Perù zaino in spalla 3

Viaggio nel sud del Paese tra natura e cultura
Scritto da: f.paesano
perù zaino in spalla 3
Partenza il: 12/09/2012
Ritorno il: 28/09/2012
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €

Martedì 11 Settembre

Cerco di fare più in fretta possibile in ufficio e liberarmi per scappare a casa e schizzare con Fede alla stazione centrale dell’Aja. Il treno ci porterà a Bruxelles, da dove inzia l’avventura peruviana. Al nostro arrivo incontreremo un amico dei tempi di Kabul. Purtroppo la sua fidanzata (fatalmente, peruviana) non c’è perché è a casa con la febbre. Fra chiacchiere e risate beviamo un paio di birre al famoso bar Delirium del centro e poi all’una o giù di lì salutiamo Berto e inizia la nostra pena. Ci rifugiamo insieme ai nostri quattro zaini nel fedele ristorantino greco Hellas, dietro alla Grande Place, e ordiniamo una porzione di patatine e da bere. Pensiamo sia preferibile ammazzare il tempo così piuttosto che ciondolare in stazione fra barboni e malviventi per ore.

Come era prevedibile, la notte è lunga e dura a morire, ma speriamo che la grande stanchezza che stiamo accumulando ora ci aiuti a dormire nel lungo viaggio…

Facciamo una passeggiata fino alla stazione di Bruxelles Midi. Da lì il treno per tornare all’aeroporto di Amsterdam (lasciamo perdere) è domattina alle 6:10. Proviamo ad accamparci in terra assieme ad altri viaggiatori dell’alba già accasciati, ma dormire è impossibile, fa freddo e il pavimento è troppo duro.

Mercoledì 12 Settembre

Dopo questa notte infernale, assaltiamo la biglietteria internazionale non appena apre i battenti e ci fiondiamo a scambiare i voucher con i biglietti. Il treno che torna in Olanda passa fantozzianamente per l’Aja. A Schiphol ci attende la sorpresa: siamo in overbooking e solo Fede ha un posto assegnato. Increduli, andiamo al ticket office della KLM lottando per volare e per un posto in business class. Stiamo per contrattare un volo con scalo a Panama in business, quando come per magia compaiono 2 posti sul nostro volo… Meglio così!

Ci imbarchiamo, non senza accorgerci che nessuno ci ha chiesto prova del fatto che effettivamente abbiamo preso il treno da Bruxelles: che rabbia! Meglio non pensarci.

Siamo in penultima fila e il volo è veramente a tappo. Fortunatamente la nostra vicina è una tranquilla signora olandese che va a trovare la figlia che lavora in Perù. Il viaggio è infinito ma liscio, e arriviamo tutto sommato puntuali. Come avevamo letto su uno dei tanti diari di viaggio, all’arrivo a Lima usciamo dal parcheggio dell’aeroporto e prendiamo un taxi concordando 20 soles per la corsa fino a Miraflores. Il Kusillus (25 USD a notte in due con colazione) è un ostello orribile, buono SOLO per la posizione, ma in fin dei conti per una fare una doccia calda e riposare le stanchissime membra può andare.

Andiamo a fare un giro al Larcomar, famoso centro commerciale all’aperto a picco sul Pacifico, mangiamo un panino al Burger King e rientriamo distrutti in ostello, dove sveniamo nel letto.

Giovedì 13 Settembre: Lima

Giornata dedicata alla visita della capitale, anche se tutte le descrizioni, compresa quella della Lonaly Planet, non sono molto promettenti. Ma d’altra parte ci siamo e la capitale va vista, no?

Sveglia relativamente comoda per le 9:30 e colazione nella “splendida” cucina dell’hostal. Scopriremo man mano che le colazioni a questo livello di budget medio/basso sono sempre uguali.

Il tempo fa schifo, c’è un cielo bianco e un’ atmosfera indefinita: potrebbe essere qualsiasi ora del giorno o della notte.

Nonostante cerchino di scoraggiarci, decidiamo di azzardarci a prendere un bus (un mini) per raggiungere il centro e la famosa Plaza de Armas. Prima però facciamo un giro per Miraflores, visitiamo un mercato Inka e le rovine di Huaca Pucllana (niente di trascendentale ma interessanti). Usciti dalle rovine pranziamo in un ristorantino mooolto locale e caratteristico, dove il pranzo è ottimo e abbondante, e per 22 soles in 2!

Saliamo su un bus e arriviamo in qualche modo alla Plaza. È in effetti meno suggestiva che nel nostro immaginario, ma comunque bella. Il Palacio del Gobierno ci offre anche un inaspettato cambio della guardia. Visitiamola Cattedrale e poi la chiesa di S. Domingo, dove sono conservati i teschi dei tre maggiori santi del Perù, e facciamo un giretto a piedi passando per plaza San MartÍn. Riprendiamo un bus per Miraflores e ci fermiamo a comprare due cose al supermercato.

Usciamo a cena con un altro amico dei tempi di Kabul e con alcuni suoi amici, ci aspettano in un ristorante turco che non è niente di che, ma la compagnia è gradevole. Ci riaccompagnano, paghiamo l’ostello e ci buttiamo a letto.

Abbiamo deciso per domani di andare a Paracas con un autobus cómodo (economico), tanto il viaggio è breve. Puntiamo la sveglia alle 3:30, contando di dormire poi sul bus.

Venerdì 14 Settembre: Lima – Paracas – Nasca

Ahimè siamo troppo stanchi e manchiamo miseramente la sveglia. Alle 5 ci bussa la signora delle reception e ci svegliamo col cuore in gola. Pazienza, ci mettiamo subito in pista e con un taxi ci fiondiamo in avenida Mexico, al terminal della Soyuz.

Facciamo un po’ di confusione alla biglietteria e paghiamo due biglietti per Ica (36 soles a testa). Alle 6 si parte, arriveremo per le 10:00. Il paesaggio sulla Panamericana è insolito, la periferia di Lima è sconfinata, la costa molto diversa da tutte quelle che abbiamo visto e lo scenario a tratti lunare: deserto che a stento si distingue dal cieo bianco.

Fede lungo la strada si rende conto che Ica è più lontana da Paracas e ci depisterebbe, quindi scendiamo a Pisco. Ci assaltano tassisti e agenti di viaggio improvvisati. Saliamo in macchina col più scemo del villaggio che ci assicura che c’è ancora un tour per le isole Ballestas (di solito partono di primo mattino fra le 7 e le 8). Ci porta in agenzia, effettivamente il tour sembra esserci. Ci rifila un voucher (35 soles a testa + i 5 che dovremo pagare per l’ingresso alle isole) e andiamo al porto. Peccato che dopo un’ora d’attesa l’agente ci confessi che finché non trovano abbastanza clienti per riempire la lancia, non si esce. Iniziamo a innervosirci, e tenta di farci cambiare programma e portarci alla riserva nazionale di Paracas. Certo, ci andremo dopo, ma siamo venuti fin qui per vedere candelabro, foche e pinguini! Dopo tanta attesa sembriamo aver raggiunto il numero sufficiente e ci imbarchiamo. La lancia è piena e coi salvagenti addosso ci sentiamo inscatolati come sardine. Dopo un po’ di navigazione compare la duna con l’immenso candelabro, senz’altro scenografico, poi preseguiamo in mare più aperto e mosso verso le isole. Finalmente arriviamo e le isole sono in realtà dei bellissimi scogli ricoperti in modo impressionanti di uccelli e guano. Sono uno dei maggiori esportatori di guano al mondo. Poi ecco foche e pinguini: belli! Non sapevamo cosa ci aspettasse, ma non si scende mai dalla barca. Finito il giro rientriamo sulla terraferma e ci facciamo portare alla reserva nacional de Paracas. Lo scemo del villaggio ci chiede 80 soles in 2 mi pare, più di nuovo 5 a testa per entrare. La riserva è molto bella e ventosa. La formazione rocciosa chiamata ”La cattedrale” è stata parzialmente distrutta nel terribile terremoto del 2007 ma è ancora affascinante. La spiaggia rossa è la mia preferita: sabbia rosso fuoco, mare blu e battigia bianca. Secca dirlo, ma sembra proprio il tricolore francese.

Ci rendiamo tristemente conto che per andare all’oasi di Huacachina in giornata e fare sandboarding e buggy sulle dune non abbiamo tempo, e dormire una notte a Paracas forse non vale la pena. Pazienza, speriamo un giorno di tornarci e ci prenotiamo il sorvolo sulle linee di Nasca per il giorno dopo. Sapevamo che il sorvolo era caro, ma non pensavamo tanto: 95 USD a testa.

Prendiamo di nuovo Soyuz che con 4 soles a testa ci deposita a Ica, e da lì sempre con loro andiamo a Nasca (11 soles a testa).

Quando arriviamo l’hotel Camiluz, che l’agenzia ci aveva detto aver prenotato, è pieno, quindi ripieghiamo sul “El Mirador de Nasca” (matrimoniale con colazione 70 soles), proprio sulla plaza de Armas. non si può definire bello, ma come sempre va bene per quello a cui serve. La stanza è piccola e rigorosamente senza finestra sull’esterno, ma la doccia è calda e il letto sufficientemente comodo. Ci sistemiamo e andiamo alla scoperta della cittadina e a cercare la pappa. Mangiamo al ristorante Los Angeles. Fede opta per un menù e io per un piatto. Buonino e il padrone che serve ai tavoli gentilissimo.

Andiamo a nanna, io sono già tesa per il volo di domani, visto quello che ho letto sui tanti resoconti.

Sabato 15 Settembre: Volo linee di Nasca – Arequipa

Come sapevo, ho dormito male, tesa per sto volo. Naturalmente salto la colazione a piè pari (Fede no), e alle 8 siamo sul pulmino con altre 2 turiste spagnole e un polacco diretti all’aeroporto. Vedere i microscopici velivoli non mi incoraggia, ma ormai ci sono, ho pagato e salgo. Ci pesano, ci mandano a pagare la tassa aeroportuale (25 soles a testa), e dopo una lunga attesa ci chiamano in ordine di peso per l’imbarco (sono terza su 5, prima dopo gli uomini L). Siamo 5 in tutto, gli stessi del pulmino. Decolliamo e tutto sommato sto bene, è meno peggio di quanto pensassi. Le linee si distinguono discretamente, ma la spiegazione del pilota che ascoltiamo in cuffia non si sente benissimo. Stiamo tutti bene, ma a un certo punto la spagnola vicino a me cede e vedo che mette mano al sacchetto: ahi ahi ahi! Uno su 5 è perfino poco. Riatterriamo e decidiamo di non andare al cimitero di Chauchilla, ma di tornare in albergo, pranzare e poi partire per Arequipa con bus Oltursa alle 14:45.

Il pulman ha un’ora di ritardo, aspettiamo nella sala d’attesa di Oltursa. Con noi ci sono anche le spagnole del sorvolo. Il viaggio è lungo, pieno di curve e inevitabilmente in salita da un certo punto in poi, visto che dobbiamo spostarci da 0 a 2400 mt d’altitudine. Menomale che è buio, perché gli strapiombi sembrano da latte alle ginocchia…

Verso mezzanotte e mezza arriviamo ad Arequipa. Ci dicono che faremo fatica a trovare un taxi perché è appena finito il concerto di Juanes, ma in realtà dopo 5 minuti siamo a bordo di una macchinetta che ci porta all’hotel prenotato online: El Albergue Espagnol, nel pieno centro di Arequipa.

L’ingresso, a malapena distiguibile dalla strada, è poco rassicurante, ma la stanza non è peggio delle altre occupate finora. La doccia calda c’è e un letto pulito pure, la finestra al solito no (porta-finestra sul ballatoio), quindi per 50 soles ci accontentiamo e ci buttiamo in branda. Appena svegli però andremo a cercare un altro posto dove stare.

Domenica 16 Settembre: Visita di Arequipa

Siamo troppo stanchi per alzarci anche stamattina all’alba, quindi sveglia con calma verso le 9:30. La colazione non è prevista, quindi scrocchiamo il nostro primo tè di coca in una specie di cucinetta su un terrazzino assolato, e usciamo alla scoperta di Arequipa. L’albergo che avevamo puntato purtroppo è pieno, quindi ripieghiamo su Uspalay, a pochi passi dalla Plaza de Armas e dove per 70 soles dividiamo una stanza singola ma carina, finalmente con finestra e terrazzino. Ci sistemiamo e scendiamo diretti alla piazza. Peccato che dopo pochi metri debba rifiondarmi in albergo per usare urgentemente il bagno, senza contare che ogni rampa di scale pesa come un macigno su muscoli e polmoni. Chissà se ho mangiato qualcosa di strano, anche se non mi par proprio… Soroche? Forse mi ha già colpita…

Comunque secondo tentativo riuscito (Fede tanto si gode il suo bel cappuccino). La Plaza della città bianca è molto bella e vivace, il cielo blu terso certamente aiuta. La nostra prima tappa, dopo una sosta al negozietto di alfajores della piazza (ottimi biscottini in mille varianti) è al famoso monastero di Santa Catalina. Con soli 20 soles in più possiamo fare il tour con una guida che parla italiano tutta per noi. Claudia ci spiega le cose fondamentali in modo interessante ma buffo, in perfetto italiano. Il monastero è davvero bello, le stradine al suo interno, tutti quei colori vivaci, il silenzio. Siamo molto soddisfatti della visita. Per pranzo ci accontantiamo di empanadas e papas rellenas in un localino della piazza e poi andiamo alla ricerca di un’agenzia (ce ne sono tantissime) che ci aiuti a organizzare l’escursione al canyon del Colca, il secondo più profondo al mondo.

Ne consultiamo un paio e poi decidiamo di lanciarci nel trekking di 3 giorni. Ovviamente non sono tranquilla all’idea di buttare il mio corpo poco allenato giù per un canyon profondissimo, camminando ad un’altitudine al di sopra dei 3000 metri. Vabbè, ormai è fatta. Con 270 soles in 2 ci fanno il pacchetto di tre giorni che comprende: transporto fino al punto di partenza del trekking, guida, 2 pernottamenti, tutti i pasti compreso il pranzo a buffet in ristorante tipico l’ultimo giorno a Chivay, e varie tappe lungo il percorso. Sono 18 Km di camminata in tutto, che non sarebbero tanti se non fossimo sulle Ande senza ossigeno…

Cerco di non pensarci e continuiamo il giro della città. Saliamo in taxi al mirador di Yanahuara da dove si gode di una bellissima vista sulla città e sul Misti, il vulcano conico con la testina innevata. Poco prima abbiamo incontrato di nuovo le spagnole del volo sulle linee, e ci accordiamo per un pisco sour alle 19:00, appuntamento in piazza grande.

Ci invitano sulla terrazza del loro hotel. La vista sulla piazza sempre vivace è molto gradevole, e il pisco meglio delle aspettative. Ma sarà un po’ l’altezza, un po’ la stanchezza, me lo sento andare dritto alla testa. Loro sono già in cura per prevenire il soroche con sorojchi pills. Subito dopo me le vado a comprare, ma decido che le prenderò solo in caso di soroche conclamato.

Fede si nutre di nuovo con empanadas in piazza. Io, un po’ preoccupata all’idea di salire tanto di quota domani e dover pure camminare, decido di campare con un tè.

Nanna che domani la sveglia suona alle 02:40, verranno a prenderci tra le 3 e le 3 e mezza. Incubo.

Lunedì 17 Settembre: Partenza per il Canyon del Colca

Per le strade di Arequipa nel cuore della notte sfrecciano un gran numero di pullmini bianchi che raccolgono turisti assonnati alle porte di alberghi e ostelli. Puntuale arriva anche Luz a prelevarci. Saliamo sul pullmino e continuiamo il giro delle 7 chiese finché siamo tutti a bordo. Ci fanno una breve introduzione e poi ci invitano a dormire; ci vorranno circa tre ore per arrivare al paese di Yanque, dove faremo colazione. Ovviamente non riesco a dormire e la psiche che sa che stiamo salendo di quota mi fa sentire il respiro corto. Quando arriviamo in alto fuori fa freddo e una compagna di viaggio deve schizzare giù perché si sente male. Fede sta bene e io tutto sommato anche. Arriviamo a Chivay e sganciamo 70 soles a testa per l’ingresso alla Valle del Colca. Il ristorantino dove facciamo colazione (Urpicha del Colca) è carino e per fortuna comincia a sorgere il sole. Mi rimpinzo di mate de coca e come al solito pane e marmellata di fragole. In realtà ci sono anche olive, formaggio e mais tostato(?).

Rifocillati, siamo pronti a continuare col pullmino fino al Cruz del Condor, dove assisteremo al volo dei giganteschi uccelli. Chiaramente è stracolmo di turisti, ma è senz’altro un bel vedere. Rimontiamo a bordo diretti a San Miguel, da dove inizia il nostro trekking.

Incontriamo la guida che ci accompagnerà per i 3 giorni – Armando – e i compagni di cammino: una coppia di giovanissimi crucchi magri, atletici e molto convinti, che oltretutto sono abituati all’altitudine visto che girano fra Cile e Perù da due mesi. Proprio quello che ci voleva per me, che temo seriamente di non sopravvivere a questa esperienza.

La discesa al fiume si fa man mano più dura: scivolo, le gambe cominciano a sentire la fatica della discesa scoscesa, ma come per miracolo a un certo punto arriviamo al fiume. Attraversiamo un ponte di legno e comincia il peggio: la salita. Per fortuna breve, perché ad ogni passo sento che i polmoni stanno per lasciarmi…

Ancora qualche sforzo e arriviamo al nostro alloggio: un insieme di camere un po’ fatiscenti ma in un giardino bellissimo. Pranziamo sotto a una tettoia serviti da Armando nel ruolo di cameriere (zuppa, riso e una porzioncina-ina di lomo saltado). Abbiamo il pomeriggio libero, così con calma scendiamo a fare un giro al fiume, per piazzarci su un bello scoglio piatto a rilassarci. Alle 16:00 però il sole già sparisce dietro alle altissime montagne, quindi non ci resta che risalire al lodge e riposare fino all’ora di cena (zuppa, riso e verdure saltate). Due chiacchiere coi crucchi e andiamo a svenire nel letto, le cui coperte addosso pesano come un materasso. Sono talmente stanca e poco in forma che letteralmente svengo accanto a Fede, come sempre ben più in forma.

Martedì 18 Settembre: Trekking nel Canyon del Colca direzione Oasi di Sangalle

Sveglia alle 7 e colazione sotto la tettoia. Sorprendentemente, Armando, ci porta ben 2 pancake alla banana con marmellata di fragole e tè a scelta. Bevo al solito il mate de coca, illudendomi possa darmi la forza di un toro per la camminata. Alle 8 siamo tutti in pista con Armando, che bianco di protezione solare schermo totale tanto da sembrare Michael Jackson, ci spiega due cose di numero e i crucchi corrono subito avanti come frecce. Attraversiamo paesaggi molto belli, due paesini (Tapay e Malata), dove, senza grande rammarico, troviamo il museo chiuso (e in affitto). A un certo punto del trekking si comincia a vedere dall’alto l’oasi di Sangalle, dove ci aspetta un rinfrescante bagno in piscina al lodge Paraiso e un soggiorno senza elettricità. Arriviamo prima di pranzo e ci assegnano la stanza. Con gioia e sorpresa, benché senza corrente, la stanza è carina e pulita (ovvio, essenzialissima). L’oasi è un paradiso stile disegno dei cartoni animati, un giardino verdissimo sulla sponda del fiume zeppo di fiori e piante da frutta, dove finalmente oziare in piscina è una vera pacchia.

Prima di pranzo approfittiamo del sole cocente per lavare i panni. Ci chiamano a tavola e Armando ci serve come sempre una zuppa con un micro pezzetto di carne di alpaca che ci galleggia, un secondo a base di papas revueltas (due dischi di patate fritte con del formaggio al centro) e un contorno di verdure molto acide. La richiesta dei due maschi di avere un bis di patata non può essere accontentata. D’altronde ce lo avevano detto: comida ligera L. Tentiamo la sorte chiedendo un tè, e ci va di lusso.

Il pomeriggio passa fra piscina e sole, che però sparisce presto dietro le alte montagne. Prima di cena arriva un gruppo tra cui una simpatica coppia di giovani spagnoli. Lei mi fa subito grande simpatia perché è distrutta come me, e lui è espansivo, così leghiamo e ci beviamo una birra Arequipeña (calda) con loro.

La cena a base di spaghetti al sugo (di cipolla) fa specie in un canyon peruviano, ma ci fa fin piacere. Nanna presto in previsione della partenza per risalire il canyon alle 4, con un’ora di anticipo sul resto del celere gruppo.

Mercoledì 19 Settembre: Risalita dal Canyon – Chivay – Arequipa

Suona con nostro orrere la sveglia: sono le 3:30. A fatica ci prepariamo e iniziamo a salire nel buio della notte. L’immensità del cielo così stellato mi fa quasi paura; nel buio della notte con le torce troviamo facilmente la strada.Tutto sommato è bello cominciare a salire soli e con calma. In realtà vediamo tante torcette accese di gente che ha iniziato prudentemente con largo anticipo la risalita. Dovrebbe durare circa 3 ore e, neanche a dirlo, è tutta in salita. Il percorso è faticoso e invidio a più riprese chi ci supera a dorso di mulo, ma tutto sommato me la cavo. I crucchi chiaramente ci superano dopo un’oretta di cammino, e poi ci raggiunge anche Armando. Lungo il percorso incontriamo uno stranamente assortito gruppo di svizzeri e polacchi, che più o meno hanno la nostra velocità di crociera. Incrociamo anche un ragazzo di Fano per cui la risalita è un gioco da ragazzi, visto che è un esperto trekker che affronta camminate oltre i 6000 mt d’altitudine sui molti più imponenti della terra.

Comunque, molte pause e molto fiatone dopo, arriviamo in cima, all’anelata cittadina andina di Cabanaconde. Troviamo i crucchi ad aspettarci, e finalmente, anche se resta un po’ di cammino, andiamo a fare colazione. Gradevole, sul terrazzo assolato di un ristorantino della Plaza de Armas. Pane, burro e marmellata (manco a dirlo, di fragole), uovo strapazzato e mezza salsiccina a testa. Tanto mate de coca e poi giretto per il paese, che, ahimè, ha molto poco da offrire. Recuperiamo gli zaini in un ristorante (che ci fa pagare 3 soles) e aspettiamo il pullmino che ci farà completare l’escursione ai paesi del Colca. Il pullmino è lo stesso, ma compagni di viaggio sono diversi da quelli dell’andata. Sulla via per Chivay ci fermiamo a un mirador e in un paesino (Mata) dove, lungo l’unica strada al cui fondo c’è una bella chiesa bianca, cercano di venderci le solite cose.

Arriviamo a Chivay verso mezzogiorno, abbiamo 50 minuti per goderci l’acqua calda delle vasche termali dello stabilimento La Calera (15 soles a testa). Molto naif rispetto ai nostri standard, ma a modo suo piacevole.

All’una ci portano a pranzo in un ristorante tipico a buffet. Siamo soli, tutti gli altri vanno a un altro ristorante. Il buffet è ricco e i piatti tutti buoni, ma vista l’altitudine e che dobbiamo anche raggiungere quota 4910 mt (Mirador de los Volcanes), mio malgradomi limito molto. Micro girino fino alla Plaza de Armas di Chivay, e via verso il Mirador de los Volcanes. Stranamente non sento niente nonostrante i quasi 5000 mt, ma devo dire che la vista sui vulcani non è mozzafiato. In compenso fa freddo, naturalmente. Foto di rito e via verso la riserva di alpaca. Anche qui scendiamo solo per una foto e ci dirigiamo verso Arequipa.

Indecisi su quando partire per Puno, seguiamo due ragazze francesi che trekkavano con noi fino al loro ostello (Inka Roots). Per 40 soles ci propongono una camera doppia (anzi tripla) con bagno condiviso. Devo dire niente male, senza contare che parliamo di 12 euro. Scendiamo fino in piazza per fare un po’ di spesa per domani e ce ne veniamo a letto.

Giovedì 20 Settembre: Arequipa – Puno

Decidiamo di alzarci all’alba, tanto per cambiare, e prendere l’autobus della compagnia Julsa che parte per Puno alle 4:15 (20 soles a testa). Il viaggio è lungo e il paesaggio bello e a tratti lunare. Siamo al piano di sopra in prima fila con piena vista, ma aleggia un certo olezzo e quando esce il sole sembra di essere in una sauna.

A un certo punto, con nostro, e solo nostro, sbigottimento, sale un predicatore con tanto di microfono, che arringa le folle partendo da Dio per poi arrivare a cercare di vendere ginseng per la forza e la sanità del corpo.

Finalmente arriviamo a Puno dall’alto. La città dall’alto sulla sponda del Titicaca bluissimo sembra perfino carina. Al terminal terrestre ci facciamo imbarcare immediatamente da un cacciatore di clienti per l’hotel Tumi Inn, che ci offre una stanza matrimoniale con bagno privato per 30 solesin due. Andiamo a vedere e accettiamo senza esistazione. Sempre da lui ci facciamo rifilare l’escursione per le tombe di Sillustani per oggi pomeriggio e per domani alle isole Uros e Taquile. Il tutto per 110 soles in 2. Sappiamo che sono escursioni che è possibile fare da soli, ma vale la pena di sbattersi per poco più di 30 euro??

Organizzati, facciamo un giro in città: Plaza de Armas con la sua cattedrale, mercado central, qualche stradina e poi alle 14 ci vengono a prendere in hotel. Il bello della reception è che c’è sempre a disposizione il mate de coca.

Sillustani, non fosse per il paesaggio che davvero merita, non ci sembra qualcosa di eccelso, ma forse siamo solo troppo ignoranti. Certamente non aiuta avere una pessima guida, Ricardo, che parla un inglese confusissimo, e in quanto a confusione non scherza nemmeno in Spagnolo.

Al ritorno ci feriamo a visitare una casa tipica, che mi irrita un po’, visto che è a sorpresa, e come sempre un modo per carcare di rifilare ai turisti ogni sorta di mercanzia.

Torniamo all’hotel e facciamo una passeggiata sulla via principale di Puno, calle Lima, piena di ristoranti e bar. Ne scegliamo uno (uno vale l’altro ci pare qui), che come molti ha anche il forno a legna per la pizza e il menù turistico. Dopo l’antipasto (palta al naturale), mi sento improvvisamente male (sensazione di svenimento, forte nausea, spossatezza). Inizio del soroche, fine della cena per me. Mi faccio incartare la pizza che diventerà il pranzo della gita di domani, anzi la colazione.

Torniamo in hotel, doccia calda e nanna. Sono a pezzi, Fede invece se l’è cavata con un po’ di mal di testa, tosto debellato con un brufen. Prendiamo in affitto (10 soles) una stufetta per la notte, che altrimenti si preannuncia dura.

Venerdì 21 Settembre: Isole Uros e Taquile – Cusco

Tanto per gradire e non perdere il vizio, sveglia all’alba. Niente colazione in hotel. Ci ha detto il tour operator di essere pronti in reception alle 6:45. Alle 7:10 ancora non si vede nessuno, ma la telefonata che fa il receptionist all’agenzia ci rassicura: stanno arrivando.

In effetti poco dopo arriva un tizio che ci sbatte su un taxi diretto al porto.

Ci imbarchiamo su una barchetta uguale alle altre centinaia ormeggiate (l’interno è proprio quello di un autobus) e iniziamo la lentissima navigazione verso le isole galleggianti degli Uros. Come temevamo e sapevamo, si tratta per lo più di una mera attrazione turistica. Ciò non toglie nulla ai colori incredibili del lago, dei loro vestiti e dei bimbi, e comunque un certo fascino queste isole di “vimini” ce lo hanno, anche se pure qui, come in ogni altro posto, lo scopo è venderci di tutto. Facciamo un giretto (10 soles a testa) sulla tipica imbarcazione di totora, e proseguiamo la navigazione verso l’isola di Taquile. Per fortuna il tempo è magnifico e il cielo di un blu cobalto, visto che ci spettano più di tre ore prima di arrivare a destinazione.

Sbarchiamo a Taquile poco prima dell’ora di pranzo. L’isola non ha grandi attrattive, se non i soliti colori incredibili e una plaza piccola e dimessa da cui si gode di una gran bella vista. Pranziamo nel ristorante della piazza (pranzano Fede e il resto del gruppo a dire il vero, io sono insorochita) – menù fisso: zuppa di quinoa, trota alla griglia con patatine e riso e tè di muña, il tutto per 15 soles – e poi riscendiamo al porticciolo per riprendere la navigazione verso Puno. Il ritorno pesa di più, senza contare che la barca non riesce a ripartire in ben due occasioni… Chiacchieriamo un po’ con i compagni di viaggio sul tetto della barca (tante facce continiuamo e continueremo a incontrarle per tutta la durata del viaggio) e a turno entriamo e usciamo dalla barca.

Arrivati a Puno andiamo sparati al terminal terrestre: partiamo per Cusco stasera alle 22:00 in bus con posto semicama (posti cama esauriti) della Power (30 soles a testa) in compagnia di una ragazzina tedesca che era in barca con noi. Arriveremo all’alba, ma niente di nuovo, qualcosa sarà.

Se mi chiedete se l’escursione alle isole vale la pena, vi direi ancora di sì, ma non credo sia all’altezza delle aspettative che solitamente si hanno.

Sabato 22 Settembre: Cusco

Con nostra incredibile sorpresa, e nonostante la notevole scomodità, bene o male abbiamo dormito per quasi tutto il viaggio. Arriviamo al terminale terrestre di Cusco e ci facciamo portare diretti all’hostal Mamà Simona, in pieno centro. Ci è stato consigliato da amici di amici, che vivono a Cusco e hanno un ristorante italiano, e si rivelerà essere il miglior alloggio di tutta la vacanza. Mariniella, che cerchiamo perché ci è stata indicata, ci accoglie con estrema gentilezza, dice che ci aspettava. Ci assegna una bella stanza matrimoniale con bagno (Quilla 1, ricordatevi di chiederla se vi interessa andare) anche se non è ancora pronta, e ci offre perfino la colazione. Rifocillati e liberati degli zainoni, partiamo all’esplorazione di Cusco. Seguiamo il percorso pedonale che ci fanno fare Mariniella e la Lonely Planet; Plaza de Armas, le vie del centro, il mercado San Pedro, molto interessante, il quartiere di San Blas, il palazzo arcivescovile, col famoso e incredibile pietrone a 12 angoli perfettamente incastrato nel muro di cui fa parte. Riusciamo a visitare fugacemente la cattedrale senza pagare il boleto religioso, visto che c’è la messa. La nostra visita non è gradita, ma ce ne facciamo una ragione.

Ci sediamo in un bar/ristorante del centro e ordiniamo una cioccolata calda. Dopo un po’ arrivano due boccali immensi di latte al cioccolato. Buono, anche perché non zuccherato, ma decisamente troppo! Per tutt’e due sono 9 soles.

Strada facendo facciamo qualche micro acquisto per poi spingerci fino in alto. La fatica però è notevole, e non riusciamo a raggiungere il Cristo Blanco. Il panorama è bellissimo anche da poco più in basso, e ce ne accontentiamo. Decidiamo di saltare il Sacsayhuaman e proseguire il giro. Visto che siamo in giro dall’alba, dopo una empanada in un panificio di San Blas (molto più caro di quanto sperimentato finora), riattraversiamo il centro e andiamo in hotel a prendere possesso della nostra stanza. Decisamente molto carina. Come sempre manca un po’ la luce, sia naturale che artificiale, ma di gran lunga questo hostal supera tutti i precendenti. Il bagno in compenso ha la finestra. Il lavandino con il rubinetto dell’acqua calda semplicemente non esiste in Perù, o forse al grand hotel ma non ci giureremmo…

Ci facciamo una doccia e imbacuccati come in pieno inverno andiamo al ristorante italiano di amici di amici per conoscerli e per cenare. Lui è un italiano innamorato del Cusco e lei una simpatica signora peruviana molto romanizzata. E’ piacevole fare due chiacchiere e come sempre all’estero, prendere un po’ in giro il paese ospitante. Purtroppo il soroche non mi consente di mangiare più di mezza pizza mediana (molto buona devo dire) e bere acqua frizzante.

Con gioia torniamo da Mamà Simona e ci mettiamo sotto al piumone. Continuo a non essere un fiore, ma dormo!

Domenica 23 Settembre – Valle Sagrado: Pisac

Mi sveglio che mi sento un canestro febbricitante con stomaco e panza K.O. Per il momento niente febbre, quindi scendiamo a fare colazione intenzionati a dedicare la giornata a una prima parte della Valle Sacra. In programma c’è Pisac, col suo famoso mercato artigianale e le sue rovine inca. Ci facciamo spiegare come arrivarci senza tour organizzati, e andiamo a cercare il paradero da dove dovrebbe partire il colectivo. E’ molto meno facile di quanto sembrasse dalla spiegazione e dalla cartina, ma ce la facciamo e ci ritroviamo su un minibus che parte quando è zeppo. L’autista si ferma per farsi comprare i pop-corn dalla ragazza addetta alla riscossione (5 soles a testa) della corsa e poi proseguiamo verso la valle. Nei quartieri alti di Cusco ci sono delle scalinate infinite che a) chissà dove portano, visto che sembrano sfociare nel nulla, b) chissà come fanno a salirle, visto che i 10 scalini per arrivare in camera in hotel mi uccidono. In meno di un’ora siamo a Pisac, ma la mia forma fisica comincia a deteriorarsi. Non credo di aver mangiato niente che possa avermi fatto male, visto che non ho mangiato niente proprio, ma fatto sta che ho febbre e scombussolamento generale. Ci sediamo in un bar moderno con terrazzo sulla piazza e sul mercato (Blue Llama), Fede beve una buona cioccolata calda (6 soles), e poi procediamo con la visita. Il mercato è carino ma molto turistico, la parte alimentare èleggermente più autentica. Il nostro programma di salire a piedi alle rovine sfuma miseramente, non posso proprio farcela. Ingaggiamo un tassista e ci facciamo portare all’ingresso delle rovine per 22 soles. Paghiamo 70 soles a testa per il boleto turistico parziale, valido per la Valle Sacra per 2 giorni, ed entriamo. Le rovine sembrano molto interessanti, ma c’è un gran vento e io sono sempre più malconcia. Mi accascio e lascio che Fede faccia un girino. Purtroppo dobbiamo accantonare anche l’idea iniziale di almeno scendere a piedi fino alla plaza de Armas di Pisac, perché io sono fuori uso. Altro taxi, altri 23 soles e siamo al capolinea dei coletivos. Torniamo a Cusco, facciamo un salto al supermercato Orion visto che abbiamo la possibilità di usare la cucina di Mamà Simona, e poi con immensa gioia mi butto sotto la doccia e nel letto che saranno le 4 e mezza del pomeriggio. Dormo di lì in poi, mentre Fede poverino socializza con ospiti americani nella sala comune. Resto ovviamente senza cena e continuo la mia pisa febbricitante, sperando nell’indomani per continuare l’esplorazione del Valle Sagrado e riuscire a visitare Moray e le Salineras di Maras.

Lunedì 24 Settembre – Valle Sagrado: Moray e Maras

Sveglia come sempre presto ma non all’aurora, e forse sto un po’ meglio. Se non altro la febbre è passata. Facciamo la solita colazione, che comincia a uscirci dalle orecchie (pane cusqueño, marmellata sempre e solo di fragole, tè e caffè a volontà) e andiamo alla ricerca di un’agenzia turistica che ci organizzi il viaggio al Machu Picchu. Incappiamo nella peggiore (ma forse sono tutte uguali), tenuta da due esagitati che si parlano l’uno sull’altro e ti fondono il cervello. Ci dicono anche che per 20 soles a testa possiamo unirci a un tour che sta partendo per Moray e le Saline di Maras, ma nel loro casino ci fanno fare tardi e il tour è già partito. Ci arrabbiamo e gli lasciamo lì anche il pacchetto per il Machu Picchu, anche se a dire il vero il prezzo non era male. Andiamo in un’altra agenzia, che si rivelerà oltre che più cara anche peggiore, dove compriamo il pacchetto di due giorni (197 USD a testa con trasporto, treno, ostello, ingresso al Machu), e ce ne andiamo alla ricerca del paradero dei colectivos diretti a Maras e Moray. Lo troviamo, il pulmino è quello per Urubabmba, dobbiamo scendere al bivio, ci diranno dove. Con noi c’è una coppia di neosposini polacchi con cui andiamo e torniamo dalla valle.

Dopo più di un’ora arriviamo al famoso bivio e prendiamo un taxi che ci porta a Moray, alle saline e di nuovo al bivio. Ci chiede 60 soles in 4. Accettiamo e ci dirigiamo a Moray. I terrazzamenti concentrici costruiti dagli Inca per fare esperimenti agricoli sono affascinanti. Sono talmente affaticabile che non scendo fino all’ultimo cerchio, mi accontento di vederci arrivare Fede. Faticosamente risaliamo prima che i 40 minuti che ci ha concesso il tassista scadano, e via alle Salineras di Maras. Qui non vale il boleto turistico, e paghiamo l’ingresso (7 soles a testa). Le vasche di sale sul pendente del monte sono un bellissimo colpo d’occhio. Abbiamo mezz’ora per la visita, che ci prende più tempo di quanto concesso. Il tassista cerca di farci un mezzo cazziatone, ma per fortuna i polacchi sono indietro rispetto a noi. La visita è finita, e il taxi ci riporta al bivio. Da lì, in bocca al lupo! Un ragazzo su una macchina privata si offre di portarci a Cusco per 7 soles a testa, ma la ragazza polacca è troppo impaurita e aspettiamo un colectivo. Mal ce ne incolse: saliamo su uno straripante pulmino sgangherato che fa una fermata ogni pochi metri, ma alla fine con 4 soles veniamo depositati intonsi a Cusco. Piccola passeggiata con la coppia polacca, e poi le nostre strade si dividono: loro a mangiare da Romamia spediti da noi, e noi da Mamà Simona a cucinare. Pasta al sugo (io mangio qualche rigatone scondito) e fettina al burro.

Doccia calda e poi ce ne andiamo a nanna, in previsione della tanto attesa escursione al Machu Picchu.

Martedì 25 Settembre: Cusco – Aguas Calientes

Prepariamo gli zainetti piccoli per la breve escursione, e depositiamo quelli grandi nella stanza dei bagagli. Domani sera torneremo a dormire da Mamà Simona, ma in una stanza con letti a castello e senza bagno. Poco male, è da 2.

Per le 8:40 dovrebbe venire Rosemary dell’agenzia a prenderci in hotel per metterci su un trasporto per Ollantaytambo, da dove il treno della Inka Trail (business class, unica disponibile) per Aguas Calientes parte alle 11:15. In un’auto con un autista e un’attempata coppia limeña affrontiamo il viaggio e ci ritroviamo alla stazione con largo anticipo. La stazione e il suo bagno sono fra le cose più pulite viste fino ad ora in Perù.

Il treno è molto bello e caratteristico, anche se mannaggia siamo di spalle rispetto alla direzione di marcia. Davanti a noi una simpatica coppia di signori brasiliani tutti fieri di essere vicini di casa del campione di calcio del Milan, Pato. Il personale di bordo ci offre drink e snack e un’ora e mezza dopo siamo ad Aguas Calientes, anche nota come Machu Picchu Village. C’è una ragazzina che ci aspetta per portarci in hotel, che fatalmente è quello incucuzzolato più in alto di tutti sulla strada principale del paese, a un passo dalle fonti termali. L’hostal Las Rocas non è poi così male.

Ci sistemiamo e usciamo a fare un giro. L’umidità è a livelli sconcertanti, fa freddino e piove. Peccato che qui, pur avendo avuto ogni potenziale dalla loro parte, non siano stati in grado di costruire un paesino carino. Aguas Calientes è brutta per usare un eufemiscmo. Come sapevamo, è tutto caro rispetto al resto del paese, e di qualità mediocre.

Compriamo un minimo di generi di sopravvivenza per il giorno dopo e torniamo all’hotel, dove alle 19:00 dovremmo incontrare la guida per il giorno dopo, Jorge, che invece puntualmente non si presenta. Ci fa uno pseudobriefieng da 3 minuti un’altra pseudoguida. Vabbè, basta sapere dove icontrare Jorge domani. Usciamo di nuovo e ceniamo in uno dei tanti ristoranti in avenida Pachacutec muniti di buttadentro e menù turistico (finalmente il soroche mi dà tregua visto che siamo scesi e riesco a mangiare). Zuppa di quinoa e petto di pollo alla griglia per me, zuppa di mais e alpaca alla griglia per Fede. Dessert, crepe con manjar, che cedo volentieri alla colazione di domani. Niente di che, ma non male tutto sommato.

Poi doccia e nanna, visto che la sveglia suonerà alle 4. Vogliamo essere sicuri di arrivare al Machu Picchu in tempo per vedere sorgere il sole, e il primo pullman parte alle 5:30.

Mercoledì 26 Settembre: Machu Picchu

Come previsto sveglia alle 4:00. Per fortuna essere scesi di quota di circa 1400 mt mi ha fatto bene e mi sento relativamente in forma per salire al Machu.

La colazione è già pronta sulle tavole della saletta. Indovinate un po’? Pane con burro e marmellata rigorosamente di fragole e tè e caffè solubile a volontà. Ma sulla tavola questa volta c’è una sorpresa inattesa: ceste di banane!

Ci prepariamo e scendiamo in fondo al paese per salire sul primo bus. Ovviamente non siamo i primi, ma riusciamo a salire sul terzo. Arriviamo più che in tempo per veder sorgere il sole, peccato che quando presentiamo il biglietto all’ingresso il tornello non si apra. Quella menomata dell’agenzia ci ha emesso i biglietti sì per il giorno 26, ma di ottobre! Increduli e neri insistiamo con gli addetti ai tornelli, che dopo un po’ capiscono, chiamano l’agenzia, e in cambio dei nostri passaporti e biglietti in ostaggio ci lasciano entrare. Per fortuna, perché non solo esserci alzati alle 4 per niente sarebbe stato inacettabile, ma anche perché entrare fra i primi è l’unica possibilità per fare qualche foto senza fiumane di turisti. Peccato però che oggi il sole non sia mai sorto…

Abbiamo appuntamento con la nostra guida, Jorge, alle 7:45 fuori dall’entrata. Appena riconosciamo la bandiera color guinda (bordeaux) assaliamo anche lui circa il fattaccio, minacciando forti reclami. Si riunisce il gruppo e inizia il tour guidato. Per una volta la spiegazione è veramente interessante e ben fatta e il sito, manco a dirlo, mozzafiato.

È uno dei posti più belli che abbiamo mai visto, che non delude minimamente le aspettative di una vita. Quando il tour guidato finisce, giracchiamo da soli e saliamo fino alla Porta del Sole. Non abbiamo prenotato l’ingresso per salire sul Wayna Picchu (bisogna farlo con almeno una settimana di anticipo, anche se le agenzie il modo di trovarti posto credo lo trovino sempre), ma lo spettacolo dalla Porta del Sole è meraviglioso e alto uguale. Ci vuole un’oretta scarsa per arrivare, e merita decisamente. Camminare qui, anche se in salita, non ha paragoni con camminare a 3000+ d’altitudine.

Ci sediamo un po’ a goderci il panorama in compagnia di tanti altri, prendiamo anche qualche goccia di pioggia e torniamo giù. Scendiamo ad Aguas Calientes a piedi. Per tutto il tragitto, fatto di scalini irregolari, faticosi anche in discesa, non faccio che ringraziare di aver preso la navetta per salire. Visto che il ponte a valle apre solo alle 5:00, mai e poi mai saremmo arrivati in tempo (per colpa mia) per veder solrgere il famigerato sole, o comunque per fare una foto solitaria.

Tornati in paese, recuperiamo le cose che avevamo lasciato all’ostello e ci sediamo in un ristorante a bere qualcosa. Con nostra grande sopresa incontriamo Txepe, il ragazzo spagnolo dell’oasi. La moglie è a letto insorochita o comunque malconcia, e ha tutta la mia comprensione. Dovrebbero essere ancora in Bolivia, ma ci spiega che uno sciopero dei minatori o non so che ha bloccato gli spostamenti verso il sud del paese, quindi hanno deciso di tornare in Perù per poi riscendere. Txepe va a recuperare Miriam che rivediamo con grande piacere, e poi sotto la pioggia ci accompagnano alla stazione, dove alle 19:00 il treno di Inca Rail ci riporterà a Ollantaytambo. Niente business class questa volta.

Lo spazio è limitato, viaggiamo di nuovo dando le spalle al paesaggio che passa, ma tanto è buio. Sono tutti stanchi morti e dormono. Davanti a noi c’è una coppia di mezza età di Spagnoli costretti a cambiare programma di viaggio rinunciando alla Bolivia a favore del nord del Perù perché lui non ce la fa più col soroche. Mi sento meno sola, c’è chi sta come e anzi peggio di me.

Da Ollantaytambo il tragitto in minibus sembra non passare mai e salire di quota si fa sentire subito. Anche se stanchi morti appena arriviamo a Cusco prendiamo un taxi (10 soles per andare, aspettarci e tornare) diretto al terminal terrestre: i voli per Lima rimasti sono solo con Lan e troppo cari, quindi decidiamo di tentare la strada del pullman con Palomino, unica compagnia che può portarci alla capitale in tempo utile per non perdere il nostro volo per Amsterdam. Domani dalle 12:30 ci spettano venti ore di pulman, fortunatamente in bus cama (140 soles a testa). Siamo morti, ma arrivare da Mamà Simona ha un che di casa, e prendiamo possesso della nostra nuova cameretta dove ci abbandoniamo a Morfeo.

Giovedì 27 Settembre: Cusco – Lima

Sveglia con relativa calma verso le 8, un lusso da tempo dimenticato. Ogni tanto non vediamo l’ora di essere in ufficio per riposarci… Scendiamo a fare la solita colazione che ormai ci esce dalle orecchie, facciamo un salto al supermercato Orion per essere pronti ad affrontare le venti ore di viaggio in pullman, prepariamo gli zainoni e con un taxi abusivissimo (3,50 soles) andiamo al terminal terrestre. Sorpresa: per qualche motivo non del tutto chiaro il bus non sarà più di soli posti cama, e ci rifilano in cambio di 40 soles a testa un posto semi-cama. Inacettabile, ma non possiamo far altro che accettare invece, visto che è l’unica possibilità per non perdere il nostro volo da Lima. Una volta a bordo l’integerrimo stewart di bordo viene a dirci che per una differenza 50 soles in 2 ha 2 posti cama liberi al piano inferiore. Glieli diamo sottobanco e ci sistemiamo comodamente di sotto. La differenza è notevole.

Il viaggio è infinito, venti ore di tornanti, ma in qualche modo, non chiedeteci quale, passa.

Venerdì 28 Settembre: Lima – Amsterdam

Alle 7:30 siamo al terminal della Palomino di Lima. Un orribile taxista con altrettanto orribile taxi per 30 soles si offre di portarci all’aeroporto Jorge Chávez.

Attraversiamo, nella sempiterna garua (mi piace molto la leggenda che ho letto al suo proposito, cercatela!), zone di Lima deprimenti, e sfidando un traffico selvaggio, arriviamo con largo anticipo a destinazione. Cerchiamo di ammazzare il tempo in qualche modo, per esempio facendo colazione al Mc Donald’s. Facciamo finalmente il check-in e ci liberiamo dei pesanti zainoni. La vacanza è finita 🙁

Consigli pratici

– Se andate in montagna e non sapete se soffrirete il soroche (mal d’altura), per sicurezza comprate in farmacia prima di salire le pastiglie Sorojchi pills o il Diamox. Meglio averle e non necessitarne che il contrario.

– Se avete intenzione di fare trekking, ma anche in circostanze normali, tenete sempre in borsa un rotolo di carta igienica. Non solo compratelo, ma possibilmente portatevene da casa uno di qualità. Oltre ad essere poco reperibile nei bagni pubblici (quasi tutti a pagamento), la qualità è infima.

– Escursioni organizzate. È vero che la maggior parte delle escursioni (es. isole sul lago Titicaca) può tranquillamente essere organizzata in autonomia senza l’assistenza di un’agenzia viaggi. È altrettanto vero però che i prezzi sono comunque molto contenuti, e se si ha poco tempo a disposizione, vale la pena affidarsi a una delle tantissime agenzie presenti ovunque.

– Portatevi pochi e comodi vestiti e scarpe, includendo qualche capo estivo e invernale. Le occasioni mondane se girate tanto durante il giorno non abbonderanno: la sera sarete perlopiù distrutti e più che a cena non credo riuscirete ad andare. Senza contare che vale la pena avere un bagaglio leggero in previsione dei tanti spostamenti e dei possibili acquisti.

– Non sopravvalutate le raccomandazioni sulla sicurezza. Certo, tenete sempre gli occhi aperti, ma come in qualsiasi altro luogo. A parte nelle zone “malfamate” delle città, abbiamo trovato tutto il paese molto tranquillo e sicuro.



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