Perù tutto d’un fiato

Tredici giorni tra i magnifici luoghi del sud del paese... senza un attimo di pausa
Scritto da: Peppone72
perù tutto d'un fiato
Partenza il: 05/07/2011
Ritorno il: 17/07/2011
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
Quest’anno pensavamo proprio di tornare in Sud America, e considerando il periodo non adatto per scendere troppo a sud, la scelta è caduta sul Perù. Un Paese che ci ha sempre affascinato con l’unico neo della mancanza del mare (e possibilmente immersioni) fondamentale in un viaggio! Abbiamo cercato di ovviare alla cosa ipotizzando di raggiungere le Galapagos ma i prezzi erano decisamente proibitivi. Ma come spesso capita non tutti i mali vengono per nuocere, e per cambiare clima e riuscire a farci qualche bagno, uniremo il Perù a Cuba, altra meta che avevamo in testa. I giorni a disposizione lo permetto, 26 giorni divisi a metà tra i due Paesi. Partenza il 5 luglio Roma/Lima, il 17 Lima/l’Havana e il 29 l’Havana/Roma tutto con Iberia. Compreso il volo interno Cuzco/Lima (con LAN) 1.800 € a testa di biglietti. Il programma Peruviano è molto serrato e per non rischiare di perdere qualcosa ci facciamo dare una mano nell’organizzazione da Yolanda e Angelo (lui stabilmente in Italia) che, su nostra indicazione, ci prenotano tutti gli spostamenti in bus e tutte le notti. Costo 560 $ a testa. Il giro del sud del Perù prevede Lima/Isole Ballestas/Nazcaa/Arequipa/Canyon del Colca/Puno e lago Titicaca/Cuzco/Machu Picchu. Presi i biglietti del treno per il Machu Picchu da Ollantaytambo on line con Peru Rail a/r vistadome 100 $ a testa.

5/6 Luglio

Il volo è alle 16.30. Alle 19 circa siamo a Madrid dove è prevista una lunga attesa per la coincidenza. Il volo per Lima è alle 23.00. Paeia al centro? La tentazione di sfruttare così le 4 ore è forte ma lasciamo perdere per non rischiare di non tornare per tempo, e poi, come al solito, sono un po’ indietro con lo studio delle guide e “ripassare” non fa male. Il volo intercontinentale non è comodissimo ma riusciamo comunque a dormire praticamente tutto il tempo, e per fortuna perché l’arrivo a Lima è alle 6 di mattina e così riusciremo ad essere subito operativi. Fuori l’aeroporto c’e’ un signore con un cartello con i nostri nomi. Saliamo in macchina e ci infiliamo nel traffico di questa città. Si perché la prima cosa che si incontra arrivando a Lima è il traffico infernale. File ad ogni incrocio, semaforo… sui rettilinei! Tanto che tra le macchine ferme, come in un mega drive in, girano ovunque venditori di snack e bibite che danno proprio l’impressione che imbottigliata nel traffico qui la gente ci passa gran parte della propria giornata. D’altronde a Lima abitano 10 milioni di persone (poco meno di 1/3 di tutto il Perù!) e sono praticamente assenti i mezzi pubblici. Se non altro, tornati, ci lamenteremo meno del casino sul raccordo il venerdì pomeriggio. Dopo un paio d’ore siamo a casa Yolanda, dove dormiremo stanotte. L’appartamentino è molto carino, e fornito di termos con acqua calda, thè, caffè e frutta. Purtroppo, in procinto per uscire per un giro della città, ci rendiamo conto che quello che credevamo essere il nostro albergo nella cartina della guida, e che era abbastanza al centro, in realtà è pensione Yolanda (!) mentre Casa Yolanda è molto più fuori. Per raggiungere il centro servirà sicuramente un taxi. Prima però c’e’ da cambiare i dollari (siamo partiti con contanti, sia $ per il Perù che € per Cuba). il fratello di Yolanda ci accompagna su una strada dietro la nostra dove, tra i tanti, ci indica un signore per strada che dice essere fidato. E’ sicuramente abusivo, come gli altri, ma operano tutti tranquillamente davanti alla banca (e alla guardia giurata). Cambiamo 500 $ a 1,345 Soles per $ (il cambio all’ufficio era 1,340, praticamente identico). Per 10 soles un taxi ci porta a Plaza dell’Armas, il centro di Lima. Il tempo è di un grigio che in confronto Londra è una località di mare, e resterà cosi. Questa città vive costantemente sotto un tetto di nuvole e smog che non la rende decisamente un gran che attraente. Al centro vediamo il Palazzo reale (con tanto di cambio della guardia), la piazza, altri palazzi e un paio di chiese senza che nulla ci colpisca particolarmente. Decidiamo quindi di raggiungere Miraflores, il quartiere nuovo, e lo facciamo con un combi. Mini bus stracolmi di gente con un ragazzo fisso alla porta di ingresso (aperto anche in corsa) che urla le fermate successive. Gli autisti sono degni della Formula uno, solo che invece che in un circuito qui siamo in pieno traffico! Manovre che dire azzardate è dire poco, sorpassi ai limiti del frontale e velocità impensabili da tenere in quel caos di macchine. Fatto sta che rischiando una decina di incidenti e di esse messi sotto mentre scendiamo! Riusciamo a raggiungere sani e salvi Parque Kennedy… con la certezza ormai che i peruviani in strada siano dei folli! La zona moderna non è tanto più affascinante di quella vecchia. Percorrendo il lungo viale che porta al mare e arriviamo al grosso centro commerciale affacciamo sulla baia dove alcuni temerari surfisti sfidano freddo e onde. Decidiamo di fermarci a mangiare in uno dei tanti ristoranti affacciati sul mare. Due piatti a base di carne e ovviamente il pisco sur. Il cocktail più famoso del Perù però non riscuote decisamente i miei consensi! Ste lo manda giù molto più piacevolmente mentre per me ogni sorso di questa sorta di gin lemon più denso e più aspro è abbastanza una sofferenza. In compenso il cibo è molto buono, il pollo reieno (ripieno) è ottimo! Ormai s’e’ fatta sera, anche se sono poco oltre le 19 e cerchiamo un modo per tornare a casa. Cosa che non si rivela affatto così semplice. Nessuno dei combi ci arriva, perché siamo troppo fuori, e i primi taxi fermati, per lo stesso motivo, o non ci arrivano o chiedono cifre decisamente troppo alte. Dopo diversi tentativi (e qualche km a piedi) un taxi accetta, per 10 soles, e dopo un giro incredibile per evitare il traffico, in 40 minuti buoni, nonostante non fossimo che a pochi kilometri ormai, siamo a casa. Qui conosciamo Yolanda, persona molto cordiale… e loquace! Ci intrattiene una mezzora parlando spagnolo fitto e veloce, dimenticando che non siamo proprio madre lingua, ma non senza un certo sforzo capiamo tutte le sue indicazioni e consigli sul viaggio che ci aspetta. Belli stanchi ce ne andiamo a letto che domani l’appuntamento è alle 3.45.

7 Luglio

Sveglia, colazione al volo e alle 3.40 siamo in macchina direzione stazione dei pulman, obiettivo Paracas per il traghetto della mattina per le Isole Ballestas. Il viaggio di 3 h e mezza, come è facile immaginare, lo facciamo dormendo. All’arrivo c’e’ una macchina ad aspettarci per il porto. Lasciamo gli zaini in un albergo del piccolo paesino e ci imbarchiamo sulla nostra lancia. Indossati i giubbotti, mente la guida inizia a raccontarci della storia e delle caratteristiche di questo particolare gruppo di piccole isole abbiamo un piacevole incontro con un simpatico gruppo di delfini. Nella rotta è previsto il passaggio sotto il bellissimo candelabro, un misterioso disegno su una montagna, alto oltre 250 m le cui origini sono sconosciute e su cui le teorie si sprecano. Stiamo tutto il tempo necessario per fotografarlo e all’arrivo di un’altra imbarcazione riprendiamo la navigazione. Arriviamo alle Ballestas dopo una mezzora ed ad accoglierci ci sono una miriade di uccelli. Vediamo quasi subito anche alcuni simpatici pinguini di Humboldt e, tra scogli e archi naturali, facciamo il giro del piccolo arcipelago. Oltre agli uccelli non è che ci siamo molti altri animali, di pinguini ne vediamo solo altri 3 mentre dei famosi leoni marini giusto 3 o 4 sonnecchianti sugli scogli, mentre ci aspettavamo numerose colonie. Dice che è per la stagione e l’acqua troppo fredda. Il posto è comunque affascinante…e non ci becchiamo neanche un regalino da parte dei numerosissimi pennuti che sorvolano le nostre teste. Verso le 10.30 siamo di nuovo a Paracas e visto che l’autista non si vede facciamo un giro per il porticciolo. Ce ne andiamo poi verso l’albergo dove avevamo lasciato gli zaini, e finalmente ritroviamo la nostra auto. Caricati in macchina partiamo per il tour della riserva di Paracas. La prima sosta sulla collina sovrastante la cittadella non offre particolari spunti o paesaggi ma come entriamo nella riserva lo scenario cambia, e molto! La terra giallo ocra contrasta con un cielo plumbeo e le rocce rosso scuro dando a quest’area desertica un aspetto quasi minaccioso ma al tempo stesso bellissimo. Percorrendo la strada di sale, che taglia in due l’area, ci fermiamo nelle zone e nei belvedere più belli fino a raggiungere la splendida spiaggia rossa, dove l’incontro del blu del mare il rosso intenso della sabbia e il giallo della terra dona al tutto un gran fascino. Pranziamo in un ristorantino che s’affaccia sulla baia in un area dove ora sono presenti solo un paio di case e 2/3 ristoranti. Prima qui sorgeva un paese vero e proprio ma il terremoto e la conseguente mareggiata di 3 anni prima ha praticamente spazzato via tutto. Il prezzo non è economicissimo ma il cibo è ottimo e questo rimarrà uno dei migliori pasti di tutta la vacanza. La meta successiva è alla fabbrica del Pisco, il famoso liquore Peruviano. In una bella azienda vinicola un ragazzetto troppo pieno di se ci mostra il procedimento di produzione fino all’assaggio dei vari tipi di pisco e ovviamente la proposta di acquisto. Considerando che siamo al primo giorno di viaggio (di 26!) preferiamo però non appesantirci con delle bottiglie di liquore. Ci dirigiamo poi verso Huacachina e la sua oasi. Il tratto di strada è abbastanza breve e arriviamo alla cittadina in una mezzora. E’ letteralmente assediata dai ciclo taxi! Ce ne saranno migliaia! La guida ci vorrebbe far fare un giretto turistico ma preferiamo dirigerci subito verso il deserto e, usciti dal centro, dopo un paio di curve arrivano le dune di sabbia. Altissime e spettacolari. Ci propone un giro coi quad, o l’affitto delle tavole per il surf sulla sabbia, ma noi preferiamo semplicemente andare a vedere questo spettacolo della natura da soli, a piedi…ovviamente scalzi. Iniziamo la scalata della duna più alta e arrivati in cima, non senza fatica, lo scenario è mozzafiato. La sabbia è alzata dalle folate di vento che accarezzano le dune modificandone il profilo, e difronte a noi si estende una distesa di sabbia fino a dove si riesce a vedere, con il sole che scende dietro le ultime dune che si riescono a scorgere. E’ bellissimo, non eravamo mai stati in un deserto vero e proprio. Sotto di noi i quad partono in continuazione facendo un rumore che contrasta con la bellezza e la tranquillità del posto. Facciamo un sacco di foto e affrontiamo la discesa sul lato non battuto della duna. Ci ritroveremo sabbia ovunque ma ne valeva la pena! Tornati alla macchina, il tempo per una lavata al bagno di un hotel, e veniamo portati alla stazione dei pulman, dove salutiamo la nostra brava guida. Arriviamo a Nazca in serata. Ad aspettarci c’e’ il simpatico gestore che ci viene incontro chiamandoci per nome. Yolanda, insieme alla prenotazione, gli ha mandato le nostre foto. La nostra pensione è l’Hotel Camiluz. Prima di salire in camera gli chiediamo se fosse possibile organizzare il sorvolo delle linee per io giorno dopo. Ssembra che non ci siano problemi, costo 100 $ a testa. E’ una cosa sicuramente cara ma che siamo convinti di fare. La stanza è graziosa anche se arredata in maniera decisamente kitsch. Scesi per cercare dove mangiare qualcosa ci rifugiamo in una delle 3-4 pollerie presenti in piazza, e un quarto di pollo con birra, per una ventina di soles, se non esaltano il palato almeno tolgono la fame.

8 Luglio

Alle 7.45 abbiamo appuntamento per il riscontro sul sorvolo delle linee. Scendiamo emozionati ma almeno per il momento le notizie non sono buone in quanto è tutto coperto. Comunque sembra non si debba disperare perchè qui le condizioni meteo mutano facilmente e velocemente. Intanto però ci facciamo una bella colazione, buona e varia. Come finiamo ci conferma che si può andare all’aeroporto che c’e’ la possibilità di volare… speriamo di non aver esagerato con pane burro e marmellata! L’aeroporto è a pochi minuti in una zona isolata e quando arriviamo siamo in pochissimi. Facciamo un ulteriore biglietto (da aggiungere al costo totale) e ci mostrano una specie di documentario in italiano sulle linee. Sarà stato girato più o meno 15 anni fa, ma le spiegazioni dei misteri legati a questi enormi disegni non fa che accrescere l’emozione e la voglia di vederli dal vivo. Dobbiamo pazientare un (bel) po’, e verso le 10.30 finalmente il cielo torna sufficientemente azzurro e bisogna solo attendere che arrivi il nostro turno dopo le persone che avevano prenotato (pero’ pure pagato 130 $). Verso le 11.30 siamo sul nostro Cessna a 6 post, cuffie in testa e colazione abbondantemente digerita! La prima linea che sorvoliamo è la balena, o almeno così ci dicono perché non riusciamo a vederla. In effetti quasi tutte le linee, eccezion fatta per il colibri, non risaltano molto tra la terra chiara e le infinità di altre linee che solcano il terreno sotto di noi, ma con un po’ di concentrazione e le indicazioni del copilota non ne “perdiamo” più nessuna. La scimmia, il ragno, il colibrì, il gigantesco condor e tutte le altre, sono veramente affascinanti e regalano una grande emozione. L’albero è l’ultima che sorvoliamo prima di rientrare in aeroporto. Siamo veramente contenti e pienamente soddisfatti, tra l’altro senza aver minimamente sofferto il tanto temuto mal di stomaco. Rientrati in albergo, paghiamo la gita, e ci prepariamo per andare a prendere il pulman che ci porterà ad Arequipa. I posti al primo piano sono comodi, e le prime ore di viaggio se ne vanno via velocissime, ammirando dai finestrini i panorami che attraversiamo fino allo spettacolare tramonto sul mare increspato alla nostra destra. Poi scende la notte e si può riposare un po’. Alla Ciudad Blanca arriviamo a notte fonda, e come previsto non c’e’ nessun ad aspettarci alla stazione. In pochi minuti di taxi siamo al bel Hotel Las torres de Ugarte e andiamo a letto. Mammamia che giornate!

9 Luglio

Finalmente una sveglia tranquilla! Ci facciamo una bella colazione e sul tavolo delle bevande sono presenti anche le foglie di coca per il thè, ormai siamo in montagna. Dopo una visitina alla terrazza dell’hotel iniziamo il nostro giro per la città, ma raggiunta Plaza de Armas siamo costretti a tornare indietro per il chiaro errore di scelta dell’abbigliamento. Stiamo con i pile ma faranno 20°! Una maglia a manica lunga è più che sufficiente. Di nuovo in strada optiamo subito per la visita al monastero di Santa Catalina. Già dall’ingresso si può ammirare l’esplosione di colori che è la caratteristica di questa cittadella dentro la città. Si passa per vialetti e cortili dall’arancione accesso al blu cobalto al celeste ed il contrasto è molto bello. Gli alloggi delle monache sono conservati in maniera perfetta ed alcuni non sono neanche così angusti, anzi, saranno stati quelli delle ragazze con genitori più facoltosi. In genere tutto il monastero è tenuto con molta cura. La visita dura almeno un paio d’ore ed è piacevolissima. Scattiamo le ultime foto al cortile principale con dietro i monti innevati ed usciamo. Torniamo alla piazza principale e la troviamo ancora più affollata di gente e di piccioni rispetto questa mattina. Non c’e’ una panchina libera, anzi si fa quasi difficoltà a muoversi intorno alla bella fontana centrale, con difronte la maestosa cattedrale che occupa tutto un lato della piazza. Ai lati, dei bei porticati (con sopra costosi ristoranti) fanno da degno contorno a quella che probabilmente è la più bella piazza del Perù (almeno di quello che abbiamo visto noi). Visitiamo anche la Cattedrale e proseguiamo per il giro della città senza una meta particolare. Per essere la Ciudad bianca, tutti questi muri bianchi non li vediamo, ma il centro è comunque incantevole. Spostandoci un po’ verso fuori per pranzo puntiamo un paio di posti consigliati dalla guida ma nessuno ci ispira. Dirottiamo quindi sul mercato e tra le diverse bancarelle, di carne, frutta e suovenir siamo attirati dai banchi delle signore che vendono le spremute. Ce ne saranno una 20ina, tutti carichi di frutta, che servono grandi bicchieri di spremuta “senza acqua” come urlano le signore. Proprio di fronte poi, i banchi che le costolette di maiale suggeriscono un’accoppiata niente male, pranzetto a costolette di maiale e spremuta. Ottimo e abbondante! La stanchezza e il caldo si iniziamo a far sentire quindi cerchiamo un po’ di riposo in piazza e lo troviamo solo sugli scalini della chiesa. Grandi uccelli ci volano sopra la testa e la luna appare sopra la cattedrale. La breve pausa però non basta, un bel pisolino pomeridiano è quello che ci vuole, quindi si va verso l’albergo. La cosa bella di stare in vacanza è anche non avere orari e infatti appena svegliati, verso le 7, con un certo languorino si va subito a mangiare. Prima un paio di cocktail in un pub nella carinissima vietta pedonale dietro la Cattedrale e poi, un po’ stanchi dei soliti sapori, ci sfamiamo con una bella fetta di torta. Dopo una passeggiatina serale tra le luci di una splendida piazza de armas in versione by night rientriamo in camera. Domani si parte per il tour al Canyon Colca!

10 Luglio

Come ci aveva consigliato il ragazzo alla reception facciamo colazione con l’infuso di coca, e qualche foglia la prendiamo dovesse servisse per il soroche (mal d’altura). Il pulmino da 12 posti è puntuale alle 8.30 e finiti i giri per i vari hotel siamo al completo. Un po’ strettini iniziamo la salita verso le montagne, non prima di aver acquistato altre foglie di coca e avere avuto una veloce spiegazione dalla simpatica guida del percorso che ci aspetta. I monti difronte a noi, completamente imbiancati, sono un bellissimo spettacolo e si fanno sempre più vicini. Finite le case e qualsiasi traccia di insediamento umano la strada inizia a correre tra pianure di erba bassa che si estendono sconfinate fin sotto i monti. Dopo poco abbiamo il primo incontro con le vigogne. Questi simpatici animali, la cui lana è così preziosa, sono di grandissisma importanza per la gente del posto ed insieme a alpaca e lama (gli unici che possono vivere in cattività) rappresentano per loro la possibilità di sostentamento. La sosta successiva è in un parcheggio attrezzato con bar e servizi dove ci prendiamo un altro bel mate di coca per preparare la salita verso le vette più alte. Lo scenario intorno a noi è veramente mozza fiato. Il mate di coca qualche effetto lo ha ma è meglio dargli una mano masticando le foglie, e a parte qualche piccolo fastidio l’altitudine si sopporta bene. Certo non c‘e’ però rimedio alla pesantezza di gambe quando scendiamo a 4.900 m, il passaggio più alto. Per fare i 5 scalini per arrivare al bagno (probabilmente il più alto del Sud America, sicuramente il più sporco!) ci mettiamo più o meno un quarto d’ora e a ogni scalino il cuore arriva in gola. Ammirato lo spettacolo che ci circonda, e fatte tutte le foto che merita, si riparte. Intanto le ragazze spagnole sembrano non stare affatto bene. E il mal d’altura prende un po’ anche me. Le foglie aiutano ma all’ultima sosta e nel tratto di strada prima dell’arrivo a Chyvai lo stomaco è un bel po’ in sobbuglio (sempre meglio comunque delle ragazze che ormai hanno dato di stomaco e sembrano due stracci). A dare un ottimo aiuto arriva Il pranzo. E’ organizzato in un ristorante della cittadina dove, per quanto è pieno, sembra siano portati tutti i turisti di passaggio di qui. Nonostante gli aspetti decisamente turistici (con tanto di suonatore di musiche andine) il menu’ a buffet a 20 soles non è male e aiuta a stare meglio. Durante il breve giro per portarci ai rispettivi alberghi diamo un occhiata al paesino, che non è niente di che. Il nostro hotel, il Pozzo del cielo, è un po’ fuori, su una collina, ed è molto bello. Rifinito tutto in legno e nella stanza un letto mega king size! Non siamo abituati a questi standard nei nostri viaggi ma c’e’ da dire che avere posti dove dormire di categoria un po’ superiore, dove non devi certo preoccuparti se il bagno è pulito o meno, è molto utile per reggere questi ritmi. Testiamo subito il letto per un bel riposino e ci svegliamo per l’appuntamento per andare alle terme. L’impatto non è dei migliori. La piscina aperta in mezzo alle montagne è sicuramente suggestiva ma le signorine vestite in abiti locali che ballano sul bordo vasca intorno ai turisti a mollo ci fanno desistere dall’entrare. Per le due ore successive preferiamo una divertente chiacchierata con David, il simpatico ragazzo tedesco del nostro gruppo che fa il volontariato a Lima e che come non noi ha preferito saltare le terme. All’uscita i ragazzi del gruppo sono comunque soddisfatti dell’esperienza. Per cena ci propongono un locale con tanto di danze tradizionali ma tutti decliniamo l’invito che, a parte non tenere particolarmente ad assistere allo spettacolo, domani la partenza è molto presto ed è meglio riposare.

11 Luglio

Tutti i turisti sono qui a Chivay in quanto di passaggio per il Colca e la dimostrazione è che alle 5.30 di mattina siamo tutti a fare colazione! I pulmini si fermano uno dopo l’altro a caricare i propri turisti ed il nostro alle 6 è fuori la porta. I ragazzi spagnoli sono molto fuori il paese. Prima di andarli a prendere ci lasciano nella piazzetta di un paese vicino dove, nonostante sia appena l’alba, ci aspettano una marea di bancarelle e tutto intorno bimbe in abiti tradizionali che danzano al suono di assordanti casse. Inganniamo la lunga attesa facendo un giretto nella chiesa e girovagando per le bancarelle dove acquistiamo un po’ tutti i pensierini che porteremo a casa. Tornato il pulmino partiamo finalmente per il secondo Canyon più profondo del mondo. La strada, inizialmente asfaltata diviene presto una strada di montagna, sterrata e tutte curve. Con degli scenari intorno da mozzare il fiato. Ci fermiamo due o tre volte a diversi bel vedere per ammirare le vallate, i terrazzamenti e le cime innevate. Percorrendo queste mulattiere una ruota bucata ci puo’ stare ma guida e autista provvedono velocemente sostituendola, mentre donne dall’età indefinita salgono a piedi con le loro ceste verso non si sa bene dove. In tarda mattinata siamo finalmente sul Canyon. La presenza di turisti è piuttosto elevata ma c’e’ spazio per tutti. Facciamo una passeggiata sull’orlo del canyon che, con i suoi 3.800 m, è veramente imponente, mentre la guida ci spiega le caratteristiche del luogo, delle piante e degli animali presenti in quest’ambiente così impervio. Il re degli animali è sicuramente il condor. E’ uno dei volatili più grandi al mondo con il suo metro e mezzo di altezza e 3 metri di apertura alare, vive ormai in pochissimi posti al mondo. Nella risalita del canyon, verso il bel vedere, ne ammiriamo uno ma così da lontano che neanche i migliori zoom riescono ad inquadrarlo. Ci affrettiamo ma prima che di riuscire ad avvicinarci sparisce dietro la montagna. Attendiamo allora fiduciosi sopra le terrazze, costruite proprio sopra i loro nidi, che un altro si faccia un giretto nella vallata. Dopo un oretta l’attesa è premiata. Una femmina si fa ammirare mentre volteggia difronte a noi con le cime dei monti come sfondo per poi farsi trascinare dal vento, senza mai battere le ali, nella vallata e sparire tra le rocce sotto di noi. Uno spettacolo veramente emozionante! Rimaniamo a lungo ad attenderne un altro ma, a parte uno lontanissimo, i nostri obiettivi non avranno modo di immortalarne altri. Quando ormai praticamente sono già andati via tutti ci rassegnamo a tornare anche noi verso il pulmino, buttando un occhio verso il canyon nella speranza di una sorpresa…che non arriverà. Ma siamo comunque molto soddisfatti. La via del ritorno sembra più veloce e verso l’ora di pranzo siamo di nuovo a Chyvay dove veniamo portati ad un altro ristorante. Solita formula del giorno prima. Finito di pranzare è il momento dei saluti, alcuni tornano verso Lima, noi, insieme agli olandesi e agli spagnoli siamo diretti a Puno. Con noi è solo l’autista, anche la guida torna verso la capitale. Il viaggio non è proprio tranquillo. Il pulmino sembra avere qualche problema al motore e per la prima ora bisogna fermarsi spesso per raffreddarlo. Poi, risolto il problema, ma a tenerci svegli ci pensa comunque la guida “sportiva” del nostro autista che si conferma un peruviano doc. La bellezza degli scenari che attraversiamo per fortuna ci distolgono anche dalla paura delle curve contro mano. All’ultima sosta, prima del buio, godiamo dello spettacolo magnifico di un lago tra le montagne circondato da distese d’erba rese d’orate dal sole che sta calando. Non stacchiamo gli occhi dal finestrino finchè non fa notte con l’immagine delle pianure sconfinate di questa parte di Paese attraversate da una rotaia solitaria che arriva chissà da dove e chissà dove va. Quando ormai è note fonda, dopo circa 4 ore di viaggio, si iniziano finalmente a vedere le luci di Puno con difronte l’enorme distesa nera e piatta del lago Titicaca. Il nostro albergo, il Totorani, è un po’ distante dal centro ed è il primo che si incontra, salutiamo la compagnia e scendiamo coi nostri zainoni in spalla. Il gestore è molto gentile, ci indica la via per il centro dove mangiare qualcosa, 10 minuti a piedi, e ci informa che domani mattina abbiamo l’appuntamento per il tour sul lago. La stanza è carina. Preferiamo riuscire subito che non crediamo avremmo la forza di farlo dopo la doccia, quindi in 10 minuti siamo di nuovo in fuori. Le strade sono piuttosto buie e deserte, le indicazione per raggiungere il centro però sono abbastanza precise e in 10 minuti ci siamo. C’e’ una bella piazzetta illuminata e una via molto “viva”, piena di macchine e persone. La stanchezza però si fa sentire e riprendiamo presto la via di casa. Ci fermiamo per prendere qualcosa da mangiare, un dolcetto e salutiamo quest’altra giornata incredibilmente intensa.

12 Luglio

Dopo colazione c’e’ la macchina della nostra guida ad aspettarci fuori l’albergo. Ci chiede se preferiamo che ci parli in catalano o in inglese ed è simpatico constatare che non siamo sicuri su quale lingua scegliere. Al molo ad attenderci, oltre alle numerose lance pronte a salpare ci sono i numerosissimi turisti pronti a salirci! Saremo una quarantina di persone per barca, sicuramente la cosa risulta molto turistica e prima di partire ci becchiamo pure il suonatore che con chitarra e flauto chiede qualcosa dopo aver suonato un paio di pezzi andini. La velocità di crociera è quella che più meno terrei io a nuoto. Durante il tragitto la guida, in spagnolo prima e nel suo strano inglese poi, ci spiega del lago e delle popolazioni che vi abitano. La prima sosta è alle isole Uros, le famose isole galleggianti. Ce ne sono diverse decine, una affianco all’altra e ogni barca si ferma su un’isola diversa. Qui qualsiasi cosa è fatto con la totora, la pianta che cresce sul lago. I suovenir, le belle barche che sembrano quelle dei vichinghi, le case e le isole stesse! Un paio di persone del posto ci dimostrano come vengono create queste isole, uniche al mondo, con grosse zolle della particolare terra presente in fondo al lago che essendo molto porosa galleggia e con molteplici strati di totora messi sopra. Possiamo fare un giro n, salire sulla vedetta, visitare le loro case e, prima ripartire ascoltare un loro canto tipico contraccambiando ognuno di noi con una canzone del nostro paese, la nostra versione di “Azzurro” è molto apprezzata. Il tragitto verso Taquile è lunghissimo, passiamo la prima parte sul tetto della barca godendo del panorama del lago con le montagne intorno e le barchette dei pescatori, poi, anche per il freddo, ci rinfiliamo in coperta sulle poltrone non proprio comodissime. Arrivati sull’isola ci affianca subito la guida del posto, un ragazzo vestito con gli abiti tipici che ci scorta fin su una collina a passo un po’ troppo svelto, siamo sempre a 3.500 metri e l’altitudine si fa sentire! Da lassu’ si puo’ vedere tutto il lago fino i monti innevati della Bolivia. Purtroppo anche qui la parte “turistica” della gita è inevitabile e seduti su delle panche assistiamo ai balletti di 3 – 4 coppie del luogo, a dire il vero ance loro molto poco convinti. Lasciamo sicuramente un offerta, che il turismo è una fonte importante di sostentamento per questa comunità completamente autosufficiente e che non aveva praticamente contatti con il resto del Paese fino a qualche anno fa, adesso la cosa è un po’ cambiata e si iniziano ad avere anche matrimoni non solo tra persone dell’isola. Si arriva così all’una e tutto il gruppo è intenzionato a partecipare al pranzo organizzato ma noi preferiamo sfruttare per farci un giro dell’isola. Percorriamo gli stretti sentieri in salita fino alla scuola dove i ragazzi giocano a calcio in cortile, arriviamo fin sotto il paese per prendere la via che porta verso l’altro lato dell’isola attraversando campi coltivati. Si incontrando diversi uomini e donne vestiti tutti in maniera tipica che passeggiano o lavorano la terra e che preferiscono non farsi fotografare. L’ora di tempo sta scadendo così torniamo per riunirci al gruppo che troviamo ancora intento a terminare il pranzo. Quando ripartiamo insieme ci rendiamo conto che rifacciamo, identica, la strada fatta prima da soli… potevamo aspettarli li! Proseguiamo però oltre il punto dove eravamo arrivati noi fino all’apice dalla collina, dove è presente un piccolo paese con qualche casa e alcuni negozietti, superati i quali inizia la discesa verso il mare dal lato opposto dell’isola. Attraversiamo diversi archi in pietra e iniziamo la discesa con difronte solo l’azzurro intenso del lago. Dopo una lunga scalinata siamo al molo aspettando la barca che ci riporterà a Puno. Come cala un po’ il sole il vento fuori inizia a pungere e usciamo giusto il tempo di qualche foto alle infinite distese di totora dorate al tramonto. Arrivati al porto un pulmino ci porta in albergo. Molto gentilmente ci hanno riservato una stanza dove hanno appoggiato la nostra roba e dove possiamo lavarci e cambiarci prima di andare a cercare qualcosa da mangiare. Ci fermiamo a una polleria (come ti sbagli!) sotto “casa”, con solo peruviani intenti ad assistere in TV alla sconfitta del Perù contro la Bolivia in Coppa America. Rimandiamo indietro una zuppa immangiabile, ma compresa nel menù, e ci facciamo fuori un bel quarto di pollo e due birre, che il gestore era andato a prenderci nel bar affianco che non aveva alcolici. A cena parliamo della bella giornata passata che, nonostante sia impostata in maniera sicuramente molto turistica sa regalare belle sensazioni e principalmente rendere l’idea della vita in questa parte di mondo così lontana e diversa dalla nostra. Tornati in albergo ci accompagnano alla stazione dei bus dove arriviamo alle 21.00. Saliamo su quello per Cuzco e anche se la scolaresca svedese fa un bel casino la stanchezza è tale che ci addormentiamo praticamente prima di partire.

13 Luglio

Arriviamo a Cuzco a notte fonda. Attimi di panico quando non troviamo i biglietti per il ritiro dei nostri zaini, ci tocca aspettare che tutti prendano i proprio, poi per fortuna ce li danno ugualmente. Ad aspettarci non c’e’ nessuno, unica mancanza di tutto il servizio di Yolanda e Angelo (ma sono pure le 5 di mattina!). Con un taxi, per 10 soles, in pochi minuti siamo al nostro albergo, l’Inkarri. Il ragazzo assonnato alla reception è molto gentile e l’albergo, anche nella penombra delle poche lampadine, sembra molto carino. Dopo un bel sonno rigenerante, proviamo a presentarci per la colazione nonostante la fine del servizio sia dopo 10 minuti ma ci s servono comunque pane, marmellata, frutta e uova, sempre la stessa colazione ma stamattina molto apprezzata.

Nel bel cortiletto dell’albergo pianifichiamo la giornata. Per primo chiediamo alla ragazza della reception se può sentire per un trasporto privato per il giorno successivo fino a Ollaiantaitambo con soste a Chinchero, Maras e Moroy, e sempre lei ci da precise indicazioni su dove sia l’ufficio per acquistare i biglietti per il Machu Picchu. Dopo una decina di minuti a piedi, incontrando pure una manifestazione, siamo all’I.N.C. Scegliamo il biglietto completo, comprensivo di accesso al Waina Picchu che costa 45 soles. Tornando verso il centro ci rendiamo conto che abbiamo di nuovo sottovalutato quanto picchi il sole, e quindi sosta in hotel per cambio abiti. Intanto la ragazza ha avuto già risposta per il tour del giorno dopo che ci propone a oltre 60 soles, piuttosto caro! Ci dirigiamo verso Plaza de Armas che sarebbe a una decina di minuti a piedi ma qualche problemino di comprensione della cartina ci fa allungare un po’ il percorso. In realtà da qui in poi ci orienteremo benissimo in questa cittadina. Nel tragitto proviamo a chiedere a qualche agenzia qualche altro preventivo per il tour fino a Ollanta ma i prezzi che ci sparano sono veramente fuori dal mondo, accetteremo l’offerta dell’hotel. La piazza è dominata dalla Cattedrale, che con le due chiese che sorgono ai suoi lati (in realtà è un blocco unico e le chiese sono comunicanti) è davvero imponente. La nostra preferita però, in particolare di Ste, è l’Iglesia della Compagnia, la cui facciata barocca con le montagne innevate dietro è veramente bella. Anche se preferiamo quella di Arequipa, nel suo insieme la piazza è sicuramente notevole ed il grandangolo ne da conferma. Il giro suggerito dalla Lonely è ben fatto e, con una lunga passeggiata, attraversiamo le principali piazze e vediamo le chiese ed i palazzi più caratteristici. La città è abbastanza caotica ma forse la meno trafficata tra quelle finora viste. La prima lunga sosta la facciamo al mercato. Diviso anche questo per tipo di bancarelle, ci fermiamo a lungo nella zona degli indumenti, dove guanti, calzini e maglie sembrano avere un ottimo rapporto qualità/prezzo, la zona della frutta e verdura non è particolarmente interessante mentre lo è quella dei formaggi dove, dopo una serie di assaggi, prendiamo il nostro pranzo. Un bel panino, sempre del mercato, che non puo’ che essere accompagnato da un bel frullato. C’e’ l’imbarazzo della scelta per il banco dove fermarsi tutti con signora urlante e frutta in bella mostra. Scelto quello con la signora che sembra più simpatica e iniziamo a mangiare e bere il frullato… anzi i frullati! Al 3° bicchierone pieno siamo ubriachi di mango e guaiava! Ma che buoni! Un po’ appesantiti ci incamminiamo sulla via del ritorno. La zona dopo il mercato è sicuramente la meno bella, ma presto siamo di nuovo in piazza, passando per il vicolo con i muri inka meglio conservati del Perù e da qui ci dirigiamo verso la parte alta della città. La famosa pietra con 12 lati è circondata da guide improvvisate, personaggi mascherati da inka e turisti, e sinceramente non merita più di un occhiata. Le stradine strette invece sono molto caratteristiche anche se sarebbe più agevole passeggiarsi se i marciapiedi fossero più larghi di 10 cm. Ogni macchina ci fa il pelo! Dopo un ripida salita si arriva al quartiere bohemien di Cuzco, San Blas. Nella piazza e nei bar ci sono molti artisti da strada, venditori di collanine e semplici “alternativi”, anche se la differenza tra “bohemien” e barboni è labile ed alcuni li catalogherei più nella seconda categoria che nella prima. Il quartiere è molto bello, con stretti vicoli in salita e in discesa, le porte colorate e le finestre sui tetti della città e sui monti alle loro spalle. Non arriviamo alle rovine di Sacsayhuaman che a piedi non è proprio vicino, e poi un po’ di stanchezza si fa sentire. Torniamo verso casa, rendendoci conto in realtà di essere molto vicini senza dover fare a ritroso il lungo giro fatto per arrivare qui. A cena la Lonely consiglia il Jack’s cafè. Prima ci facciamo un giretto dei ristoranti visti nel pomeriggio e nessuno ci ispira particolarmente, quindi arrivati al jack, anche se c’e’ da fare una piccola fila decidiamo di rimanere. Il locale è molto carino ed informale, più tipo pub, e anche il cibo è piuttosto da birreria, panini o piatti unici ma molto abbondanti e gustosi. Con un paio di birre si spende l’equivalente di una decina di € a testa, piu’ che accettabile e poi cambiare un po’ sapori non è male. Sulla strada del ritorno verso casa abbiamo anche la fortuna di incontrare una pasticceria ancora aperta ed allora finiamo la giornata nel cortiletto dell’hotel gustando tortine alla crema e fragole.

14 Luglio

Il tassista si fa attendere un po’ e quando arriva la contrattazione sul prezzo in soles o in dollari non è molto chiara, tra l’altro non sarà lui a portarci ma un suo amico. Alla fine verso le 10 finalmente siamo in viaggio. Sopra di noi un cielo grigio che promette pioggia. La strada per Chinchero sale parecchio, ma ormai all’altitudine siamo abituati. Il percorso non è breve, almeno un paio d’ore nelle quali attraversiamo diversi altri paesi senza particolare fascino. Arrivati a Chinchero parcheggiamo nella piazza di fronte lo spiazzale dove la domenica ha sede uno dei mercati più famosi della zona, ma purtroppo oggi è giovedì ed è completamente deserto. Il paese si presenta subito bene, già dalle scale che portano nella parte alta. E’ un borghetto ben tenuto, con le donne che lavorano la maglia fuori la porta di casa. La piazzetta alla fine delle scale, dove stanno preparando un piccolo mercato, è molto carina. C’e’ una piccola chiesa che una guida gentilmente ci invita a visitare ed è molto particolare, piena di affreschi e muri originali dell’epoca inka. Fuori invece, oltre la piazza, andiamo a visitare le rovine che nonostante non siano particolarmente grandi nè rendano particolarmente bene l’idea della loro composizione originale, sono ben tenute ed inserite bene nel panorama delle montagne circostanti. Lasciamo qualche soles alla signora che tesseva solitaria tra i sassi. Tornati in piazzetta le bancarelle del piccolo mercatino sono ormai tutte pronte a mostrarci i loro oggetti (più o meno sempre gli stessi) tra sciarpe, maglioncini, lavori in legno e anche qui acquistiamo qualche pensierino per casa. Mentre il signore della bancarella degli strumenti musicali suona il suo flauto iniziamo a riscendere verso il parcheggio dove troviamo il nostro autista ad aspettarci. Si parte in direzione Maras e le sue saline. Già dalla strada che discende verso le saline si gode di un bellissimo spettacolo. Sul costone della montagna sono presenti centinaia di piccole piscine a terrazza ognuna di un colore diverso dal bianco al marrone. L’autista ci spiega che in queste piscinette viene convogliata l’acqua salata del fiume che arriva dalla montagna antistante il sito che quando evapora lascia il prezioso elemento dalla cui vendita vivono praticamente tutti gli abitanti della zona. L’ingresso costa pochi soles e li vale tutti. Si può passeggiare sul bordo delle vasche ed ammirare da vicinissimo il bel contrasto tra il loro colore e quello della montagna, mentre sotto di noi una raccoglitrice solitaria gira tra le vasche per prendere il suo carico di sale. Facciamo molte foto, anche dalla strada, con i monti da sfondo, e ci avviamo verso Moroy e i suoi cerchi. E’ un sito più caro e decisamente meno interessante. Per 20 soles si possono vedere questi cerchi concentrici sicuramente affascinanti (si dice fossero per gli studi sulle piante e ancora il sistema di irrigazione studiato dalle popolazioni che li crearono resta un mistero) ma che valgono giusto un paio di foto e, secondo noi, non l’impegnativa discesa (e poi salita!) per arrivarci dentro, tanto più che sotto non sembra esserci altro di interessante e si perde la visione d’insieme. La visita è pero’ risollevata da i due bambini che incontriamo tornando verso l’auto. Il piccolo vicino ai cavalli al pascolo con lo sfondo delle montagne e la bambina che corre sorridente in abiti tradizionali. Si riparte verso l’ultima destinazione del tour, Ollayantaytambo. Lì il taxi ci vorrebbe lasciare e ripartire subito ma, anche in considerazione che non è costato poco e che siamo in forte anticipo sul treno per Aguas Caliente, lo convinciamo ad aspettare con i bagagli in macchina il tempo di un breve giretto per la cittadina. Il giro è veramente breve che Ollyanta è composta da 6 viette incrociate oltre la piazzetta dove siamo arrivati. La breve passeggiata tra i vicoletti con i canali dove scorre forte l’acqua, i muri di tufo e le montagne con le rovine dei vecchi villaggi inka tutt’intorno è molto suggestiva. Dopo poco più di una mezzora siamo comunque di nuovo in piazza e, ripresi i bagagli e pagato il tassista, ci sinceriamo dell’effettiva distanza della ferrovia. Sono qualche centinaio di metri ed il treno non arriverà prima di un oretta, abbiamo il tempo per uno spuntino che consumiamo nei tavolini all’aperto di uno dei simpatici baretti in piazza. Dopo il nostro panino prosciutto e formaggio con l’immancabile succo ci incamminiamo verso la stazione. E finalmente usiamo i nostri biglietti che facemmo tanto tempo fa! Attendiamo, emozionati, sui binari il famoso tremo Inkarail con un magnifico scenario tutto intorno, alte montagne che ci sovrastano e alla nostra destra la fitta vegetazione che nasconde l’interno della vallata. Ed è proprio da lì, anticipato dal classico fischio, che arriva il treno. Scaricati i suoi passeggeri ci carica a bordo…e la salita va per forza ripresa! I nostri posti sono in seconda fila e da lì possiamo sfruttare bene la “vistadome” del treno. La parte davanti, infatti, per il pezzo non occupato dalla cabina di guida, è tutta a vetro e permette di vedere (nonché filmare e fotografare) tutta la strada che percorriamo in direzione Aguas Caliente. Attraversiamo fitta vegetazione e pezzi piu’ brulli e sassosi, con le pareti delle alte montagne, alcune anche innevate, a limitare gli stretti passaggi e con un ruscello che ci accompagna per quasi tutto il percorso. Arriviamo alla cittadina, ai piedi del Machu Picchu nel pomeriggio e da subito abbiamo conferma di quanto letto. Aguas Caliente è un posto molto brutto inserito in un luogo magnifico. Le via sporche, i negozietti, i bar estremamente turistici e gli innumerevoli negozietti di souvenir sono circondante da sontuose e verdeggianti montagne e gli alberghetti si affacciano sul ruscello che taglia la vallata per perdersi tra la vegetazione. Uno degli alberghetti, proprio sul “lungo ruscello” è il nostro, la Pequena casita. In linea con tutti quelli prenotati dagli ottimi Yolanda e Angelo è carino e la stanza confortevole. La connessione ad internet invece pessima. Dell’albergo ci facciamo un giro; c’e’ ben poco da vedere, comunque individuiamo la fermata dei bus per salire al Machu Picchu, proprio sotto il nostro albergo (ottimo!) e il posto che ci sembra meno peggio per mangiare stasera. Prima di cena pero’ abbiamo un importante compito da svolgere, domani è il compleanno di Emmuzzi, fa un anno e dobbiamo girare il video per mandargli gli auguri! Dopo un po’ di prove abbiamo il video, molto simpatico, e dopo un bel po’ di attesa riusciamo anche ad inviarlo… non ne riceverà tanti di auguri da così lontano! La cena è abbastanza terribile, ma il pensiero è rivolto esclusivamente alla giornata di domani… che abbiamo deciso inizierà alle 4.30 per stare in file prima delle 5! Buonanotte… per le poche ore che riusciremo a dormire.

15 Luglio

Bravissimi! Alle 4.45 siamo in fila alla fermata degli autobus, biglietti alla mano. Davanti a noi già una 30ina di persone, da che ora staranno qui?! Comunque la posizione è ottima, dovremmo proprio riuscire ad essere tra i primissimi a salire. A questo punto possiamo alternarci per mangiare qualcosa sfruttando la posizione privilegiata del nostro albergo… e la gentilezza del signore che a quell’ora è già pronto per prepararci uova, toast e caffè. Quando torna Ste la fila ha già abbondantemente superato l’ingresso dell’albergo, a un centinaio di metri, e quando torno io quasi non se ne vede la fine! Alle 7 circa finalmente iniziano a far salire sul primo bus. Non riusciamo ad entrarci, i posti per bus sono abbastanza pochi, ma il secondo non ci scappa! E iniziamo la sterminata serie di curve attraverso le quali si arrampica il mezzo nel buio più totale, illuminato solo da qualche stella che rischiara le vette delle montagne. Come inizio è tremendamente d’effetto! Arrivati in cima si intravedono le prime luci dell’alba. La fila per entrare non è lunga, e nel giro di pochi minuti siamo dentro. Le prime costruzioni che ci accolgono sono case in pietra molto ben tenute, uno sguardo alla guida per orientarci e ci dirigiamo verso le rovine vere e proprie. E alla fine del sentiero in salita sulla sinistra ci si presenta in tutta la sua bellezza lo spettacolo del Machu Picchu! Siamo praticamente soli, una luce fievolissima da dietro le montagne riesce ad arrivare ad illuminare le rovine deserte, il Wayna picchiu e le montagne intorno. Il fascino di questo posto non si può descrivere. Ci godiamo la vista per lunghissimi minuti, intanto che iniziano ad arrivare altri turisti a ridurre, se pur in minima parte, la magia di quel momento. Quindi ci spostiamo nella zona delle terrazze. Qui ci aspettano i lama, proprio quelli che abbiamo in copertina nella nostra Lonle Planet, che ancora non disturbati dall’eccessivo afflusso di persone mangiano tranquilli intorno a noi e ci permettono di fare scatti bellissimi, a volte sembrano mettersi proprio in posa! E’ il posto più alto del sito e anche da qui la visione, con tutto il lato della montagna a portata di obiettivo, è stupenda. Continuando la scoperta, preferiamo il sentiero dietro la montagna che porta al ponte inka piuttosto che la lunghissima passeggiata per la vetta della montagna grande, alle nostre spalle, tanto più che abbiamo in programma la scalata del Wayna Picchu (montagna piccola). Il sentiero per il ponte è a strapiombo sulla vallata e regala scorci niente male. Il ponte in se non è particolarmente affascinante, delle travi di legno su un dirupo attaccate al muro di roccia senza alcuna protezione, tanto da domandarsi come si potesse arrivare fino ad attraversarlo finchè, pochi anni prima, due turisti non ci sono morti (cosa non difficile da credere!). Sulla via del ritorno facciamo l‘incontro con un lama che, probabilmente infastidito dalla troppa confusione si è allontanato dalle terrazze per seguirci. Fa veramente simpatia! Gli facciamo strada e col suo incedere dinoccolato, mangiucchiando cespugli qua e là, incrociandoci ci squadra con curiosità. Tornati alle rovine, ci troviamo ovviamente molta piu’ gente, ma la luce di un sole ormai alto le rendono ancora più belle. Scendiamo e iniziamo il giro tra case, templi e tutto cio’ che costituiva questa cittadina, così nascosta tra le montagne che gli spagnoli, per fortuna, non riuscirono a trovare e distruggere (come quasi tutto il resto della cultura inka). Sono infatti conservate molto bene e in alcuni casi sono presenti le strutture per intero. Va detto che con le indicazioni della Lonely non è proprio facile orientarsi e trovare tutto ciò che è indicato. Comunque anche il solo girovagare in questo posto fuori dal tempo da una sensazione bellissima. Quando è ora ci avviciniamo al punto dove inizia la salita al Wayna Picchu, dalla parte opposta a dove siamo entrati. Il sudore sulla fronte e lo sguardo negli occhi di quelli del turno precedente che alla fine della discesa ci passano affianco sembra far presagire a un impresa tutt’altro che rilassante… ma noi siamo più allenati, figurati se ci impressiona una passeggiata per quanto tosta possa essere! Mbè è molto più tosta di quel che si possa pensare!! Si parte subito con un bello strappo in salita sulle rocce e quando speri che il peggio sia passato, inizia la salita vera e propria. Le corde nella roccia al nostro fianco sono fondamentali sia per spingerci sui gradini o i dislivelli di roccia che siamo chiamati a risalire sia per evitare di cascare di sotto! Quello che impressiona è che questa arrampicata (perché di vera e propria arrampicata si tratta!) è piuttosto pericolosa. Alcuni salgono spediti per un po’, salvo poi trovarli prendere fiato in qualche, raro, pezzo pianeggiante. Chi sembra avere meno problemi è una coppia con bambino, portato dal papà sule spalle per tutto il tempo…complimenti! Durante tutto il percorso comunque lo scenario è molto bello, la vallata col fiume sotto di noi e tutto intorno le montagne delle quali, via via, vediamo sempre più vicine le vette. Dopo un paio d’ore buone, alla prima sosta vera e propria, il panorama da bello si fa meraviglioso. Tra i rami degli alberi, dal belvedere, si puo’ vedere chiaramente tutto il sito del Machu Picchu, piccolissimo, sotto di noi e lo stacco dal buio degli alberi da cui guardiamo alla luce forte del sole ormai alto che illumina le rovine rende lo spettacolo ancora più notevole. Dopo aver ammirato, scattato foto e riposato è ora di riprendere la salita. E’ dura come quella per arrivare fin lì, anzi l’ultimo pezzo forse ancora di più. C’e’, infatti, uno strappo da superare tramite scalini tanto ripidi da salire a “quattro zampe” per non rischiare di cadere, dopo i quali si raggiunge quella che potrebbe sembrare la cima, e da cui la vista è ancora più maestosa. E invece non è ancora la vetta! Girato l’angolo si scoprono altre rocce dopo le quali una fenditura nella montagna dà accesso ad una piccola grotta. Entrati si può avanzare praticamente solo sdraiati, e una luce, dalla parte opposta, indica la via d’uscita. E qui, con dispiacere di chi come noi li ha seguiti stupiti ed ammirati dal principio, deve necessariamente interrompersi la salita dei ragazzi tedeschi con la bimba sulle spalle, che, per quanto tentino, nelle fenditure della roccia non riesce proprio a passare. Noi invece possiamo terminare la nostra salita fino a dei grossi sassi, dove sono ammassati i pochissimi che sono riusciti ad arrivare fino in vetta. E da qui lo spettacolo ripaga veramente di tutti gli sforzi! Siamo nel punto più alto della vallata, le vette delle montagne sono tutte sotto di noi ed intorno solo un cielo di un azzurro incredibile. E da qui si sprecano le foto con la cittadella del Machu Picchu ormai minuscola sotto di noi, con un simpatico giro di macchinette in cui tutti si vogliono far immortalare con la propria. La discesa inizia dalla parte opposta da cui si è saliti, e anch’essa non è semplice. Alla fine siamo al punto di partenza dopo oltre quattro ore , stremati ma felici. Ci sdraiamo per qualche minuto sul bel prato verde in mezzo alle rovine, prima di avviarci verso l’uscita, passando dalla parte bassa del sito che ancora non avevamo visto. Qualche ultimo scatto a questo posto, che anche ormai pieno di gente, mantiene un fascino unico e siamo di nuovo all’uscita. Dopo circa 7 ore da quando siamo arrivati! Sono volate! Saliamo sul primo pulman libero che già attendeva al parcheggio, l’ottimo servizio di bus è un bel valore aggiunto a questo sito che è anche organizzato molto bene. Ci facciamo le mille curve a scendere fino a Aguas Caliente e recuperiamo senza fretta i bagagli in hotel, che abbiamo il treno alle 17.30. Durante il tragitto di ritorno in treno l’emozione dell’andata è sostituita dall’appagamento per una giornata indimenticabile, e da un l’improbabile sfilata degli assistenti del treno che indossano i vestiti in vendita sul catalogo della Perù Rail! Arriviamo a Ollanta che ormai è buio e siamo assaliti da tassisti, o improvvisati tali, che si propongono per riportarci a Cuzco. Ne scegliamo uno che sembra affidabile (si spera!) e dividiamo la corsa con uno del posto che ha la nostra stessa destinazione. La guida (come ti sbagli!) è ai limiti dell’arresto, rimaniamo vigili, nonostante la stanchezza, per tutto il viaggio sperando che sto matto, lanciato a tutta velocità, non si ribalti su qualche curva. Per fortuna arriviamo a Cuzco sani e salvi e finalmente, sempre all’Inkarri, possiamo goderci il meritato riposo.

16 Luglio

Alle 12.10 abbiamo il volo per tornare a Lima, facciamo colazione con calma, forse troppa perché arrivati alla reception convinti che il ragazzo avesse già chiamato il taxi, come gli avevamo chiesto il giorno prima, in realtà ce lo chiama lì davanti a noi. Tarda ad arrivare ed allora ci mettiamo in cerca da soli. Sono tutti pieni, e la preoccupazione di perdere il volo si fa concreta. Il primo che passa vuoto ci saltiamo su, tra le lamentele del ragazzo che continua a dire che quello prenotato sta arrivando…sarà stato probabilmente un amico suo ma per stavolta dovrà rinunciare alla quota sulla corsa, la prossima volta si attiverà prima. Prendiamo il volo regolarmente e arrivati a Lima ci attende il solito cielo coperto e una fastidiosa pioggerellina. A parte rivedere con gioia Yolanda e ringraziarla per l’ottima organizzazione, tornare in questa città non ci da nessun piacere. Ci limitiamo a fare un giro per il quartiere periferico in cui si trova casa nostra per sceglierci il ristorante dove consumare l’ultima cena peruviana. Lo troviamo in una zona piuttosto moderna, dove torniamo verso le otto per farci un bel ceviche, tipico piatto peruviano a base di pesce crudo, buono e fin troppo abbondante, ne lasciamo infatti quasi la metà. Ovviamente con un paio di birre con cui brindare alla scelta fortunatissima di venire a visitare questo magnifico Paese che è stato in grado, in pochi giorni, di regalarci un infinità di emozioni e sensazioni che non scorderemo facilmente grazie alle sue storie, ai sui misteri e alla sua bellezza.

17 Luglio

Di prima mattina siamo in aereoporto e alle 10.30 si parte per l’Havana, Cuba… ma questa è un’altra storia

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Paracas

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