Penisola del Sinis di Sardegna
Il primo approccio con la sacralità del luogo, messo lì, come avamposto, è la chiesa millenaria di San Giovanni ( VI sec.): il colore giallo ocra delle imponenti pareti, la solidità manifesta, la penombra delle volte e l’umidità che accarezza la pelle rendono il luogo fortemente mistico proprio perché in contrasto con la luce accecante che ti trafigge appena si esce varcando il portale.
E lì, all’aperto, quasi smarriti in questa vastità assolata, a pochi passi trovi il capolinea di un piccolo trenino verde: sembra quasi un giocattolo antico, che arrancando a fatica ti porta su e giù per quel promontorio facilitando la visione di panorami infiniti.
Ma noi scegliamo il cammino, il passo faticoso e assetato: vogliamo arrivare anche noi fin lassù, alla torre saracena che ci indica la sommità del promontorio, ma vogliamo sudarcela questa conquista, vogliamo ripercorrere i passi antichi di un popolo che qui aveva dimorato, nell’antichità più lontana.
I Fenici, popolo intelligente e arguto,navigatori esperti e amanti del bello, proprio qui fondarono Tharros, città bianca, cullata e protetta da questo golfo mansueto e dal mare aperto impetuoso.
Pochi resti materiali sono sopravvissuti di quella antica bellezza ma l’aurea magica della storia , che lascia la sua scia nel tempo si respira ancora, si immagina, si rimpiange anche un po’…
E poi si arriva lassù: quanti uomini e donne da lì avranno cercato di intravedere là all’orizzonte la nave a loro cara, piena di promesse e di speranze.
E’ talmente bello là in cima, ai piedi della torre , che se insisti troppo nel voler fissare l’orizzonte, o il mare blu e verde, o il cielo sconfinato, ti puoi sentire male…Una vertigine ti prende…E capisci perché vale la pena viaggiare.
Ciao