggiorno mi capiterà di scendere in cucina e parlare con lei, e giocare con i suoi figli. 2-3 gennaio – Essaouira Al risveglio scopriamo che la nostra casa è situata proprio di fronte alle mura, e dalla finestra si gode di una spettacolare vista mare, specialmente al tramonto. Al chiarore del sole, scopriamo la cittadina in tutto il suo splendore. Jimi Hendrix non sbaglia mai. Bastioni e torri circondano una medina ricca di botteghe e tappeti, strette viuzze tranquille inondate di luce, muri bianchi a calce, persiane cobalto, un mare fragoroso. Il pittoresco, colorato, fotogenico porticciolo è un gran fermento di barche di legno, riparazione di reti, compravendita di merce. Le botteghe della medina vendono per la maggior parte souvenirs, ma sono una vera festa per gli occhi. Ovunque, molti turisti intenti ad osservare, e scaldarsi al tiepido sole. 4 gennaio – Marrakech In bus torniamo a Marrakech. Poichè domani mattina il mio aereo parte prestissimo, decidiamo di prendere due stanze separate. Ci dirigiamo nella zona di Derb Sidi Bouloukat, sempre vicino all’ufficio postale sulla Djemma el Fnaa, dove si trovano molti alberghetti economici. All’Hotel Afriquia, con un giardino interno piacevolmente piastrellato, troviamo due camerette attigue al costo di 50 dirham cadauna, il bagno è esterno. E’ il nostro ultimo pomeriggio in città, ed a piedi ci rechiamo a visitare i deliziosi giardini di Majorelle. Un lussureggiante parco circonda una villa dipinta di un indaco vivace. Un ultimo pellegrinaggio nel suk, ed un ultimo thé alla menta, davanti ad un bellissimo tramonto dalla terrazza del bar, ci congedano da Marrakech. Io rientro in Italia, Donna prosegue nel suo giro del mondo, Cipro, Oman, e poi le repubbliche ex sovietiche dell’Asia Centrale. Da allora non l’ho più sentita. Date le sue precarie condizioni di salute, mi piace pensare che abbia condiviso con me questi 15 giorni solo per convenienza, e non vedesse l’ora di potersi disfare di me. 5 gennaio – Milano Poff! L’incantesimo è finito, la carrozza ritorna zucca, sono nella fredda Milano