Perù e Colombia-alla riscoperta della Pachamama-3°
Ci trasferiamo alle partenze nazionali e nella lunga attesa ci sediamo in un tavolino del bar, beviamo un caffè (che qui si chiama “tinto”), guardiamo le vetrine dei negozi, dormiamo con la testa appoggiata al tavolo. Alle 13,50 decolliamo con un volo della compagnia Sam per la città di Monteria. Durante il volo mia moglie e Roberta parlano con il loro vicino che è un vice-procuratore il quale dà loro alcuni consigli per le visite che abbiamo in programma di fare. Dopo 50 minuti atterriamo e uscendo dall’aereo sentiamo un caldo umido che ci dà subito fastidio, ma comunque, dopo tanto freddo patito in Perù siamo disposti a sopportarlo! Mia moglie è impaziente di riabbracciare il suo caro fratellino e di vedere se, dopo un anno di missione, è un po’ dimagrito. Troviamo ad attenderci mio cognato Don Marco e il suo “collega” Don Piero. Ci salutiamo felici e con le loro 2 auto Vitara andiamo nella parrocchia “la Union” dove vive Marco. Ci viene presentata Tibisay, la sua giovane perpetua che si offre subito di lavarci la nostra biancheria. D’ora in avanti saremo presentati da Marco io come suo “cognado”, Gabri come la sua “hermana”, Roberta come la sua “prima” e Patty nostra “amiga”.
Siamo ospiti in canonica dove è tutto in ordine, pulito e accogliente. Finalmente ci si riposa! Dopo una doccia andiamo a passeggiare per i sobborghi della parrocchia dove la gente abita in catapecchie di lamiera con il pavimento di terra che vengono spesso allagate dai canali di fogna che scorrono nella zona. Entriamo in una di queste e restiamo allibiti nel vedere tanta miseria. Le parati fatte di tavole di legno posticce sono ricoperte all’interno da pagine di riviste con foto di personaggi dello spettacolo e della moda. Questo dà un po’ di colore a questi ambienti bui e malsani. Fuori dalle case ci sono innumerevoli cani randagi e maiali che si cibano delle immondizie che sono ovunque. Lungo la strada infangata la gente e i bambini ci salutano festosi, mentre noi stiamo sempre attenti a dove mettiamo i piedi.
Dopo essere rientrati ceniamo con un nodo allo stomaco. Dopo averci sistemato nelle camere andiamo a letto presto, visto che siamo molto stanchi.
Venerdì 15 Agosto – Monteria –Arbolete Ci svegliamo alle 7 a causa del vociferare chiassoso di Marco. Era da molti giorni che non dormivamo così a lungo. Poiché qui è un giorno lavorativo, dopo colazione partiamo con la Vitara di Marco per la nostra gita al Volcan de lodo (fango) che si trova ad 1 ora di distanza, in località Arbolete, sull’oceano Atlantico. Lungo la strada vediamo una distesa di pascoli verdissimi con alcune finche (fattorie) dove pascolano numerose mucche. Siamo nella stagione delle piogge e quindi piove un po’ ogni giorno e la temperatura è comunque alta. La vegetazione, di conseguenza, è molto rigogliosa. Ci sono degli enormi alberi la cui chioma descrive un semicerchio con i rami che arrivano fino a terra. Arrivati nel piccolo parcheggio saliamo per un sentierino fino al Volcan de fango che domina il sottostante oceano. E’ una pozza circolare di magma caldo di colore grigio al cui centro zampilla continuamente una bolla ancora più calda. Entriamo uno alla volta nel fango caldo con una “strana” sensazione. Sguazziamo divertiti nella poltiglia che fa galleggiare i nostri corpi. Io, Gabri e Patty ci spingiamo fino al centro dove gorgheggia la bolla. E’ divertente e caldissimo. Una volta usciti sembriamo delle statue di bronzo. Facciamo qualche foto e scendiamo a piedi il sentiero che conduce, in pochi minuti, alla spiaggia sottostante ed entriamo nell’oceano per lavarci dal fango.
Le onde sono un ottimo idromassaggio e ci divertiamo mentre il tempo si annuvola e comincia a piovigginare. Intanto mia moglie viene punta da qualche bestia marina non ben definita. Si lamenta dal dolore e l’accompagno fuori. Le 2 punture sulla gamba si gonfiamo immediatamente fino a formare un’enorme bolla. Visto che piove a dirotto ci ripariamo sotto una casa costruita su palafitta vicino alla spiaggia. Dopo che ha cessato la pioggia tropicale ci spostiamo, in un mare di fango, in un “ristorantino” spartano dove ordiniamo del “pescado”. Siamo seduti sotto una tettoia di foglie di palma e, mentre attendiamo che il gestore ci prepari le pietanze, ammiriamo il paesaggio che ci circonda, con le palme da una parte e il mare dall’altra. Ha cessato di piovere e il cielo si apre. E’ proprio un bel posto per festeggiare il ferragosto! Il gestore ci dice che quel posto con 800 mt di terreno è in vendita per 20 milioni di pesos. Ci viene servito un “Sancocho de Platano e Yuca” (zuppa con vari tuberi) e di secondo pesce, patate a la huancaina, riso e banana fritta. E’ Tutto buonissimo. Passeggiamo poi lungo la spiaggia erosa dal mare fino ad arrivare ad un’altra spiaggetta dove ci sono anche dei chioschi e qui prendiamo un “tinto” (caffè in tazza). Tornati al Vulcan io e mia moglie facciamo l’ultimo bagnetto prima nel fango e poi nell’oceano e, quindi, torniamo a Monteria. Cenando in canonica sentiamo la musica chiassosa e i sermoni degli Evangelici che stanno facendo i loro riti nell’adiacente piastra polifunzionale. Dopo cena noi 4 usciamo e andiamo a curiosare dagli Evangelici. Dopo un po’ si forma attorno a noi un capannello di bambini che ci guardano curiosi, ci salutano, ci chiedono i nostri nomi e da dove proveniamo. Ci accorgiamo che la nostra presenza è di disturbo alla funzione religiosa e allora decidiamo di ritornare in canonica. Fa molto caldo ed è umido. Per dormire siamo costretti ad accendere il ventilatore a pale che scende dal soffitto.
Sabato 16 Agosto – Monteria Alle 5,30 ci svegliamo per andare alla messa dalle suore Clarisse di clausura. Poi, essendo i parenti del loro celebrante, ci invitano a far colazione, naturalmente in uno stanzino da soli. Apprezziamo questa loro gentilezza e ne approfittiamo per acquistare dei dolcetti nel piccolo negozietto che serve loro per mantenersi.
Ritornati in canonica facciamo un altro giro della parrocchia visitando le povere case costruite in mezzo al fango, alle immondizie e ai rigagnoli di fogna che poi si immettono in un canale costeggiato da innumerevoli capanne. Marco ci inviata a fare qualche foto e le facciamo sentendoci a disagio. Ci sembra di violare la loro dignità. Entriamo in una casupola e fotografo una bambina che, orgogliosa, tiene accanto a sé un maialino (ovviamente lurido). In mezzo a tanta miseria ci stupisce la gioia e la serenità con cui ci salutano i numerosissimi bambini che incontriamo ovunque. Quando ricambiamo il loro saluto dobbiamo stare attenti di dire “Ola” e non “ciao” perché quest’ultimo si usa per salutare quando ci si lascia. Dirlo incontrandosi è un segno di scortesia.
Andiamo poi, in auto, nel centro di Monteria per tentare di cambiare un po’ di dollari. Purtroppo è tutto chiuso. Dopo il pranzo ci riposiamo e poi andiamo a visitare un’altra zona della parrocchia, dove c’è un piccolo quartiere dove vivono i maestri e le case sono in muratura e un po’ più dignitose di quelle viste finora. Anche questa sera si replica con la musica e i sermoni degli Evangelici. Per fortuna che alle 22 la smettono e si può dormire.
Domenica 17 Agosto – Monteria Oggi è un’altra giornata di riposo per noi turisti, un po’ meno per Marco che deve celebrare varie messe. A metà mattina andiamo a piedi a visitare la parrocchia di Cantaclara dove opera Don Piero e conosciamo dei ragazzi torinesi che stanno facendo un campo di lavoro per circa un mese. Si sono impegnati a costruire un parco giochi adiacente al centro parrocchiale. Nel pomeriggio andiamo, in auto, a visitare il centro commerciale “Vivero” dove, come da noi, ci sono bei negozi, un rifornitissimo supermercato e anche un ristorante italiano di proprietà di un signore toscano. Ritornati in canonica prepariamo lo zainetto con il materiale che ci servirà per l’escursione di 3 giorni nella zona del Mar dei Caraibi.
Lunedì 18 Agosto – Monteria – Cartagena Oggi torniamo a fare una levataccia. Alle 5 ci alziamo e alle 6 partiamo con un Taxi Luz per Cartagena. Il Taxi Luz (28.000 Pesos-9 Euro) è un servizio taxi di lusso e soprattutto sicuro fatto con delle nuovissime auto monovolume da 6 posti (Kia carnival) dotate di ricetrasmittente che consente all’autista di essere in contatto con la centrale e, quindi, di essere informato di eventuali posti di blocco o altri problemi. Lungo la strada ci sono spesso posti di blocco dei militari che presidiano ogni zona e soprattutto i ponti e gli edifici strategici. Ad uno di questi ci fanno scendere e ci chiedono di aprire i bagagli. Più passa il tempo e più la strada si fa accidentata, e sobbalziamo continuamente. L’autista tiene il climatizzatore al massimo e noi siamo congelati. Alle 9,15 arriviamo al terminal terrestre di Cartagena. Scesi dal Taxi si avvicina un ometto che si propone di accompagnarci in un hotel. Noi siamo in 5 e ci fa salire in un taxi, poi sale lui e con il taxista siamo in 7! Ci Accompagna in un hotel che riteniamo troppo di lusso, poi in un altro troppo spartano e finalmente, al terzo, troviamo quello che fa per noi. E’ l’hotel Bocagrande del Mar dove troviamo una camera con 5 letti per un prezzo economico. Si trova nella città moderna ad un isolato dalla spiaggia. L’ometto che ci ha accompagnati ci chiede un prezzo esorbitante per il suo servizio e per il taxista. Noi gli diamo quello che riteniamo congruo. Usciamo e ci facciamo accompagnare in taxi al centro storico. Cartagena de Indias, decretato dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità nel 1984, fu uno dei porti spagnoli più importanti nel nuovo mondo fin dal 1533, crocevia di ogni traffico verso la Spagna, oro e schiavi compresi. La città conserva le mura di cinta ancora quasi intatte, considerate le migliori del Sud America. Al centro storico in stile coloniale e barocco fa da contrasto la nuova città fatta di grattacieli e palazzoni in riva all’oceano. Visitiamo la plaza San Pedro Claves, la Cattedrale, le viuzze, la chiesa di Santo Domingo, le varie chiese barocche, alcune delle quali ancora lesionate dai terremoti. Tutto è tenuto bene e in ordine. I colori pastello degli edifici e le balconate coperte di fiori ricadenti costituiscono un quadretto molto bello e variopinto. Visitiamo anche una parte delle mura dove svettano ancora dei cannoni arrugginiti dal tempo. Fa molto caldo ma la vista sull’antistante oceano ci rinfresca un po’. Siamo gli unici turisti e molti si avvicinano per venderci qualcosa o per proporci di farci da guida. Entriamo in un ristorantino (“Sienna”) e per 12.000 pesos (4 Euro) mangiamo un buon sgombro alla griglia. Mentre pranziamo comincia a piovere. Quando smette usciamo per continuare la nostra visita. Arriviamo alla piazza dell’orologio dove svetta la Torre del Reloj che è la principale porta di ingresso al cuore storico della città. Uscendo da qui si arriva al porticciolo da dove partono le imbarcazioni per l’escursione giornaliera alle Isole del Rosario. E’ un piccolo arcipelago di isolette bianchissime nell’azzurro del mar dei caraibi decretato parco marino e, come tale, tutelato. Chiediamo informazioni e ci viene proposta l’escursione al prezzo di 30.000 o 40.000 pesos (13 Euro) + 6000 (2 Euro) di tassa di ingresso al parco marino, pranzo incluso. Visto che il tempo non promette niente di buono decidiamo di prenotare domani mattina. Con un taxi ci trasferiamo al Castillo de San Felipe, la fortezza forse più imponente del nuovo mondo. Nel 1627 cadde nelle mani del pirata de Pointis. Successivamente, una volta riconquistato, fu ulteriormente fortificato e ne conquistò la fama di essere inespugnabile. Entriamo e lo visitiamo tranquillamente mentre il cielo continua ad essere minaccioso. Alle 16,30, stanchi, rientriamo in hotel. Dopo averci fatto la doccia (in 5 ci vuole un bel po’ di tempo) usciamo a passeggiare cercando un locale dove cenare. Decidiamo per la pizza e troviamo il locale Kino’s Pizza. Ci sediamo fuori e mentre mangiamo una pizza discreta si avvicina sul marciapiedi una signora che ci chiede di darle qualcosa. In 5 spendiamo 50.000 pesos (17 Euro). Dopo aver passeggiato un po’ alle 21,30 siamo già tutti a letto.
Martedì 19 Agosto – Cartagena Ci svegliamo alle 6,20, facciamo colazione e alle 7,30 usciamo per prendere un taxi per andare al porto. Fuori splende un bel sole caldo. All’uscita ci viene proposta l’escursione alle isole per 35.000 pesos (5.000 in meno di ieri perché è Last Minute) e accettiamo. Andiamo nell’agenzia “Isla del Encanto” lì vicina e paghiamo l’iscrizione. Ci fanno salire in un Chivas (non è un whisky ma un bus turistico senza finestrini e con le panche al posto dei sedili) e ci accompagnano al porto. Arriviamo alle 9 e, dopo aver pagato la tassa di ingresso al parco, saliamo sulla barca veloce dove ci fanno indossare il giubbetto salvagente. Prima di partire la guida ci saluta in spagnolo e poi in italiano, dà la benedizione a tutti e, quindi, partiamo. La barca sfreccia veloce lasciandosi dietro un’alta scia d’acqua. Prima di uscire dalla “Bahia de las Animas” incontriamo il forte Bocachico, avamposto per la difesa della città. Alle 10 arriviamo nella spiaggia di Cholon nell’isola di Barù. L’isoletta caraibica è bellissima, con la sabbia bianca e le palme lussureggianti. L’acqua è limpidissima con un colore che spazia dal verde acquamarina all’azzurro turchese. Non resistiamo alla tentazione di fare un bel bagnetto. L’acqua è calda e la sensazione di benessere e di rilassamento ci riempie lo spirito. Peccato che non ci siano dei bei pesci da vedere! Alle 11,15 gli altri passeggeri si trasferiscono per visitare l’acquario mentre noi, assieme ad un altro italiano, andiamo direttamente all’Isla del Incanto. Nel frattempo il cielo si è un po’ coperto e i colori del mare, in questa spiaggia, non sono belli come quelli appena visti. Alle 12,30 pranziamo con l’almuerzo a buffet sotto le palme. Il menù prevede Pescado (pesce), Aroz (riso), Patacons (banane fritte), Yuca (manioca), insalata, frutta e caffè colombiano e bibita. Ci riposiamo sulle amache fino alle 15 e poi ripartiamo per Cartagena. Nel ritorno la barca fa dei grandissimi saldi con conseguenti tonfi. Gabri e Roberta danno spettacolo perché, ad ogni salto, lanciano degli schiamazzi di paura. Scendiamo e cerchiamo invano una banca per cambiare un po’ di dollari, visto che siamo a secco. Siamo costretti a cambiare in un ufficio cambio ad un tasso svantaggioso. Ritornati in hotel, dopo una doccia veloce, usciamo per cenare in un ristorante argentino dove mangiamo un buon churasco. Telefoniamo al taxi Luz per concordare il ritorno di domani mattina e ci conferma che viene a prenderci direttamente in hotel. Mercoledì 20 Agosto – Cartagena – Monteria Alle 4,40 la sveglia suona inesorabile e alle 5,15 viene a prenderci il Taxi Luz. Il ritorno procede tra molte buche, una pioggia a dirotto e una vegetazione verdissima. Arriviamo al terminal di Monteria alle 10. Piove ancora e le strade sono tutte infangate. Con un taxi jeep ritorniamo in canonica. Andiamo in centro per cambiare, ma le banche sono già chiuse. Allora torniamo al centro commerciale Vivero dove troviamo anche un cambio. Con non poche difficoltà e lasciando l’impronta digitale cambiamo parecchi soldi. Alle 12,45 siamo nella parrocchia di Suor Marisa che ci ha invitati a pranzo. Il pranzo è buonissimo e parliamo della loro esperienza missionaria rivolta a valorizzare e dare dignità alla donna. E’ un compito difficile e non sempre si vedono i risultati. Ma loro insistono con coraggio in questo loro obiettivo. Con lei c’è anche una novizia peruviana e vuole che le raccontiamo del nostro viaggio nella sua terra. Si mostra felice di saper che a noi è piaciuto molto. Ritornati in canonica facciamo un riposino e nel pomeriggio cominciamo a preparae i bagagli. Domani si riparte. Alla sera ceniamo in modo frugale assieme a Tibisay. Le facciamo una bella mancia per sdebitarci del fatto che in questa settimana ci ha lavato la biancheria, ha tenuto pulito e in ordine le nostre camere e ha reso piacevole il nostro soggiorno. Ha due bambini Vanessa di 9 anni e Joimer di 4. Abita in una casupola in muratura ma molto povera. Non vuole accettare i nostri soldi ma noi insistiamo che acquisti qualcosa di utile per i suoi bambini. Giovedì 21 Agosto – Monteria – Bogotà (mt 2600) In mattinata finiamo di preparare i bagagli. Visitiamo la scuola elementare statale che si trova di fronte alla canonica. Ci sono circa 400 bambini al mattino e altrettanti al pomeriggio. Il direttore ci fa da guida e ci spiega il funzionamento della scuola. Visitiamo le varie classi portando non poco scompiglio. I bambini schiamazzano richiamando la nostra attenzione. Ci mostra anche la mensa, gli uffici, la piccola sala video, la piccolissima biblioteca e, alla fine, tutto orgoglioso ci fa vedere anche l’unico Personal Computer che hanno. Ad un certo punto suona la campanella e tutti i bambini si riversano nel cortile per la “ricreazione”. Veniamo letteralmente travolti da una frotta di bambini festosi che vogliono farsi fotografare. Visitiamo anche il centro anziani parrocchiale dove si ritrovano gli anziani ogni giovedì. E’ un’occasione per stare assieme, per fare qualche controllo medico e per mangiare qualcosa. Alle 11 andiamo in centro per fare gli ultimi acquisti e per vedere il mercatino. E’ un susseguirsi di colori e odori che arrivano a nausearci. Alle 12 siamo invitati a pranzo dalle Clarisse e anche questa volta mangiamo da soli in una stanzetta degli ospiti. Il cibo è buonissimo e alla fine ci ricevono in un salone da dietro una grata. Sono tutte felici di poter vedere qualche viso straniero e ci chiedono di noi, del nostro viaggio, delle nostre impressioni sulla Colombia. Noi chiediamo come si svolge la loro vita di clausura, il senso di una scelta come questa in un paese così bisognoso di aiuto materiale. Alle 13 dobbiamo tornare in canonica per poi andare all’aeroporto. Facciamo una foto tutti assieme e a malincuore le lasciamo, dopo aver acquistato gli ultimi pasticcini per il viaggio. Prima delle 14 siamo già all’aeroporto e facciamo subito il check-in. Il volo è in ritardo forse a causa del fatto che la compagnia Aces del gruppo Summa-aero è fallita ieri. Leggiamo un titolo del giornale che dice che il 68% della popolazione di Bogotà è povera. Dopo aver salutato Marco, aspettiamo, al caldo, fino alle 18,40 quando decolliamo con 3 ore e 40 minuti di ritardo. Durante il volo attraversiamo un temporale e in fase di atterraggio il pilota, come un kamikaze, spinge l’aereo in picchiata. Finalmente atterriamo dopo 47 minuti e, con lo stomaco sottosopra, ritiriamo i bagagli. Sono già le 19,30 e non ci fidiamo di uscire dall’aeroporto senza sapere dove andare. Prima dell’uscita a destra c’è un ufficio turistico e proviamo a chiedere per un albergo. La signorina, molto gentilmente, ci chiede quanto vogliamo spendere e in che zona vogliamo alloggiare. Ci trova a computer una sistemazione che ci sembra interessante. Telefona al Dann Colonial Hotel il quale ci conferma le due camere. Ci viene rilasciato un voucher di prenotazione e ci viene indicato di prendere un taxi autorizzato all’ufficio adiacente. Prenotiamo il taxi e, anche qui, ci viene rilasciato un voucher con precompilato il luogo di destinazione e la cifra fissa da pagare (13.300 pesos-4,5 Euro). Usciti dall’aeroporto sentiamo subito lo sbalzo di temperatura. Qui fa freddo perché siamo a 2600 mt e siamo costretti ad indossare nuovamente il cappotto. Una signorina ci trova un taxi sufficientemente grande per farci stare le nostre 4 valigie. Finora abbiamo l’impressione che Bogotà sia molto organizzata. Percorriamo la strada che porta nel centro storico e dal finestrino vediamo scorrere una paesaggio urbano molto bello e pulito, con grandi viali, poche auto che usano pochissimo il clacson. Arriviamo in circa 30 minuti all’hotel prescelto. Paghiamo il taxista e mostriamo al receptionist il voucher rilasciatoci dall’ufficio turistico. L’hotel si presenta bene, è il migliore che abbiamo avuto finora. Ci vengono assegnate le camere e notiamo subito che il prezzo pattuito tramite l’ufficio turistico è molto inferiore di quello standard (sconto 40%). Saliti in camera le mie compagne di viaggio decidono di andare a letto perché sono stanche e qualcuna sta male. Io ho fame e decido di uscire da solo a mangiare qualcosa, anche se sono preoccupato che mi possa succedere qualcosa. Una volta fuori vedo per la strada molti giovani studenti e mi tranquillizzo. Giro per l’isolato e vedo varie sedi universitarie. Ci sono vari localini ma nessuno mi convince. Alla fine trovo un piccolo ristorantino dove servono tranci di pizza. Decido di cenare qui, con 2 tranci di pizza discreta e una bibita gassata e caffè (tinto). In tutto spendo 4600 pesos (1,50 Euro), pochissimo! Mentre sto mangiando, seduto in un tavolino vicino all’entrata, si avvicina un giovane mendicante e mi parla chiedendomi qualcosa che io non capisco. Gli dico che non capisco lo spagnolo e lui crede che lo prenda in giro e si arrabbia con me finché non interviene il proprietario che lo manda via. Rientro e vado a letto anch’io stanchissimo.
Venerdì 22 Agosto – Bogotà – Madrid Oggi ci svegliamo alle 7,30, facciamo un’ottima colazione americana con frittatina e alle 9 usciamo a piedi per visitare il centro storico della città. In pochi minuti arriviamo in Plaza Bolivar. Simon Bolivar, a cui è dedicato il monumento al centro della piazza, fu il maggiore dei protagonisti della lotta per l’indipendenza dal dominio spagnolo della Colombia, della Bolivia, dell’Ecuador, del Perù e del Venezuela.
Si avvicina un ragazzo per mendicare e ci chiede qualcosa. Poiché è insistente io decido di regalargli il mio cappotto che ormai mi è superfluo. Lui se lo indossa subito, mi ringrazia e se ne và felice. Visitiamo la cattedrale, la Capilla del Sagrario, la chiesa museo di Santa Clara, il Capitolio National, il Municipio, e il palazzo presidenziale. Gli edifici pubblici sono presidiati da tantissimi militari armati e li possiamo vedere solo da fuori e non fotografarli. Saliamo un dedalo di vie fino ad arrivare alla Candelaria. E’ piacevole passeggiare in questi luoghi così ben tenuti e ordinati. E’ un vero peccato che, a causa della guerriglia e del narcotraffico, la Colombia sia chiusa al turismo. Ha dei posti magnifici sia dal punto di vista naturalistico che culturale. Ha dei bellissimi siti archeologici Inca che sono abbandonati perché nessun turista rischia di andarci. Per concludere la nostra visita alla capitale andiamo al Museo dell’Oro che è di proprietà del Banco de la Repubblica. L’entrata costa solo 3000 Pesos (1 Euro), molto meno di quanto abbiamo pagato a Lima. Lo visitiamo in 1 ora e mezzo e i tesori conservati sono fantastici, catalogati ed esposti in modo molto razionale. Vediamo anche le ricostruzioni dei siti archeologici colombiani nelle varie epoche Inca e preincaiche. Gli oggetti sono più raffinati di quelli già visti in Perù. Alla fine si entra in un caveau tutto buio. Progressivamente si illumina con dei giochi di luce che fanno luccicare gli stupendi oggetti in oro che ricoprono le pareti circolari della sala. All’uscita siamo pienamente convinti che Bogotà è molto meglio di Lima, sotto tutti i punti di vista. Torniamo nelle vicinanze dell’hotel, pranziamo con dei tranci di pizza nel locale di ieri sera e poi ritiriamo i bagagli e facciamo il check-out. Un fattorino ci prenota telefonicamente un taxi per l’aeroporto ma quando arriva vediamo che non ci stanno tutte le nostre valigie. Ci propone di prenderne 2 ma noi non siamo disposti a spendere il doppio. Allora ce ne prenota uno più grande che però tarda ad arrivare e rischiamo di perdere l’aereo. Ad un certo punto decidiamo di arrangiarci e prendere un taxi per conto nostro. Dopo duo o tre tentativi riusciamo a caricare tutti i bagagli e corriamo all’aeroporto dove arriviamo tardi e siamo gli ultimi nella coda per il check-in per Madrid. Paghiamo la salatissima tassa di uscita di 28 $ a testa. Controllano la valigia di Patty che, nonostante contenga la famosa freccia e qualche altra cosa “proibita”, passa indenne alle forche caudine.
Ci assegnano gli ultimi posti rimasti, lontani tra loro. Anche al controllo passaporti c’è una fila lunghissima. Corriamo per arrivare in tempo al gate 22G. Saliamo, trafelati, e io prendo posto vicino ad alcune mamme con i bambini piccoli che continuano a muoversi, piangere e disturbare. Il volo decolla alle 17,48. Viene servita la cena e poi, dopo aver gonfiato il cuscino, mi metto a dormire, con l’asilo nido che mi tiene compagnia. Riesco a dormire un bel po’ di ore.
Sabato 23 Agosto – Madrid – Milano Mi sveglio poco prima che venga servita la colazione. Trascorro le ultime ore di viaggio guardando nel monitor il tragitto fatto e ripensando a tutte le esperienze profonde fatte durante questa vacanza. Mi sembra di essere partito da un’eternità e a stento riesco a ricordare gli avvenimenti dei primi giorni. In questo sforzo mi è di aiuto il mio block notes dove ho pazientemente riportato qualsiasi cosa mi potesse aiutare per ricordare meglio le varie avventure. E’ grazie a questo block notes che sono riuscito, in questo diario, a ricostruire ogni momento importante di questo nostro viaggio.
Alle 10,16 italiane (per noi sono le 3,16 di notte), dopo 9 ore e 28 minuti atterriamo all’aeroporto di Madrid. Siamo stanchissimi e assonnati. Inoltre l’idea di aver finito il viaggio ci rattrista nonostante siamo consapevoli che è stato bellissimo, senza imprevisti e senza problemi di nessun tipo. Ci trasferiamo all’imbarco per Milano Malpensa e aspettiamo rassegnati di tornare in Italia. Il volo decolla alle 12,36 e dopo 1 ora e 43 minuti arriviamo in Italia. Attendiamo a lungo i bagagli e all’uscita, al contrario del Perù e della Colombia, nessuno controlla che le valigie siano proprio le nostre. Al desk delle FS acquistiamo i biglietti del bus per la stazione e del treno. Prendiamo il bus Malpensa Shuttle che in 1 ora ci porta alla stazione centrale. Saliti nel treno per Vicenza riusciamo a malapena a farci stare tutti i nostri bagagli. Prima della Stazione di San Bonifacio facciamo l’ultima foto con la freccia. Poi Patty scende e noi arriviamo alle 19,15 a Vicenza. Il viaggio è finito e da questo momento ci rimarranno solo i ricordi di ciò che è stato, nella certezza che è stato come noi avremmo voluto che fosse.
Ciao, Paolo