Praga, melodia d’Europa
Potremmo davvero soffermarci sui dieci giorni di visita che abbiamo fatto in questa splendida città e su tutti gli itinerari che abbiamo studiato per scoprirne ogni angolo, anche il più nascosto, per immergerci nel tessuto di questa grande capitale, ma preferiamo lasciare questo compito a chi le guide le scrive di mestiere, a noi piace pensare di riuscire a lasciare a chi leggerà un pezzettino di quello che è l’essenza di Praga, la vera melodia d’Europa.
Praga è una città che dona a chi la sa ascoltare un piacevolissimo senso di trasporto, la sua musica, composta da mille suoni concordanti e non, delizia il viaggiatore che ne attraversa le viuzze e i parchi.
Il suo ritratto si compone della musica delle jazz band della Piazza della città vecchia che suonano subito dopo il rintocco dell’orologio astronomico e attraggono le folle con le loro tonalità anni ’70; lo scalpiccio dei turisti su Ponte Carlo che riempiono il passaggio a ogni ora del giorno e della sera e che guardano e toccano le sue statue di pregevole fattura e sotto: il sussurro della Moldava che scorre via lenta e silenziosa; lo zampettare delle decine e decine di cani che di giorno giocano e corrono nei numerosi parchi di Praga; il tintinnio di qualche corona sciolta che i cittadini un po’ più nostalgici portano in tasca per pagarsi un pivo in una birreria tradizionale; il suono di campane e campanelli che dalla piazza della città vecchia a Vysehrad, da San Vito al convento di Loreto, riempiono col loro suono l’aria circostante. Il concerto urbano si completa con il rumore dei boccali che brindano nelle numerosissime birrerie che i praghesi considerano come il primo polo per la vita sociale cittadina e l’agitato ticchettio dei semafori verdi che durano sempre troppo poco. Chiude la sinfonia il silenzio, che già da prima del crepuscolo scende sulle vie secondarie dei quartieri meno turistici.
Questa pensiamo sia la musica di Praga, una composizione che rimane dentro a chi ha avuto la fortuna di chiamarla casa, anche se solo per poco. Un’overture che si impregna addosso al viaggiatore come l’odore di fumo dei locali della città, ma senza dubbio molto più piacevole, e che ci accompagna in una città lenta, nostalgica e che non riusciamo a comprendere del tutto, che sembra aver deciso con maturità di non sentirsela ancora di passare dalla parte dei paesi occidentalizzati e che vuole conservare, nel suo piccolo, le sue tradizioni, che vuole ancora vedere le cose con un occhio che coglie i piccoli piaceri che noi, paesi europei, nella nostra frenesia, non siamo più in grado (forse) di vedere.