Italia che vai, Polpo di fulmine che trovi
Doveva essere Namibia, alla fine sono state Marche ma vabbè. Se colpo di fulmine doveva essere, poco importa la latitudine o il fuso orario. E nel nostro caso colpo di fulmine è stato. Anzi, per essere precisi, il nostro è stato vero e proprio polpo di fulmine.
Amore a prima vista per una storia bella di passione tradizione ed entusiasmo. Per una storia che molto ha a che vedere col cibo ma molto di più con la bellezza.
Ma la domanda è: può un vasetto contenere la bellezza? La risposta è decisamente sì, quando decidi di racchiudere in un vasetto la bellezza di un territorio, la bellezza di una idea e la bellezza del sorriso di un’intera famiglia, cane incluso. Allora ricominciamo, perché come sempre ho iniziato a straparlare, anzi a strascrivere e ho dimenticato la cosa fondamentale, vale a dire di cosa stiamo parlando.
Del perché siamo capitati qui nelle Marche è una storia lunga, diciamo solo che mancata Namibia più una mancata Asia uguale Marche, che detta così non ha nulla di logico e di matematico, ma la matematica non fa per me e invece mi piace pensare che semplicemente doveva andare così e così è andata e quindi Marche siano.
Tra mare, girasoli, lavanda e… polpi, in una caldissima giornata di luglio siamo arrivati a Montelabbate, sperduto paese di poche anime in provincia di Pesaro-Urbino. Gaia, la figlia dei proprietari del polpo di fulmine, non la conosco di persona ma é tra le migliori compagne di non viaggio che abbia avuto, me ne sono accorta da subito.
Saremmo dovute partire per la Namibia a fine marzo, dopo il mio innamoramento di gennaio per questa terra, quando presa da un attacco di nostalgia già sul volo di ritorno avevo preso un biglietto per ritornarci due masi dopo. Quando un’altra anima inquieta come la mia mi fa ok se tu ci rivai ti seguo ma diciamolo a Gaia che è forte vedrai… A pelle è stato subito sì.
Poi metti una pandemia mondiale, il blocco, la delusione, insomma una storia trita e ritrita che conosciamo tutti, ma come si suol dire è inutile piangere… sul polpo sbattuto.
E durante il blocco scopro la fantastica famiglia Morri e i misteri della vaso cottura e poi il nome… Polpo di fulmine, solo per quello fosse stato pure in capo al mondo ci sarei dovuta andare ma sono stata fortunata non mi è servito neanche il passaporto, più facile del previsto.
Le Marche, eletta dalla Lonely Planet tra le regioni più belle del mondo, praticamente dietro casa. Poi se lasci fare alla vita, lei in qualche modo mette tutto in ordine, pesca in mare le persone giuste, ci butta nel mezzo un pizzico di imprevisto, mette tutto nel frullatore, schiaccia il pulsante ed eccoci qua nelle Marche. Diciamo che per due come noi
abituati a fare un sacco di strada, 50 km dal nostro B&B per raccontare una storia sono un invito irrinunciabile.
La storia di Polpo di fulmine
L’idea di Polpo di fulmine nasce nel luglio 2019 da mamma Cinzia che dopo 20 anni nella ristorazione ha perfezionato l’idea della vaso-cottura. La tecnica è antica ma poco nota, l’idea è quella di cuocere il cibo in vasetti di vetro chiusi per conservarne tutte le proprietà organolettiche, riducendo i grassi al minimo, essendo molto simile a una cucina al vapore.
Dalla pasta al pesce, dalla lasagna al dolce tutto può essere fatto in vaso cottura, con il vantaggio di una vita lunga dai trenta ai quaranta giorni per ogni piatto. In poche parole: tanta sapienza condita dal vero marchio di famiglia: una allegria contagiosa che fa la differenza.
Perché essere accolti da una buona cucina é cosa comune ed è una gioia per il palato ma essere accolti da un sorriso é cosa rara ed è una gioia per l’anima.