Primavera nordargentina

Lasciano la stazione, Federico e Roberta, alle ore 21.30 per viaggiare tutta la notte su un bus di prima classe. Già sono consapevoli che ribalteranno tutti i loro programmi, per dedicarsi ad un itinerario improvvisato nel territorio nordargentino, da Buenos Aires a Buenos Aires in dieci giorni. Puerto Iguazù Le nuvole ci osservano a tratti...
Scritto da: Colorina
primavera nordargentina
Partenza il: 15/11/2008
Ritorno il: 25/11/2008
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
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Lasciano la stazione, Federico e Roberta, alle ore 21.30 per viaggiare tutta la notte su un bus di prima classe. Già sono consapevoli che ribalteranno tutti i loro programmi, per dedicarsi ad un itinerario improvvisato nel territorio nordargentino, da Buenos Aires a Buenos Aires in dieci giorni.

Puerto Iguazù Le nuvole ci osservano a tratti minacciose, anche prima di pagare i 60 pesos dell’ingresso al Parque National Iguazù, di cui non eravamo a conoscenza. Il percorso in barca fino all’isola di San Martin è chiuso a causa del crescente livello dell’acqua del fiume. Ma questa malasuerte non basta a negativizzare la visita.

Il parco è la casa di mille farfalle multicolore. Si cammina nella natura, sopra al fiume, sotto le cascate, da ogni lato vicino e lontano.

Rimango incantata dall’entrata all’uscita, percorrendo i tre possibili cammini: la Garganta del Diablo che si raggiunge con un trenino interno, il percorso superiore e quello inferiore. Tutti e tre stupiscono, si completano.

Le cascate sono quantità continentali di granita alla Coca Cola che cadono trasformandosi in nuvole di vapore acqueo che salgono confondendosi con il cielo. Sono spruzzi che ci bagnano le magliette, i capelli, le facce. Sono un incessante cullante rombo acquatico. Sono uno spettacolo di natura immensa.

Dopo quasi cinque ore di visita prendiamo il bus del ritorno, verso la cittadina di Puerto Iguazù, nella stanza verdina dell’Hostal del Guayrà. La ricerca di un posticino per la cena è breve, perché dopo una passeggiata per il piccolo centro ci richiama un angolo da cui giungono tango e profumi di carne: parilla e empanada di coste cotte al vapore, accompagnate da insalata e vino rosso; poi guardiamo incuriositi una lezione di tango nel retro del cortile del ristorante.

Corrientes La prossima meta? Ce la lasciamo consigliare da Soledad, la signora che gestisce al nostro Hostal, originaria di Corrientes, che gentilmente ci prenota l’Hostal del Rio per una notte.

Quindi dopo una notte in bus giungiamo in una piccola Europa: grandi statue francesi nei piccoli parchi, una scuola italiana, il colonnato in piccolo di Piazza S.Pietro di Roma qui riproposto dal Convento Francescano, eleganti palazzi e un meraviglioso teatro (uno dei migliori per l’acustica), numerosi negozi nella via centrale pedonale Junin.

Il pomeriggio lo passiamo tra il Museo dell’artigianato e il Museo delle Belle Arti, entrambi molto piccoli, ma gratuiti; successivamente alla ricerca della Casa Chamamè, un negozio di dischi specializzato appunto in musica chamamè, ovvero un tipo di musica e danza che deriva dalla polka ed è diffuso nella parte nordorientale dell’Argentina, in cui si può ritrovare qualche somiglianza con la tarantella italiana.

La cena ce la consigliano due giovani e simpatiche ragazze di un agenzia di viaggi. Si tratta di un ristorante vicinissimo al nostro Hostal del Rio: Tipico, e tipico è anche il cibo che offrono. Ci dividiamo un locro (una sorta di polenta con pollo e verdure) e un mbaypu (una zuppa di legumi e carni), con una bottiglia di vino tinto. Sazi e contenti, continuiamo la serata, dopo una doverosa passeggiata digestiva, in un locale che si chiama Picasso, dove ascoltare un concerto di chamamè. Infatti il locale si riempie presto, oltre che di fumi di sigaretta e profumi di pesce fritto, di note ballabili suonate da un giovane gruppo con la voce di una diciottenne di San Miguel.

La mattina seguente passeggiamo sotto un sole caldo sulla Costanera, lungo il Paranà, fino al Giardino zoologico; poi torniamo verso il centro, infine all’albergo, per raggiungere la stazione del bus che ci porterà alla nostra prossima destinazione.

Salta L’obiettivo di oggi è l’acquisto di un’escursione da svolgere domani alla quebrada del Toro, seguendo il percorso che fa il treno più alto e anche più caro del mondo.

Durante la ricerca ci accorgiamo che i prezzi calano col passare delle ore, nelle successive agenzie si abbassa sempre più, e tutti fingono di fare l’offerta più vantaggiosa. Ci accorgiamo anche, da turisti poco informati ma attenti osservatori, che abbiamo viaggiato di un fuso orario e che rispetto a prima dobbiamo spostare le lancette dell’orologio indietro di un’ora. Abbiamo così guadagnato il tempo per prelevare da un bancomat (anche se più di 100 pesos non è possibile prelevarli) e tornare a pagare la gita di gruppo di domani su un furgoncino bianco con autista e guida in castellano o inglese o francese.

Gli altri turisti con cui trascorriamo la giornata sono: due ragazze svedesi emigrate in Spagna, due fidanzati francesi, un austriaco, un’inglese, due dottoresse di Buenos Aires, una svizzera italiana.

Mi godo dal finestrino il paesaggio arido della quebrada del Toro, fatto di rocce striate orizzontalmente dal vento e verticalmente dall’acqua. In una prima breve sosta aspettiamo passare il treno più alto del mondo, mentre poi continuiamo a seguirne il percorso.

Sopra di noi c’è il cielo, sotto il verde degli alberi piantati dall’uomo e le casupole, i cactus giganti e le rocce. I fiori dei cactus vivono solo un giorno.

Durante la seconda pausa visitiamo le rovine di Tastil a 3200 metri. Percorrendo verso il basso la strada che ci ha portato qui potremmo sentirci improvvisamente stanchi e deboli e riportare giramenti di testa. Quali rimedi? Bere, masticare foglie di coca, dormire.

Ma la pausa-pranzo di un’oretta nel ristorante di San Antonio de los Cobres, bevendo Coca Cola fresca, accompagnata da zuppa pane insalata, è anch’essa un buon rimedio. Peccato che si approfittano un po’ dei turisti, gonfiando i prezzi del servizio.

Dopo molti chilometri ancora, scendiamo dal bus in una distesa bianca. Il calore del sole mi penetra i pantaloni, la testa, la gola. Cammino in una salina, in una pianura estesa per 200 km quadrati. Vendono sculture di sale. Chi le vende? Uomini nascosti dentro le spoglie di spaventapasseri coperti con capelli passamontagna occhiali maniche lunghe pantaloni calze scarpe, che mi sembrano prigionieri in questa salina tra la loro casa in un piccolo villaggio lì accanto e le infinite salate zolle esagonali; lavoratori che vivono mediamente 50 anni per questa vita sotto il sole in vetrina per i turisti di passaggio.

Ripartiamo e raggiungiamo più di 4 mila metri di altitudine.

Prima di arrivare a Purmamarca numerosi lama ci ostacolano il passaggio, ai lati o in mezzo alla strada. Purmamarca è un piccolo villaggio della provincia di Jujuy, dove si possono ammirare bancarelle di artigiani locali ma soprattutto la famosa roccia dei sette colori che purtroppo si vede meglio con la luce del mattino.

Sulla via del ritorno, ci facciamo lasciare a San Salvador de Jujuy, dove abbiamo già prenotato una camera in un ostello.

San Salvador de Jujuy Le peculiarità di questa cittadina sono il caldo che indebolisce, le foglie di coca che la maggior parte degli abitanti si fa sciogliere in bocca, la carne di lama che proviamo per cena in un ottimo ristorante. Buenos Aires A Buenos Aires ritroviamo le colazioni di medialuna e dulce de leche, ma purtroppo anche il caldo afoso e lo smog e il caos. Visitiamo il quartiere Boca, che è il quartiere del tango ma anche del calcio, è un museo all’aria aperta di tangueros di strada e di casette colorate. C’è il porto vecchio accompagnato dal suo forte puzzo. C’è lo stadio. C’è la povertà.

Nel pomeriggio visitiamo alcune librerie e botteghe d’antiquariato nel quartiere di San Telmo, che in qualche angolo sembra rievocare una certa atmosfera parigina. Cogliamo l’occasione per restare nei dintorni per cena, domandando consiglio al vecchio da cui compriamo una coppa di gelato alla ciliegia.

Cerchiamo l’indirizzo fino a giungere ad un ristorante molto frequentato, El Desnivel, dove in vetrina vengono grigliati i più svariati tagli di carne. Scegliamo il tanto decantato bife de chorizo con patate, insalata mista (cioè verde, pomodori e cipolle) e vino rosso, per brindare all’ultima cena.



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