Per le strade dell’Est

11 giorni e 3500 km da Erto a Redipuglia, da Mostar a Sarajevo, da Dubronik a Zadar...
Scritto da: roby4061
per le strade dell'est
Partenza il: 10/08/2010
Ritorno il: 22/10/2010
Viaggiatori: 3-9
Spesa: 500 €
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10 agosto – Rivarolo C.se – Longarone – Diga del Vajont – Erto – Casso – Barcis

Sveglia ore 3. Senza fare colazione mi dirigo a Rivarolo, dove ci troviamo per caricare l’auto. Alle 3.50 partiamo alla volta dell’Est. Non c’è traffico, alle 8 siamo già a Longarone. Breve visita al memoriale della tragedia dell’ottobre ‘63. Il paese è completamente ricostruito, la chiesa, interamente in cemento armato, è forse la più brutta che ho mai visto. Al solito, quando si ricostruisce, si dimentica l’architettura del luogo per costruire degli obbrobri che non stanno né in cielo né in terra. Bah.

Saliamo quindi verso Erto, da Longarone la diga del Vajont è “beffardamente” al suo posto, resistette infatti all’onda. Parcheggiamo nei pressi della diga, per la visita guidata. Dal 2007 è possibile percorrere il coronamento della struttura, là dove c’era la strada di servizio spazzata via dall’onda. Certo che è impressionante, la frana sul Toc, con il suo caratteristico profilo ad M è una presenza opprimente, il resto della montagna è nel mezzo della valle, là dove c’era il lago. La storia del Vajont, ormai, grazie allo spettacolo commovente di Paolini del ’97 ed ai libri di Mauro Corona è ben conosciuta. Rimane l’interrogativo di come si siano potuti ignorare i segnali che la montagna dava.. Potere del dio denaro, ancora una volta macchiato di sangue. Ricordo il libro della Merlin, le sue indagini, ostacolate da più parti… ma del resto scriveva per l’Unità…

Rimane impressionante anche solo pensare ad una quantità tale di roccia e terra che cade in un lago a 90 km/orari.. L’onda che scavalca la diga, che si incanala nella strettissima gola del Vajont, per poi esplodere all’uscita del canyon, di fronte a Longarone, e cancellare in un attimo duemila vite.

Dopo la diga saliamo a Casso e poi Erto vecchia. Molto, negli stretti vicoli dei due paesi, è rimasto come allora. Case diroccate, porte e finestre sprangate, sono due paesi mezzi morti. All’ingresso di Erto c’è un traliccio piegato dall’onda e rimasto lì così com’è da quasi 50 anni. C’è una certa atmosfera di decadenza, anche se qualche giovane è tornato ad abitare la Erto vecchia e qualche timido segnale di rinascita c’è. Saliamo ad Erto nuova, e davanti alla bottega di Mauro Corona, appare lui in persona, ma non è della giornata e dell’umore adatto per fare conversazione. Peccato, sarà per un’altra volta.

Nel primo pomeriggio il tempo peggiora notevolmente, tuona dalla val Cimoliana. Percorriamo tutta la strada che fa il giro del “lago”, a tratti sterrata e con diverse gallerie. E’ in parte la strada originale degli anni sessanta che circondava il bacino artificiale. Dopo scendiamo a Barcis, dove faremo sosta per la notte in campeggio. Nel pomeriggio tuona e piove, la sera ci troviamo con degli amici per bere qualcosa ed un saluto, prima di andare a nanna, la giornata è stata pesante e l’indomani ci aspetta un lungo viaggio.

11 agosto – Barcis – Redipuglia – Vgorac

Altra sveglia mattiniera, oggi di chilometri ne abbiamo da macinare. Cercheremo di spingerci più in fondo possibile alla Croazia. Da Barcis percorriamo la valle piena di impianti idroelettrici (infatti il Vajont era la summa del reticolo idroelettrico della zona), giungendo a Maniago e quindi a Pordenone, dove ci immettiamo in autostrada. Ne usciamo a Redipuglia, per visitare il Sacrario Militare. E’ mattino presto, non c’è praticamente nessuno, e l’atmosfera è abbastanza inquietante.

Saliamo lungo le immense gradinate, migliaia di nomi indicano i caduti delle undici grandi battaglie sull’Isonzo, Prima Guerra Mondiale. Tra i nomi trovo un Maruzzo Angelo, nome tra l’altro molto comune nella mia famiglia.. Potrebbe essere un lontano sommità della collina e del sacrario, dove una Cappella racchiude i resti di trentamila (TRENTAMILA!!!) militi ignoti. Cioè trentamila soldati, trentamila persone di cui non si sa il nome. Assurdo. A ragione quella guerra venne definita dal papa dell’epoca come “assurdo macello”.

Nei dintorni del Sacrario vi sono una planimetria in rilievo con le posizioni del fronte nel 1916, e diversi cannoni e monumenti ai vari corpi dell’esercito che presero parte alle battaglie. Questo Sacrario fu fatto costruire dal Duce nel Ventennio, ed infatti lo stile è inconfondibile. Una beffa, tra l’altro, visto che fu terminato nel 1938, giusto in tempo per cominciare un’altra guerra mondiale…e preparare il terreno per altri sacrari. Bah.

Ripercorriamo le gradinate in discesa, sotto il sole che ora picchia forte, ed è ora di rimettersi in viaggio, direzione est e poi sud-est. A Trieste superiamo la frontiera con la Slovenia, non ci sono indicazioni chiare sulla “vignetta autostradale” (ho visto solo di sfuggita un cartello scritto a pennarello di 40×50 cm con scritto sopra “vignetta qui”), quando i miei amici erano stati due anni fa c’erano i normali caselli.. Infatti è una novità del luglio 2009.

Quando usciamo dall’autostrada per prendere la statale, ecco la polizia che ci ferma appena usciti dal casello.. Un bel foglietto con lo spiegone in italiano e 300 euro di multa. Che si riducono a 150 se si paga subito.. Maledetti sloveni. Il poliziotto ammette che la cosa non è ben segnalata. Si stanno italianizzando, e studiano i modi per inchiappettare gli stranieri…

Bah. Ormai la frittata è fatta.. Schiumando di nervoso, ce lo faremo passare fermandoci in una gostilna (trattoria) in territorio sloveno, prima di passare il confine.

Almeno sul cibo e sulla birra gli sloveni ci trattano bene..ripartiamo, siamo in breve alla frontiera e senza problemi entriamo in territorio croato. Passata Rupa, poi in autostrada. E ne percorriamo centinaia di km, con paesaggio decisamente monotono e brullo. L’autostrada, penso la più grande opera pubblica della Croazia degli ultimi 40 anni, passa lontano dalla costa, in un territorio dove non c’è assolutamente nulla. Prima boschi, poi colline di pietre e arbusti, con pochissimi villaggi, quasi nessuna strada, qualche casupola diroccata. Il nulla più totale, secco e arido per molte decine di chilometri. Mi ha molto colpito questa cosa. L’autostrada finisce poco prima di Vrgorac, che raggiungiamo per una statale tutta curve, sospesa su una valle. Vista l’ora tarda e i circa 700 km percorsi, decidiamo di fermarci in un piccolo ma moderno hotel lungo la statale. Proseguendo si troverebbe il bivio per il santuario mariano di Međugorje, che si trova a meno di 30 km in territorio bosniaco.

Ceneremo in un piccolo ristorantino (Ristoran TIN, nome assurdo..), con degli ottimi raznjici e una splendida birra fresca. Il primo impatto con la cucina croata è decisamente positivo. Andiamo a dormire decisamente stanchi.

12 agosto – Vrgorac – Metkovič – Mostar – Sarajevo

Da queste parti il sole sorge presto, ed alle 6, pur essendo un paese piccolissimo, c’è già molto movimento. Ci svegliamo e dopo colazione partiamo alla volta della Bosnia, con l’intenzione di giungere a Sarajevo nel pomeriggio. La statale per Metkovič non è delle migliori, trafficata e con fondo non sempre bello. Ma è l’unica arteria stradale, l’autostrada è ancora in costruzione, con degli sbancamenti immensi (impatto ambientale mostruoso..) nella valle sottostante. Passiamo per qualche sperduto villaggio, quindi una zona paludosa (l’unica verde in decine e decine di km) e quindi l’importante centro di Metkovič. Superatolo, a poca distanza c’è la frontiera. Nessun problema ai controlli, e siamo così in Bosnia-Herzegovina.

Si nota subito.. La strada corre a fianco alla Neretva, splendido fiume dall’acqua verde smeraldo, e i villaggi presentano moschee e chiese ortodosse le une vicine alle altre. Cominciano ad apparire anche le prime case coi segni della guerra…e più ci avviciniamo a Mostar, e più sono evidenti. La periferia è ancora in buona parte da ricostruire. Ci dirigiamo verso il centro, parcheggiamo, e quindi ci incamminiamo verso lo Stari Most, il Ponte Vecchio, costruito dai turchi nel XVI secolo E’ bello vederlo di nuovo in piedi, e mi fa una certa emozione, perché ricordo benissimo le immagini dei TG di allora, il suo crollo sotto le cannonate dei Croati. Cedette alle granate il 9 novembre 1993, crollando nella Neretva. E’ stato ricostruito nel 2004, fedelmente all’originale (di cui sono presenti alcuni blocchi a bordo fiume). L’intera città vecchia è Patrimonio Mondiale dell’Umanità.

Passeggiando tra le vie di Mostar, mi colpisce subito il miscuglio di etnie, culture e religioni, cosa che avvertirò maggiormente a Sarajevo. Una ragazza musulmana col velo chiacchiera senza problemi con un’altra cattolica ortodossa, pacifica unione tra oriente e occidente….

E’ suggestivo camminare per queste strade, non mi mancano i brividi, vedendo le case coi segni dei proiettili e quelle ancora distrutte. E’ una città che sta ricominciando a vivere, dopo tanta sofferenza e tanta distruzione. Si respira un bel clima, sono pochi i turisti italiani (per fortuna..). I minareti si stagliano contro il cielo, mescolati a qualche chiesa ortodossa, sulla montagna che sovrasta la città si staglia un’enorme croce bianca.

Ci difendiamo dal caldo terribile con una birra in uno dei caratteristici locali, quindi ci rimettiamo in viaggio per Sarajevo. Seguiamo sempre la valle della Neretva, toccando un lag artificiale, e le cittadine di Jablanica e Konjic. A circa 40 km da Sarajevo ci fermiamo a pranzare in una caratteristica “trattoria” lungo la strada. E qui abbiamo il primo impatto con la gentilezza e dell’ospitalità dei bosniaci.

Un vassoio di agnello allo spiedo: è una caratteristica dei paesi slavi… è pieno di grill lungo le strade, con a seconda delle zone si vedono questi barbecue, a volte molto artigianali, dove girano o agnelli o maiali (non nella Bosnia musulmana, naturalmente). Ci viene offerto il dessert, un dolce tipico musulmano. Chiacchieriamo a lungo con la cameriera, che è stata in Italia per quasi vent’anni (è andata via a 10 anni da Sarajevo per via della guerra, ed è tornata lì solo da un mese), conoscendo qualcosa di più delle usanze e delle tradizioni della Bosnia. Ci dice che in Italia si è trovata bene, ma è tornata lì perché “casa è casa”.

Dopo pranzo ripartiamo alla volta di Sarajevo, sempre per questa strada tra le montagne, cosparse di villaggi e case distrutte e abbandonate. Appaiono sui cartelli stradali nomi di città come Goražde o Tužla, e vengo percorso dai brividi. Superiamo le famose località termali di Ilidža, ed entriamo in città per la Zmaja Od Bosna, la grande via di accesso a Sarajevo, durante la guerra tristemente nota come il “viale dei cecchini”.

Mi fa un certo effetto l’ingresso in città, molti dei palazzi popolari fatti costruire da Tito (inconfondibile lo stile socialista) recano i segni di proiettili e granate, molti fori sono stati tappati alla bell’e meglio. Il contrasto è con i palazzi ristrutturati, ricostruiti o i nuovi “grattacieli”, che sorgono a fianco di case sventrate. L’area della stazione ferroviaria è una di quelle che maggiormente presenta i segni della guerra. Dobbiamo prima di tutto cercarci una sistemazione, abbiamo qualche indirizzo, l’Holiday Inn, l’unico albergo funzionante durante l’assedio del 92-95 perché vi alloggiavano i giornalisti stranieri, è piuttosto caro (si fa per dire, perché 45 euro per un 4 stelle in una capitale di stato da noi sarebbero impossibili..)

Troviamo poi l’hotel (Italia..)che fa al caso nostro, nel quartiere Polafiči, nella zona collinare della città. Personale cortese, gentile, prezzi veramente ridicoli (20 euri a testa) pensando che siamo comunque in una capitale e struttura ben tenuta e piacevole. Scendiamo quindi in città, parcheggiando lungo il corso del fiume Miljacka. Entriamo nel cuore pulsante della città, cioè Sarači, tra vicoli stretti, bazar e botteghe di artigiani dai colori e sapori mediorientali. E’ proprio questo che mi colpisce e mi lascia il ricordo migliore di questa città, questa mescolanza tra oriente e occidente. Ragazze col velo passeggiano insieme a ragazze vestite all’ultima moda occidentale (tutte bellissime tra l’altro.. Le ragazze di Sarajevo sono quasi tutte splendide). E mi chiedo e penso quanto siano assurdi gli integralismi religiosi che vorrebbero impedire questa fusione di culture.

Passiamo a fianco della Moschea di Gazi Husrev-Beg. Oggi inizia il Ramadan ed è l’ora della preghiera, il canto dell’Imam è decisamente suggestivo. Sul muro della moschea c’è una fontanella dalla quale sgorga acqua freschissima. Ecco un’altra caratteristica di Sarajevo sono le fontane con l’acqua ottima. Proseguiamo poi per la via centrale, la Ferhadjia, che porta nella piazza dei Piccioni, con la bella cattedrale ortodossa del Sacro Cuore. Poco distante c’è la piazza “ufficiosamente” dedicata a Izetbegovič, il “nonno” della Bosnia. Il nome ufficiale però è “della Liberazione”, in ricordo della guerra partigiana contro i nazi-fascisti.

Qui ci sono anziani che giocano a scacchi con delle caratteristiche e grandi pedine, poco distante si trovano la facoltà di economia, una chiesa ortodossa serba, recentemente ristrutturata, e il monumento all’”uomo multiculturale” che “ricostruirà il mondo”. E’ proprio questa mescolanza di moschee, chiese ortodosse, chiese cattoliche, sinagoghe, le une vicine alle altre, che fa di questa città la “Gerusalemme dell’Est”. Proseguiamo nella visita, percorrendo il viale Maršala Ttita (Maresciallo Tito), dove si trova la Fiamma Eterna, in memoria dei caduti di tutte le guerre. Proseguiamo fino al ponte di Skenderjia, dove si trova il palazzetto del ghiaccio utilizzato durante le olimpiadi invernali del 1984. Sono ancora molti i segni in città di quell’evento, e c’è la volontà di recuperare quella memoria e di ristrutturare gli impianti (anche la pista da bob e i trampolini del salto, sul monte Trebević) seriamente danneggiati dalla guerra.

Costeggiamo nuovamente il fiume di Sarajevo, la Miljacka, passando a fianco del Ponte Latino, dove, il 28 giugno 1914 uno studente serbo, Gavrilo Prinčip, assassinò l’erede al trono asburgico Francesco Ferdinando. Fu la scintilla che scatenò la Prima Guerra Mondiale, è forse da allora che questa regione si è presa l’appellativo di “polveriera balcanica”…

Si è fatto tardi, rientriamo in hotel, giusto per una doccia e una sistemata, e poi siamo pronti a ritornare in città per cena. Questa volta prendiamo un taxi, economicissimo, e in pochi minuti siamo in centro. Un semplice kebab (ma completamente diverso da quelli che si mangiano in Italia) e siamo a posto, perché siamo ancora appesantiti dal pranzo.

Le viuzze della città vecchia sono caratteristiche anche di sera, ed è quasi d’obbligo una sosta in un caffè turco, per sorseggiare, con calma, un caffè……turco, naturalmente.

Ci attardiamo a lungo tra le vie ancora pulsanti di vita, capitando quasi per caso al Markale, il luogo della spaventosa strage del 5 febbraio 94 quando una granata serba cadde sul mercato coperto causando 67 morti. Una lapide ricorda la tragedia, e mi si gela il sangue, perché le immagini di quell’evento rimasero impresse nella mia mente di adolescente, e le ricordo ancora oggi distintamente. Follia umana, continuo a chiedermi come fosse possibile, e sembra così lontano, nel vedere ora questa città che “apparentemente” convive senza problemi nella sua multiculturalità.

Con un altro taxi (anch’esso con musiche orientali di sottofondo), rientriamo in hotel che è quasi mezzanotte, l’indomani ci aspetta un viaggio abbastanza lungo.

13 agosto – Sarajevo – Republika Srpska – Dubrovnik

Alle quattro di mattina circa vengo svegliato dal canto di un muezzin…molto suggestivo, è il segnale dell’inizio delle ore di digiuno del Ramadan. Lì per lì non realizzo, capirò una volta sveglio che era un canto arabo quello che avevo sentito qualche ora prima nella notte.

Alle 7 ci alziamo, siamo pronti per una buona colazione, quindi lasciamo l’hotel. Scendiamo nuovamente in città, parcheggiando l’auto nei pressi del palazzo del Parlamento della Bosnia-Herzegovina, completamente ristrutturato (indelebile l’immagine dell’edificio in fiamme nell’aprile 1992 dopo la dichiarazione d’indipendenza) e ci dirigiamo verso il centro. Ripartiamo poi per la zona collinare, dove sorge il Kosèvo, lo stadio olimpico, che è tornato ad essere adibito a luogo di intrattenimento. Su una collina poco lontana, sorge il cimitero della città, diviso in settori (musulmano, cristiano cattolico, cristiano ortodosso, ebraico). Nei pressi dello stadio invece sorge un cimitero come tanti se ne trovano nei territori dell’ex-Jugoslavia. Le date parlano chiaro.. 92, 93 sono le date più frequenti. E a guardare le date di nascita (70/78 la maggior parte) si capisce il perché di una cosa che avevamo notato. A Sarajevo ho avuto l’impressione che manchi una generazione, la nostra. Risulta evidente anche passeggiando per le vie della città. Evidentemente ingoiata tra le fauci di una maledetta guerra, è una cosa abbastanza impressionante. E impressionante e deludente è constatare che l’uomo continua a non capire un c…. (basta guardare un tg qualsiasi). Amarezza.

Mi raccolgo in un ideale silenzio e rispetto verso questi tutti questi morti, poi decidiamo che è meglio andare. Lascio Sarajevo comunque con una bella sensazione, quella che dà l’atmosfera di una città multiculturale che, dopo aver sofferto tanto, rinasce e si risolleva dalle proprie ceneri come l’Araba Fenice, senza dimenticare però ciò che è stato, perché serva come monito a mantenere viva la memoria, perché mai più accada.

Ripartiamo alla volta di Ilidža, per poi seguire le indicazioni per Srbnjie. Lasciamo così Sarajevo, percorrendo la valle della Bistrica, molto selvaggia e verde. Molti boschi e foreste, villaggi, case abbandonate crivellate di colpi. E’ decisamente una zona poco turistica. Entriamo presto nella Republika Srpska (la repubblica dei Serbo-bosniaci.. Quella di Karadzič e Mladič per intenderci), e cambia il clima.. Da quello ospitale della Bosnia, qui l’aria che si respira è più “pesante”. I cartelli sono tutti in doppia lingua (bosniaco e cirillico), e molto spesso le bandiere serbe ricordano quanto siano nazionalisti da queste parti (in Croazia ho notato la stessa cosa..la bandiera è ovunque). Tuttavia ci fermiamo a mangiare in una trattoria lungo la strada (solito agnello..e birra SERBA, per rimanere in tema nazionalistico), tuttavia il personale è molto gentile.

Ripartiamo, per questa suggestiva strada tra le montagne, col fondo non sempre dei migliori. Passiamo a fianco al Monumento ai caduti di Sudjieska, carattestico ed inconfondibile memoriale di guerra di stampo sovietico. Infatti fu fatto costruire da Tito per commemorare gli oltre 3000 partigiani caduti nella guerra contro le forze dell’Asse.

Ci fermiamo a fare il pieno nell’unica pompa di benzina in cento km, per poi proseguire verso Gacko. Lo raggiungiamo per una strada infame, tutta curve in mezzo ai boschi prima, e per rocce aride dopo, con pecore, capre e mucche che pascolano invadendo la strada. Paesaggio decisamente agreste e fermo a qualche decina di anni fa. Gacko è situato all’estremità di un immenso pianoro,a quota 1000 metri, dove fa un caldo terribile (31°). C’è un paesaggio semi lunare, e la centrale termoelettrica (a carbone) da il tocco direi da grande pianura russa.

La polizia ci coglie in fallo..59.9 km/h contro un limite di 40, e ci fa paletta. Sull’auto la scritta è in cirillico, ma la multa è ridicola (per noi occidentali), cioè 23 euri. Il bello è che avevo appena detto a chi guidava di rallentare.. Beh poteva andarci peggio, essendo qui… Sbagliamo pure strada e dobbiamo tornare indietro ripassando davanti alla polizia, percorrendo poi questo immenso altipiano, e tornando tra i boschi. Passiamo per Bileća ed il suo splendido lago. Non c’è che dire, paesaggisticamente queste zone sono molto belle. Giunti a Trebnjie le indicazioni sui cartelli stradali sono soltanto più in cirillico, e devo cercare di tradurli, con ciò che ricordo dell’alfabeto russo.. Evitiamo di perderci, ritrovando poi finalmente le indicazioni per Dubrovnik. Superiamo senza problemi la frontiera tra Republika Srpska/Bosnia-Herzegovina e siamo di nuovo in Croazia.

La strada scende tra pendii di pietre e sassi, dove non c’è nulla di nulla, e ci riappare il mare alla vista. Giungiamo sulla costa, fa caldissimo, superiamo Dubrovnik e in un paese poco distante troviamo posto in campeggio.

La sera ceniamo nella città vecchia con un ottimo piatto di cozze alla Bouzzara, quindi passeggiamo a lungo tra le vie discretamente affollate. Ritorneremo l’indomani mattina per visitare il resto con calma, oggi è stata una giornata di viaggio di nuovo abbastanza lunga.

14 agosto – Dubrovnik – Vgorac – Starigrad-Paklenica

Il mattino sveglia presto, smontaggio tenda e giù a Dubrovnik. La città vecchia, con i suoi due km di mura, è patrimonio dell’UNESCO. Detta anche la “Perla del mediterraneo”, è fatta di vecchie case, stretti vicoli, chiese, palazzi medievali. Manco a dirlo, nel 1991, successivamente alla dichiarazione d’indipendenza della Croazia dalla Repubblica Federale Jugoslava, la città fu messa sotto assedio dall’Esercito Popolare, dai Serbi e dai Montenegrini, che la bombardarono a lungo dalle montagne sovrastanti, incuranti del prezioso patrimonio storico che avevano sotto di loro. Un cartello all’ingresso delle mura ricorda quanti edifici furono colpiti durante il bombardamento del 6 dicembre 1991. Oggi i segni non si notano praticamente più, anche se la cattedrale presenta ancora qualche foro da scheggia. Il resto della città è completamente ricostruito e rinato, e ha ripreso i fasti di un tempo. Trascorriamo mezza mattinata qui, poi è di nuovo ora di mettersi in viaggio. Prendiamo la statale, con sosta pranzo nuovamente a Vrgorac (raznjici e ćevapćići) prima di tornare in autostrada. Usciamo a Maslenica, teatro di duri scontri nel 1993 tra l’esercito croato e le armate della Jugoslavia, lo spettacolare ponte ad arco infatti è stato ricostruito da qualche anno, era stato distrutto in circostanze poco chiare (si dice che sia stato fatto saltare dagli stessi croati, oppure che siano accidentalmente saltate delle mine posizionate negli anni 70 dalla JNA). Nel pomeriggio saremo a Starigrad-Paklenica, dove ci ricongiungiamo con gli altri gruppetti, partiti tutti in tempi differenti e provenienti da altre parti della Croazia, per la settimana “comunitaria” qui a Paklenica. Finisce così la prima parte itinerante della vacanza.

15 agosto – Climbing in Velika Paklenica & Starigrad

Non sono venuto in Croazia solo per arrampicare, tuttavia mi parrebbe stupido venire qui e non andare a scalare almeno un paio di volte..così dopo una sveglia posticipata per via della pioggia (cominciamo bene..), io e Roby decidiamo di andare a vedere la famosa Velika Paklenica, paradiso dei climbers. Qua non ha piovuto e pur essendo nuvoloso c’è un caldo umido degno di Bangkok.

E’ Ferragosto, e sta affluendo molta gente nel Parco Nazionale di Paklenica. Arrampicatori, escursionisti, semplici turisti.

Il posto è molto bello, una gola stretta con alte pareti di calcare che ricordano un po’ il Verdon. Sfogliando la guida, vediamo tra i primi settori che troviamo, uno denominato “Figa”… si sprecano le battute, in realtà in croato “figa” vuol dire fico, il frutto…

Dopo una prima vietta di 3b giusto per capire la roccia, ci buttiamo su (lla) Figa, 4b+, ricevendo delle sonore bastonate… come accade per il calcare, i passaggi lo ungono e lo lisciano, cosicchè i passaggi più impegnativi presentano prese, appigli e appoggi levigati come il marmo, facendoci sudare freddo, e pure con un fastidioso pubblico sottostante..infatti le vie sono proprio ai margini della stradina principale che entra nel parco!

Le ore passano in fretta, tra bastonate più o meno sonore, nel frattempo arrivano gli altri nostri amici, ed esce il sole a surriscaldare l’ambiente. Scalare diventa impossibile, la roccia rovente, il caldo soffocante, e decido che per oggi basta! Mi siedo all’ombra e guardo gli altri, e soprattutto quelli che sanno arrampicare bene, e ci sono delle donne che lo fanno in maniera impeccabile ed elegante. C’è, nel movimento di chi sa scalare bene, una vera eleganza, una danza verticale.

Ci stupiscono poi dei gruppi di bambini e bambine, sui 10-12 anni, che scalano autonomamente, e vedere una bimbetta di 10 anni andare su da prima liscia liscia dove io ragionavo ogni passo, mi fa capire quanto sono pippa..

Verso le 14 decidiamo di ritirare le nostre stanche ossa da quel posto, pranzo con un gelato, e poi c’è chi va in cerca di un posto per fare il bagno, chi si rintana a dormire in appartamento, chi, come me, decide di andare in esplorazione nei dintorni di Starigrad. Vado verso il mare a fare due passi, e penso che può essere particolare, dopo aver passato la mattina a scalare, immergersi nel mare, cosa che prontamente faccio…

Mi rilasso una mezz’oretta, poi continuo la mia esplorazione, fino ad una graziosa chiesetta bianca dedicata a San Pietro, per poi ritornare lungo la Franje Tudmana Ulica alla nostra casa. Sono molte, nelle cittadine croate, le vie e i viali dedicati a Tudman, primo presidente della Repubblica Croata. Che, tuttavia, non è che è stato proprio un agnellino… quelli che han distrutto il Ponte di Mostar sono stati i croati…

La sera, tutti riuniti, festeggeremo il Ferragosto e la notizia che aspettavo da giorni, cioè l’esser diventato zio di una splendida bambina, con una grigliata accompagnata da buon vino croato, a conclusione di una giornata decisamente varia.

16 agosto – isola di Pag (Vlasiči)

Dopo la giornata mista di arrampicata/mare di Ferragosto, oggi lo si dedica solo al mare.. Ci dirigiamo verso l’Isola di Pag, che si raggiunge attraversando un ponte spettacolare lungo 340 metri, sullo stesso stile di quello di Maslenica. Pag è un’isola di forma allungata, dall’aspetto molto brullo, ci sono solo sassi e qualche arbusto, pochissimi alberi, molte zone semi-deserte. Ci fermiamo a Vlasiči, un piccolo villaggio di mare, con relativa spiaggetta, in una delle tante insenature dell’isola. Giornata di mare e relax, ovviamente l’immobilità troppo duratura non fa per me, e così, nel pomeriggio, spinto da curiosità, col buon Mario, ci lanciamo nella “ascensione” di una montagnola quotata 72 metri sul livello del mare.. In infradito! Attraversiamo una zona acquitrinosa (dall’alto si vedrà come sia l’unica zona verde di tutto questo settore di isola), per imboccare un sentiero pietroso che sale, a mezzacosta, sulla pietrosa montagna. Fa molto caldo ma il venticello del mare mitiga la calura, arriviamo così in cima alla montagna, il panorama è spettacolare.

Dalle gole di Paklenica ai monti Velebit, al mare adriatico d’un blu profondo, alla brulla isola di Pag, fari, antenne e pale eoliche spuntano sulle dorsali pietrose dell’isola. Quassù è terreno da pecore, solo sassi, miliardi di sassi taglienti, cardi, arbusti spinosi, qualche pianta contorta dal vento. Salito fin quassù in infradito riuscirò anche a scenderne, senza distruggermi i piedi.. In mezz’ora siamo di nuovo alla spiaggia, ci si rilassa ancora un’oretta, poi quando il sole gira dietro la dorsale ed arriva l’ombra, decidiamo che è tempo di rientrare a Starigrad.

17 agosto – Climbing in Velika Paklenica – Devčići

Seconda giornata “arrampicatoria”. Questa volta ci alziamo tutti insieme, diretti alle gole di Paklenica. Fa più fresco dell’altro giorno..ci distribuiamo in vari settori, poi quando il sole arriva di nuovo sul lato sx ci spostiamo a destra, dove riceviamo le solite “bastonate”.. Su un 4c sudatissimo e fisico, volo pure a metà tiro, non so come, con riflesso “felino” mentre precipito riesco ad “abbranchiare” saldamente con la mano destra una bella lama di roccia, come Stallone in Cliffhanger, evitando di scartavetrarmi contro la parete..dopo il volo, riprendo la salita, gli ultimi metri lisci, unti, con pochi micro appigli e appoggi mi fanno sudare ed imprecare, ma alla fine arrivo in catena..mi dedico ancora ad un 5c da secondo, anche questo molto tecnico e fisico, per concludere con un 3b giusto perché il giorno prima mi incuriosiva e non lo avevo fatto.. Facile, ma anche qui fino a 4 metri da terra nessuna protezione..della serie, se cadi, “cavoli tuoi!”

Viene ora di pranzo, e con essa il solito caldo atroce, per cui battiamo in ritirata, e salta fuori la proposta di andare a mangiare pesce.. Ovviamente mi si invita a nozze, tempo di passare a casa e prendere costume e telo da mare, e via. Risaliamo la costa verso nord, e giunti a Devčići, ci fermiamo in un grazioso ristorantino con terrazzo sul mare.. Libidine pura. Che meraviglia, al mattino a faticare sul calcare di Paklenica, ora qui a ricevere la giusta ricompensa. Un kg e mezzo di splendidi calamari grigliati, patatine e malvasjia dalmata, con l’arietta del mare che mitiga la calura.. E successivo bagno e relax. Questa è vita…..

Rimaniamo qui fino a tarda ora, poi rientriamo con uno stupendo tramonto sul mare, a conclusione di una delle più belle giornate delle vacanze.

18 agosto – mare verso Nord

Giornata di mare, anche se travagliata per la ricerca di una caletta, tra vecchie basi militari jugoslave, moli privati, scogli taglienti come lame.. Ma alla fine troviamo il nostro posto. E la sera ci aspetterà una fantastica grigliata di pesce fresco, comprato alle 6.30 del mattino.. 5 kg di sarde e pesci tipo branzino, cucinati in modo egregio (parole dei commensali) dal sottoscritto.. E vinello bianco a volontà! Gran serata..

19 agosto – Grotta Manita Peć – Zadar

Siamo giunti all’ultimo giorno qui a Starigrad. Sfrutto il terzo ingresso per il parco per andare a visitare la grotta di Manita Pèc. Mentre altri vanno a fare una via lunga e qualcun altro solo a fare qualche monotiro, io ed altri andiamo su con calma. Alle 10 partiamo per raggiungere la grotta. Sono 500 m di dislivello, da percorrere nel canyon di Velika Paklenica. Finchè si sta all’ombra non fa eccessivamente caldo, ma appena si lascia il fondo del canyon e si comincia a salire, complice la vegetazione più rada, c’è letteralmente da schiattare di caldo.

Credo di non aver mai avuto così tanto caldo a camminare, e sono solo le 10 del mattino. La salita è davvero dura per il clima torrido, ogni tanto un po’ di brezza mitiga la fatica, regalando sensazione di fresco siccome siamo sudati marci.. Arriviamo quindi finalmente all’ingresso della grotta, a 570 m di quota, preceduto da un belvedere sul selvaggio canyon.

La visita della grotta è piuttosto breve (20 min) e francamente non so se vale la pena vista la fatica fatta per salire fino a qui, ma l’interno, con una volta alta 70 metri e piena di stalattiti, stalagmiti e altre concrezioni calcaree è molto bello, e soprattutto fa fresco…

Uscire è uno shock non da poco, si passa da 15° a 40° circa…ma presto, ahimè, ci si riabitua, ed avendo pure finito l’acqua, scendiamo molto velocemente, quasi di corsa. Raggiungiamo di nuovo l’ombra e quindi la fontanella, l’unica che abbiamo visto, nel parco, dove posso dissetarmi. Rientriamo in appartamento, dopo pranzo, nel tardo pomeriggio, partiamo per Zara, dove ci riuniremo la sera.

Alcuni vanno al mare, noi andiamo direttamente a Zara/Zadar. Parcheggiamo nei pressi del porto-canale. Entriamo nella parte vecchia della città, cinta dalle mura costruite dai Veneziani, e ne percorriamo sia la via principale che qualche vicolo caratteristico. Sinceramente non mi entusiasma, forse c’è troppa discontinuità tra vecchio enuovo, mi era piaciuta molto di più Dubrovnik, probabilmente anche per le dimensioni più contenute della città.

Mentre il sole pian piano va giù ci portiamo sul molo dove sono stati costruiti un orologio solare, costituito da celle fotovoltaiche che lo fanno muovere, ed il famoso “organo marino” inaugurato nel 2005. E’ costituito da 35 canne di diversa lunghezza, dove l’acqua del mare, spinta dalle onde, entra e produce diversi tipi di suoni. E’ forse diventata l’attrazione principale di Zara, infatti qua c’è una quantità di gente incredibile..

Però è suggestivo con la luce del tardo pomeriggio, ci sono torme di ragazzine che si tuffano dal molo, e il quadretto, con il sole radente, è assai pittoresco.

Dal molo assistiamo ad un infuocato e splendido tramonto, mentre gli ultimi raggi indorano la chiesa di San Donato e la palla gialla del sole tramonta dietro le isole.

Verso le 20.30 siamo tutti riuniti, e si va per “l’ultima cena” in terra croata, rigorosamente a base di pesce… salutiamo Zara verso le 23, rientrando a Starigrad, il giorno dopo rientreremo in Italia.

20 agosto – Zadar – Rivarolo C.se

Lasciamo Starigrad alle 9.30 del mattino, dopo adeguata spesa di vini, e ci immettiamo in autostrada. La scelta di partire il venerdì è azzeccatissima, c’è poco traffico, troviamo solo un po’ di coda alla frontiera con la Slovenia.

Questa volta non ci fregano, e non prendiamo l’autostrada ma la statale. Ci fermeremo per un ottimo pranzo a Kozina, alla kostilna Manhic, che produce anche ottima birra artigianale. Quindi altri centinaia e centinaia di km di autostrada, da Trieste a Rivarolo, fino a casa, che raggiungo alle 21.

Che dire, 3500 km sono alle spalle. 11 giorni per le strade dell’est, tra paesi, genti, e culture diverse, undici giorni tra le montagne del Friuli, le distese di sassi della Croazia, le pareti di Paklenica, i boschi e i fiumi della Bosnia, le immagini indelebili di Sarajevo, il mare limpido della Dalmazia. Sicuramente è stata una bella vacanza, non solo di “divertimento” ma anche di accrescimento culturale, toccando quasi con mano la difficile storia di un paese che non c’è più se non nei vecchi libri di geografia, la ex-Juogoslavia.

Un sentito grazie ai compagni di viaggio & avventura, alla prossima!

“In un posto insolito, in un’ora insolita, anche il discorso diventa insolito, come in un sogno.”

Da I racconti di Sarajevo, di Ivo Andrić

Link agli album fotografici:

Vajont: http://www.roby4061.it/2005/photobook/2010/vajont.htm

Redipuglia: http://www.roby4061.it/2005/photobook/2010/redipuglia.htm

Mostar: http://www.roby4061.it/2005/photobook/2010/mostar.htm

Sarajevo: http://www.roby4061.it/2005/photobook/2010/sarajevo_1.htm

http://www.roby4061.it/2005/photobook/2010/sarajevo_2.htm

Republika Srpska: http://www.roby4061.it/2005/photobook/2010/srpska.htm

Dubrovnik: http://www.roby4061.it/2005/photobook/2010/dubrovnik.htm

N. P. Paklenica: http://www.roby4061.it/2005/photobook/2010/paklenica1.htm

http://www.roby4061.it/2005/photobook/2010/paklenica2.htm

http://www.roby4061.it/2005/photobook/2010/manita.htm

Isola di Pag: http://www.roby4061.it/2005/photobook/2010/pag.htm

Zara: http://www.roby4061.it/2005/photobook/2010/zadar.htm

link completo: https://sites.google.com/site/gerardoguida/home/mexico2010



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