Pasqua in Giordania
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La scelta della compagnia aerea è dovuta al fatto che quella giordana ha dei costi esorbitanti, ed è un vero peccato perché così scoraggia non di poco, o meglio alla fine ci cercano vie alternative che fanno felici i paesi limitrofi, se pensassero ad abbassare un po’ i prezzi sarebbe ancora più competitiva e magari si potrebbe pensare ad andare lì anche con più frequenza perché è un paese molto affascinante dove non hai mai visto tutto e anche se hai visto vuoi tornarci solo per il piacere di sederti a rimirare ciò che hai intorno. Altre compagnie fanno troppi scali e si sprecano ore inutilmente.
Sicurezza: nessun problema, nessuna sensazione di pericolo né in Israele (Gerusalemme ma anche Betlemme) ma soprattutto tranquillissima la Giordania per cui spargete la voce sono posti meravigliosi e tranquilli che vale la pena di visitare.
Valuta: in Giordania il dinaro, in Israele lo shekel, in entrambi i paesi accettati gli euro, i dollari. Abbiamo cambiato in banca, anche se non ad Amman, a un cambio molto buono.
Ma andiamo per ordine, con tutti i consigli possibili specie per quanto concerne i famosi controlli israeliani.
16 aprile: Roma –Tel Aviv- Amman
Si parte, da Roma Fiumicino al famoso terminal 5, quello per i voli diretti negli USA e in Israele. La sensazione, per chi non è mai partito da lì, è di essere sotto assedio, polizia ovunque e, avvicinandosi ai banchi per i primi controlli, tanta sicurezza israeliana, tanta. Siamo un gruppo di amici, 5 adulti e 3 ragazzi, ci dividono a famiglie, io resto da sola. I miei amici passano il primo controllo senza problemi. I miei stanno per iniziare. Intanto non capisco perché ma mi fanno passare avanti una marea di gente, dicendomi che è solo perché non tutti parlano italiano; alla fine mi affibbiano una che parla solo inglese e che mi fa le solite domande, chi ha fatto il bagaglio, dove lo hai fatto, lo hai sempre avuto con te, ecc ecc. Iniziano il controllo di tutti i bagagli con una spazzolina che viene passata in ogni tasca, tra la biancheria (pulizia santa!) e poi messa ad analizzare e lì arriva il problema.
La macchina rileva delle sostanze pericolose nella mia valigia. Se la portano via, senza di me (cosa grave perché in teoria potrebbero loro inserire roba a mia insaputa) per vuotarla e controllarla, ma non lasciano scelta anche se, in effetti siamo ancora in territorio italiano e magari sarebbe gradita l’assistenza anche di personale italiano. Nel mentre vivisezionano il mio bagaglio a mano pesando con una bilancina da cucina ogni singolo elemento elettronico. Che finisce poi nella mia borsetta o nelle tasche perché avendole tolte dal bagaglio da stiva non posso metterle in quello a mano perché sforerei il peso. Quindi primo consiglio: mettete tutte le cose elettroniche, anche la semplice presa nel bagaglio a mano, farete prima ai controlli. Finalmente torna la valigia, forse era colpa della bomboletta spray di antibatterico? non lo saprò mai perché rispondono solo che è tutto a posto, mentre i miei amici chiamano preoccupati, e passo oltre solo che, mentre i miei amici hanno cerchiata una H sul bagaglio, io ho una K e quindi l’agitazione prosegue: perchè? che vorrà dire?controllato? o cosa? comunque, lasciamo i bagagli al check in vero e proprio e proseguiamo. Controllo passaporti e i miei amici rischiano di non partire perché il loro ragazzo non ha i nomi dei genitori sul suo passaporto, ma per fortuna hanno anche la carta di identità con loro (consiglio per tutti quelli che viaggiano con i figli, se sul passaporto non c’è il nome dei genitori portatevi uno stato di famiglia o un documento da cui si evinca la genitorialità). Giro in aeroporto, attesa, lunga perché partiamo con 2 ore di ritardo! Inaudito e l’aereo è vecchio e scomodissimo, la distanza tra i sedili mi sembra peggiore che su Ryanair, e pur essendo partiti quasi a ora di pranzo ci servono la colazione!
Il volo prosegue bene, atterriamo a Tel Aviv e ricominciamo i controlli: stress alle stelle anche se abbiamo la coscienza perfettamente a posto ovviamente. Anche qui tutti separati. A me fanno una marea di domande: perché sono venuta in israele, dove starò?e quando gli dico che sono solo in transito per la Giordania mi chiedono per fare cosa? E come mi muoverò lì? Con chi vado? E saputo che sono con amici mi chiede quali sono e che legame abbiamo. Infine, se ero già stata in israele e lì ho ammesso di essere già stata un giorno a Gerusalemme, durante una crociera, scendendo ad Ashdod, tanto era esattamente quello che voleva sapere perché sicuramente il mio passaggio in terra israeliana lo aveva a schermo, già allora ci fecero un interrogatorio sulla nave che sicuramente hanno in memoria, insieme, secondo me, a vita morte e miracoli di tutti noi. Viene stampato il visto sul famoso fogliettino separato e via! Finalmente arrivati, usciamo e troviamo puntualissimo Marco Sermoneta, il proprietario di un servizio di taxi che abbiamo prenotato per accompagnarci da Tel Aviv alla frontiera di Allemby dove passeremo in Giordania. Cosiglio a tutti quelli che vogliano fare come noi di cercare servizi del genere, se si è in tanti si divide la spesa e non si perde tempo. Nel nostro caso è stato preciso, puntuale, un’ottima vettura e prezzi chiari. Siamo un po’ tesi perché stiamo facendo tardi e la frontiera a una certa ora chiude e del resto, mentre Marco ha monitorato i voli, la parte giordana non sa nulla del nostro ritardo, non abbiamo pensato di mandare un messaggio alla nostra guida, comportamento che, a posteriori, è un po’ da tonti.
Partiamo e abbiamo subito l’impatto con il modernissimo stato israeliano prima e poi con il Mar morto. La frontiera è infatti a pochi km dalle rive del mar morto e si scende lungo la depressione per arrivare al ponte, le orecchie si chiudono man mano che si scende a meno 400 m. e il panorama è arido e spettrale. Li’ ci lasciano, le autorità aeroportuali si prendono i bagagli e ci fanno entrare in una struttura dove, per fortuna, ci siamo solo noi… una sola formalità PAGARE il passaggio, la tassa di uscita è di circa 182 NIS, mentre il visto giordano collettivo (gratuito per chi ha una guida al seguito) lo ha la guida dall’altro lato, si paga e si esce. Lì abbiamo trovato un sacco di gente che ci indicavano un pulmann ma non avevamo capito che era il nostro con il nostro autista e infatti alla fine ci avviciniamo e vediamo che il pulmino ha sopra un bel cartello rosso con il mio nome! L’autista è piuttosto anziano ma scopriremo poi, simpatico e bravo, molto bravo a guidare. Carichiamo i bagagli e andiamo alla frontiera lato giordano dove ci aspetta la nostra guida Esam che come prima cosa ci ha detto che pensava non saremmo arrivati più e ci porta rapidamente ai controlli. Forse per la stanchezza ma non avevamo capito che era una formalità e che potevamo portare solo il bagaglio a mano, invece abbiamo scaricato e ricaricato tutto ma in realtà controlli zero (ma forse dipende dal fatto che la nostra guida era conosciuta lì, o dall’essere arrivati tardi, per cui non fateci troppo affidamento) e poi mi fanno firmare una dichiarazione in cui diciamo che non vogliamo la scorta di un poliziotto per tutto il viaggio, presenza inutile che richiederebbe poi pagamento di mance, abbiamo già autista e guida, stiamo bene così!
Ci incamminiamo verso Amman, dove dormiremo 3 notti e nel tragitto la nostra guida ci dà i primi consigli sulle cose da evitare, su quelle da fare, su come vestirci, ecc. Sicuramente non telefonare dai nostri cellulari (tariffa di 6 euro al minuto) e non bere assolutamente l’acqua del rubinetto cosa che comporterà un continuo acquisto di boccioni di acqua per tutto il viaggio alcuni dei quali ci seguiranno fino a Gerusalemme. Arriviamo al nostro hotel Crystal Hotel, in una zona moderna, non centrale (ma Amman di sera non offre molto, almeno così ci è sembrato di capire). Ci preparano la cena, semplice, piuttosto occidentale anche se con i profumi speziati locali, zuppa e secondo (la sera seguente avremo anche il dolce). Si va a dormire perché la giornata è stata intensa e quella seguente lo sarà anche di più.
17 aprile: Umm Qais – Ajilum –Jerash
E’ la giornata dedicata alle Decapoli, al nord della Giordania, la parte più verde del paese. La guida ci inizia a spiegare la storia di questi luoghi così lontani oggi ma così profondamente legati a noi non solo dal punto di vista religioso -la Giordania è Terra Santa come Israele- ma anche per via della dominazione romana. Lui è molto ferrato dal punto di vista biblico, noi molto meno e faremo un bel po’ di figuracce. La prima città, i primi resti che visitiamo sono quelli di Umm Qais. La città è quella più a nord, ci sono i resti di una basilica e di un bel teatro tutti in basalto, con un bel contrasto di colonne bianche e colonne nere, si vede ancora la via principale della città. Ma ciò per cui si arriva fin qui soprattutto è la vista: c’è un punto dal quale si vedono le alture del Golan, e quindi la Siria che è a pochi passi, e quindi Israele (si vedono delle grandi vasche in cui Israele alleva coccodrilli) e il lago di Tiberiade. La vista è offuscata ma finalmente guardando quei posti capiamo un po’ di più la morfologia di queste terre di cui così spesso si parla nei telegiornali, così strette le une alle altre in un intreccio di territori, culture e religioni: quanto dipende dalla volontà politica lo stato di continua guerra che le domina?quanto dai singoli o dalle religioni? Probabilmente se dipendesse solo dalle persone semplici sarebbero posti di pace come, in questo momento e, ci spiega la nostra guida, anche negli anni passati, è la Giordania.
Seconda tappa Ajilun dove visitiamo il famoso castello arabo, distrutto nel tempo dai terremoti ma soprattutto dagli ottomani. Non ci ha particolarmente entusiasmati a dire il vero, anche perché siamo stati assaliti da scolaresche (rigorosamente tutte maschili) schiamazzanti che ti si buttavano addosso cercando il contatto fisico a ogni costo (eppure non siamo mica tanto giovincelle) facendoci venire il dubbio che poi la separazione dei sessi a scuola non sia troppo salutare ma evidentemente i loro genitori la pensano diversamente e vai a capire quale cultura ha ragione, non solo su questo, come avremo modo di discutere con la guida nel corso dei vari giorni. Dopo la sosta pranzo, dove mangiamo quello che mangia la nostra guida, inclusa una bella fumatina di narghilè grandi e ragazzi, ci avviamo verso la splendida città di Jerash.
Le rovine di Jerash non le si può nemmeno definire tali perché la città è enorme e veramente ben conservata se consideriamo i secoli, i terremoti, ecc. Tutta la zona è assolutamente esposta al sole, ma decisamente sopportabile e la visita dura un bel po’ permettendoci di ammirarla in tutto la sua bellezza: dall’arco di trionfo di Adriano, alla piazza ovale, al teatro con la sua perfetta acustica che permette di far sentire persino la rottura di un foglio o una monetina che cade e dove ascoltiamo un beduino suonare la cornamusa, al ninfeo, a un’altra struttura dove la guida “suona” le pietre ognuna delle quali produce un suono diverso, al cardo e al decumano della città per finire al tempio maestoso a cui si accede da una grande scalinata, con le sue colonne in bilico al punto che mettendo un cucchiaio alla base e spingendola si sente il movimento della colonna. Bellissima, non ci sono altre parole per descriverla, tra le tre città la migliore. E si torna ad Amman, cena e passeggiatina per sgranchirci le gambe intorno all’hotel con acquisto di tabacco per il narghilè in un negozietto nei pressi.
18 aprile: i castelli nel deserto e Amman
Si parte per il nostro primo incontro con il deserto giordano che abbraccia Amman a soli pochi chilometri di distanza. Visiteremo 3 cosiddetti castelli, il più lontano a circa 100 km, ognuno diverso dall’altro e con caratteristiche particolari. Si chiamano castelli ma solo il terzo è in realtà una fortezza, i primi due no. Il primo è Qasr Al Kharana, si staglia su una collinetta nel deserto giallo come la terra circostante. In realtà è un antico caravanserraglio e sul suo cortile interno si affacciano le varie stanze. Saliamo fin sul tetto, anche se è vietato e infatti dopo poco le guardie ci vengono a richiamare all’ordine, lo trovo veramente bello, dalla forma alla posizione.
Ripartiamo per la visita di Qusayr Amra, uno dei più famosi perché ricco di bellissimi affreschi. Purtroppo proprio il giorno prima è iniziata la ristrutturazione di questo castello che in realtà era una residenza del califfo, dove, lontano dagli occhi indiscreti, poteva dedicarsi ai propri piaceri. Non per niente gli affreschi comprendono figure animali ma soprattutto umane, che nella religione musulmana non vengono mai raffigurati, con immagini di donne rotondette. La ristrutturazione di fatto ci impedisce la visita delle sale più belle, e della prima intravediamo solo alcune piccole parti affrescate, sarà un motivo in più per tornare in Giordania! ma in ogni caso è una costruzione affascinante, che include un pozzo con la ruota da cui, utilizzando asini o dromedari, tiravano su l’acqua perché il califfo si era dotato di bagni fin qui nel deserto. Fa caldo, ma non caldissimo e il cielo azzurro fa un meraviglioso contrasto con il giallo circostante.
Infine qasr Arzaq che è una vera fortezza, costruita in basalto nero dai romani, poi ricostruita dagli arabi, usata nelle crociate e infine da Lawrence d’Arabia durante la rivolta Araba e che qui scrisse il suo libro “i sette pilastri della saggezza”. Entriamo attraverso una delle sue due porte di pietra ancora funzionanti che la guida ci apre “con una mano sola” e visitiamo l’interno dove troviamo anche una piccola costruzione, la cd. “principia” ossia la casa del governatore del palazzo che poi, in epoca bizantina è divenuta una basilica e poi anche moschea con l’aggiunta del mirab. Sosta pranzo in zona, in ristoranti sempre molto buoni e assolutamente non cari, il massimo che abbiamo speso è stato 16 euro ma poi sempre meno, e ripartiamo per Amman dove visiteremo la cittadella e il teatro e faremo una passeggiata per il centro.
La guida ci spiega la storia di Amman dalle origini al suo attuale sviluppo favorito dalla storia politica dei vari stati confinante e dalle varie ondate di emigrazione. Purtroppo in soli otto giorni ce ne ha spiegate così tante di cose che molte è proprio faticoso ricordarle tutte, tra cui l’origine del nome Amman, chiamata poi dai romani Philadelfia. La cittadella ha vari resti romani, di una basilica e il palazzo omayade. La guida ci fa notare come quest’ultimo sia stato ristrutturato malissimo dalla Spagna e in effetti lo visitiamo molto velocemente, si vede proprio che ogni volta che ci viene gli si rinnova l’arrabbiatura e del resto è bello ma di palazzi simili ne abbiamo visti, meglio conservati, in Andalusia.
Il teatro è molto bello ma c’è un incontro sportivo per cui lo visitiamo al volo, dando una veloce occhiata per poi fare una passeggiatina che concludiamo in un negozio di essenze dove acquistiamo tutti dei profumi molto buoni a prezzi veramente ridicoli. La serata si concluderà con un cena tipica in un grande locale dove assaggiamo una grigliata mista e i tanti antipasti tipici giordani con frutta finale intagliata in modo carino dei camerieri del locale.
19 aprile
Inizia l’avvicinamento a Petra, attraverso la panoramica e storica via dei Re, con due tappe fondamentali il Monte Nebo e Madaba. In realtà era previsto anche il castello crociato di Kerak, ma lo vedremo solo da fuori perché purtroppo perderemo un po’ di tempo in acquisti, avremmo dovuto avvisare la guida che lasciarci senza orario è pericoloso. Ma recupereremo con un altro castello nel sud che ci assicurano essere più bello e più particolare. Il Monte Nebo ha una duplice importanza, religiosa e artistica. Purtroppo quella artistica non possiamo apprezzarla, dal 2008 questo sito con i suoi affreschi è in ristrutturazione, gli affreschi sono stati totalmente asportati per cui possiamo ammirare solo un piccolo esempio sotto una tenda e niente più e dalle foto ci rendiamo conto di che meraviglia devono essere. Speriamo anzi che si trovino i soldi necessari per terminare la ristrutturazione presto così che si possa ritornare ad ammirarli, secondo motivo per ritornare in Giordania. Gli affreschi si sono salvati perché sopra ad essi ne sono stati posti degli altri salvandoli dagli iconoclasti che altrimenti li avrebbero distrutti eliminando le figure umane e degli animali selvatici. L’importanza religiosa risale alla Bibbia e al peregrinare del popolo di Israele per 40 anni nel deserto con Mosè. Qui Mosè giunse , vide la terra promessa ma qui morì perché Dio non gli permise di raggiungerla e, come dice la Bibbia, la sua tomba non è mai stata trovata anche se si continua a cercarla. Purtroppo anche oggi c’è foschia e un gran vento per cui noi nemmeno riusciamo a vederla la terra promessa. Ascoltiamo la storia, cerchiamo di intravedere qualcosa, scattiamo le foto e poi scappiamo alla fabbrica di mosaici. Qui si è sviluppata una scuola di mosaico famosa che da lavora a tanti ragazzi con handicap dandogli un futuro, il tutto grazie all’intervento di un padre francescano, Michele Piccirillo, morto anni fa e che tanto ha dato a questo sito.
Da qui ci spostiamo a Madaba per visitare la chiesa di san Giorgio che custodisce il famoso mosaico con la cartina della terra santa, una vera meraviglia. A Madaba assaggiamo un buonissimo succo di melograno appena spremuto e poi ripartiamo passando per Kerak e attraversando la gola del Mujib (Wadi Mujib), una spaccatura impressionante con uno splendido paesaggio e una imponente diga, ci dirigiamo verso l’autostrada perché Petra è lontana. Arriviamo in serata arriviamo e dopo aver visto la fonte di Mosè abbiamo giusto il tempo per la cena e per andare a riposare, i prossimi giorni saranno molto impegnativi fisicamente, e il caldo non aiuta, stiamo superando sempre i 30 grandi, 35° più o meno. A saperlo avremmo lasciato la maggior parte delle maglie a manica lunga per magliette tenendo giusto dei maglioncini per l’aria fresca della sera.
20 aprile: Petra
E’ Pasqua e noi la passeremo a Petra, anche se aprendo le finestre non riusciamo a credere ai nostro occhi perché sta piovendo e il cielo è grigio. In Giordania piove pochissimo e noi abbiamo beccato una delle poche giornate? Eppure fa anche un caldo assurdo così non si può nemmeno usare la giacca impermeabile (altro peso inutilizzato), vorrà dire che al massimo ci bagneremo. A muso lungo ci incamminiamo, abbattuti all’idea che la luce grigia non ci farà ammirare Petra e i suoi splendidi colori ma purtroppo non possiamo cambiare il programma. Per fortuna man mano che iniziamo il Siq, tra una pausa e l’altra in cui Esam ci spiega cosa stiamo vedendo, il sole inizia a farsi strada e quando arriveremo al tesoro il cielo sarà di nuovo azzurro. Petra è stata la città più importante dei Nabatei un popolo potente che riuscì anche a tener testa ai romani finchè questi non li vinsero, tagliandoli fuori dalle rotte commerciali. Grandi architetti e ottimi idraulici hanno scavato nell’arenaria dai mille colori dei monumenti enormi e bellissimi che il tempo e i gelosi abitanti hanno preservato fino a noi. Monumenti che non sono altro che monumenti funerari, Petra è una necropoli e il Siq è in realtà una via sacra, ma ciò non tocca la bellezza che mozza il fiato.
Ci incamminiamo superando prima i Djin, delle enormi pietre quadrate poste a guardia della via sacra, quindi vari altari lungo la via, lungo la quale corre uno dei canali dell’acquedotto, l’altro è in alto ben celato agli sguardi umani. Superiamo anche un altro tempietto con raffigurato un dio nabateo dai buffi occhi quadrati, e man mano le pietre, la roccia cambia colore e il siq si stringe fino a rivelarci in fondo un anticipo del suo Tesoro. Finalmente arriviamo davanti a uno dei monumenti funebri meglio conservati e sicuramente di maggior impatto visivo arrivando a Petra.
Il Tesoro, chiamato così solo perché i locali pensavano che nell’urna si celasse un tesoro e così lo hanno preso a fucilate riuscendo solo a rovinarlo. Breve sosta per le foto di rito, per un giretto sul cammello per la giovane del gruppo e poi ci incamminiamo di nuovo, ma anziché fare la via principale passando lungo il teatro, la guida ci fa deviare e salire, arrampicandoci per fare delle foto spettacolari, assolutamente vero. Arriviamo prima in una grotta dai colori stupendi, con tante niccchie scavate. Ci mettiamo tutti dentro le nicchie per qualche foto e poi da lì visitiamo altre tombe fino ad arrivare a un punto panoramico da dove vedere il teatro dall’altro con la vista che spazia su tutta la valle su cui iniziamo a intravedere le tombe reali. Fa molto caldo, soprattutto ora che il cielo è di nuovo terso e il sole batte. Scendiamo per poi risalire verso le tombe reali dove assistiamo a una scena esilarante: c’è una turista che si sta facendo delle foto ovunque con posizioni joga e uno dei venditori , magari attratto dalla giovane ragazza, si lascia trascinare e prova a fare le stesse posizioni rischiando più di una volta di ruzzolare giù!anche questo è Petra.
Pranzo di Pasqua: panini e limone e menta sotto una tenda! Pranzo economico, ma l’importante è riposare un po’ e stare insieme. Facciamo la conoscenza di uno dei venditori di chincaglierie, uno dei locali: si chiama Sandokan, perché porta capelli e barba lunga e ha, come tutti i locali, gli occhi segnati dal kajal. Ed è lui che mi sistema la sciarpa a mo di Kufia perché ho il cappello che vola via di continuo. Hanno dei visi molto interessanti. LA guida ci spiega che le loro origini non sono di questi luoghi, ma africane. Riprendiamo la camminata verso la fine della valle, verso il piccolo museo, superando le basiliche dove ammiriamo le tecniche di costruzione antisismica dei nabatei che alternavano i piani di pietra con assi di legno per assorbire le scosse. Pausa caffè e si torna indietro.
Peccato però che, come scopriremo nei giorni seguenti, ad ulteriori 45 minuti di scarpinata si trovava il Monastero, l’altro monumento spettacolare di Petra e che non riusciremo a vedere. Resterà un utlteriore buon motivo per tornare, del resto non vedremo neanche la tomba di Aronne troppo lontana e faticosa da raggiungere. In ogni caso il ritorno all’ingresso del sito è veramente faticoso dopo una giornata sotto il sole, sembra non finire mai e arriviamo al piazzale, alcuni di noi (io soprattutto) assolutamente devastati dalla fatica. E la prima giornata a Petra è finita. Scappiamo in Hotel per un bagno e una nuotata in piscina ristoratrice e per la cena. Il nostro hotel non è male ma sicuramente c’è di meglio. Le stanze sono decenti, i bagni un po’ meno, hanno bisogno di essere rifatti. Cene e colazioni sono varie, il servizio lascia un po’ a desiderare invece, sono un po’ troppo lenti.
21 aprile
Pasquetta e quindi gita fuori porta: in un certo senso, oggi ci aspetta una vera e propria arrampicata stile caprette sulle montagne di Petra, seguendo un percorso vietato senza guide locali.
Alla nostra guida ufficiale, infatti, si aggiunge un altro ragazzo che ci guida sulle montagne per arrivare a vedere dall’alto il siq, il tesoro e poi su fino all’ara sacrificale, mentre tutti salgono all’ara dalle scale che partono dal teatro romano. La salita è decisamente impegnativa, sicuramente per me che sono fuori forma, ma per fortuna la guida mi aiuta, anche se, sarà il caldo, sarà lo sforzo, sarò il cibo a un certo punto la mia pressione è sparita e sono crollata costringendo tutti a una pausa per riprendermi, pausa minuziosamente documentata da foto e video, io a momenti morivo e gli altri tutti a ridere, ma le vacanze sono anche questo! Meno male che almeno abbiamo sdrammatizzato un po’! Ma a parte questo, grazie a chi si è caricato il mio zaino e a chi mi ha seguita passo passo, piano piano siamo riusciti a arrivare fino su dopo foto spettacolari lungo pareti esposte, nicchie colorate, arrivando di fronte al tesoro dall’alto, su una parete a strapiombo da cui abbiamo goduto del monumento come se fosse solo nostro, fin su all’ara da dove si gode di uno spettacolare panorama su tutta la città. E poi siamo riscesi verso il teatro per il pranzo, nuovamente a base di panini perché dopo pranzo ci attende Beda ossia la piccola Petra. Certo dopo aver visto Petra l’effetto è notevolmente ridotto, ma la piccola petra è veramente carina, poco affollata, anche qui con monumenti funebri e tante scalinate scavate nella roccia che non portano da nessuna parte, ma servivano solo a depistare il nemico. E così finisce anche la nostra seconda e ultima giornata a Petra, ce ne andiamo ripercorrendo il Siq già velati di tristezza perché dobbiamo salutare questo luogo magico e speciale, augurandoci già, almeno alcuni di noi, di poterci tornare di nuovo.
22 aprile : riserva di Dana e Wadi Rum
Lasciamo Petra diretti alla riserva di Dana dove faremo una escursione. In realtà alla nostra guida risultava un percorso di hiking, ma dopo ieri, e in ogni caso, per me non se ne parla proprio, per cui dopo un piccolo e acceso scambio di battute, partiamo per Dana io decisa eventualmente a restare in pulmann se non si riuscirà a organizzare un giro diverso. Prima di arrivare però facciamo sosta al castello crociato di Shobak , imponente con le sue torre circolari, caratteristica unica in zona.
Al nostro arrivo a Dana scopriamo che hanno già preparato un tour semplice, fondamentalmente in discesa anche se non proprio privo di salti, balzi anche questi in stile capretta e così si inizia tutti insieme a camminare, anche oggi ho due angeli custodi perché con noi c’è anche la guida della riserva. Si vede che anche lui ama la sua terra, ci descrive entusiasta il particolare ecosistema della riserva che racchiude 4 diverse aree biogeografiche, ci mostra erbe particolari per curare lo stomaco o il raffreddore, rocce dalla forme particolari di elefante o di teschio, fino a fermarci sotto una roccia dove ci prepara un buonissimo te, dolce e speziato, aromatizzato dal legno di ginepro usato per accendere il fuoco e dalla cannella. E le sorprese non finiscono qui perché poco dopo incontriamo una innamorata coppia di lucertole il cui maschio è di uno spettacolare colore azzurro. Gli facciamo più foto che a Petra tutta!! Il te e la lucertola rendono particolare una visita tutto sommato non proprio entusiasmante, non so se avremmo avuto un giudizio diverso facendo un tipo di percorso diverso, ma il panorama non sembra poi offrire molto di più di ciò che abbiamo visto. Del resto non tutti includono questa riserva nei loro tour.
Pausa pranzo in un posto da dove tutti, guida inclusa, avremmo voluto scappare, mangiamo quasi niente perdendo un sacco di tempo prezioso visto che dobbiamo raggiungere il Wadi Rum e siamo ancora molto lontani, ma soprattutto dobbiamo raggiungerlo per tempo perché abbiamo in programma un tour di 3 ore con te e tramonto… non possiamo perderci il tramonto! Il percorso è lungo, ci vogliono un bel po’ di ore di strada, anzi autostrada, molto trafficata da tir diretti verso l’Arabia.
Alla fine arriviamo e saltiamo subito sulle nostre jeep per il primo contatto con il deserto rosso del Wadi Rum. A dire il vero non ci sono parole giuste per descriverlo, si tratta anche di sensazioni del tutto personali che questa meraviglia della natura provoca in ognuno di noi. Ci divertiamo con le dune a fare un po’ di montagne russe, prendiamo il famoso te nel deserto sotto la tenda beduina e poi, dopo che i miei amici hanno sperimentato una faticosa , quanto inutile (non c’è nessun panorama da vedere, è solo uno scherzo della nostra guida) scalata di una salita di sabbia, arriviamo al punto da dove assisteremo al tramonto. Peccato che non sia un tramonto veramente rosso, in realtà ne ho visti di meglio, ma resta pur sempre il tramonto nel deserto. A questo punto ci portano al nostro campo tendato dove passeremo la notte.
E’ tutto molto divertente e resterà una vera esperienza, anche se la nostra sarà sempre un po’ cittadina avendo chiesto le tende VIP con annesso bagno. Resta comunque tutto molto spartano, ma di certo staremo al riparo da animali vari, se mai ce ne dovessero essere. La cena si svolgerà nella grande tenda comune, e sarà la tipica cena beduina cotta sotto la sabbia. Assistiamo al rito con i cuochi che scavano per scoprire il fosso da cui tirano fuori un carrello con tre livelli di pietanze, in una un pentolone di riso e nelle altre l’agnello e il pollo cotti con le verdure. Oltre a questo tantissimo antipasti, insalate, creme, il pane tipico e anche dei dolcini veramente buoni, anche se molto dolci come è tipico di questi paesi.
Ci godiamo la cena, c’è che fuma il narghilè, il tutto aspettando che diventi veramente buio per andare sulle dune circostanti a vedere le stelle. Che dire, è una meraviglia il cielo nero con milioni, miliardi di piccole lucine brillanti…un posto e un’atmosfera veramente romantica. E più tardi quando spegneranno i generatori e resteremo veramente al buio guidati solo da poche luci di emergenza e dalle nostre torce, seduti intorno al fuoco resteremo ancora a naso in su e vedremo delle stelle cadenti come mai ne avevo viste in vita mia, lucenti e lente al punto di potersele raccontare. Una vera meraviglia del creato.
23 aprile: Wadi Rum e Mar Morto
Alla scoperta del deserto: 6 ore in jeep per andare a vedere i punti più famosi, panoramici del Wadi Rum. Con la guida abbiamo riorganizzato il tour proprio per goderci una giornata intera in un paesaggio affascinante come questo. E non è solo rosso, ma ocra, e verde dei cespugli, con le sue alte montagne che formano gole tra le dune e archi panoramici. Arriviamo a un primo arco dove scendiamo per camminare a piedi fino a un secondo arco dove ci arrampichiamo per le foto di rito, e dove intanto i nostri autisti stanno accendendo il fuoco per un altro te accompagnato da buonissimi dolcetti ai datteri. Fa veramente tanto caldo quando ci si ferma eppure il te bollente lo beviamo tutti con piacere. Qualche foto a dorso di dromedario e via ancora verso il nostro pranzo. La guida ci ha organizzato un pranzo a base di pane cotto sotto la sabbia da un beduino con altro te speziato… e assistiamo al rito della pulizia di questo pane dalla sabbia e dalla cenere per opera del beduino che dopo suonerà una canzone tipica con uno strumento del posto. Facciamo anche un simpatico incontro con una comitiva italiana di avventure nel mondo con una allegra signora che si è messa a scherzare con la nostra guida trovandola molto più divertente della loro. E per finire arriviamo presso una montagna che custodisce al suo interno graffiti e soprattutto la mappa carovaniera più antica al mondo, una pietra con dei buchi e dei sassi che indicano appunto le vie delle carovane. Chi lo avrebbe mai detto! E purtroppo dobbiamo ripartire, giusto il tempo di qualche foto ai sette pilastri della saggezza e al treno di Lawrence d’Arabia…ci aspetta il mar morto per un po’ di riposo… purtroppo la vacanza giordana sta giù per finire.
24 aprile: Mar Morto
Una giornata di puro relax a goderci riposo, piscina hotel e ovviamente il mar morto. Il tempo non è un gran che anche se fa molto caldo, per cui all’inizio restiamo in piscina, ci vuole comunque anche quello. Ma verso mezzogiorno scendiamo sulla spiaggia. Purtroppo solo una piccolissima parte è accessibile perché l’hotel sta facendo lavori e quindi è un po’ brutto sia perché si sentono i rumori delle scavatrici sia perché la zona circostante sembra sporca, ma non possiamo fare altro. Entriamo circospetti e all’inizio sembra tutto normale ma poi basta lasciarsi andare per capire quanto tutto sia diverso, è difficilissimo rimettersi in piedi e si può stare praticamente seduti in acqua, facendo anche posizioni yoga. Il sale dell’acqua lo si sente pizzicare sulla pelle e l’acqua sembra olio, ovviamente ho dovuto assaggiarla bagnandomi un dito e toccandolo appena, un vero e proprio fiele! Amarissima! E dopo il bagno si fanno i fanghi, prendendoli da vashette a disposizione, e ci siamo divertiti a ricoprirci tutti dalla testa, capelli inclusi, ai piedi e in effetti dopo la pelle era veramente molto più liscia. .Insomma una giornata ludica per concludere il nostro viaggio lato Giordania!con un solo pensiero : bellissimo, tutto, ne valeva la pena e ci dispiace partire.
25 aprile: Israele: Masada – Betlemme – Gerusalemme
Partiamo molto presto dall’hotel perché dobbiamo ripassare in Israele via Allemby notoriamente molto trafficato e poi è venerdì e chiude a mezzogiorno per lo shabbat. La frontiera lato giordano è la solita formalità, salutiamo la guida e a malincuore lasciamo la Giordania. Arriviamo ad Allemby e lì ricomincia la passione: ci prendono i bagagli lasciandoli prima incustoditi sul marciapiede, quindi dobbiamo accalcarci tutti, turisti e locali, in una fila interminabile per prendere le etichette per i bagagli che verranno presi su dei rulli per i controlli. Noi passiamo al controllo passaporti e poi al metal detector.
E di nuovo sia io sia i miei amici abbiamo problemi con delle borse piene di sola acqua. Perdiamo un sacco di tempo nella sola attesa che si decidano a guardarle e lo fanno ancora una volta in nostra assenza. Dopo ci riavviamo al vero controllo passaporti dove ancora una volta c’è un vero e proprio interrogatorio, dove staremo a Gerusalemme, ho la prenotazione? Fammela vedere… ma essendo nella valigia..allora in che via è? E che ne so, meno male che ricordo la posizione, e poi sei stata già qui? Che rapporto hai con gli altri del gruppo? E per finire: come si chiama tuo padre? Rinuncio a chiedermi il senso della domanda e proseguiamo perché nel mentre le altre valige sono uscite e sono incustodite, alcune le hanno recuperate gli amici, un’altra sembrava persa e invece era ferma al controllo ma nessuno ce lo ha segnalato. Insomma ci abbiamo messo due ore a passare nel caos più totale, ma alla fine ce l’abbiamo fatta e una volta usciti abbiamo incontrato la guida che ci seguirà in Israele Micol una ragazza italiana che ormai vive in Israele.
Si parte per Masada, la famosa fortezza simbolo della resistenza ebraica contro i romani e più in generale della fierezza di questo giovane popolo. Fa un caldo terribile, di sicuro siamo sui 40° per cui la visita è decisamente veloce, nel limite del possibile perché proprio non si sopporta, non facciamo nemmeno troppe foto. Però è un posto assolutamente da vedere perché si può vedere la tecnica di assedio romana in quanto sono ancora visibili la linea dell’assedio, gli accampamenti romani e la rampa che costruirono per far salire gli arieti e sfondare le mura. L’assedio si concluse con la morte (una specie di omicidio-suicidio di massa) degli assediati pur di non finire schiavi dei romani.
Riprendiamo la strada lungo tutto il mar Morto, si vedono palmeti di datteri e zone pericolose perché il sale forma delle croste al di sotto delle quali si scioglie e quindi si possono aprire voragini. Siamo diretti a Betlemme per visitare la basilica della natività. Lì ci raggiunge un’altra guida locale, un ragazzo palestinese che ha studiato italiano da noi. Grazie a lui saltiamo la lunghissima fila e scendiamo nella cripta della mangiatoia (custodita dai francescani) e del luogo dove è nato Gesù custodita dai greci ortodossi che di ortodosso hanno solo il nome mentre i modi sono decisamente inurbani).
A me ha particolarmente toccato la piccola mangiatoia, anche se con la ressa che c’è è molto difficile riuscire a trovare raccoglimento e a provare quelle emozioni che pensavamo di provare. E meno male che abbiamo saputo solo dopo che la culla originale si trova a Roma a santa Maria maggiore! Attraversiamo il muro che divide la zona Palestinese da quella israeliana e torniamo a Gerusalemme. La guida ci lascia ma noi proseguiamo il giro da soli, alcuni di noi ci sono già stati e quindi facciamo da guida diretti alla Basilica del Santo sepolcro e al muro del pianto. Oggi è shabbat per cui è tutto chiuso ciò che è di fede ebraica.
Arriviamo alla basilica che è quasi orario di chiusure, alle 20,30 per cui riusciamo ad entrare nel sepolcro. Tocchiamo la pietra su cui fu poggiato il corpo di Cristo, ma non c’è tempo nemmeno per una preghiera perché veniamo strattonati dai preti che ci spingono subito fuori al grido di “toccate e uscite, toccate e uscite” funzionerà così da sempre, fa parte dello status quo ma lo troviamo uno scandalo. E le emozioni sono assolutamente neutre perché tutto viene ucciso dalle loro urla. Assistiamo alla cerimonia della chiusura della porta da parte di un membro della famiglia musulmana che detiene le chiavi e al passaggio della scala all’interno della basilica e ci dirigiamo a cena in uno dei pochi ristoranti – armeni- aperti in zona.
Dopo cena altra passeggiata fino al muro del pianto per una visita notturna forse più suggestiva e coinvolgente di tutto il resto, essendo sabato sono vietate foto e video per cui non resta che ammirare e per chi vuole anche pregare l’unico Dio che tutti ci lega. Ci godiamo le vie deserte della città vecchia, Gerusalemme è assolutamente tranquilla e sicura, e torniamo al nostro hotel lo YMCA, storico come storica è la polvere che si deposita ovunque dalla lobby alle stanze, come storiche e decrepite sono le stanze, le finestre, unico pregio la posizione per il resto pessimo.
26 aprile: Gerusalemme
Giornata interamente dedicata alla visita di Gerusalemme. Con un pulmino saliamo dall’hotel al monte degli ulivi. Lo avevamo noleggiato perché è sabato e i mezzi pubblici non funzionano. A Gerusalemme è tutto molto caro e la mezza giornata ci viene a costare molto soprattutto se si considera che la guida avrebbe voluto lasciarlo subito, ma visto che abbiamo pagato, ottenuto un piccolo sconto, teniamo il pullman con noi per farci portare dopo la visita al monte Sion. Tenete presente che in realtà Gerusalemme vecchia e i monti santi sono molto vicini e quindi volendo si può fare tutto a piedi, o, non nel sabato, con i mezzi pubblici.
La visita inizia con la vista panoramica dal monte degli ulivi sulla città vecchia. Micol ci spiega la storia di Gerusalemme, con i suoi sconvolgimenti nel corso dei secoli , le diverse dominazioni con le conseguenti distruzioni e ricostruzioni e i terremoti dalla città di davide all’attuale. Da qui scendiamo prima alla chiesa delle lacrime e poi all’orto degli ulivi, il Getsemani dove Gesù pianse chiedendo a Dio di risparmiarlo dal calvario. C’è una messa per cui non possiamo raggiungere la pietra santa, il giardino è ricco di fiori, forse in vista della visita di Papa Francesco nel prossimo mese di maggio. Da lì scendiamo ancora alla grotta dove i discepoli che aspettavano Gesù si addormentarono e alla chiesa della tomba di Maria. Secondo gli ortodossi infatti la Madonna è ascesa al cielo, ma solo con l’anima, il suo corpo sarebbe stato seppellito lì. E’ una bella chiesa ortodossa, che custodisce anche la tomba di San Giuseppe e dei genitori della Madonna San Gioacchino e sant’Anna. Ovviamente, tutto da provare, ma alla fede non ci sono ostacoli che tengano.
Da lì risaliamo al monte Sion per la visita della chiesa della dormizione, dove cioè la Madonna si sarebbe addormentata e ascesa al cielo, costruita sul suolo donato al Kaiser Guglielmo in stile austero (tedesco) e per la visita del cenacolo e della tomba di David. Il cenacolo ha subito varie trasformazioni ma la guida ci spiega che ci sono prove storiche che tutti i posti che stiamo visitando sono effettivamente i luoghi in cui gli eventi sono accaduti, magari non esattamente al centimetro ma sono quelli.
Entriamo nella città vecchia. C’è molta calma essendo sabato, poca confusione anche se ci sono molti turisti. Andiamo al muro del pianto, e due di noi scrivono un bigliettino da infilare, a fatica, tra le pietre: Dio è uno solo e non importa se si è di un’altra religione, se può ci ascolterà lo stesso. Pranziamo al volo e iniziamo a percorrere quasi tutte le tappe della via dolorosa, fino a giungere a quelle esterne alla chiesa del santo sepolcro, sopra le cappelle etiopi. In pratica, in epoca bizantina, ci saremmo trovati già dentro la chiesa del sepolcro fatta costruire da sant’elena, invece oggi siamo all’esterno, sul tetto della cappella di sant’elena che si trova dentro alla chiesa del sepolcro, scendendo una scala, quindi al di sotto del piano del sepolcro. Passiamo attraverso le cappelle etiopi per uscire sul piazzale della basilica. Con Micol visitiamo la chiesa e lei ci spiega che il golgota doveva essere per forza vicino sia alla città, anche se era fuori le mura, perché la crocifissione doveva essere di esempio a tutti, sia al luogo di sepoltura perché sarebbe stato illogico uccidere i condannati da una parte distante di sepolcri. E a riprova ci porta in una cappella tutta annerita da un incendio dove entriamo in una grotticina in cui sono visibili antichi sepolcri.
Nel mentre le cerimonie delle varie confessioni si susseguono, ortodossi, francescano… ognuno prega a modo suo rendendo questo luogo già così eterogeneo di per sé ancora più affascinante. A seguire visitiamo il quartiere ebraico, molto carino, tutto nuovo, dove le famiglie ultraortodosse si riuniscono e i bambini giocano sereni. Vediamo i resti delle antiche mura e i resti del cardo romano. Una volta soli proseguiamo la visita perché in realtà vogliamo ritornare al sepolcro per riuscire a pregare sulla santa pietra magari con un po’ più di concentrazione. E per fortuna ci riusciamo, dopo tanto penare, anche se è sempre troppo poco il tempo che possiamo restare. Ceniamo in un ristorante lungo Mamilla street, dentro un centro commerciale che, finito il sabato riprende vita, concludendo con un buon caffè alla Nespresso, dopo giorni di te non ci è parso vero!
27 aprile: Gerusalemme
Ultime ore in Terra Santa. Sveglia presto e alle 7,30 siamo alla fila per entrare alla spianata delle moschee. CI vogliono circa 45 minuti ma riusciamo a entrare. E’ bellissima, soprattutto la cupola della roccia con le sue piastrelle colorate e i bagliori dorati o meglio d’oro perché di oro vero si tratta. Il tempo delle spiegazioni, delle foto e si esce, si fanno le prime due tappe della via dolorosa che avevamo saltato ieri, si attraversa la porta di Damasco e prendiamo il tram per raggiungere lo Yad Vashem, il museo dell’olocausto.
Il museo purtroppo chiude prima oggi perché domani è la giornata della memoria e stanno preparando per le cerimonie e quindi la nostra visita sarà piuttosto frettolosa, senza poterci permettere di vedere il memoriale dei bambini, ma non per questo meno toccante. Tutta la struttura risponde a una logica precisa ossia quello di mostrare gli ostacoli che il mondo impazzito di quegli anni ha posto davanti al popolo ebraico, la discesa agli inferi e pian piano la risalita fino alla nascita dello stato di Israele. Al di là delle opinioni che si possano avere su quest’ultimo fatto, sulla questione palestinese, resta il dato di fatto dell’orrore dell’olocausto, dello sterminio programmato di oltre 6 milioni di uomini, donne, vecchi e bambini, un orrore senza fine.
Il viaggio ahimè è finito, giusto il tempo di uno snack al volo e si parte per l’aeroporto. Qui i controlli saranno più veloci, ci presentiamo come gruppo, le solite domande di rito, provano a farci imbarcare il bagaglio senza lucchetti ma non li ascoltiamo (noi arriviamo a Fiumicino noto per i problemi con le valige), imbarcano i bagagli, controllo passaporti e via. Di nuovo però oltre due ore di ritardo, allora è vizio, con tentativo mal riuscito di recuperare tempo facendoci imbarcare il bagaglio a mano, ma anche qui nessuno li ha ascoltati. Alle 10,00 di sera siamo di nuovo a Roma, ci accoglie la pioggia e il freddo…e resta in noi una sconfinata nostalgia delle terre bellissime che abbiamo visitato, superiori alle nostre aspettative e un pensiero: poterci ritornare.