Paros e Naxos: due perle dell’Egeo

Paros e Naxos: due perle dell'Egeo Domenica 25 Agosto 2002: Sono passati meno di quattro mesi dalla fine dell’ultimo viaggio in quel di Saint Martin ed Anguilla: due straordinarie schegge di terra gettate, assieme a tante altre, nel blu intenso del Mar dei Carabi a formare, come per incanto, le Piccole Antille. Sono dunque passati poco...
Scritto da: rajo81
paros e naxos: due perle dell'egeo
Partenza il: 25/08/2002
Ritorno il: 08/09/2002
Viaggiatori: fino a 6
Spesa: 1000 €
Paros e Naxos: due perle dell’Egeo Domenica 25 Agosto 2002: Sono passati meno di quattro mesi dalla fine dell’ultimo viaggio in quel di Saint Martin ed Anguilla: due straordinarie schegge di terra gettate, assieme a tante altre, nel blu intenso del Mar dei Carabi a formare, come per incanto, le Piccole Antille. Sono dunque passati poco più di cento giorni da allora, compresa una pazza estate insolitamente piovosa, e adesso siamo pronti a partire, alla ricerca del sole, verso una regione del Mediterraneo per certi versi simile. Una manciata di isole, disseminate nel Mar Egeo, forma l’arcipelago delle Cicladi … e fra le tante, anche questa volta, ne abbiamo scelte due: Paros e Naxos.

I giorni precedenti la partenza sono stati insolitamente tranquilli: niente attentati o disastri aerei nel mondo e, soprattutto, la salute sembra assisterci in maniera positiva.

Sono le 6:00 del mattino quando riecheggia per casa il suono del la radiosveglia e, ancora piuttosto assonnati, vediamo di organizzare gli ultimi preparativi. In breve si fanno le 6:45 e arrivano gli immancabili nonni a prenderci per accompagnarci all’aeroporto di Bologna.

Alle 6:52 lasciamo casa, a bordo del camper, attorniati da un’insolita nebbia estiva che si dissolve poco dopo quando, a Faenza, entriamo in autostrada. Il traffico è piuttosto intenso, vista l’ora e del resto questo è un giorno critico, considerato il previsto rientro in massa dalle vacanze … noi invece partiamo e, per fortuna, non incontriamo code lungo il tragitto, così alle 7:30 siamo di fronte all’ingresso dell’Aeroporto Marconi di Bologna, del quale siamo ormai diventati frequentatori abituali.

Salutiamo i nonni e varchiamo la porta in assetto turistico: con il carrello carico di valigie e sopra alle valigie … Federico, raggiante più che mai. Il nostro aereo, un charter, sembra essere in orario, così imbarchiamo i bagagli, ci fermiamo a prendere un caffè, oltrepassiamo il check-in e ci mettiamo in attesa alla porta numero tredici.

Il morale è alto, ed è soprattutto l’entusiasmo del piccolo a darci la giusta carica per affrontare i disagi della partenza, così il tempo passa in fretta e poco dopo le 9:00 oltrepassiamo anche l’ultimo ostacolo che ci divideva dal Boeing 737 della Macedonian Airlines. Saliamo a bordo e, alle 9:57, il volo Mc 2366 stacca da terra con destinazione isola di Mykonos, da dove poi proseguiremo con un traghetto che ci porterà, finalmente, a Paros.

Prendiamo quota e saliamo sopra alle nuvole sorvolando la dorsale appenninica diretti a sud. Ad un certo punto notiamo un grande lago, probabilmente il Trasimeno, poi le nubi s’infittiscono, prendono il sopravvento e ci impediscono di vedere la terra, che riappare solo più tardi quando, appena rifocillati da un provvidenziale spuntino, notiamo sotto di noi le coste della Calabria ionica, che ben presto ci lasciamo alle spalle per affrontare lo spazio sovrastante il tratto di mare che divide l’Italia dalla Grecia. In breve appaiono le prime propaggini elleniche e in carrellata, una dopo l’altra, sfilano quasi tutte le Isole Ioniche: Cefalonia, Itaca, Leucade e Zante, poi sorvoliamo il Peloponneso ed entriamo sul Mar Egeo per cominciare, subito dopo, la discesa verso Mykonos.

Sincronizziamo gli orologi sull’ora locale (una in più rispetto all’Italia) e alle 13:01 atterriamo sulla piccola isola cicladica. Si apre il portellone e usciamo all’aria aperta: c’è il sole ma soffia fortissimo il meltemi, un fastidioso vento che, in estate, spesso si fa sentire da queste parti. Ritiriamo, sani e salvi, i bagagli e all’uscita dell’aeroporto troviamo la rappresentante di Pianeta Terra (nostro tour operator per questo viaggio), che ci fa salire su di un pulmino con il quale raggiungiamo il porto.

La partenza dell’aliscafo è prevista per le 15:00: un’attesa tutto sommato sopportabile. Meno sopportabile è stato apprendere di dover rientrare, da Naxos, con un giorno di anticipo al ritorno, causa le coincidenze fra i trasferimenti ed il volo, ma eravamo al corrente dell’eventualità e, seppur contrariati, abbiamo accettato senza protestare più di tanto.

Il vento soffia davvero forte e, per quanto riusciamo a metterci al riparo, la sabbia che vola c’infastidisce non poco, mentre pazientemente aspettiamo l’ora della partenza, con davanti agl’occhi la cittadina di Mykonos, che forse ci aspettavamo più scenografica di quanto non lo sia in realtà, almeno da questa distanza.

Poco dopo le 15:00 si presenta l’aliscafo che attracca e, viste le cattive condizioni del mare anche all’interno del porto, fatica a stare attaccato alla banchina per farci salire, ma poi, in mare aperto, fila via abbastanza liscio e ne approfittiamo per assopirci un po’, fin quando, alcuni minuti dopo le 16:00, arriviamo finalmente a Paros.

L’isola, la terza in ordine di grandezza delle Cicladi (195 chilometri quadrati), si trova in pratica nel cuore dell’arcipelago ed il suo capoluogo, Parikia, nel quale sbarchiamo, è situato al centro della costa occidentale e all’interno di una profonda baia, nella quale il vento soffia, ma con più moderazione rispetto alle infernali raffiche di Mykonos.

Anche qui incontriamo la rappresentante di Pianeta Terra e, di nuovo, con l’ausilio di un pulmino raggiungiamo il Paros Bay Hotel, ubicato a breve distanza, in “posizione ventosa” su di un piccolo promontorio roccioso, nel quale resteremo alloggiati per le prossime sette notti.

Richiediamo un’auto a noleggio, che ci porteranno intorno alle 19:00, poi ci consegnano le chiavi della camera numero 59: piccola (molto piccola) ma accogliente.

Indossiamo i costumi e andiamo sui bordi della piscina a passare un po’ di tempo, così Federico fa un bagno, ma cortissimo perché il vento, che soffia senza tregua, non invita a restare in acqua ed il sole, ormai prossimo alla linea dell’orizzonte, non offre più il suo contributo di calore. Infatti è quasi sera e vado a ritirate l’auto: una fiammante Daewoo Matiz rossa (targata EMZ 1853), con la quale, più tardi, raggiungiamo Parikia alla ricerca di un posto dove poter cenare, visto che la nostra sistemazione in hotel prevede solo pernottamento e prima colazione.

Consumiamo giros e soulaki, due semplici piatti della cucina greca, che mostriamo di gradire a giudicare dalla foga con la quale ripuliamo i piatti, poi facciamo una passeggiata nel centro cittadino, molto caratteristico, con stradine strette fiancheggiate da negozietti e case imbiancate a calce, infine, dopo aver fatto divertire per un po’ Federico in un piccolo parco giochi, rientriamo al Paros Bay e finalmente possiamo riposare, dopo la lunga e faticosa giornata … mentre il vento continua, imperterrito, a soffiare … speriamo solo si calmi presto.

Lunedì 26 Agosto 2002: La sveglia suona alle 7:30, ma fuori dalla finestre, oltre gli scuroni della nostra stanza, si ode fischiare petulante il vento, che non ci invita certo a farci alzare con sollecitudine, così finiamo per recarci a far colazione intorno alle 9:00, poi, senza fretta, partiamo, a bordo della nostra Matiz, alla scoperta dell’isola.

Ci fermiamo a Parikia per fare un po’ di spesa, poi seguiamo la strada litoranea che corre verso sud, ma quasi subito la lasciamo deviando verso l’interno per salire sulle prime colline. E’ così che incontriamo, per caso, lo scenografico monastero di Christou Dassous, in parte costruito di recente, e cogliamo l’occasione per visitarlo.

La sua classica architettura cicladica, fatta di cupole e muri tinteggiati a calce, spicca magistralmente sull’arido paesaggio circostante e sull’azzurro del cielo, così scattiamo qualche foto poi torniamo a seguire la strada che, dopo un’infinità di curve e dossi, arriva alla piccola valle di Petaloudes.

La zona è la più rigogliosa e ricca d’acqua dell’isola ed è nota perché, in estate, si popola di un’infinità di farfalle (lepidotteri per l’esattezza), che in alcuni casi ricoprono completamente la vegetazione circostante. Siamo ormai alla fine della stagione ma, in diversi punti le farfalle, che sono notturne e quindi restano quasi sempre in posa, sono davvero numerose. Il luogo è immerso in un’insolita e intricatissima macchia di verde, nella quale si inoltrano alcuni accidentati sentieri, che il piccolo si diverte a percorrere senza sosta … e il tutto si rivela essere una bella ed interessante esperienza.

Torniamo all’auto e cominciamo a scendere verso il mare, ma senza troppe pretese: il vento è forte e non so se riusciremo a trovare un posto sufficientemente riparato. Proviamo a cercarlo lungo la costa meridionale, dove forse ci sono maggiori probabilità, e raggiungiamo la cittadina di Aliki, quindi proseguiamo lungo uno sterrato fino alla spiaggia di Faranga.

Il piccolo parcheggio nelle vicinanze è pieno, evidentemente in tanti altri hanno avuto la nostra stessa idea, e, in effetti, qui il vento soffia con minore intensità, anche se l’arenile non è quanto di meglio ci si possa aspettare, ma dobbiamo accontentarci e lì ci fermiamo.

E’ quasi mezzogiorno e, con Federico, vado in esplorazione sulla destra della spiaggia: oltre un piccolo promontorio roccioso scopriamo altre due spiaggette, più belle e riparate della prima, allora andiamo a chiamare Sabrina, spostiamo il “campo base” nella più piccola delle due insenature e subito facciamo un bagno. L’acqua è calda e bella anche se, a causa del fondale, non risalta tantissimo, soprattutto se si hanno ancora negl’occhi i riflessi del mare di Anguilla, che, però, dovremo cercare di dimenticare, almeno per le prossime due settimane.

Pranziamo e restiamo a goderci la spiaggia di Faranga, forse una delle poche riparate dell’isola, ma più tardi il vento sale ulteriormente d’intensità e viene a disturbarci anche in questo posto: i granelli di sabbia schizzano via a tutta velocità e pungono sulla pelle … non resta che andare in acqua a cercare un po’ di tregua, ma non possiamo restarvi per tutto il tempo, così torniamo sulla spiaggia a farci bersagliare … ed è un vero peccato, perché il luogo meritava di essere vissuto in un’altra maniera. Intorno alle 18:00, però, il vento rallenta la sua corsa ed il sole, che si avvia lentamente a tramontare, con la sua calda luce esalta i colori e mette in risalto tutta la bellezza dell’insenatura. Ci guardiamo intorno e, obbiettivamente, possiamo ritenerci soddisfatti dello spettacolo, sul quale, però, ben presto cala, inesorabile, il sipario della sera … allora riordiniamo tutte le nostre cose e, con calma, rientriamo al Paros Bay.

Facciamo una doccia, questa sera indispensabile più che mai per togliere tutta la sabbia che ci troviamo addosso, poi usciamo per cena, mentre Federico sembra accusare i primi sintomi di un raffreddore … Siamo terrorizzati dall’idea che si possa ammalare a causa del vento, ed è forse per questo motivo che, distratto dalla situazione, nel tentativo di parcheg-giare, urto leggermente un’altra auto, ironia della sorte italiana! Scendo, assieme all’altro conducente, per valutare gli eventuali danni: per fortuna nulla di grave, così ce la caviamo con lo scambio di qualche severa occhiata, poi ognuno per la propria strada.

Ceniamo mangiando pesce in una taverna, quindi facciamo una passeggiata per il centro storico di Parikia, che non finisce mai di stupirci e ad ogni passo ci fa scoprire nuovi angoli caratteristici. Vediamo anche la cosiddetta “Chiesa dalle cento porte” (che torneremo a visitare in maniera più approfondita con la luce del giorno), poi torniamo all’hotel … mentre il vento, “manco a dirlo”, continua a soffiare con disarmante ostinazione.

Martedì 27 Agosto 2002: L’inconfondibile sibilo che si sente è ancora quello del vento, che non ci invita ad uscir fuori dalle lenzuola, in più, quando apriamo la finestra, non possiamo fare a meno di notare un grosso nuvolone che, stazionando sul centro dell’isola, incupisce ulteriormente il paesaggio, già non brillante a causa dell’intensa foschia. Nonostante tutto prendiamo coraggio e, dopo colazione, partiamo verso il nord dell’isola, oltrepassiamo Parikia e raggiungiamo il paesino di Naoussa, adagiato sul fondo di una grande baia dove, nel 1770, era ormeggiata la flotta turca, che fu attaccata da quella russa. A quei tempi Naoussa era il villaggio più esteso di Paros, ma dopo la battaglia fu Parikia a prendere il sopravvento.

Parcheggiamo l’auto e, a piedi, andiamo alla scoperta degl’angoli più caratteristici del paese, a cominciare dal porticciolo, delizioso, con le tipiche barche dei pescatori e le taverne tutte intorno che espongono, appese, lunghe file di polipi, senza dimenticare gli stretti vicoli lastricati a calce e le immancabili chiesette bianche, a volte sovrastate dalle classiche cupole turchesi … tanti quadretti squisitamente cicladici, all’interno dei quali, con spensieratezza, ci immergiamo, trascorrendo un lasso di tempo davvero piacevole, poi torniamo all’auto e ripartiamo, questa volta alla ricerca di una spiaggia quanto più possibile riparata dal vento.

Seguiamo la strada che corre lungo la baia di Naoussa, verso la sua parte più occidentale, e raggiungiamo la spiaggia di Kolybithres, la più famosa di Paros. In realtà non è un’unica spiaggia, ma un insieme di calette sabbiose intercalate da grossi massi granitici erosi e levigati dal vento, che ricordano vagamente le conformazioni rocciose della Gallura, in Sardegna.

Scenograficamente è una bella spiaggia, non c’è che dire, in più l’acqua è trasparente e le raffiche di vento sono sopportabili. Quello che, invece, da veramente fastidio è la presenza di uno stabilimento balneare che ne occupa, in pratica, ogni centimetro, tanto che a fatica riusciamo a trovare lo spazio necessario per appoggiare le nostre cose. Ciò non toglie che resteremo, comunque, per il resto della giornata, infatti il posto merita tutte le attenzioni del caso.

Siamo relativamente lontani dal bagnasciuga, così, con Federico, vado in esplorazione lungo la costa: “scaliamo” le rocce e scendiamo a vedere tutte le altre calette, ma non troviamo nessun posto libero da ombrelloni e lettini, allora torniamo al punto di partenza, ci concediamo un bagno e poi pranziamo.

Tutto sommato si sta bene e, nel primo pomeriggio, anche il vento sembra voler rallentare la sua corsa, innalzando però subito la temperatura percepita e obbligandoci, di conseguenza, ad andare in acqua per cercare refrigerio. Così trascorriamo piacevolmente il resto del pomeriggio, fin quando non si fa ora di tornare al Paros Bay.

Quel piccolo lembo di terra, proteso verso occidente, sul quale si trova il nostro hotel (non possiamo fare a meno di constatarlo!), probabilmente, è uno dei luoghi più esposti dell’isola, infatti lì il vento spira ancora, anzi, più tardi purtroppo torna a soffiare con una certa intensità sull’intera regione e quando ci rechiamo a cena, in una pizzeria sul porto di Parikia, dobbiamo coprirci perché fa realmente freddo con addosso la sola t-shirt … Accidenti! … : «Ora basta Eolo! … questo è di certo il tuo regno, ma ascolta le preghiere di tre comuni mortali che chiedono solo di potersi godere il loro periodo di vacanza, anzi, vai anche tu in vacanza e togliti, per favore, dalle b…!» … questo, ad un certo punto, avrei voluto urlare, ma tanto non serve a niente … meglio andare a letto e continuare a sperare nella buona sorte.

Mercoledì 28 Agosto 2002: La “preghiera” rivolta al Dio dei venti non ha sortito gli effetti desiderati così, come al solito, al suonar della sveglia non troviamo la voglia per scattare in piedi e andiamo a far colazione ben oltre le 9:00.

Intorno alle 10:00, in auto, lasciamo l’hotel e percorriamo il breve tratto di strada che ci divide da Parikia. Le nostre intenzioni, infatti, sono quelle di visitare il capoluogo con la luce del giorno.

Parcheggiamo in prossimità del centro e, prima di tutto, ci fermiamo a vedere il monumento storicamente più significativo: la “Chiesa dalle cento porte” (Ekatontapyliani, in greco), che in effetti ne conta, finestre comprese, “solo” novantanove. Per fortuna visto che, secondo la leggenda, il ritrovamento della centesima porta annuncerebbe la fine del mondo (o, secondo una versione più ottimistica, il ritorno di Istanbul alla Grecia).

L’edificio religioso, il primo in ordine di importanza delle Cicladi, risale, nel suo nucleo originario, al VI secolo, mentre quello che si visita oggigiorno è un grande complesso composto da tre costruzioni adiacenti: la Basilica, a forma di croce greca dedicata alla Madonna, la chiesa più piccola ed intima di Aghios Nikolaos e il Battistero. Il giardino, invece, sembra un cantiere archeologico, con capitelli e scampoli di statue accatastati qua e là. Tutto il complesso, infine, è chiuso da un muro bianco e severo, un po’ conventuale, che si erige come una barriera tra la chiesa e la piazza antistante. Ne visitiamo meticolosamente ogni angolo, poi usciamo e cominciamo a passeggiare per le viuzze del centro storico.

Lungo il cammino incontriamo angoli caratteristici e chiesette, dalla cupola tipicamente cicladica, come quella dei SS. Elena e Costantino, edificata alla sommità del Kastro, l’antica fortezza veneziana, della quale restano alcuni curiosi scampoli di mura che, edificate col celebre marmo di Paros, appaiono come un mosaico di marmi bizantini, mozziconi di colonne e frontoni provenienti, probabilmente, dagli antichi templi di Apollo e Demetra, nelle vicinanze.

E’ stata una visita davvero ricca di motivi d’interesse, che anche Federico ha mostrato di gradire, impegnatissimo com’era a scattare foto con la sua nuova macchina, e quasi senza rendercene conto abbiamo fatto correre le lancette dell’orologio ben oltre il mezzogiorno.

Torniamo all’hotel per recuperare i giochi del piccolo, che avevamo dimenticato in camera, e partiamo alla solita ricerca di una spiaggia riparata dal vento. Percorriamo la strada che segue la linea costiera fin sull’estrema punta settentrionale della baia di Parikia e arriviamo alla spiaggia di Krios, che non ha nulla di eccezionale, ma è carina e, soprattutto, non è battuta da quelle infernali raffiche di vento.

Facciamo un bagno e poi pranziamo, mentre di fronte a noi sfilano, uno dopo l’altro, i numerosi traghetti che attraccano nel capoluogo, provenienti dai più svariati porti dell’Egeo.

Più tardi, Federico ed io, raggiungiamo, a piedi, la punta vera e propria, dove si trova una chiesetta dalla cupola, ovviamente, turchese, poi torniamo alla “base”, e il piccolo si mette a giocare con un bimbo greco … non si capiscono a parole, ma i giochi con la sabbia sono una sorta di linguaggio universale, che non richiede traduzioni. La strana coppia, però, ha vita breve e dopo qualche tempo, purtroppo, l’amichetto improvvisato se ne va, noi invece restiamo fin quasi alle 19:00, poi, con calma, rientriamo al Paros Bay e ci prepariamo ad uscire per cena.

Davvero una cena originale quella che ci concediamo stasera, seduti ad un tavolino lungo le caratteristiche vie di Parikia: un melone (melon in inglese), che in realtà doveva essere un cocomero (water-melon), ma che ci sbagliamo ad ordinare, svuotato della polpa e poi riempito di frutta e gelato, sul quale Federico si butta a capofitto, lasciando a noi, praticamente, solo le “briciole”, poi due pannocchie alla griglia che consumiamo passeggiando spensieratamente per il centro … proprio un’ottima cena! Nel frattempo, udite, udite, il vento si è praticamente fermato e, una volta tornati all’hotel, quasi non ci sembra vero, coricati nei nostri letti, di non sentire più quell’odioso fischio, così, più distesi e beati, raggiungiamo presto il mondo dei sogni.

Giovedì 29 Agosto 2002: Eolo sembra aver finalmente tirato il fiato e quando apriamo la finestra ci viene incontro solo una leggera e gradevole brezza, così, più carichi e motivati del solito, andiamo a far colazione, poi, dopo qualche spesa di routine, partiamo per il sud dell’isola.

Raggiungiamo, nei pressi del minuscolo aeroporto di Paros, il paesino di Pounda, da dove ci imbarchiamo su di un traghetto che, in pochi minuti di navigazione, ci fa sbarcare sull’isolotto di Andiparos, lungo appena 11 chilometri (per una superficie di circa 35 chilometri quadrati), l’unico abitato del mini arcipelago che si estende a sud-ovest di Paros. I novecento abitanti risiedono, quasi tutti, nell’unico villaggio (che porta lo stesso nome dell’isola), dal quale partiamo alla scoperta del territorio.

Anche in questo caso andiamo a sud, seguendo la strada che corre lungo la costa, poi svoltiamo verso il centro dell’isola e saliamo sulle montagne per visitare la Spileo Stalaktition, una grotta nota fin dall’antichità per le sue concrezioni calcaree. Attualmente è ben illuminata e si percorre per mezzo di una scala in cemento, ma non è sempre stato così. Fu, infatti, una delle prime ad essere visitata dai pionieri del turismo greco, fra cui anche Lord Byron e Re Otto di Grecia, che vi si calarono con l’ausilio di una corda, comportandosi fra l’altro come vandali e lasciando incisa la loro firma sulle stalattiti.

Dopo di loro lo fecero tanti altri e le concrezioni oggi sono, purtroppo, quasi tutte morte, ma il luogo è ugualmente suggestivo e scendiamo fin sul fondo, a circa ottanta metri di profondità rispetto all’ingresso, percorrendo tutti i 355 accidentati scalini che vi s’inoltrano. Si rivela anche essere un’avventura divertente per il piccolo che, ormai in prossimità dell’uscita, si dice dispiaciuto che la visita sia già terminata.

Usciamo all’aria aperta e scendiamo dalle montagne alla ricerca di una spiaggia sul lato occidentale dell’isola, ad Aghios Georgios, un piccolo e remoto agglomerato di case situato su di un tratto di costa bassa prospiciente l’isolotto di Despotiko, ma il luogo non ci soddisfa e torniamo sui nostri passi nell’altro versante.

Individuiamo una spiaggia, quella di Soros, ma proseguiamo lungo uno sterrato verso la punta più me-ridionale di Andiparos, per desistere poco dopo quando questo diventa impraticabile per la nostra Matiz … Balnearmente parlando, fino ad ora, l’isola è stata una piccola delusione, in più il cielo si è velato ed il sole è quasi sparito.

Torniamo indietro e ci fermiamo alla spiaggia di Soros, caratterizzata da una battigia di ciottoli e, tutto sommato, carina, anzi bella vista dall’alto, con un’acqua dalla trasparenza eccezionale, la migliore vista fino ad ora … così ci concediamo un bel bagno e poi pranziamo.

Nel pomeriggio quell’invitante acqua cristallina e la quasi totale assenza di vento ci invitano, finalmente, a tirar fuori il materassino gonfiabile, con il quale facciamo un altro bagno e giochiamo, per la felicità del piccolo, poi ci mettiamo sui teli a riposare … ora si sta davvero bene, con il cielo che è tornato limpido ed il sole che scotta piacevolmente sulla pelle.

Intorno alle 18:00 facciamo fagotto, ci avviamo verso il traghetto, e un’ora più tardi siamo al Paros Bay Hotel.

Usciamo per cena e raggiungiamo Naoussa, infatti abbiamo intenzione di mangiare pesce, in un ristorantino, sul suo caratteristico porticciolo … e così facciamo: due gamberi ed un red-snapper cotti alla griglia, molto buoni, ma anche costosi per essere in Grecia (settanta euro). Poco importa, in fin dei conti siamo in ferie, e poi normalmente spendiamo molto meno.

Soddisfatto il palato facciamo una passeggiata per le stradine del centro, poi torniamo a Parikia e quindi all’hotel, concludendo così una bella giornata.

Venerdì 30 Agosto 2002: Calma piatta: non soffia un alito di vento ed il tempo è splendido quando ci alziamo pronti ad affrontare, con ottime prospettive, un’altra tappa del nostro itinerario.

Andiamo, questa volta, verso il centro dell’isola percorrendo la strada tutta curve che sale, da Parikia, in direzione di una zona aspra e montuosa, dominata dal Monte Profitis Ilias (771 metri), la più alta vetta di Paros. Subito dopo il paese di Marathi ci fermiamo a vedere le antiche cave di marmo, famose in epoca ellenistica per essere il luogo di provenienza dei blocchi con cui fu edificato il Partenone di Atene, ma al tempo stesso fornirono il materiale anche per altre famose opere, fra cui la Venere di Milo, oggi al Louvre di Parigi.

Fatichiamo un po’ a trovarle, ma alla fine individuiamo il ripidissimo cunicolo che scende nel cuore della montagna, e, con Federico, mi avventuro per qualche metro al suo interno, fin dove arriva la luce del sole: oltre a noi la galleria continua nel buio totale ed il fresco soppianta il caldo infernale dell’esterno. E’ suggestivo pensare a quei blocchi di marmo, resi immortali dalla storia, e, nel silenzio assoluto, ci sembra quasi di vederli transitare, lentamente, davanti ai nostri occhi, fra le immaginarie grida dei minatori, estratti ed issati chissà con quali mezzi da una tale profondità, ma l’illusione è breve e tutto svanisce quando torniamo all’aria aperta e alla realtà.

Con un salto virtuale nel tempo di qualche migliaio di anni saliamo, di nuovo a bordo della nostra Matiz e raggiungiamo il vicino paese di Lefkes, abbarbicato alle pendici del Monte Profitis Ilias. Il centro cittadino, che percorriamo a piedi, è caratteristico, non però quanto quelli di Parikia e Naoussa. Lungo i suoi vicoli spiccano alcune chiese, e, più in periferia, i resti di una strada bizantina, che un tempo collegava Lefkes alla vicina Marpissa.

Ai bordi dell’antico tracciato troviamo alcuni fichi maturi, che piacciono tantissimo a Federico, e ne approfittiamo per fare un piccolo spuntino, poi torniamo all’auto e, seguendo la strada attuale, arriviamo a Marpissa.

L’abitato è dominato da un’altura sulla quale si trova la chiesina di Aghios Antonios, che intendiamo visitare, ma lo stretto nastro d’asfalto che s’inerpica sulla collina termina troppo presto ed il caldo non ci invita a scarpinare fin sulla vetta, così desistiamo, tanto più che il mezzogiorno è già passato, e ci mettiamo alla ricerca di una spiaggia e di un po’ di refrigerio.

Battiamo quasi tutti i lidi della costa sud-orientale e andiamo a fermarci a Golden Beach: una lunga spiaggia sabbiosa famosa nel mondo dei surfisti, ma oggi non soffia il vento e va benissimo anche per noi. Non è particolarmente scenografica, però l’acqua è molto bella, così subito ci tuffiamo e, a lungo, restiamo a rilassarci in quel delizioso fluido.

Pranziamo mentre ad occidente, verso il centro dell’isola, si accumulano diverse nubi, che nel primo pomeriggio offuscano, purtroppo, il sole, diretto inevitabilmente in quella direzione. Intanto, assieme a Federico, costruisco un castello … ma le nuvole, quelle dispettose, sembrano proprio ancorate al centro di Paros … ed il tempo passa inesorabile.

Niente da fare: rimaniamo all’ombra praticamente per tutto il pomeriggio, fin quasi alle 19:00, quando, volenti o nolenti, ce ne andiamo, ma poi, sulla via del ritorno, da un’altura, osserviamo un bel tramonto sulla costa frastagliata ai nostri piedi e sull’isola di Andiparos in lontananza.

Per cena torniamo a Parikia, dove abbiamo un piccolo conto in sospeso: due sere fa, per errore, mangiammo un melone ripieno di frutta e gelato … buonissimo, per carità, ma doveva essere un cocomero! Così torniamo nello stesso posto e, al secondo tentativo, finalmente riusciamo a cenare con un gustosissimo water-melon, seguito dalle solite pannocchie alla griglia sgranocchiate a passeggio per il centro … fantastico! Dopo, soddisfatti e contenti, rientriamo al Paros Bay per andare a letto, così da evitare di alzarci, domattina, con gli occhi ancora pieni di sonno, come sta accadendo, quotidianamente, da un po’ di tempo a questa parte.

Sabato 31 Agosto 2002: E’ l’ultimo giorno del mese e anche l’ultimo che passeremo a Paros. C’è il sole e soffia una leggera brezza: quanto di meglio si possa chiedere in previsione di un’intera giornata da trascorrere al mare.

Partiamo con la nostra Matiz in direzione di Naoussa, la raggiungiamo e la oltrepassiamo seguendo la strada che corre lungo la costa verso la punta nord-orientale dell’isola.

Le nostre intenzioni sono quelle di andare alla spiaggia di Lageri, ma l’unica strada che vi arriva sembra essere di proprietà privata, infatti è chiusa da un cancello con tanto di lucchetto. Chiediamo informazioni ma pare non vi siano alternative: o via mare o a piedi, e non sappiamo esattamente quanto disti l’arenile dalla strada asfaltata, allora decidiamo di andare nella vicina insenatura di Santa Maria.

La spiaggia è una piccola ansa sabbiosa, in parte occupata da uno stabilimento balneare, bagnata da un bel mare e caratterizzata, all’orizzonte, dalla severa sagoma dell’isola di Naxos, dove andremo domani. Lì ci fermiamo e, dopo una piccola tragedia messa in scena dal bimbo che pretende, da solo, di gonfiare il materassino (troppo grande per le sue possibilità), facciamo un bagno, che non riusciamo, però, a goderci appieno, vista la presenza, sul fondo, di alcune alghe che non entusiasmano Sabrina e Federico.

Passiamo a Santa Maria qualche ora, poi pranziamo e subito ci mettiamo in moto per cambiare spiaggia.

Torniamo verso Naoussa, la oltrepassiamo nuovamente e andiamo, questa volta, in direzione della punta nord-occidentale di Paros, transitiamo nei pressi di Kolybithres e continuiamo lungo la strada che arriva, dopo una manciata di chilometri, alla spiaggia di Monastiri, così chiamata per la presenza, appunto, di un monastero nelle vicinanze.

Il luogo è una perla dell’Egeo ed è inserito in uno straordinario contesto ambientale, incorniciato da aspre montagne che contrastano con il blu intenso del mare.

Facciamo subito un lungo bagno nelle sue acque cristalline, poi, con Federico, vado sul promontorio roccioso, dove si trova l’edificio religioso dall’immancabile cupola turchese, alla scoperta di nuovi angoli e suggestive prospettive dalle quali scattare indimenticabili foto: questo è, senza dubbio, il più bel posto di mare di Paros, con la chiesetta che domina la scenografica rada caratterizzata dalla bianca cittadina di Naoussa, che spicca come una macchia nella costa sull’altro lato della baia, e più in lontananza l’imponente sagoma di Naxos sovrastata da grossi nuvoloni bianchi, solo il solito stabilimento balneare, comunque nascosto infondo all’insenatura, stona con il meraviglioso paesaggio circostante.

Trascorriamo, naturalmente, a Monastiri tutto il resto della giornata, fin quando il sole non la smette di offrirci il suo caldo tepore, allora riordiniamo le nostre cose, accompagniamo Sabrina a vedere il monastero e poi facciamo rientro all’hotel.

Più tardi usciamo per l’ultima cena a Paros: come la prima sera mangiamo soulaki e giros, poi facciamo quattro passi per il centro e ci fermiamo ad un internet-point per vedere come saranno le condizioni meteo nei prossimi giorni. Pare avremo tempo buono e soleggiato fino alla fine del viaggio e così, più sollevati, torniamo al Paros Bay per cominciare a sistemare le valigie, in vista del trasferimento a Naxos.

Fino ad oggi è stata una bella vacanza: siamo rimasti soddisfatti di Paros, sotto molti punti di vista, ed ora abbiamo seri motivi per credere che anche la prossima isola non deluderà le nostre aspettative.

Domenica 1 Settembre 2002: Prende il via l’operazione Naxos quando, con calma, ci alziamo e andiamo a far colazione portando con noi anche le chiavi dell’auto, che dovremmo riconsegnare entro le 9:00, ma all’ora prestabilita non si vede nessuno. Lo facciamo presente alla portineria dell’hotel e, dopo una telefonata, c’informano del fatto che nessuno si è dimenticato e presto arriveranno di certo a prenderla. Intanto andiamo in camera a sistemare le ultime cose, poi, dopo aver finalmente lasciato l’auto ai legittimi proprietari, scendiamo alla réception con le valigie.

Puntuale, alle 10:30, arriva il pulmino che ci accompagnerà al porto, così salutiamo il Paros Bay Hotel e cominciamo il trasferimento.

La nostra nave (la Blu Star Paros) salperà dal molo di Parikia alle 11:50, fra più di un’ora, ma non è un grosso problema aspettare visto che il cielo oggi è, più che altro, nuvoloso.

Puntualissimo arriva anche il traghetto: saliamo a bordo e, quasi subito, prendiamo il largo, mentre con Federico, come al solito, vado in esplorazione.

La nave scivola via liscia sul pelo dell’acqua e alle 12:45, in men’ che non si dica, ci ritroviamo nel porto di Chora, il principale centro abitato nonché capoluogo di Naxos, la più grande isola delle Cicladi, con i suoi 428 chilometri (quadrati) di superficie ed i 148 di perimetro costiero. Terra di miti e di leggende, come del resto ogni angolo della Grecia, Naxos, nell’antichità, fu la prima isola ad abbandonare il baratto e ad adottare il denaro negli scambi commerciali.

Appena sbarcati, anche qui, saliamo su di un pulmino che ci accompagna, qualche chilometro fuori Chora, al Lianos Village Hotel, nel quale alloggeremo per le prossime sei notti.

Ci consegnano le chiavi con impresso sopra il numero 63 e intanto chiediamo anche il noleggio di una nuova auto, quindi raggiungiamo la camera, che ci appare subito ampia ed accogliente, una suite rispetto a quella di Paros, in più ci sono il televisore e la cassetta di sicurezza … ma anche tante zanzare! Ci barrichiamo e diamo inizio alla battuta di caccia che, a giudicare dai segni sui muri, hanno intrapreso anche i nostri predecessori, poi ci mettiamo in tenuta da mare e andiamo in piscina, ma il sole è latitante e sul braccio di mare che separa Naxos da Paros imperversa anche un temporale.

Più tardi vado a ritirare l’auto: una Hunday Atos bianca (targata EME 3358), mentre le nuvole cariche di pioggia restano a distanza e Federico fa un bagno in piscina, con il sole che resta comunque coperto. Intanto spedisco un SMS di benvenuto ai nostri amici, Sabrina ed Ivan, che sono arrivati a Mykonos per trascorrervi una settimana: li vedremo forse il prossimo sabato sera e sicuramente sull’aereo del ritorno.

Decidiamo di andare a fare un giro, visto che siamo motorizzati, allora passiamo dalla camera e quando ne usciamo fuori splende il sole, così raggiungiamo la vicina spiaggia di Aghios Prokopis, formata da una battigia di fine ghiaino e bagnata da un bellissimo mare. Lì passiamo tutto il pomeriggio, mentre il cielo si ripulisce quasi completamente dalle nuvole … e se questo doveva essere il giorno di cattivo tempo … va benissimo! … nulla da obbiettare! Restiamo in spiaggia fino a quando il sole non sparisce oltre la piccola montagna che si trova sulla nostra destra, poi rientriamo al Lianos Village e ci prepariamo ad uscire.

Ceniamo in una taverna prima di fare una passeggiata per le caratteristiche stradine di Chora, quindi torniamo, con il buio, alla ricerca dell’hotel. Lo troviamo e andiamo in camera a vedere un po’ di televisione, dopo un’astinenza di sette giorni.

Lunedì 2 Settembre 2002: La giornata comincia con una splendida colazione all’aria aperta: il nostro hotel si trova, infatti, su di un’altura a circa un chilometro dal mare ed il panorama sull’Egeo che si gode dalla sua balconata, nella quiete mattutina, è stupendo, solo un po’ offuscato dall’onnipresente foschia. Si vede, chiaramente, gran parte della costa sud-occidentale dell’isola con sullo sfondo, appena marcata, la sagoma di Ios e, a destra della visuale, quella ben più nitida di Paros. E’ grazie a questa sublime vista che, poco dopo, andiamo ad iniziare, con rinnovato entusiasmo, la visita di Naxos, partendo proprio dal suo capoluogo: la Chora.

Il paese, che oggi conta circa settemila abitanti, è di antiche origini e a testimonianza di questo c’è, su di un’isola prospiciente l’abitato, una surreale e gigantesca porta di marmo, che sembra incorniciare il mare. La cosiddetta Portara, che è il simbolo di Naxos, non introduce in un palazzo o in un luogo chiuso perché le sue pareti sono le brezze che vengono dall’Egeo. Questa porta e i frammenti di marmo che le stanno intorno sono quanto rimane dell’antica Naxos e del suo santuario dedicato ad Apollo, costruito nel VI secolo a.C. Macerie millenarie sparpagliate sull’isolotto di Palátia che raggiungiamo percorrendo la breve strada pedonale che lo collega al porto (dove, fra l’altro, c’è un’acqua incredibilmente trasparente).

Il luogo è molto suggestivo e carico di misticismo, non manca, infatti, al riguardo la solita leggenda, secondo la quale quando Istanbul ritornerà alla Grecia, miracolosamente, riappariranno le porte del tempio (e se la memoria non m’inganna, in quello stesso istante, dovrebbero trovate anche la centesima porta di Ekatontapyliani a Paros!).

Restiamo per un po’ in contemplazione a goderci lo spettacolo di quelle semplici ma affascinanti rovine in mezzo al mare, poi lasciamo le costruzioni dell’antica Grecia per dedicarci ad un’architettura più povera e più recente, ma non per questo meno interessante, ci avviamo, infatti, a visitare il centro storico di Chora, dall’aspetto tipicamente cicladico.

L’atmosfera balneare e le costruzioni moderne del lungo porto sono solo la quinta teatrale che nasconde l’altra Chora, una casbah veneziana, turca, bizantina. Stradine in salita, arcate, passaggi segreti, vicoli coperti che sembrano cunicoli e scalinate che ci portano su, fino al Kastro fatto costruire sette secoli fa da Marco Sanudo, nipote di un Doge. Allora c’erano tredici torri, oggi ne resta solo una, ma, nel suo insieme, il Kastro è un piccolo gioiello medievale, con alcune chiese ben conservate, fra le quali spicca la Cattedrale Cattolica che, fra l’altro, custodisce l’icona più lunga del mondo.

In un edificio, situato nel punto più alto della città, si trova anche il minuscolo museo archeologico, ma oggi è lunedì ed è anche giorno di chiusura, per cui dobbiamo rinunciarvi, con gran dispiacere del piccolo (sempre affascinato dai reperti), al quale, però, dobbiamo raccontare che è chiuso per lavori, onde evitare un’altra scarpinata fin quassù nei prossimi giorni.

Scendiamo al porto percorrendo altre anguste vie e concludiamo la visita al centro di Chora, che ci è piaciuto, ma non quanto quello di Parikia.

Saliamo in auto e raggiungiamo, a brevissima distanza dal capoluogo, la caratteristica chiesetta di Aghios Ioannis Theologos: minuscola, bianchissima, solitaria e … semplicemente bella, abbarbicata com’è alla roccia con la sua architettura povera ed essenziale. Per scovarla abbiamo dovuto chiedere informazioni alla réception dell’hotel, perché non è segnalata sulle guide turistiche e l’unico indizio in nostro possesso era una foto scaricata da internet, ma alla fine l’abbiamo trovata e, naturalmente, fotografata come meritava. Ci è anche costata un po’ di tempo, ma ne valeva la pena.

Dopo una meravigliosa scorpacciata di bellezze architettoniche ci dedichiamo alla natura, che non vorrà certo essere da meno e speriamo voglia offrirci un’altrettanto bella spiaggia dove trascorrere il resto della giornata.

Andiamo a sud di Chora, nel tratto di costa dove si trova la quasi totalità dei lidi più rinomati di Naxos. Oltrepassiamo Aghios Prokopis, dove si trova il nostro hotel, e arriviamo ad Aghia Anna, un piccolo agglomerato di case dal quale parte una strada sterrata che costeggia un lungo e splendido arenile.

Ci fermiamo nel punto, secondo noi, più selvaggio e ci sistemiamo a pochi metri dall’acqua, con alle spalle alte dune, sotto ai piedi sabbia morbidissima e chiara e di fronte agl’occhi un mare cristallino e la sagoma di Paros che, chissà per quale motivo, da Naxos si vede benissimo mentre, la settima scorsa, non era altrettanto nitida la stessa visione a parti invertite.

Facciamo un bagno e pranziamo, poi trascorriamo tutto il pomeriggio in completo relax, fino alle 18:00, quando rientriamo all’hotel e in fretta e furia ci cambiamo per arrivare a Chora prima che tramonti il sole, così da riuscire a vederlo scendere nel bel mezzo della Portara.

Un magnifico spettacolo, che conferisce al luogo ancor più fascino e mistero, messo in scena magistralmente dalle forze celesti su di un sipario allestito in maniera impeccabile dall’uomo e dal tempo. Solo alcune nuvole, basse sulla linea dell’orizzonte, ci hanno in parte guastato la festa nel finale.

Le ombre della sera prendono rapidamente il sopravvento ed è ancora presto per cenare, allora passeggiamo per qualche tempo sul lungo porto di Chora, poi ci fermiamo in una spaghetteria e facciamo un pieno di pasta, prima di tornare al Lianos Village e mettere la parola fine ad una giornata coi fiocchi.

Martedì 3 Settembre 2002: Domani visiteremo tutto l’interno dell’isola e sarà, forse, la tappa più impegnativa del viaggio, per questo oggi vogliamo concederci un’intera giornata di mare e di relax.

Dormiamo un po’ più del solito poi, dopo una sostanziosa colazione ed una furtiva vendemmia nel giardino del nostro hotel, dove crescono succulenti grappoli d’uva, ci avventuriamo lungo la costa sud-occidentale dell’isola. Oltrepassiamo Aghios Prokopis ed Aghia Anna e proseguiamo lungo una strada stretta ed accidentata che arriva, dopo pochi ma interminabili chilometri, al vicino promontorio di Mikri Vigla.

Sul lato esposto a nord si trova una bella spiaggia, regno dei surfisti perché normalmente battuta dal vento. Qui la brezza, che negli altri posti risulta gradevole, anche oggi è più sostenuta e non c’invita a restare. Scattiamo una foto, mentre passa un pastore col suo gregge, poi risaliamo in macchina e raggiungiamo il lato più riparato del promontorio, ai cui piedi si sviluppa una lunga spiaggia, che sarebbe bellissima se non fosse invasa da parecchie alghe, arrivate, probabilmente, in seguito ad una mareggiata. Per fortuna, risalendo a piedi la costa nella sua parte più rocciosa, troviamo una magnifica spiaggetta “formato famiglia”, tutta per noi, con un mare delizioso e begli scorci panoramici tutt’intorno.

Sistemiamo i teli e gli zaini occupando, in pratica, l’intera insenatura, poi facciamo un bagno e giochiamo catturando alcuni piccoli pesci, mentre il tempo passa portando con sé l’intera mattinata.

Dopo pranzo lasciamo il nostro personalissimo angolo d’Egeo e, in macchina, torniamo più a nord, viaggiando a ritroso sull’ultimo tratto di strada percorso in mattinata.

Ci fermiamo a Plaka, pochi chilometri prima di Aghia Anna: parcheggiamo dietro alle dune e raggiungiamo la spiaggia, che in questo punto è formata da ghiaia finissima e bagnata dallo stesso splendido mare visto fino ad ora a Naxos (un gradino al di sopra di quello di Paros, come previsto del resto). Anche qui facciamo un bagno, anzi due … e il pomeriggio scivola via tranquillo.

Poco prima delle 19:00 rientriamo all’hotel e più tardi, sul lungo porto di Chora, ceniamo con delle ottime costolette d’agnello, quindi, dopo una breve passeggiata, accompagniamo il piccolo a dormire, visto che appare particolarmente stanco dopo un’intera giornata trascorsa a giocare con la sabbia e fra le onde dello straordinario paesaggio balneare di Naxos.

Mercoledì 4 Settembre 2002: Partiamo dunque per la giornata, forse, più faticosa del viaggio: Naxos è piuttosto grande come isola, ma le sue spiagge più belle sono concentrate nella parte sud-occidentale, ciò non vuol dire che valga comunque la pena farne un giro completo.

Andiamo in direzione del capoluogo, poi svoltiamo verso il cuore di questa terra aspra e, in parte, selvaggia. In breve ci ritroviamo in alto, a dominare una considerevole porzione di costa, peccato solo per la foschia che caratterizza sempre negativamente ogni scorcio panoramico.

Oltrepassiamo il villaggio di Filoti e svoltiamo a destra lungo una strada che s’inoltra nella parte più impervia dell’isola. Passiamo sotto alle pendici del Monte Zeus, che con i suoi 1010 metri di altezza è la più alta vetta delle Cicladi, e arriviamo, fra suggestivi panorami, all’antica torre di Chimarou, che purtroppo è in restauro, dove termina il nastro d’asfalto. Da qui uno sterrato prosegue per diversi chilometri fino alla selvaggia e disabitata costa sud-orientale, ma non è il caso di mettere a rischio la meccanica della nostra Atos e torniamo indietro per lo stesso tracciato fino a Filoti.

La tappa successiva ci porta ad Apíranthos, la capitale del folklore naxiota, famosa per i tessuti, il vino e lo strano dialetto che mescola idiomi cretesi e bizantini. L’aria quassù è frizzante: ci troviamo, infatti, nel punto più alto del nostro itinerario, fra le cosiddette montagne di Phanaria, dove le viti prevalgono sugli ulivi e dove, secondo un proverbio locale dalle rocce non zampilla acqua, ma vino inebriante.

Apíranthos viene anche chiamato il “villaggio di marmo”, per il largo uso di questo materiale nella costruzione delle case e per la sua Paralìa, una caratteristica strada lastricata che percorriamo passeggiando senza fretta, fino a raggiungere una deliziosa piazzetta, poi torniamo all’auto e cominciamo la lunga discesa verso il mare.

Dopo centinaia di curve arriviamo nella punta più settentrionale dell’isola, dove si trova il borgo di Apollonas, alla cui periferia ci fermiamo per visitare l’omonimo Kouros.

L’oggetto che porta questo strano nome altro non è che una statua incompiuta, ubicata nel punto in cui stava per essere scolpita e abbandonata, probabilmente in seguito all’appurata cattiva qualità del materiale. Abbozzato, grossolanamente nella roccia c’è un suggestivo guerriero lungo circa dieci metri, che se ne sta sdraiato, in quella posizione, da almeno 2600 anni! A questo punto ci avviamo a chiudere il giro turistico di Naxos, scendendo verso sud lungo l’aspra e selvaggia costa nord-occidentale. Tentiamo anche di andare alla ricerca di una spiaggia, così scendiamo all’insenatura di Abram, ma la zona, normalmente molto esposta al meltemi, non è particolarmente bella, il mare è mosso e il bagnasciuga è pieno di detriti e di alghe. Non vale la pena fermarsi e proseguiamo per andare dove il mare è più bello, anche se è tardi e i morsi della fame cominciano a farsi sentire.

Arriviamo a Chora e ci fermiamo a visionare la sua spiaggia (Aghios Georgios), ma è troppo affollata per i nostri gusti, allora seguitiamo a macinare chilometri e, poco dopo, ci ritroviamo ad Aghia Anna: lì il mare è sicuramente bello e c’è solo l’imbarazzo della scelta.

Parcheggiamo l’auto in prossimità delle dune, quindi, a piedi, raggiungiamo la punta sulla quale si trova il piccolo edificio religioso che attribuisce il nome alla zona e ci sistemiamo laddove le rocce lasciano il posto alla sabbia, poi finalmente pranziamo.

Passiamo quel che resta del pomeriggio in completo relax: si sta bene, anche se il vento soffia un po’ più del solito … ma è meglio non lamentarsi, rammentando il meltemi dei primi giorni. Intanto Federico fa a-micizia con un bimbo italiano (Elia), figlio di nudisti, come lui stesso, del resto, e la maggior parte delle persone che ci circondano.

Poco prima delle 19:00, infine, mentre il sole, infuocato, scende verso la scura sagoma di Paros, lasciamo la spiaggia per far ritorno all’hotel.

Questa sera, per cambiare, non ceniamo sul lungo porto di Chora, ma in una taverna ad Aghia Anna, in riva al mare, con mousaka, pasticio e formaggio greco: una bella esperienza che ci preclude però la possibilità di fare una passeggiata, così ben presto ci ritroviamo in camera … stanchi ma felici, dopo un’impegnativa giornata che ci ha saputo offrire numerosi spunti d’interesse, sia storico che ambientale.

Giovedì 5 Settembre 2002: Il cielo è leggermente velato, ma non disperiamo perché verrà certamente il sole, mentre in Italia, stando a quanto dicono in televisione, imperversa il maltempo, di questa pazza estate, praticamente da quando siamo partiti.

In attesa del sereno andiamo verso l’interno dell’isola e raggiungiamo il paese di Melanes, nei cui dintorni si può vedere un altro Kouros: quello di Flerio. Ci inoltriamo così in una valle atipica, dalla rigogliosa vegetazione, e lo troviamo nel bel mezzo di un frutteto, disteso fra gli alberi e con una gamba spezzata.

La statua, che raffigura un giovanotto (forse una divinità, oppure un eroe), è più piccola e più rifinita di quella di Apollonas e, forse, meno suggestiva ma, comunque, interessante.

Terminata la breve visita torniamo verso Chora e, poco prima del capoluogo, svoltiamo a sinistra imboccando una strada che corre in direzione della costa meridionale di Naxos.

Transitiamo nel villaggio di Tripodes, dove si trovano tre mulini a vento in fila su di un’altura, che sarebbero belli se non fossero semi-diroccati, e arriviamo al mare nei pressi della località di Aliko.

Nella zona dovrebbero esserci alcune spiagge e ne andiamo a vedere una: non brutta, ma neanche speciale. Allora andiamo nella vicina Pirgaki, dove si trova un grande arenile: anche questo niente di speciale, anzi una piccola delusione.

Torniamo ad Aliko per andare nella prima spiaggia e notiamo, a breve distanza, parcheggiate in fregio alla strada, sull’altro lato del piccolo promontorio, alcune vetture. Incuriositi andiamo a vedere: di solito quando c’è gente in un posto vuol dire che merita … Infatti, nascosta sotto il bordo della scogliera, c’è una magnifica spiaggia, che vista dall’alto è un vero e proprio gioiello, probabilmente la più scenografica vista fino ad ora a Naxos.

Scendiamo a lasciare gli zaini, poi, con Federico, risalgo per scattare alcune foto: davanti ai nostri occhi una striscia di sabbia chiara si sviluppa ad arco fra l’azzurro del mare e la parete di roccia rossastra sovrastante, creando un quadro di sicuro effetto cromatico.

Restiamo per un po’ a goderci lo spettacolo e poi andiamo a fare un bagno in quelle bellissime acque. Peccato solo che il luogo sia leggermente esposto al vento e quindi il mare increspato, ma è un difetto, se così lo si può definire, largamente sopportabile.

Pranziamo e ci fermiamo, naturalmente, in questo piccolo paradiso per tutto il pomeriggio, circondati da tanta meraviglia e da pochi nudisti, che non ci danno alcun fastidio, nonostante il loro comportamento sia per noi incomprensibile. Si sta divinamente e, fra bagni di sole e di mare, il tempo vola, infatti c’incamminiamo solo quando il sole è ormai prossimo alla linea dell’orizzonte, allora, con calma, facciamo rientro all’hotel.

Ceniamo mangiando pesce in una taverna, serviti da un insolito cameriere naxiota-ferrarista, poi facciamo qualche compera e si fa tardi, così andiamo a dormire quasi a mezzanotte, con negl’occhi ancora la magnifica spiaggia di Aliko.

Venerdì 6 Settembre 2002: Oggi, come preannunciatoci all’arrivo, sarà l’ultimo giorno pieno a Naxos, domani, infatti, con quasi ventiquattrore d’anticipo, lasceremo, l’isola con destinazione Mykonos (dove vi trascorreremo una notte), e tutto questo per non rischiare di perdere l’aereo che domenica ci riporterà a casa. Così ci è mancato, in pratica, un giorno di vacanza e, come se non bastasse, per domani ci hanno chiesto di lasciare la stanza entro le 12:00, mentre la partenza è prevista per le 15:15. Vorremmo però usufruire di quelle tre ore, visto che abbiamo pagato per sette notti al Lianos Village più una, eventualmente, aggiuntiva a Mykonos (che purtroppo si è resa necessaria), invece alla réception sostengono di essere stati pagati per sole sei notti. Ne nasce quindi una piccola discussione: noi chiediamo una dichiarazione che attesti il numero di notti effettivamente pagate, così da richiedere un rimborso una volta arrivati a casa, ma loro ce la negano, dicendo di rivolgerci per qualsiasi cosa al tour operator locale. Un po’ indispettiti ce n’andiamo, cercando di soprassedere e di non perdere l’occasione per gustarci al meglio quest’ultimo scampolo di vacanza.

Partiamo ancora verso l’interno di Naxos e facciamo tappa, nei pressi del paese di Ano Sangri, per visitare le rovine del Tempio di Demetra, edificato, in stile ionico, nel 530 a.C., accanto al quale sorge anche la minuscola cappella bizantina di Aghios Ioannis Yiroulas. Dell’antica costruzione non resta molto, ma una discutibile ricostruzione rende, in parte l’idea di quello che doveva essere.

Da Ano Sangri proseguiamo poi lungo una strada sterrata che si avventura verso il sud dell’isola e arriviamo al mare nei pressi della località di Agiassos.

Sembra d’essere giunti in capo al mondo: siamo ormai al termine della stagione turistica e uno spettrale gruppetto di case, sparpagliate, sor-ge in prossimità della spiaggia semideserta e non bellissima, ma bagnata da un mare particolarmente trasparente. Ci fermiamo per un po’ e facciamo un bagno, mentre, in lontananza, appare più chiara del solito la sagoma dell’isola di Ios, quindi pranziamo, con tante nuvole che ci passano sopra alla testa, attirate, forse, dalle alte montagne che ci stanno alle spalle.

Nel primo pomeriggio ripartiamo alla ricerca di un posto migliore: percorriamo poche centinaia di metri verso nord e notiamo una piccola insenatura, più bella della spiaggia nella quale eravamo … peccato! Passiamo oltre, transitando prima da Pirgaki e poi da Aliko (dove eravamo ieri), per arrivare nel minuscolo villaggio di Kastraki, la cui spiaggia, battuta dal vento e dal mare piuttosto mosso, è una piccola delusione.

Decidiamo allora di passare l’ultimo pomeriggio ad Aghia Anna: lì siamo sicuri di trovare il mare bello, e la spiaggia è talmente lunga che non abbiamo problemi a scovarne un tratto per noi ancora inedito.

Prima ci gustiamo un lunghissimo bagno, immersi in un’acqua dagli straordinari riflessi, poi lasciamo correre il tempo in completo relax e in un attimo si fa sera. Il disco solare scende inesorabilmente, mentre rientriamo all’hotel, mettendo in risalto la sagoma dell’isola di Paros, oltre lo stretto braccio di mare, stasera calmissimo, che ci divide.

Facciamo una doccia e usciamo per l’ultima cena a Naxos, non prima però di essere passati dall’ufficio del tour operator locale a ritirare i biglietti per il traghetto di domani, che non troviamo perché, nel frattempo, sono stati portati alla réception del Lianos Village, allora ne approfittiamo per raccontare la storia della camera e delle notti pagate, ma ci dicono di rivolgerci alla responsabile di Pianeta Terra a Mykonos … non fanno altro che rimbalzarsi la palla l’un l’altro e sarà difficile, se non impossibile, ottenere qualcosa! Era solo una questione di principio, infondo la vacanza è andata bene e questo è l’importante, così non disperiamo e ci fermiamo a mangiare una pizza, visto che non abbiamo voglia di mousaka o soulaki, poi torniamo subito in camera a preparare, di nuovo, le valige … è la seconda volta e non sarà certo l’ultima.

Sabato 7 Settembre 2002: Ci alziamo prima del solito per riuscire ad andare in spiaggia almeno un paio d’ore, visto che, in definitiva, dovremo lasciare la stanza entro le 12:00.

Poco dopo le 8:00 andiamo a fare colazione e alle 9:00 siamo già nella spiaggia di Aghios Prokopis, dove eravamo stati, per qualche ora anche nel giorno dell’arrivo a Naxos.

E’ una giornata splendida, senza l’ombra di una nuvola in cielo e con il mare calmissimo, così è un vero piacere tuffarsi in quell’acqua meravigliosa per consumare un ultimo, indimenticabile, bagno. Intanto Federico è felicissimo di trovare i resti di una costruzione che aveva fatto, con i sassi, il primo giorno e, preso dall’entusiasmo, la vuole ricostruire tale e quale.

Due ore passano in fretta e, senza rendercene conto, ci ritroviamo in hotel a chiudere le valige, prima di uscire dalla camera e riconsegnare le “chiavi della discordia”.

Consegniamo anche l’auto a noleggio e ci mettiamo ad aspettare l’ora della partenza sui lettini ai bordi della piscina. Ci rinfreschiamo facendo un bagno, con davanti agli occhi lo stupendo panorama che si gode dalla balconata, poi pranziamo, ci vestiamo e si fa ora di andare.

Il pulmino arriva addirittura in anticipo, così già prima delle 15:00 lasciamo il Lianos Village e un quarto d’ora più tardi siamo al porto.

La lancetta dei minuti deve compiere ancora un giro completo prima che arrivi la nave e inganniamo il tempo vedendone partire un’altra, poi, finalmente, ecco la nostra (la Blu Star Ithaki): saliamo a bordo e puntuali salpiamo con destinazione Mykonos.

Navighiamo su di un mare calmo, quasi in bonaccia, e dopo circa un’ora sbarchiamo nel porto che ci vide partire esattamente tredici giorni fa. Lì troviamo ad aspettarci un pulmino, che ci accompagna al Paradise View Hotel, nel quale trascorreremo una notte, alloggiati nella camera numero 27. La struttura è un po’ spartana, ma per il tempo che vi dobbiamo restare è più che sufficiente.

Sistemiamo i bagagli e usciamo per andare a vedere, a piedi, Paradise Beach, una delle spiagge più famose di Mykonos: forse una volta era bella, non oggi, deturpata com’è da numerosi stabilimenti balneari che diffondono musica a tutto volume.

Ritorniamo all’hotel, facciamo una doccia, e con l’autobus raggiungiamo il centro di Mykonos, nel quale ci siamo dati appuntamento con i nostri amici, Ivan e Sabrina. Li incontriamo nei pressi del porticciolo assieme ad altri due ragazzi di Verona (Elena ed Alberto) e tutti insieme andiamo a cena in una taverna.

Ci raccontiamo a vicenda gli episodi e le impressioni in merito alle rispettive vacanze (loro sono stati per qualche giorno a Mykonos e per qualche altro a Paros), poi facciamo una passeggiata, attorniati da numerosi gay, di cui l’isola è una capitale indiscussa.

Percorriamo le viuzze del centro, che sono tipiche, ma forse un po’ troppo sfruttate turisticamente, passiamo dalla caratteristica Little Venice e poi andiamo alla fermata dell’autobus: si è fatto tardi ed il prossimo partirà non prima delle 24:00. Salutiamo Ivan e Sabrina, che rivedremo domani all’aeroporto, mentre Federico appare stanco e quando arriviamo in camera, poco dopo la mezzanotte, in pochi minuti dorme beato e noi, a breve distanza, lo seguiamo.

Domenica 8 Settembre 2002: Anche questa vacanza volge inesorabilmente al termine: è l’ultimo giorno e cerchiamo di non alzarci da letto troppo tardi, così da rimanere ancora un po’ di tempo da passare nella piscina dell’hotel. Infatti, alle 8:00, andiamo a far colazione e mezzora più tardi siamo già distesi sui lettini ad incamerare gli ultimi caldi raggi del sole cicladico.

Federico si tuffa quasi subito in acqua, per non correre il rischio di perdere qualche minuto residuo di bagno, noi invece intavoliamo una chiacchierata con due signori di Bologna … ed è sconcertante quanto passi in fretta quel po’ di tempo rimasto.

Poco prima delle 11:00 torniamo in camera, sistemiamo le ultime cose, indossiamo gli “abiti civili” e usciamo, bagagli alla mano. Ci mettiamo in attesa del solito pulmino, che arriva pochi minuti dopo le 11:30 e in breve ci accompagna all’aeroporto, dove incontriamo Ivan e Sabrina, con i quali faremo il viaggio di ritorno.

L’aeroporto di Mykonos è piuttosto spartano: non c’è un tabellone con partenze ed arrivi, non ci sono video-terminali, non si sente un annuncio e quindi non sappiamo se il nostro aereo sia in orario oppure in ritardo. L’unica certezza è la fila davanti al bancone sopra al quale sta scritto “Bologna”, allora imbarchiamo i bagagli, oltrepassiamo il check-in e ci sistemiamo in sala d’aspetto.

Si fa quasi l’ora di partire e nessun aereo è ancora arrivato, poi, finalmente, ne atterra uno, ma il nostro dovrebbe essere, come all’andata, un Macedonian Airlines, e questo porta scritto sul fianco Pegasus. Il tempo passa e non ne atterrano altri, allora ci viene il forte sospetto che sia veramente quello il nostro aereo, visto che non sono previste altre partenze a breve. Infatti, con quasi un’ora di ritardo, saliamo sul Boeing 737 della Pegasus Airlines, una compagnia probabilmente turca, a giudicare dalla bandiera rossa con la mezzaluna che porta impressa a fianco del portellone d’ingresso.

Ancora pochi istanti e stacchiamo da terra (sul volo Oa 758682) con destinazione isola di Santorini, sulla quale effettueremo un breve scalo tecnico prima di ripartire per l’Italia.

Circa venti minuti più tardi atterriamo sull’isolotto cicladico, senza però sorvolare la sua famosa caldera. Scendono tutti i passeggeri arrivati a destinazione tranne quattro che, abbastanza ingenuamente, non se ne erano accorti e per poco non tornavano a Bologna, da dove erano partiti questa mattina.

Dopo quarantacinque minuti di sosta (alle 14:18) ripartiamo, di nuovo senza sorvolare la caldera … peccato … vorrà dire che “saremo costretti”, in futuro, a tornare a Santorini per vederla! Prendiamo quota sorvolando, nell’ordine, prima Ios, poi la vicina Sikinos, quindi, più tardi, le coste del Peloponneso e l’isola di Cefalonia con, in lontananza, Leucade, infine il Mar Ionio e, ormai in vista dell’Italia, riportiamo le lancette dell’orologio indietro di un’ora.

Risaliamo tutto lo stivale, da sud a nord, poi cominciamo la discesa, mentre sulla nostra destra si vede chiaramente la Riviera Romagnola, e atterriamo, senza problemi, all’aeroporto Marconi di Bologna alle 16:59.

Impieghiamo un po’ di tempo a ritirare i bagagli, poi, finalmente, usciamo dal cancello degli arrivi e troviamo, puntuali, i nonni ad aspettarci.

Da Bologna a Forlì non occorre molto tempo, anche se non saranno d’accordo gli automobilisti che viaggiano in senso opposto, viste le lunghe code e i numerosi rallentamenti che devono affrontare. Per noi, invece, fila via tutto liscio: passiamo così a lasciare a casa Ivan e Sabrina, che ringraziano per il passaggio, e alle 19:00 in punto siamo davanti al cancello di casa nostra.

Non possiamo che essere soddisfatti di com’è andata la vacanza, del resto difficilmente si rimane delusi dalla Grecia e dai suoi affabili abitanti. Il piccolo non c’era mai stato, ma Sabrina ed io sì, altre due volte, e queste isole (Paros e Naxos) sono state un’ulteriore conferma della straordinaria bellezza di questa terra.

 Dal 25 Agosto all’ 8 Settembre 2002



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