Peloponneso tra storia e mare
Vacanze in Grecia… è sempre un grande, immenso, gigante Sì! Soprattutto quando si ha a disposizione una macchina, una settimana di settembre, e si deve “staccare la spina” dall’organizzazione di un matrimonio: il nostro!
Io e Ale partiamo da Bergamo con un volo Ryanair diretto a Kalamata, cittadina del Peloponneso e capoluogo della regione della Messenia. Arriviamo verso le ore 11:30 di mattina e ci fiondiamo nella vicina agenzia EuropCar per prendere la macchina a noleggio che restituiremo una settimana esatta dopo al Pireo, il porto di Atene.
Non ci fermiamo a Kalamata: da internet leggo che è una tappa rinunciabile e noi, in una sola settimana, dobbiamo sacrificare qualcosa. Ci dirigiamo subito verso Costa Navarino, una baia che si estende nella zona occidentale del “primo dito” della Grecia. Arriviamo a Pylos che è ancora primo pomeriggio: ci riposiamo un’oretta nell’hotel più iconico della vacanza, il Miramare hotel, che come suggerisce il nome di vaga ispirazione riminese si affaccia sul mare. Macché affaccia, diciamolo meglio: letteralmente si tuffa nel mare, con i balconcini delle camere da cui ci si potrebbe lanciare direttamente in acqua. La hall del piccolo hotel ha delle vetrate da cui si vede solo un’immensa distesa di blu, lasciando l’impressione di essere perennemente su un traghetto.
Ripresi dal viaggio, ci dirigiamo verso la Golden Beach, un lunghissimo lembo di sabbia misto ciotoli, ombreggiata qua e là da alcuni alberelli bassi. Sono presenti anche dei servizi con ombrelloni spartani. C’è poca gente e sono quasi tutti locali. Il mare è limpido, e non batte il vento che invece soffiava a Pylos, esattamente dalla parte opposta della baia (10 minuti di macchina).
Al tramonto notiamo che alla fine della Golden Beach c’è un cartello che indica dei resti archeologici: si tratta della Vecchia fortezza di Navarino, a cui si giunge con una camminata su per la collina. Siamo stanchi e decidiamo di rimandare, anche se alla fine non abbiamo l’occasione di visitarla. Da internet vengo a sapere che è una fortezza diroccata, a cui si accede liberamente con una camminata non troppo impegnativa. La fortezza non è tenuta in sicurezza, quindi bisogna visitare al sito prestando molta attenzione.
La sera mangiamo a Pylos, nella piazza centrale, in una taverna che fa souvlaki e altra carne alla griglia tipica greca. Ci rimpinziamo con insalata greca, pita (pane tipico) e salsa tzatziki (da evitare se non siete amanti dell’aglio), e alcuni spiedini di carne. Con 19 euro mangiamo benissimo.
Il giorno successivo il tempo è incerto: tira meno vento, ma il cielo è nuvoloso e decidiamo di approfittarne per visitare il palazzo di Nestore, a circa 20 km da Pylos. Secondo me 6 euro di ingresso sono un po’ troppi, ma come dice Ale, io me la prendo quando non fanno sconti ad insegnanti (io) e archeologi (lui). Gli unici con sconto sono i ragazzi dell’UE che hanno meno di 25 anni. Questo varrà per tutti i siti che visiteremo nel Peloponneso.
Le rovine del palazzo si presentano curate; si vedono dall’alto grazie ad una impalcatura recente con dei pannelli informativi. Mi emoziono per la vasca da bagno in cui, nella leggenda, si è lavato Telemaco quando è approdato al palazzo di Nestore alla ricerca di suo padre. Come dice Ale, a me piace il gossip-classico!
Riscendiamo verso il mare passando per distese incontaminate di ulivi. Passiamo il resto della giornata a Voidikilia Beach, che non è attrezzata e, a differenza della Golden Beach, ha molta meno ombra, che per giunta è lontana dal mare. La baia è splendida e, secondo la leggenda, proprio qui è approdato Telemaco. Anche da questa spiaggia parte un sentiero che passa per una grotta (la leggendaria grotta di Nestore) e arriva alla fortezza di cui parlavo prima. L’acqua è azzurrissima e il posto è da sogno: Ale si accorge che il paesaggio dall’alto della baia è uno degli sfondi predefiniti di Windows!
La sera ci spostiamo in un paese più a sud di Pylos, Methoni. Mangiamo pesce alla Rex taverna, ma non ne rimaniamo entusiasti: il prezzo è sopra la media per la Grecia, e i piatti poco abbondanti. Io avrei voluto vedere la fortezza di Methoni, almeno dall’esterno, ma la notte non è illuminata.
Il nostro ultimo giorno a Pylos visitiamo la fortezza di Niokastro, che sovrasta il centro di Pylos (6 euro). Il museo interno è molto interessante, e dalle mura della fortezza, che dà sul mare, la vista è mozzafiato.
Il pomeriggio partiamo alla volta di Areopolis, nel “secondo dito” greco, avanposto della zona che è definita “penisola del Mani”. Passiamo nuovamente per Kalamata e poi, in una strada semideserta che passa tra le montagne, seguendo direzione Sparta arriviamo all’antica città di Mystras. Piccola nota: il viaggio in macchina da Pylos a Mystras, passando per le montagne ed evitando le autostrade, è di 100 km (quasi due ore e mezzo di auto), ma ne vale certamente la pena. Le montagne alle spalle di Sparta, le zone in cui nella leggenda i giovani spartani venivano lasciati soli alcuni giorni per diventare “uomini”, sono davvero ricche di fascino e nonostante le curve il viaggio è piacevolissimo, soprattutto quando si incontrano greggi di capre in mezzo alla strada che non vogliono saperne di andarsene!
Visitiamo Mystras (ingresso 12 euro), con i resti medievali che a me hanno ricordato delle ambientazioni gotiche. Il luogo è suggestivo, e la vista dall’alto dal castello molto carina.
Ci lasciamo alle spalle il monte Taigeto e proseguiamo verso Areopolis, che raggiungiamo al tramonto. Il centro di Areopolis è davvero un mix perfetto tra atmosfera e romanticismo; di centri “tipici” greci ne ho visti parecchi, ma come questo borgo forse nessuno. Mangiamo da O Petros roof garden sunset View fagioli con pork e taco salad con maiale: tutto abbandonante e molto buono, per 24 euro in due. La sera in piazza c’è un concerto che sembra il Festivalbar greco, che dura fino alle 4 del mattino!
Mi faccio fare da Ale una foto su un sasso, credendo sia quello da cui è partita la rivoluzione greca grazie a Petros Mavromichalis. L’eroe issò la bandiera di Mani (una croce azzurra in campo bianco con la scritta ΝΙΚΗ Ή ΘΑΝΑΤΟΣ, ovvero “Vittoria o morte”) dando così l’avvio alla guerra di indipendenza dai turchi. Solo in seguito capisco che ho fatto la foto sul sasso “sbagliato” e che il monumento in questione è nella piazza principale, quella del Festivalbar.
Il giorno successivo facciamo un tuffo nel vicino porto di Limani, sperando di vedere le tartarughe di cui si parla su internet, ma non abbiamo la fortuna di nuotare con loro. Ad ogni modo il posto è pittoresco e l’acqua sembra una piscina. Non è una zona in cui prendere il sole, perché c’è solo un muretto e si accede in acqua da alcuni sassi, ma in poco tempo la zona si riempie di gente (soprattutto locali) e così decidiamo di riprendere il viaggio.
La sera abbiamo prenotato a Elafonissos, l’isola più a sud del “terzo dito” greco. Decidiamo di spezzare il lungo tratto di auto (121 km) fermandoci a prendere il sole in una spiaggia attrezzata di Githio. Onestamente la spiaggia non è delle migliori, ma il mare è come sempre stupendo e noi ci accontentiamo: con 4 euro a testa di consumazione abbiamo l’ombrellone e due lettini, e in spiaggia ci siamo solo noi.
Ripartiamo. Poco più avanti rispetto alla “nostra” spiaggia, che è quella più vicino alla città di Githio, vediamo che ci sono spiagge migliori e infatti sono tutte più affollate. Ce n’è una con una enorme nave incagliata sulla spiaggia, che da internet scopro essere il relitto della nave Dimitrios nella spiaggia di Valtaki. Mi ricorda molto la più celebre nave-relitto sull’isola di Zante.
Per arrivare a Elafonissos prendiamo un traghetto che fa la spola dalla terra ferma all’isola. Non dobbiamo aspettare molto per imbarcare la nostra auto (paghiamo 8.50 euro a testa): mentre siamo sul traghetto, riflettiamo sul fatto che era meglio evitare di ascoltare il podcast sulla disgrazia della nave Concordia durante tutte le 3 ore precedenti, ma tant’é. Alloggiamo al Diamond resort, che come tutti gli hotel visti finora è un po’ datato negli interni (soprattutto il bagno). La sera ceniamo al porto, nella zona principale dell’isola da cui il nostro hotel è un po’ fuori. Al Psaro da Berna veniamo accolti da un signore che parla italiano e ci convince per un pesce spada (buonissimo) e un antipasto di salsa di zucchine. A fine cena ci vengono portati anche dei fichi. Spendiamo 29 euro.
Elafonissi ha delle spiagge meravigliose, ma meravigliosa come isola non è: rispetto alla terraferma e soprattutto rispetto al Mani, da cui veniamo, è tutto costoso, e l’atmosfera è un po’ finta: non ha il sapore della Grecia continentale, né quello tipico delle isole. Non ci sono supermercati ma solo minimarket costosi.
Il primo giorno visitiamo la “perla” dell’isola, Simos Beach. Non ho mai visto i Caraibi, ma li immagino pressappoco così. C’è pochissima gente, ma gli ombrelloni costano molto: 40 euro la prima fila, 30 la seconda. Noi riusciamo a prendere un ombrellone da 20 solo perché le sdraie sono un po’ scassate. La sera torniamo al porto e prendiamo due birre e due bicchieri di vino bianco. Io sono storna e non mi lamento neanche con Ale del prezzo totale di 20 euro!
L’ultimo giorno sull’isola trovo la mia dimensione: Kato Nisi Beach, esattamente davanti al nostro hotel, non so perché ma mi piace molto di più della ben più famosa Simos Beach. Questa sì che è davvero isolata: alle dieci di mattina ci siamo solo noi due. L’acqua è cristallina e la spiaggia, sabbiosa, è lunghissima. Vorrei rimanere qui di più, ma di primo pomeriggio siamo costretti a partire.
La direzione, ora, è Nauplia. Ci fermiamo poco fuori da Sparta in un panificio/bar che si chiama Alexia, nei pressi della tomba di Menelao, che non visitiamo perché piove (e perché ad Ale non piace il gossip-classico, piace solo il classico serio). Mangiamo, tra le altre cose, una fetta di dolce al miele buonissimo che devo ancora digerire.
A Nauplia alloggiamo al Polyxenia hotel, che è molto centrale e abbastanza economico, ma purtroppo ha un neo per me grandissimo: la nostra stanza ha una sola micro-finestra molto in alto. La proprietaria spiega che non si possono fare lavori perché l’edificio è storico. La colazione, il giorno dopo, sarà abbondante ed servita sul tavolo esterno che dà sulla strada.
Il centro storico di Nauplia è carino e vivace. Vediamo che nella zona ci sono molti siti da visitare, ma per il giorno dopo abbiamo già programmato due Big: Tirinto e Micene.
La mattinata a Tirinto lascia me soddisfatta, e Ale un po’ irritato. In effetti, con i 4 euro dell’entrata ci si poteva aspettare qualche pannello esplicativo in più. Vediamo le mura ciclopiche e facciamo alcune belle foto, anche se di quella che doveva essere l’antica Tirinto si vede/capisce molto poco: le indicazioni parlano perloppiù dei lavori di restauro. Siamo gli unici che visitano il sito, e questa esclusività mi rende tutto più bello.
Nel pomeriggio facciamo rotta su Micene. Micene, beh, è Micene, e il suo sporco lavoro lo fa sempre bene. Il “Tesoro di Atreo“, ovvero la tomba monumentale che si incontra salendo in macchina verso il sito archeologico, è davvero imperdibile, così come la porta di ingresso al sito, la celebre porta dei Leoni.
La sera ci dirigiamo verso il Pireo, dove consegniamo la macchina. Alloggiamo all’Achilleon hotel, proprio di fronte al gate dove la mattina successiva prendiamo il traghetto che ci porterà al nostro matrimonio, sull’isola delle Cicladi di Folegandros.
Ma questa è tutta un’altra storia!