Perù di quasi fai da te

Diario di viaggio in tempo reale di Laura e Franco. 10 novembre 2004 – Pisco Eccoci qua! Sono le 11 e mezzo del mattino e siamo a Pisco. Stiamo attendendo Joel, la nostra guida contattata dall’Italia che a mezzogiorno ci accompagnerà a Paracas. Il viaggio aereo è stato ok, il primo volo (Venezia – Amsterdam) non è iniziato benissimo:...
Scritto da: M.Laura
perù di quasi fai da te
Partenza il: 09/11/2004
Ritorno il: 26/11/2004
Viaggiatori: in coppia
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Diario di viaggio in tempo reale di Laura e Franco. 10 novembre 2004 – Pisco Eccoci qua! Sono le 11 e mezzo del mattino e siamo a Pisco. Stiamo attendendo Joel, la nostra guida contattata dall’Italia che a mezzogiorno ci accompagnerà a Paracas. Il viaggio aereo è stato ok, il primo volo (Venezia – Amsterdam) non è iniziato benissimo: prima dell’imbarco la polizia ci ha chiesto di aprire il nostro bagaglio a mano, e poi, pieno com’era non riuscivamo più a chiuderlo…. Dopo un quarto d’ora di volo Franco mi ha rovesciato il the bollente sui pantaloni, e quindi, visto l’inizio credevo che tutto sarebbe andato storto…. Invece non ci sono stati altri intoppi. Da Amsterdam siamo partiti in perfetto orario, abbiamo letto e dormicchiato per tutto il tempo, unico neo una pungente puzza di piedi di un nostro vicino alla quale ,dopo qualche ora, ci siamo assuefatti. L’aereo ha fatto uno scalo a Bonaire, nei Caraibi, dove siamo rimasti per circa 45 minuti; è un peccato che stesse piovendo, perché sembrava davvero un bel luogo…. Siamo arrivati a Lima puntualissimi e dopo aver sbrigato le solite formalità ci siamo tuffati nella ressa più totale alla ricerca di Yolanda, la ragazza che ci avrebbe ospitati, anche lei contattata dall’Italia grazie all’aiuto ricevuto dagli amici del forum “Portale Perù” (indispensabile per l’organizzazione del viaggio). Leggevamo tutti i vari cartelli alla ricerca di uno che dicesse Laura y Franco, ma non lo vedevamo…. Ad un certo punto si è fatta avanti fra la folla una bella ragazza sorridente, e senza esitazione mi ha chiamata per nome! Ma come avrà fatto a riconoscermi? Mi ha dato due baci e poi, con una temperatura che sfiorava i trenta gradi, mi ha infilato in testa un berretto di lana e mi ha detto “Benvenuti in Perù!”. Mi sentivo alquanto stupida: dopo venti ore di viaggio, un colorito che andava dal senape al verdognolo, con il berretto di lana beige con i lama marroni in testa e che non avevo il coraggio di togliere per non sembrare scortese…. Beh, decisamente non ho fatto innamorare nessuno! Dopo una ventina di minuti in taxi (non mi soffermerò sulla descrizione di tutte le effigi che lo ornavano; c’era anche un piccolo presepio incollato sul cruscotto), siamo arrivati a casa Yolanda: un appartamentino dotato di tutti i comfort al terzo piano della sua casa nel quartiere di San Luis, ad un prezzo decisamente modico: 20 dollari. Questo tesoro di ragazza aveva già acquistato per noi i biglietti del bus per la trasferta di oggi, Lima – Pisco. Dopo aver depositato gli zaini a casa sua, ieri sera ci ha accompagnati in una tavola calda lì vicino, e per 38 soles abbiamo ordinato una parillas per 3 (circa 11 dollari). Questa mattina ci ha accompagnati alla stazione della “Ormeno”, e ci ha anche consegnato una scheda telefonica “Hola Perù” internazionale da 20 soles, con la quale abbiamo chiamato a casa per avvertire che fino a qui ci eravamo arrivati. Ah, se ogni città avesse una sua Yolanda! 12 novembre 2004 – Arequipa Ho fatto una pausa, perché sono state giornate un po’ sfiancanti: mercoledì Joel ci ha accompagnati alla penisola di Paracas, e qui abbiamo visto i fenicotteri rosa e visitato il museo, poi abbiamo fatto un giro in auto e alla fine pranzato in un ristorante sulla spiaggia, Tia Fela; abbiamo mangiato capesante, filetto di pesce e le immancabili patate, naturalmente tutto annaffiato da birra “Cusquena”. Siamo tornati alla Posada Hispana a Pisco, prenotata dall’Italia, dove abbiamo letto un po’, sorseggiando mate de coca. Sempre qui più tardi abbiamo cenato, e dato che il proprietario è originario di Barcellona, ci ha deliziati con una buona paella, “sin ayo”, perché la sottoscritta non lo sopporta proprio! Durante la cena il gruppo musicale “Inti America” (abbastanza bravi) ha suonato per noi, e poi naturalmente ci hanno venduto il loro CD. Il mattino dopo, cioè ieri, il programma sarebbe stato il seguente: con un auto più grande di quella del giorno prima (Primera?) avremmo raggiunto il porto e da lì saremmo partiti per la gita in barca alle Isole Ballestas, per poi proseguire per Nazca. In effetti è stato così, tranne che per il fatto che per non so per quale motivo Joel è arrivato a prenderci con un Tico (Daewoo, corrisponde a mezza Panda), con l’autista (Joel è giovanissimo, ha 16 anni), e sua sorella…. Raggiungere il porto che dista circa 10 minuti è stato piuttosto scomodo (5 persone, 2 zaini enormi e 2 piccoli- tutto sulle ginocchia-), e così abbiamo fatto in modo che al ritorno dalla gita in barca si organizzassero con un auto veramente più grande, perché con il Tico, prima raggiungere Nazca (dista circa 3 ore da Pisco) con quel sole che picchiava, sentivo che mi sarei fusa al povero Joel che era finito per sedersi dietro con noi…. Le isole sono molto simili a quelle che avevo già visto sul Canale di Beagle, in Terra del Fuoco: leoni marini, cormorani, pinguini, e la stessa terribile puzza. Anche queste le si visita dalla barca, perché non è permesso scendere a terra. Durante la navigazione abbiamo visto “Il candelabro”, o “Tre Croci”, un gigantesco geroglifico sulla montagna che si dice collegato alle linee di Nazca. Una volta ritornati al porto Joel ci attendeva con un’altra auto, e così un po’ più comodi (ancora non capisco, però perché si sia portato dietro sua sorella!), siamo partiti alla volta di Nazca, con l’intenzione di sorvolare le linee. All’una e mezzo circa abbiamo raggiunto il piccolo aeroporto, e dopo un po’, sbrigate le solite formalità, siamo saliti su un areoplanino a 4 posti e, infilate le cuffie attraverso le quali il pilota ci parlava, siamo partiti. Mai piu’. Non ripeterei l’esperienza nemmeno se qualcuno mi pagasse per farlo! Franco mi stringeva la mano talmente forte (soffre di vertigini) che ne ho ripreso la sensibilità dopo parecchie ore. La mia paura, invece si è presto trasformata in pura nausea, e delle linee ricordo ben poco, ero troppo occupata a non vomitare sulla nuca del simpatico signore inglese seduto di fronte a me…. Con uno stacco alla Carl Lewis appena atterrati ho raggiunto il bagno gridando “PISTA!”, e vergognandomi del colorito giallognolo che avevo acquistato. Ancora in condizioni disastrose ci siamo fermati al terminal degli autobus “Cial”, a pagare i biglietti per Arequipa che Joel ci aveva già prenotato da Pisco. Dal momento che erano le tre del pomeriggio e l’autobus non partiva che alle 22.45, abbiamo preso una stanza fino alle 22 all’Hostal el Mirador, per 30 soles, così potevamo farci una doccia e lasciare gli zaini. Passata la nausea siamo usciti e ci siamo seduti su una panchina in Plaza Bolognesi a leggere e a guardare i bambini che giocavano (credo che i bimbi del Perù siano i più belli del mondo), poi abbiamo cenato in un bel posticino, “La Kanada”, e alle 20, distrutti, siamo tornati alla nostra stanzetta, e abbiamo dormito fino alle 21.30. Alle 22 abbiamo preso un taxi per raggiungere il terminal del bus, che è arrivato alle 23.45…. Abbiamo dormicchiato lungo la strada, e alle 8.30 di questa mattina abbiamo raggiunto Arequipa, e un taxi ci ha accompagnati qui, a “La Casa de mi Abuela”, un delizioso albergo con annessa un’agenzia viaggi, una piccola biblioteca, la lavanderia, un bel giardino e la piscina: è proprio qui che ci troviamo in questo momento, a rilassarci dopo aver trascorso la mattinata a visitare la città (splendida), Plaza de Armas così piena di gente, la Cattedrale, e il Monastero di Santa Catalina da Siena. Ah, si sta così bene: il sole scalda ancora, è stata una bellissima giornata, la città è incantevole e anche questi chicarrones di pollo e questa birra Arequipena non sono niente male…. 15 novembre 2004 – Puno Diventa sempre più difficile trovare il tempo per scrivere: allora il 12 sera abbiamo cenato qui ad Arequipa in un bel posto chiamato “El Vigneto”, poi però la mia schiena ha iniziato a farmi male e siamo dovuti rientrare in albergo di corsa…. Alle 8.45 del giorno seguente, dopo una buonissima colazione, siamo partiti con altre 5 persone più la guida (Gina), e l’autista del minivan (Rubens) alla volta di Chivay e del Canyon del Colca. A metà strada ci siamo fermati a bere il mate de coca, con l’aggiunta di altre piante che avrebbero dovuto aiutarci a prevenire il soroche, o mal d’altura, dal momento che da li a un’ora avremmo raggiunto i 4850 metri di altezza. Io stavo bene e non avevo nessun problema, Franco invece faceva un po’ fatica a respirare. Dopo aver pranzato con gli altri all’albergo che ci avrebbe ospitati per la notte (La Casa del Mamayacchi – decisamente super), abbiamo passato il resto della giornata a Chivay, e alle 17.30 siamo andati alla “Calera”, a fare il bagno nelle acque termali: stupendo! La piscina era esterna, ed era una sensazione stranissima: temperatura esterna 8 gradi, temperatura dell’acqua 40 gradi! Non sarei più uscita…. Dopo, sempre insieme agli altri (Pamela e Roberta, americane – Miguel e Angela, peruviani – e Marcel, tedesco), siamo andati in un locale tipico, e qui c’era l’immancabile gruppo che suonava. La nostra guida doveva aver detto loro che era il compleanno di Franco, e ad un certo punto lo hanno chiamato vicino a loro e gli hanno cantato “Tanti Auguri”, prima in inglese e poi in spagnolo. Ma non aveva ancora finito di vergognarsi: dopo cena la ballerina lo ha invitato a ballare, e tutta la sala (piena) era piegata in due dalle risate. Il giorno dopo (14/11), sono iniziati i primi problemi per me con l’altitudine: un mal di testa allucinante, secchezza, nausea…e dissenteria! Ho preso un antidolorifico e sono riuscita con non poche difficoltà a trascinarmi fino alla sala colazione, dove alle 5.30 ci siamo incontrati con gli altri. Nonostante i litri di mate de coca ingeriti ero in condizioni pietose…. Siamo partiti poco dopo verso Cruz del Condor, per vedere i condor, che qui, specialmente al mattino, dicono che sia facile avvistare mentre spiccano il volo. Purtroppo siamo rimasti in religioso silenzio dalle 8 alle 10 del mattino a fissare il fondo del canyon, ma nulla. Solo quando siamo risaliti su pulmino abbiamo sentito la gente che gridava e, scesi dal bus lo abbiamo visto, già altissimo (per quello che ne so io poteva essere un qualsiasi volatile, ma mi piace credere di aver visto il condor!). Dopo pranzo, sempre a Chivay, è iniziato il lungo viaggio di ritorno verso Arequipa, con certi crampi.…, che sono passati solo quando siamo rientrati alla “Casa de mi Abuela” (di nuovo all’accettabile altezza di 2500 metri). Purtroppo l’appetito non mi è tornato: mi dispiace molto perché per cena avevamo scelto un posticino proprio bello, che si chiama “Zig-Zag”. Stamattina, 15 novembre, abbiamo riempito di nuovo gli zaini e siamo partiti alla volta di Puno, sul lago Titicaca a 3830 metri. Taxi fino al terrapuerto e poi bus “Cruz del Sur” fino a qui (6 ore di viaggio). Il tragitto non è stato male, e poi ho guardato 2 film, così il tempo è volato…., piano piano , però la testa si faceva pesante e…. Eccolo qui, di nuovo il mal d’altura! Abbiamo passeggiato un po’ per le vie della città (a mio avviso niente di speciale), e sempre con il fiato corto sono entrata in una farmacia in Plaza de Armas chiedendo qualsiasi cosa che mi facesse stare meglio. E qui è iniziata una scenetta veramente divertente: le luci erano ancora spente (erano le 15.30, orario di apertura), e il signore dietro il banco non aveva proprio l’aspetto del farmacista: una camicia a quadrettoni aperta con un medaglione gigantesco che si faceva spazio nel petto villoso, e un sorrisetto che diceva “ecco l’allocco con il soroche”. Senza proferire verbo ha tirato fuori da sotto il banco un libro che poteva essere un elenco telefonico, ma era un elenco di medicinali, da una pagina contraddistinta dalla classica “orecchia” mi ha indicato con il dito il nome di un medicinale, io allora intimidita da tanto silenzio ho annuito, come se lo conoscessi perfettamente. Quando ha tirato fuori la scatoletta di pastiglie dallo scaffale ho chiesto quant’era e lui mi ha risposto “quante ne vuoi?” e io “me ne basta una scatola, grazie” “allora 20 pezzi per 3 soles sono 60 soles” “ ah, beh, me ne dia cinque, allora….” Non avevo mai visto nessuno vendere pastiglie “al pezzo”, almeno legalmente! La testa è ancora pesante, ma mi sono fatta una bella risata! Per il soggiorno a Puno abbiamo scelto l’hotel “Colon Inn”, descritto dalla Lonely Planet come uno dei migliori, ed effettivamente non è proprio male…. Dopo l’episodio in farmacia siamo stati in una agenzia dove abbiamo acquistato il tour per domani in barca alle isole Uros e Taquile (38 dollari p.p.) sul lago Titicaca e in un’altra agenzia (la prima ci assicurava solo un tipo di bus che effettuava molte fermate) il biglietto per il giorno 17 per Cuzco. Ora usciamo per cena, e forse incontreremo una coppia di Roma conosciuta alle terme di Chivay, alla quale abbiamo dato appuntamento in Plaza de Armas alle 19.30….. 16 novembre 2004 – Puno I nostri connazionali ieri non si sono visti, e noi abbiamo cenato soli soletti al “Lago de Flores”; a questa altitudine mi è difficile assaporare il cibo, e quindi non so dare un parere sul mio petto di pollo. Più tardi siamo rientrati in albergo, e ci tengo a precisare uno dei migliori, e quando ho tolto il copriletto mi sono accorta che il letto era stato usato, e non ci voleva certo CSI per capirlo…. A questo punto mi sono precipitata alla reception e con l’aiuto di un cameriere mi sono cambiata le lenzuola…. Premetto che in genere non sono schizzinosa ma mi ha infastidito che l’episodio mi sia capitato proprio nell’albergo più costoso che avevamo preso! Stamattina alle 7.30 un pulmino è venuto a prelevarci e raggiunto il porto siamo saliti in barca e abbiamo visitato le isole galleggianti di Uros, piuttosto turistiche, e Taquile. Quest’ultima mi è piaciuta molto, la abbiamo attraversata con non poche difficoltà in salita: personalmente credevo che il cuore mi scoppiasse in petto; quando hanno visto che non ero proprio in formissima alcuni abitanti del luogo mi hanno dato alcuni ramoscelli di puna da annusare, e hanno funzionato egregiamente! Viste le mie performance con l’altitudine sono molto preoccupata per il Camino Inca, che affronteremo fra due giorni: non avevo fatto i conti con il freddo e soprattutto con il soroche. 19 novembre 2004 – 2° giorno Inka Trail Eccomi qui a continuare il racconto: la sera del 16, a Puno abbiamo mangiato una pizza (che tra l’altro era proprio buona!), e poi siamo tornati subito in albergo. Il giorno dopo, invece, ci sono andate tutte storte; allora l’agenzia che avevamo scelto per l’acquisto dei biglietti per Cuzco ci aveva assicurato che quel “Royal Class” che avevamo scelto era il mezzo più veloce ed era quello che ci premeva di più: avevamo bisogno di raggiungere Cuzco in tempi relativamente brevi per organizzarci per l’Inka trail, che partiva il giorno seguente alle 5.30. Il “Royal Class” che ci attendeva al terrapuerto dava l’idea di aver visto giorni migliori, e subito due ragazze olandesi si sono lamentate perché qualcuno aveva venduto loro i nostri stessi posti. In perfetto orario siamo partiti, e a bordo c’era solo una decina di passeggeri. Passati i cancelli del terminal di qualche metro l’autista si è fermato, e ha cominciato a far salire gente carica di sacchi di patate, formaggi e quant’altro, fino a riempire quasi l’autobus. Bene, allora…. Possiamo partire, adesso???? Dopo un’oretta di viaggio, ci siamo fermati a Juliaca, e qui abbiamo scoperto che non ci saremmo mossi se non quando l’autista avesse venduto TUTTI i posti disponibili. Dopo due ore siamo ripartiti e noi eravamo così incazzati che non riuscivamo nemmeno a parlarci per non offenderci a vicenda. L’avremmo presa con filosofia, forse se non fosse perché rischiavamo di non partire per l’Inka Trail, scopo principale del viaggio in Perù, e eravamo delusi dal fatto che ci eravamo affidati ad una gentile signorina che a nostro avviso si era rivelata una truffatrice. A mezzogiorno avevamo percorso un terzo del tragitto, e l’autista si fermava ogni volta che vedeva qualcuno ai bordi della strada che vendeva qualcosa, li faceva salire con tutta la merce (si spaziava dall’abbigliamento alle bevande “sfuse”), e poi ripartiva. A 250 chilometri da Cuzco l’autobus si è rotto, e siamo stati fermi un’altra ora finché non l’hanno aggiustato alla meglio; poi siamo ripartiti, ma andavamo pianissimo, per evitare che l’acqua andasse in temperatura…. Alla stazione di Sicutani Franco è sceso dall’autobus e si è accordato con un tassista che ci avrebbe portato a Cuzco per 30 dollari (mancavano circa 150 chilometri). Siamo saliti in auto, e il ragazzo ha fatto salire un altro ragazzo davanti(mi hermano) e una ragazza (mi hermana) ….nel portabagagli! Le abbiamo detto che si poteva sedere dietro con noi, ma lei ha voluto stare raggomitolata tra i nostri zaini…. Circa alle 16 abbiamo raggiunto Cuzco, ma non è finita qui: non riuscivamo a trovare la “Piccola Locanda” (gestita da Matteo, italiano e la moglie Camila, peruviana), e dopo una telefonata e svariati tentativi fra le varie calli, ci siamo arrivati. Matteo ci ha spiegato che eravamo giusti in tempo per il briefing che si teneva presso l’agenzia “Andean Life”, con la quale ci aveva organizzato l’Inka Trail. Con quell’autobus non ce l’avremo mai fatta! All’incontro abbiamo conosciuto i nostri compagni d’avventura: Samantha e Donald, inglese lei, scozzese lui; Paul e Jaqueline, australiani; Joanna e Steve, inglesi in viaggio da 7 mesi intorno al mondo; Birgit, olandese , single in viaggio da 3 mesi in sudamerica. Ero veramente depressa quando sono uscita dall’agenzia: erano tutti più giovani, in forma e organizzati di noi…. Abbiamo cenato in un ristorante che ci aveva consigliato Matteo e poi ci siamo messi a preparare gli zaini, pensando che stavamo per fare una cosa più grande di noi. Quella notte praticamente non ho chiuso occhio e alle 5.15 siamo usciti piano piano dalla Locanda e ci siamo avviati verso l’agenzia, punto di incontro del gruppo. In Plaza de Armas ci siamo fermati ai telefoni pubblici per chiamare casa, e abbiamo assistito ad una scena tristissima: sotto ogni telefono c’erano un paio di bambini raggomitolati che dormivano, e nemmeno uno di loro dava l’idea di avere più di 5 o 6 anni. Una volta incontrati i nostri compagni, le guide (Freddy e Patricia), i portatori e il cuoco, siamo partiti con un minibus verso Ollantaytambo, e poi dopo circa un chilometro di strada sterrata abbiamo raggiunto il “KM 88”, partenza vera e propria del Camino Inca, che in quattro giorni di trekking ci porterà a Machu Picchu. Mostrati e registrati i passaporti abbiamo passato un ponte sospeso sul fiume Urubamba, e da qui abbiamo marciato per un paio d’ore, un saliscendi abbastanza facile, fino all’ora di pranzo: all’una e un quarto circa i portatori e il cuoco ci aspettavano (mentre noi camminiamo a fatica, loro hanno un’andatura tipo jogging , con chili e chili della nostra roba sulle spalle!), avevano già montato una tenda adibita a sala da pranzo, ci hanno offerto l’aperitivo e poi abbiamo mangiato benissimo: zuppa di asparagi, riso allo zafferano saltato con verdure, braciolina di maiale con prosciutto e formaggio, ocopa, cioè patate lesse con uova sode, olive coperti da una salsa al formaggio piccante, e macedonia. Con la pancia piena siamo ripartiti, e dopo una mezz’oretta abbiamo avuto un piccolo assaggio di come sarebbe andata oggi: una bella salitona che mi ha spezzato in due i polmoni (premetto che eravamo a circa 3000 metri). Dopo un paio d’ore abbiamo raggiunto l’accampamento dove abbiamo passato la notte (Wayllabamba, 3100 metri) e una volta sistemati nelle nostre tende il cuoco ci ha deliziati con del the, mate, biscotti e pop-corn. Siamo stati a chiacchierare con gli altri (veramente un bel gruppo) e alle 19 ci è stata servita la cena, anche questa strepitosa come il pranzo: zuppa, trota, una specie della nostra peperonata, patate e per dessert una cremina calda di ananas…. Dopo aver appurato che i servizi igienici dell’accampamento erano alquanto inefficienti (un buco puzzolente dentro al quale bisognava versare dell’acqua presa da una fontana lì vicino con una pentola a mo’ di sciacquone….), siamo andati a dormire. A Cuzco avevo comprato un paio di pantaloni termici e con quelli addosso e sopra due maglie tipo “pile” avevo ancora freddo…. Il sacco a pelo che abbiamo affittato è mediamente caldo, e qui fa un freddo cane. Dalle otto di sera fino alle undici e mezzo abbiamo dormito benissimo, poi abbiamo iniziato a sentire degli strani rumori all’esterno della tenda e dopo un po’ di tempo ci siamo fatti coraggio e siamo usciti con le torce a vedere che cosa c’era: una decina fra muli, galline e pecore brucavano l’erba allegramente fra le nostre tende! Alla fine siamo riusciti ad abituarci, ma io avevo un bisogno impellente di andare in bagno…. Con le torce in mano e qualche difficoltà tecnica abbiamo raggiunto la solita fontanella per riempire la pentola di acqua, e una volta rientrati in tenda erano già le tre e mezzo. Alle 5 un gallo a 10 centimetri dall’orecchio di Franco ha fatto il suo dovere di sveglia, e dopo qualche istante eravamo in piedi, doloranti e infreddoliti. Alle 5.30 un angelo ci ha messo fuori della tenda due mate de coca fumanti, e mentre li sorseggiavamo abbiamo chiuso gli zaini ed i sacchi a pelo. Alle 6.30 colazione (crema di cereali e pancakes alla frutta), e partenza per la giornata (a detta di chi c’è già stato) più difficile del trail. Meta del giorno il ”Passo della Donna Morta”, a 4200 metri. Questo significa che la tappa di oggi prevedeva 1100 metri di salita. È stata veramente dura: ho iniziato a contare 100 passi per poi fare una pausa, e alla fine i passi che facevo fra una fermata e l’altra erano 10. Non riuscivo a respirare, e mi sembrava che il torace mi potesse scoppiare da un momento all’altro. Alle 11.20 abbiamo raggiunto il passo, e la soddisfazione è stata enorme. Devo dire comunque che mi sto comportando abbastanza bene e le mie “colleghe” più giovani sono spesso dietro di me…. Una volta che il gruppo si è riposato, siamo scesi di circa 200 metri, e abbiamo pranzato (inutile dire che i portatori erano già stanchi di aspettarci!). Anche il pranzo di oggi non aveva nulla da invidiare ad un ristorante: zuppa di mais, pasta fredda, cosce di pollo al sugo, avocado ripieno di verdure, pollo e formaggio, e verdure ai ferri. Più tardi siamo scesi ancora, ed ha iniziato a piovere, così abbiamo indossato i nostri meravigliosi poncho, arancio io e giallo Franco. Alle 15 avevamo già raggiunto l’accampamento e girava la voce che qui c’era la possibilità di fare la doccia! In quattro abbiamo sfidato la sorte, e ci siamo infilati sotto un tubo dal quale usciva acqua gelida…. Joanna che era con me, mentre aspettava che io finissi la doccia mi diceva “com’è strano sentirti parlare in Italiano!”, io le ho spiegato che quel che dicevo sotto quel getto d’acqua era intraducibile! Dopo l’elettrizzante esperienza ci siamo scaldati un po’ con il the e i biscotti. Ora siamo in attesa dell’ora di cena, nel frattempo stiamo studiando una tecnica per non morire dal freddo, stanotte. 22 novembre 2004 – Cuzco Ce l’abbiamo fatta! Continuo con il racconto: quella notte eravamo riusciti ad imbottirci ben bene, e una volta coricati siamo riusciti a dormire fino all’una e mezza; a quell’ora infatti ha iniziato a piovere e dopo un paio d’ore la tenda ha iniziato a far filtrare l’acqua…. Alle 4 i sacchi a pelo erano bagnati e quindi abbiamo impacchettato tutto e con i poncho ci siamo riparati sotto la tettoia che ospitava i “bagni”, e qui siamo rimasti fino alle 5.30, ora della sveglia. Dopo colazione siamo partiti per la tappa più lunga del trail, ed ha smesso di piovere solo dopo pranzo. Non è stata una camminata facilissima, ma nemmeno dura come quella del giorno prima. Abbiamo incontrato le prime rovine inca e attraversato la foresta nebulosa, per raggiungere alla fine la foresta pluviale. L’accampamento era a Winay Wayna (2700 metri), ed era affollatissimo, dal momento che qui si accampavano anche i gruppi che facevano il trekking dal km 104, di 2 giorni e una notte. Come sempre, anche se non mi sono più soffermata sulla descrizione dei piatti, il cuoco ha dato il meglio. Purtroppo per me è stata l’ennesima notte insonne: appena mi sono infilata nel sacco a pelo ancora umido dalla notte precedente, la pioggia ha ricominciato a cadere e io non ho chiuso occhio, in attesa di dovermi rivestire e andarmi a riparare da qualche parte. La sveglia comunque era alle 4 e alle 5.30, dopo una fugace colazione, siamo partiti verso Machu Picchu, sotto una pioggia incessante, tant’è che quando abbiamo raggiunto la Porta del Sole, la nostra guida ce l’ha presentata come “Rain – Gate”. Sotto le nuvole si intravedeva la città Inca più famosa al mondo, ed essere lì era semplicemente meraviglioso. Nonostante tutte le avversità eravamo riusciti a completare questa impresa; per carità non difficilissima ma nemmeno semplice. Poi siamo scesi, e mentre Freddy ci illuminava a proposito dei misteri inca, ha smesso di piovere, ed è uscito un bellissimo sole. Finita la visita a Machu Picchu, alle 12.15 abbiamo preso il bus per Agua Caliente dove abbiamo pranzato insieme agli altri e dove i portatori avevano depositato i nostri zaini. Alle 15.50 c’era il treno per Cuzco e così, dopo aver fatto qualche acquisto (indispensabile T-shirt con la scritta “I survived the Inca Trail”), scambiato indirizzi e-mail, salutato Sam e Donald (trascorrevano la notte ad Agua Caliente), dato la mancia alle guide (meritatissima!), siamo saliti sul treno che è arrivato a Cuzco alle 20.30. Un pulmino dell’agenzia ci ha scaricati in Plaza de Armas, e poi con non poca fatica (c’è una gradinata che toglie il fiato a chiunque) abbiamo raggiunto la Piccola Locanda. Abbiamo lasciato i bagagli in stanza, e sporchi e puzzolenti come eravamo siamo andati a mangiare una pizza. Dopo una lunghissima doccia ci siamo coricati, e io ho dormito 9 ore filate…. Ci siamo alzati con calma, e nella locanda entrava un bel sole caldo, lo stereo del piano di sotto mandava una bellissima musica strumentale e dalla cucina arrivava un buon profumo di caffè. Sembrava proprio di essere a casa…. Dopo un’ottima colazione siamo usciti ed abbiamo portato una borsa di vestiti in lavanderia, siamo andati a comprare i biglietti per Lima, fatto un collegamento a internet, un paio di telefonate, prenotato l’hotel a Lima per la notte del 24 e soprattutto contattato l’agenzia che organizza il rafting, per domani! La partenza è alle 9 del mattino verso il fiume Urubamba; il tragitto del bus dovrebbe durare all’incirca 2 ore, poi c’è il rafting di 3 ore, il pranzo, e poi si rientra…. Mah! Oggi abbiamo fatto un bel giro della città, la Cattedrale, e fatto qualche acquisto (nonostante gli innumerevoli negozi io sono tornata dalla mia amica, che il giorno prima del trail mi aveva venduto i pantaloni termici e gli utilissimi poncho). 23 novembre 2004 – Cuzco ….e siamo sopravvissuti anche al rafting! Ieri sera abbiamo cenato in un bel posto che si chiama Inka Grill, in Plaza de Armas, e credo che ci torneremo anche stasera. Stamattina dopo colazione (ottima come sempre), siamo andati all’agenzia Eric Adventures, e da lì siamo partiti per Urubamba. I gommoni sono andati in acqua alle 11.20, e abbiamo pagaiato per circa 3 ore. Ci sono state 3 rapide di III grado, ma non sono mai caduta, perché mi buttavo dentro al gommone al primo sentore…. Sto diventando vecchia per certe cose…. Franco si è anche tuffato da un ponte insieme a qualche altro incosciente del gruppo. Al ritorno ci siamo fermati in un deposito dove i ragazzi lasciano i gommoni, e abbiamo provato a giocare a “sapo”, un gioco molto diffuso qui in Perù, che consta nel lanciare delle grosse monete in alcuni fori posti su un tavolino quadrato al cui centro si trova una rana con la bocca aperta…. È più difficile da spiegare che da fare…. Una volta scesi dal pulmino a Cuzco, siamo andati all’agenzia Alfa per chiedere se dovevamo confermare il volo Cuzco – Lima per domani (ci hanno detto che non serve) e poi abbiamo comprato una borsa, perché quelle che abbiamo non bastano più! 24 novembre 2004 – Aeroporto di Cuzco Siamo arrivati qui con largo anticipo, perché richiedono che i passeggeri arrivino almeno 2 ore prima, nonostante sia un volo nazionale. Ieri sera come da copione siamo tornati all’Inka Grill, ottima cena, e Franco si è anche preso la maglietta. Stamattina abbiamo preparato le ultime cose, colazione, scambiato qualche parola con i locandieri e poi con il taxi siamo arrivati qui…. Non so se a Lima saremo attesi dal pulmino dell’Hotel Ariosto, perché ho fatto un po’ di confusione: l’altro ieri ho fatto la prenotazione via mail da un Internet point, ma al momento di inviarla mi dava un messaggio di errore (la tariffa era di 75 dollari), quindi ho trascritto il numero di telefono ed ho fatto la prenotazione direttamente, anche perché il signore che mi ha risposto mi ha detto che la tariffa per la stessa stanza era di 50 dollari. Alla sera, però, ho trovato la mail di conferma per la prima prenotazione, così l’ho annullata…. Boh, staremo a vedere! 25 novembre 2004 – Lima Siamo nel quartiere Miraflores, praticamente quello “bello” della città, comunque resta sempre Lima…. Siamo atterrati ieri alle 13.15, e come previsto il pulmino non c’era, ho telefonato e sono arrivati dopo 45 minuti, durante i quali ci siamo sorbiti continuamente le varie proposte “taxi senorita? 20 soles” “Taxi senor?” Ma se ti dico no grazie una volta, perché pensi che io abbia cambiato idea dopo trenta secondi? Dopo circa 40 minuti di viaggio siamo arrivati qui all’Ariosto e alla mia richiesta di tenere la stanza fino alle ore 18.00 di oggi (l’aereo è alle 21.35), mi hanno risposto che non c’era problema. Ieri sera abbiamo cenato in un ristorante italiano “La Trattoria”, e io ho mangiato le fettuccine (impastate al momento) pomodoro e basilico, e Franco i tagliolini “Arcimboldo”, con le verdure. Bizzarra era la lista dei dolci (ben 54), buoni ma decisamente troppo abbondanti! Comunque all’hotel occupiamo una stanza al sesto piano, e non abbiamo mai preso l’ascensore, così smaltiamo…. 26 novembre 2004 – Casa Dopo una pizza con gli amici e una bella doccia tutto sembra così lontano…. Tiriamo le somme: è stata una bella vacanza, forse un po’ stancante, ma il fatto che viaggiavamo per la prima volta con i mezzi pubblici ci ha dato un po’ di spirito di adattamento che ci mancava. Ho un grande rimpianto, purtroppo: non aver visto la giungla: avremmo visitato il Manu volentieri, magari evitando la costa…. Ma la cosa che mi ha resa più felice in assoluto è l’aver concluso il Camino Inca di 4 giorni…. Ora non ci sono camminate che non affronterei qui!


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