Playas del Este
Il Boeing 767 della Air Europe parte abbastanza puntuale. È il nostro secondo viaggio oltreoceano dopo il Messico, per far passare le 12 interminabili ore che ci separano dal caldo dei Tropici leggiamo e cerchiamo di dormire un po’. I cuscini appositi comprati all’Ikea si rivelano molto utili. Almeno si evita di contorcersi in tutti i modi per cercare di trovare una posizione accettabile, se non proprio comoda.
Arriviamo all’aeroporto dell’Havana intorno alle 19 ora locale. Il controllo del passaporto e del visto è molto severo, due agenti della dogana ci squadrano dalla testa ai piedi per verificare se siamo proprio noi le persone ritratte nella foto. Ok, tutto a posto, possiamo passare.
Recuperate le valigie, ne approfittiamo subito per cambiare 100 euro in pesos convertibili, la valuta dei turisti. 1 peso convertibile vale poco meno di 1 euro, dal che si deduce che i prezzi per chi soggiorna a Cuba sono equiparabili a quelli dell’Italia. Le notizie che ho letto su Internet circa i dollari si rivelano corrette: da novembre 2005, a causa dell’inasprimento dell’embargo da parte degli Stati Uniti, i dollari sono tassati al 10%. Anna ovviamente non si è fidata e ha voluto portare comunque 150 $ che ci resteranno sul groppone fino al nostro rientro in Italia.
All’uscita ci aspetta un autobus non proprio ultimo modello che porterà noi ed un folto gruppo di altri italiani al nostro albergo a Playas del Este. Il cielo è nuvoloso, pare che negli ultimi giorni ci sia stata una perturbazione piuttosto rara in questa stagione, ma il tempo dovrebbe migliorare. Speriamo. La strada è piena di buche e assolutamente senza indicazioni, bisogna andare a memoria o tirare a indovinare. Per le 20 arriviamo al Club Atlántico, a Santa María del Mar, 20 km circa ad Est della capitale. Siamo cotti e anche un po’ perplessi. In realtà è la prima volta che viaggiamo con formula all inclusive, siamo un po’ allergici ai tour organizzati e di solito preferiamo muoverci in completa autonomia. Guardiamo quindi con un po’ di sospetto il classico braccialetto rosso che ci fanno indossare… Va be’, è inutile essere prevenuti quando si è in piedi da quasi 24 ore. Diamo una rapida occhiata alla camera (carina, anche se avrebbe indubbiamente bisogno di una rinfrescata, molto spaziosa, con un bel terrazzo con vista – trasversale – sull’Oceano,), cena al ristorante (discreto, con un buffet abbondante) e poi al bar, dove un complessino sta suonando musica caraibica. Resistiamo 3 canzoni e poi ci trasciniamo in camera, dove crolliamo esausti.
26 Marzo 2006, domenica Santa Maria del Mar + L’Havana Rimbambiti dal fuso orario, alle 3 di notte ora locale siamo svegli. Alla fine, riusciamo a riaddormentarci fino alle 8.30. Appena aperte le tende, però, ci aspetta una poco gradita sorpresa: il cielo è ancora coperto da nuvoloni grigi e c’è un vento che porta via. Dopo colazione, andiamo all’appuntamento con Hector, il nostro referente sul posto e – vista la situazione meteo sfavorevole – decidiamo di prenotare 2 posti per il tour organizzato dell’Havana previsto per il pomeriggio. Anna si cambia 4 volte in mezz’ora: da gonna & canottierina molto “Tropici” a jeans, maglietta & maglione di cotone molto “uhm, ma che freddo fa?”. Non certo l’abbigliamento che uno si aspetta di dover indossare ai Carabi.
Passiamo la mattina in piscina, a leggere e a fare conoscenza con i nostri compagni di albergo. Il Club Atlántico non è affatto male. Gli animatori sono tranquilli, ti lasciano in pace senza cercare di coinvolgerti a tutti i costi in qualche attività. Meglio così.
Alle 14.30 arriva il pullman, in circa 20 minuti raggiungiamo l’Havana, 2.300.000 abitanti (su un totale di circa 11.500.000 in tutta Cuba) distribuiti in 15 distretti. È domenica, il traffico è quasi assente e per fortuna anche il temuto inquinamento. Con l’autobus facciamo un rapido giro del Miramar, il quartiere residenziale dove si trovano le ambasciate, e del Vedado, la zona degli alberghi stile Las Vegas, dei ristoranti e dei locali notturni, luogo di incontro di molti pezzi grossi della mafia americana degli anni Cinquanta. Passiamo per la Rampa, la strada più frequentata della città, e lungo il Malecón, il mitico lungomare, e Anna è già in preda a una mezza crisi isterica perché non è prevista una sosta per scattare qualche foto. Si placa solo quando arriviamo in Plaza de la Revolución, diventata simbolo della rivoluzione cubana per le grandi adunanze politiche che vi si tennero negli anni Sessanta. Intorno alla piazza – immensa – si trovano il Memorial José Martí (una specie di Garibaldi locale, fautore – almeno idealmente – dell’indipendenza cubana), una struttura a pianta stellare alta 142 metri, l’ufficio di Fidel Castro e il Ministero dell’Interno, dove spicca il murale dedicato al Che e lo slogan “Hasta la victoria siempre”. Proseguiamo verso il Centro Habana e facciamo una seconda sosta presso il Capitolio Nacional, simile al Palazzo del Campidoglio di Washington, una delle meraviglie architettoniche della capitale. Ne approfittiamo per fare 2 passi nel vicino Parque de la Fraternidad, stracolmo di bambini e ragazzi che giocano a baseball. Anna non resiste e si fa immortalare all’interno di un vecchio macchinone color lilla tirato a lucido, ovviamente dietro pagamento di una piccola mancia pari a 1 peso convertibile. Ma quello cos’è?? Un mega-autobus trainato da una motrice di un camion… il famoso “camello”, che collega le varie zone della città. Il tour si conclude con un giro a piedi nell’Habana Vieja, il vecchio quartiere coloniale, un posto bellissimo nelle sue contraddizioni: piazze raccolte, chiese, piccole case dai colori pastello appena restaurate vicino ad altre che crollano letteralmente a pezzi senza che nessuno sembri accorgersene. Da Plaza de San Francisco de Asís con l’imponente Lonja del Comercio (ex mercato alimentare costruito nel 1909) a Plaza de Armas, con il suo giardino incorniciato da altissime palme reali ed i suoi imponenti edifici barocchi; dalla Catedral de San Cristóbal de la Habana con la sua splendida facciata barocca alla Bodeguita del Medio, minuscolo locale reso famoso dalle abbondanti bevute di rum di Hemingway; da Obispo, elegante via commerciale pedonale che attraversa il quartiere, ai vicoli stretti carichi di storia e di fascino; dalle vecchie signore agghindate che fanno finta di fumare il sigaro per raggranellare qualche pesos dai turisti ai locali che servono fantastici mojitos, alla gente che suona e che balla in ogni momento e in ogni luogo. Questa è la magia dell’Havana, e ne rimaniamo assolutamente entusiasti. 27 Marzo 2006, lunedì Santa Maria del Mar Giornata all’insegna del mare e del relax, anche se il tempo rimane un po’ incerto. Per domani prenotiamo un’escursione di 2 giorni a Santa Clara, Trinidad e Cienfuegos. Anna è riuscita a convincermi come al solito.
La sera andiamo a Guanabo in una casa particular – le case dei cubani dove possono essere ospitati i turisti – per una cena tipica. Ovvero riso con fagioli neri, qualche gamberetto con salsa piccantina e aragosta alla brace. Niente di speciale, anche perché le aragoste sono un po’ scarse rispetto al numero dei commensali, ma carina l’atmosfera.
Terminiamo la serata al bar dell’albergo, a sfruttare a dovere l’all inclusive bevendo rum alla grande.
28 Marzo 2006, martedì Santa Maria del Mar > Santa Clara Partenza con il pullman (in ritardo) alle ore 9.30. A mano a mano che ci allontaniamo dal distretto dell’Havana il paesaggio cambia: molto verde, punteggiato ora da piccole case sgarruppate ora da enormi casermoni di chiaro retaggio sovietico, orribili. Breve sosta per un caffè in un posto super-turistico (La Fiesta Campesiña, o qualcosa del genere), alle 11.30 arriviamo a Santa Clara, la città dove il 28 dicembre 1958 un gruppo di guerriglieri guidati dal Che sconfisse le ben più numerose truppe di Batista. Questa vittoria dei rivoluzionari fu il presagio della fine per il dittatore, che 2 giorni dopo lasciò il Paese (trovando peraltro rifugio a Santo Domingo con una valigia piena di svariati milioni di $). La prima tappa della nostra visita è il complesso dedicato a Ernesto Che Guevara: il monumento, il museo sulla sua vita ed il mausoleo che dal 1997 custodisce le sue spoglie, restituite dalla Bolivia dove il Che venne fucilato nel 1967. In questo luogo, immenso e silenzioso, si ha la percezione di che cosa significhi il Che per i cubani. Un qualcosa a metà tra un eroe, un angelo e un santo. Anzi di più. Mi chiedo se le cose sarebbero andate nello stesso modo se il Che non fosse stato così fotogenico e se non avesse amato così tanto farsi fotografare in ogni dove.
Pranzo abbastanza triste all’albergo La Granjita, dove passeremo la notte. Il contesto però è carino: tanti bungalow “bifamiliari” immersi in un aranceto.
Nel pomeriggio facciamo visita al treno blindato che Batista inviò come rinforzo ai suoi soldati e che venne fatto deragliare dai ribelli capeggiati dal Che. Oggi i suoi vagoni ospitano un museo. Dopo un paio d’ore trascorse a passeggiare per le vie di Santa Clara – dove assistiamo ad un comizio politico all’insegna di “Socialismo o muerte!” e dove facciamo due chiacchiere con il simpatico Fernando, che ci regala una banconota da 3 pesos cubani, la moneta utilizzata dai locali – torniamo in albergo. Piccola siesta ai bordi della piscina, cena soddisfacente e poi a nanna, siamo cotti.
29 Marzo 2006, mercoledì Trinidad + Cienfuegos Partenza di buon’ora dall’albergo, dopo un’abbondante colazione. A metà mattina arriviamo nella Valle de los Ingenios, una verde vallata tra Trinidad e Sancti Spíritus, punteggiata dalle rovine di piccoli zuccherifici dell’Ottocento (ingenios). Facciamo una sosta presso Manaca Iznaga, una tenuta fondata nel 1750 e acquistata qualche anno più tardi da Pedro Iznaga, che divenne l’uomo più ricco di Cuba grazie alla tratta degli schiavi. La torre alta 44 m, che si erge accanto all’hacienda, veniva usata proprio per sorvegliare il lavoro degli schiavi nelle piantagioni. L’imponente dimora coloniale gialla e azzurra, l’antica macchina per la spremitura della canna da zucchero, il mercato sotto la torre: sembra di tornare indietro nel tempo di 200 anni.
Altre due brevi soste, la prima al Mirador de la Loma del Puerto, che offre magnifiche vedute della valle con il mare dei Caraibi in lontananza, la seconda nella bottega di un maestro vasaio. Finalmente per le 11.30 arriviamo a Trinidad, dichiarata nel 1988 Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO insieme alla vicina Valle de los Ingenios. La città è davvero carina e trasuda atmosfera coloniale da ogni angolo,: case restaurate dalle tinte pastello, chiese maestose, freschi cortili. Anche se i lavori di ristrutturazione sono ben lontani dall’essere conclusi. Plaza Mayor, cuore del casco histórico, è il luogo più bello di Trinidad, intorno a cui sorgono musei, bei palazzi ottocenteschi e la Iglesia Parroquial de la Santísima Trinidad. La vita qui sembra scorrere rilassata e sonnolenta. La piazza emana un’atmosfera di assoluta pace e tranquillità, a parte un paio di scocciatori che vogliono venderci a tutti i costi qualche sigaro di contrabbando. Passeggiando per le vie acciottolate ci imbattiamo nella Casa Templo de Santería Yemayá dove alcuni santeros (seguaci delle religioni afro-cubane, un misto di credenze animistiche e cattoliche) stanno chiacchierando vicino all’altare dedicato a Yemayá, la dea del mare. Il posto è carico di fascino e di mistero, mi piacerebbe avere un po’ più di tempo per approfondire l’argomento.
Breve pausa ristoratrice nella caratteristica Taberna La Canchánchara dove ci rinfreschiamo un po’ bevendo l’omonimo dissentante cocktail a base di agua ardiente, miele, limone e acqua. Facciamo poi visita al Museo Histórico Municipal, situato in un bel palazzo dalle eleganti stanze decorate in stile neoclassico; d’obbligo l’arrampicata fino alla cima della torre per goderci la spettacolare veduta panoramica di Trinidad.
Pranzo (niente di che) in un ristorante in centro, e poi via, di nuovo in autobus verso l’ultima tappa della nostra escursione. Arriviamo a Cienfuegos – soprannominata la “perla del Sud” – intorno alle 16. Peccato che il tempo a disposizione sia davvero poco, un’ora scarsa, perché la città sembra meritare una visita più approfondita. Rapido giro nel Parque José Martí (un nome a caso…), foto di rito al Palacio de Gobierno, sede del governo provinciale, dall’imponente cupola rossa, e alla Catedral de la Purísima Conceptión, mojito per ritemprarsi un po’ ed è già ora di risalire sull’autobus.
Ci aspettano quasi 4 ore di viaggio per ritornare a Santa María del Mar. Anche questa volta non ci siamo smentiti: 1000 km in 2 giorni, giro abbastanza stancante, ma sicuramente ne è valsa la pena per approfondire almeno un po’ la conoscenza di Cuba.
30 Marzo 2006, giovedì L’Havana + Santa María del Mar Il fascino dell’Havana non perdona, bisogna tornarci a tutti i costi almeno una volta. Prendiamo la navetta che 2 volte al giorno collega Santa María del Mar alla capitale. Arriviamo per le 10, veloce giro alla Fería de la Artesanía alla ricerca di qualche souvenir (compriamo una quadro molto carino, allegro e coloratissimo) e poi tappa al Museo del Ron per fare un po’ di scorta. Camminiamo per le strade dell’Habana Vieja fino a raggiungere il Museo de la Revolución, allestito nell’ex Palacio Presidencial, di fronte al quale si trova il carro armato usato da Fidel Castro durante la battaglia alla Baia di Porci nel 1961. Proseguendo oltre, arriviamo finalmente al Malecón, il lungomare di 8 km realizzato nel 1901 durante l’amministrazione degli Stati Uniti. È un posto davvero incantevole nelle sue contraddizioni. Quello che mi colpisce di più è lo strano mix di meraviglie architettoniche, restaurate, decrepite o del tutto crollate, che si staglia alle sue spalle.
Torniamo in albergo per l’ora di pranzo. Pomeriggio dedicato assolutamente al relax: sole, mare & rum. 31 Marzo 2006, venerdì Santa María del Mar Anche oggi ci dedichiamo totalmente all’abbronzatura, non possiamo tornare dai Caraibi bianchi come siamo partiti. Il tempo è splendido, fa caldo ma c’è un bel venticello che ci fa evitare di scioglierci al sole. Il mare ha sfumature tra il verde e il turchese, ci sono delle belle onde, fare il bagno è davvero uno spasso.
Serata dedicata all’Havana by night. Con Raffaella (una ragazza di Pavia in vacanza come noi) e Nini (una delle ragazze dell’animazione) decidiamo di andare al Cabaret Turquino, situato al 25° piano dell’hotel Havana Libre, al Vedado. L’entrata è un po’ problematica perché sono l’unico ragazzo del gruppo, in compagnia di 3 donne. Sembra incredibile ma è così. Si dà per scontato che se una ragazza non è accompagnata è una jinetera in caccia di qualche turista. Finalmente ci lasciano passare e un gorilla ci accompagna in ascensore fino all’ultimo piano. Il locale è circondato completamente da vetrate che offrono un panorama dall’alto dell’Havana davvero insuperabile. In effetti, non appena entriamo, le difficoltà che ci hanno fatto all’ingresso appaiono meno infondate: Nini probabilmente è l’unica cubana che non è qui per accalappiare (o fare da preda, dipende dai punti di vista) qualche straniero. E pare che questo sia uno dei locali più tranquilli in tal senso. Anche questa è Cuba. 1°Aprile 2006, Sabato Santa María del Mar > L’Havana > Cancun > Milano > Genova Giusto il tempo per un ultimo bagno e per rilassarsi un po’ al sole ed è già ora di tornare a casa. Viaggio ancora più lungo ed estenuante dell’andata, è previsto uno scalo a Cancun che alla fine si prolunga per più di 2 ore. Arriviamo a Malpensa con un paio d’ore di ritardo, alle 15.30 di domenica pomeriggio ora locale. Poi navetta per Centrale, attesa di oltre 1 ora, treno per Genova in ritardo, metropolitana. Morale, arriviamo a casa alle 21 passate, stracotti. E anche questa vacanza è finita… Bilancio sicuramente positivo, nonostante qualche perplessità iniziale. Peccato aver avuto solo una settima di tempo a disposizione, Cuba avrebbe meritato sicuramente una visita più approfondita.