Pellegrinaggio nel nord del Dodecanneso

Alla scoperta di Lipsi, Patmos e Leros
Scritto da: giubren
pellegrinaggio nel nord del dodecanneso
Partenza il: 03/07/2015
Ritorno il: 19/07/2015
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
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Lipsi, un’isola dove non si capita per caso. Appena 17 chilometri quadrati e circa 600 abitanti concentrati nell’unico villaggio dagli scorci cicladici, dominato dalla cupola azzurra ed i campanili della Mitrópolis costruita negli anni ’50 grazie alle rimesse degli isolani immigrati in Australia. Mancano attrazioni storiche di rilievo, ma le insenature e le coste dell’isola con spiagge dalle acque cristalline costituiscono il principale richiamo per i visitatori. Le ragioni che possono aver spinto a scegliere Lipsi possono davvero essere comprese una volte approdati in questo luogo semisperduto nel Dodecanneso settentrionale.

Rapidamente i pochi turisti sbarcati si dileguano dalla banchina e rimaniamo gli ultimi in attesa del taxi che ci condurrà nel nostro incantevole studio dove pernotteremo per 4 notti. Nelle prime ore del pomeriggio, il villaggio sembra quasi addormentato con i suoi ristoranti ed esercizi commerciali per lo più chiusi. Colpisce la luce del sole abbagliante che tutto avvolge ed il silenzio, interrotto solamente dalla brezza del meltemi e dal lontano tintinnare dei campanelli che cingono il collo delle capre.

Sono poche le macchine che circolano sulle strade, i noleggi infatti mettono a disposizione dei turisti soltanto motorini e biciclette, viste le ridotte dimensioni dell’isola che può essere esplorata a piedi.

A Lipsi è impossibile sfuggire ai suoi ritmi rilassati, forse non c’è migliore destinazione iniziale per lasciarsi alle spalle lo stress accumulato durante l’anno. Ci si risveglia al canto del gallo, quando il primo sole del mattino filtra dalle tende della stanza fluttuanti per la brezza… la domenica si aggiungono le cantilenanti preghiere bizantine che si diffondono dalla cattedrale.

A fianco dell’edificio orientaleggiante della polizia che mi è sembrato l’unico riconoscibile retaggio della passata dominazione italiana, è difficile resistere ai dolci appena sfornati dalla panetteria; il tempo di decidere la spiaggia da esplorare e si è a bordo della mountain bike per raggiungere la destinazione prescelta…

Platis Gialos, una stretta spiaggia ombreggiata dai tamerici, è frequentata da gente discreta, che parla a bassa voce per non disturbare… le più chiassose sono un gruppo di anatre che hanno deciso di stabilirsi in questa baia riparata dalle acque basse e trasparenti. Non ci sono lettini e ombrelloni, questa è un’espressa scelta dell’isola che ha preferito non attrezzare le spiagge e di conservare il loro aspetto selvaggio. La piccola chiesa di Agios Costantinos e la taverna sono i soli edifici nei pressi, per il resto terreno arido, ulivi secolari e piccoli ovili da cui entrano ed escono liberamente le capre che si intravedono saltare sulle colline circostanti.

Più spettacolari dal punta di vista naturalistico le spiagge della costa orientale tra cui Chochlakoura, caratterizzata da grossi ciottoli bianchi oltre che da piccole grotte e baie appartate che regalano vividi colori alle acque del mare, e Xerokampos, dalla scenografica chiesetta bianco/azzurra, che si raggiunge attraverso sterrati di non facile percorribilità e che per questo risulta quasi sempre poco frequentata. Monodéndri invece può essere raggiunta a piedi in circa 40 minuti solamente tramite un sentiero ed è così chiamata per la presenza di un albero solitario aggrappato con pervicacia ad un alto sperone roccioso.

Il villaggio inizia a prendere vita verso il tardo pomeriggio ed inevitabilmente si rincontrano i visi delle persone incrociate nel corso della giornata. Molti sono gli italiani che scelgono di venire a Lipsi o che addirittura hanno acquistato una casa, ognuno è accomunato dalla grande passione per la Grecia e le sue isole, oltre che dal desiderio di condividere le proprie impressioni sui luoghi precedentemente visitati anche per scegliere quella che potrebbe essere la destinazione per la prossima estate. Aprono le caratteristiche ouzerie sul porto, oltre che i ristoranti per le stradine del minuscolo centro storico. Insomma, ci si incontra e ci si conosce in un ambiente familiare e disteso, forse come non è mai capitato su altre isole che ci è capitato di visitare, ecco perché le sensazioni che questo luogo offre devono necessariamente essere vissute di persona …

Attorno a Lipsi emergono in ordine sparso altre isole minori e scogli, in gran parte disabitati, che vale la pena di esplorare in barca. Straordinari scenari quelli offerti da Makronìsi, con le sue rocce stratificate a picco sul mare e la galleria semisommersa e Tiganakia, con i fondali caraibici nei pressi dell’isola di Arki. Ma la spiaggia che merita più di ogni altra è quella di Aspronisi (l’isola bianca): un’ansa di rocce e di grandi ciottoli bianchi raggiungibile a nuoto dalla barca che rimane nelle altre ore della giornata di esclusivo appannaggio degli uccelli acquatici.

Sale una strana malinconia mentre dal traghetto ci si allontana da un luogo così speciale per raggiungere Patmos. Il primo impatto con Skala, porto principale dell’isola, non è necessariamente positivo a causa del notevole affollamento turistico. Ma si comprende ben presto il motivo per il quale Patmos costituisce una meta prescelta da molti vacanzieri, non solo per la bellezza delle spiagge ma anche della sua Chora che circonda il Monastero fortezza di San Giovanni Teologo, dedicato all’apostolo che scrisse l’Apocalisse.

Nonostante faccia parte del Dodecanneso, Patmos ricorda un’isola delle Cicladi per l’architettura ed il candore degli edifici. Skala è indubbiamente l’area più commerciale dove si affollano ristoranti e locali che attirano una giovane clientela internazionale. La torre del porto, costruita dagli italiani, caratterizza il profilo della cittadina, nei pressi della quale sorgono storici edifici e cantieri navali riconvertiti. Purtroppo abbiamo trovato l’antica ouzeria Houston sempre chiusa: inserita nei patii coloniali in prossimità della torre, sembra che sia uno dei locali più antichi dell’Egeo.

Il vero ed autentico cuore di Patmos è la sua Chora, visibile da quasi ogni lato dell’isola, con il suo centro storico medioevale straordinariamente ben conservato. Si raggiunge da Skala in circa 20 minuti di macchina, dopo aver percorso diversi tornanti che serpeggiano tra le pinete. Sono solo un centinaio le persone che vi abitano stabilmente ed è piuttosto difficile riuscire a trovare locali in affitto, malgrado costituisca il luogo più suggestivo dove pernottare: questo spiega anche l’estrema tranquillità dei suoi vicoli, che si animano verso il tramonto in prossimità della piazzetta Lesviás e dei pochi ristoranti e locali con una clientela ricercata. Piccole gallerie d’arte, boutique e pochi altri esclusivi esercizi commerciali sono affollati solo quando frettolose comitive sbarcate dalle navi da crociera si recano nella Chora per visitare le sue attrazioni principali, dichiarate patrimonio dell’umanità dall’Unesco.

Il Monastero fortezza di San Giovanni Teologo è sicuramente il monumento più famoso, per il quale Patmos è stata dichiarata “isola sacra” negli anni ’80 dal governo greco. È preferibile visitarlo nelle prime ore del mattino, quando si ha la possibilità di girare soli, contemplando in silenzio le bellezze della chiesa affrescata e del museo. Straordinari i panorami dalle terrazze, anche se molte sono state chiuse all’accesso per evitare che turisti poco rispettosi continuassero ad utilizzarle come solarium.

Più in basso sorge il Monastero della Grotta dell’Apocalisse, abitato solamente da un paio di monaci, dove la tradizione vuole che l’apostolo Giovanni descrivesse al suo discepolo le visioni avute in sogno sul giorno del Giudizio. Nella Chora sono moltissime le chiese ed i monasteri da esplorare: quello di Zoodóchou Pigìs (la Fonte della Vita) è abitato da monache e conserva nella chiesa straordinari affreschi oltre ad un’icona ritenuta miracolosa.

Non mancano nella Chora bar e locali notturni ospitati in edifici storici: in particolare il cafè 1673 è situato in una casa di oltre 3 secoli ma che chiude verso le due di notte da quando i monaci del vicino Monastero di San Giovanni si sono lamentati della musica ad alto volume che disturbava i vespri.

Le spiagge dell’isola sono altrettanto attraenti, in particolare Psili Ámmos situata sulla costa meridionale e raggiungibile in circa 30 minuti a piedi attraverso un incantevole sentiero. Degne di nota anche Lambi, dai ciottoli multicolori situata sulla costa nord, oltre alla baia di Vagia e Livadi Geranou.

Nei pressi del villaggio di Grikos, che un tempo serviva come porto del monastero, la spiaggia di Petra ci regala un mare dai colori fantastici, malgrado la giornata di fortissimo vento.

Lasciamo la mondana Patmos ed il fascino della sua sacra bellezza ed il traghetto ci conduce a Leros, attraccando al porto di Lakki. Leros è tutt’ora un isola non particolarmente turistica, sulla quale aleggia il pesante fardello della tragica storia recente. I fantasmi del passato non l’hanno del tutto abbandonata, ma forse in parte sono proprio quelli ad avermi incuriosito spingendomi a sceglierla quale ulteriore destinazione.

“Lero, dove c’erano i cannoni della marina….”: così mi accennava mio padre, reduce dell’Egeo, quando durante i suoi racconti, mi fece un fugace riferimento a quell’isola sulla quale non si recò mai. Nelle intenzioni dell’Italia mussoliniana, Leros doveva diventare la “Malta” del mediterraneo orientale, perciò vi fu costruita una formidabile base navale in un insenatura ritenuta tra i migliori porti naturali del Mare Nostrum. La chiamarono Portolago (oggi ribattezzata Lakki) e fu realizzata al tecnigrafo dal nulla e destinata ad ospitare una popolazione di almeno 14.000 persone. La cosa che maggiormente colpisce è che la cittadina fu edificata in stile “internazionale”, in voga durante il ventennio, e gli edifici si caratterizzano per le lunghe prospettive, asimmetrie, linee curve ed assenza di orpelli ornamentali che quasi li fanno apparire fuori contesto. Si tratta ad ogni modo di un fulgido esempio di architettura coloniale che, dopo i bombardamenti subiti, è stata in parte ricuperata come il cinema teatro dalla struttura semicircolare…. Per l’ex Albergo Roma invece sembra che i lavori di restauro si siano interrotti per mancanza di fondi, in parte dispersi a causa della dilagante corruzione… tra i migliori esempi, resta la chiesa di S.Francesco e soprattutto l’ex mercato coperto con la torre dell’orologio quadrata.

Rimangono sui muri tracce del passato, con maioliche che ricordano il vecchio nome italiano della cittadina e, sulla opposta riva del golfo di Lakki, gli edifici che un tempo ospitavano gli ufficiali ormai abbandonati e riutilizzati durante il regime dei colonnelli per internare i dissidenti politici sgraditi.

Raggiungiamo Alinda, una piacevole località dove si trova il nostro studio immerso tra buganvillee in fiore. La cittadina si affaccia sul capoluogo dell’isola Platanos e sulla zona portuale di Agia Marina, sovrastati dall’imponente Castello di Pandéli, edificato dai Cavalieri di S.Giovanni. Quest’area è caratterizzata dallo stile neoclassico degli edifici, comunque si respira un’aria familiare dovuta alla profonda influenza che l’Italia ha avuto su quest’isola di dimensioni ridotte e su cui si erano riversati imponenti investimenti.

Le spiagge in questa zona sono molto piacevoli anche se molto strette, caratteristica comune che si riscontra anche in tutte le altre sparse sull’isola. Interessante la Torre Bellenis, che ospita un museo dedicato alla storia e al folclore dell’isola. Si trattava originariamente di una villa estiva, poi concessa dal proprietario alla comunità locale: sono esposti abiti d’epoca ed oggetti di uso quotidiano. Una sala è interamente dedicata alla strumentazione medica italiana in uso nei primi del ‘900 tra cui una sala operatoria ed un vecchio apparecchio dentistico, non dissimile da quelli in uso al giorno d’oggi. Al secondo piano, si conserva una raccolta di divise ed armi utilizzate durante la sanguinosa battaglia di Leros del 1943 contro i tedeschi, a cui è dedicato anche un altro museo realizzato in un bunker nei pressi del villaggio di Merikía…. le stesse armi in vetrina, oggi arrugginite ed inservibili, che mio padre avrà utilizzato nei combattimenti a Simi.

Xirokambos è la località più a sud: acque cristalline e due piccole taverne che si affacciano su una baia dalla quale si intravede chiaramente la sagoma della vicina isola di Kalimnos. Imperdibile la piccola Panagía Kavourádena (la “Vergine dei granchi”), una chiesetta a picco sul mare con il soffitto parzialmente ricavato in una grotta, dedicata ai numerosi crostacei che vivono nelle scogliere sottostanti.

Vale la pena una deviazione per visitare anche la chiesetta di Agios Isidoros, realizzata su un isolotto collegato alla terraferma da una passerella di cemento che resta sommersa durante l’alta marea.

Nell’estremo nord, scopriamo i fantastici colori della spiaggia di Kioura, quella che ci ha colpito maggiormente. La località è nei pressi del villaggio di Partheni e dell’aeroporto, dove in una piccola zona fortificata restano i muri perimetrali del vecchio tempio dedicato ad Artemide.

La visita più emozionante è al Castello di Pandéli, sferzato da un vento impetuoso durante l’intero arco della giornata. Sulla cresta della montagna sono in bella mostra una serie di vecchi mulini restaurati, nei cui pressi è stato realizzato il café View con una straordinaria vista panoramica sulla baia di Vromòlitos. All’interno delle mura, è stata edificata una chiesa ed è conservato un museo nel quale sono custodite antiche icone, una biblioteca ed un lapidarium. Il custode è desideroso di raccontare le storie passate di Leros ed aneddoti che hanno caratterizzato la resistenza che l’isola oppose agli Ottomani; quando sa che siamo italiani si scusa per non poter parlare con noi nella nostra lingua perché, se la storia fosse andata diversamente, sull’isola si sarebbe continuato a parlare italiano: le “isole italiane dell’Egeo” erano infatti considerate parte dell’Italia esattamente come Torino o Napoli. Il padre del custode, emigrato negli USA dopo la seconda guerra mondiale, parlava meglio l’italiano che il greco ed ascoltava sempre dischi dell’opera classica. Ci racconta che all’epoca c’erano molti greci che non avevano nulla da lamentarsi per la dominazione italiana, altri invece che l’avversavano, tuttavia riconosce come durante la battaglia del ‘43 i soldati italiani combatterono con valore ma che la sconfitta fu dovuta soprattutto per colpa di estremisti che passarono informazioni riservate ai tedeschi.

Particolarmente dolorosi i racconti del periodo della dittatura dei Colonnelli e dei manicomi criminali che davano sostentamento economico agli isolani, un macigno che ancora pesa nelle coscienze.

La vista dalla bianca chiesetta che domina il golfo di Agia Marina rasserena l’animo, anche se l’ogiva di una bomba inesplosa viene conservata nella terrazza panoramica, testimone di un passato sempre troppo difficile da rimuovere.

Terminato il nostro soggiorno a Leros, eccoci di ritorno a Kos, dove l’indomani ci attende il volo di ritorno. C’è tempo sufficiente per girare nello splendido capoluogo già visitato qualche anno fa e che rimane tale nonostante le soffocanti strutture dirette a soddisfare le esigenze del turismo di massa. Anche qui è stato determinante l’intervento degli urbanisti italiani: edifici del ventennio si alternano a moschee turche e rovine dell’epoca romana riportate alla luce dagli archeologi a seguito del disastroso terremoto del 1933 che rase al suolo i vecchi quartieri medioevali. I parallelismi con le risistemazioni realizzate a via dei Fori Imperiali nello stesso periodo sono inevitabili, quasi un angolo della vecchia Roma sembra riapparire a tanti chilometri di distanza, seppur in scala ridotta. E’ purtroppo chiuso per restauri il museo archeologico, è invece visitabile la casa romana, in parte ricostruita dagli archeologi italiani e riportata agli splendori originari.

Un ultimo pellegrinaggio al cimitero cattolico della città, dove si conserva una targa in memoria dei soldati italiani trucidati presso le fosse di Linopoti dai tedeschi nel ’43 e che venne scoperta il 10 ottobre del 1992 alla presenza dei pochissimi reduci superstiti, tra cui mio padre; varie lapidi senza nome ricordano che i soldati appartenevano alla caserma 10° Regina, la stessa in cui aveva prestato servizio. Un piccolo omaggio il mio, che a lui avrebbe fatto senz’altro piacere…



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