Palla ovale nella terra di mezzo… la Nuova Zelanda
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17 settembre MILANO-DUBAI-MELBOURNE-AUCKLAND
Ci attende un lungo viaggio per il quale abbiamo scelto Emirates, contando sulle sue poltrone super comode e sul servizio impeccabile; il nostro itinerario prevede la partenza da Malpensa con destinazione Dubai e da lì cambio volo per Auckland via Melbourne. La tratta Milano-Dubai scorre abbastanza veloce e la sosta di 3 ore nell’aeroporto degli Emirati ci permette di entrare in clima per le 19 ore che ci attendono a bordo; l’impresa sembra disperata ma poco alla volta, senza pensare troppo a quanto manca, si va avanti. Un bell’aiuto lo offre il sistema di entertainment di Emirates, per fortuna diverso da quello della tratta Milano-Dubai (decisamente meno interessante e vario), che ci accompagna con un’ampia scelta di titoli di prima visione, anche in italiano (cosa più unica che rara frequentando altre compagnie); arriviamo così a Melbourne e dobbiamo scendere per permettere le operazioni di pulizia dell’aereo; effettuiamo di nuovo il check-in per lo stesso volo su cui già eravamo e ritorniamo a bordo dopo un’ora, per l’ultima tappa di 3 ore fino ad Auckland, dove finalmente giungiamo puntualissimi alle 13 del 19 settembre.
19 settembre AUCKLAND- MATAKOHE
In aeroporto ci tocca sbrigare le consuete operazioni di dogana e di controllo dei documenti; da queste parti sono estremamente fiscali ed in particolare è assolutamente proibito introdurre cibo senza una verifica della polizia e si ha l’obbligo di portare scarpe e scarponi con la suola pulita. Sembra uno scherzo ma non lo è: l’ecosistema neozelandese, in quanto unico e privo di contatti con specie che non siano autoctone, è fragile e facilmente attaccabile da qualsiasi agente esterno che può essere introdotto anche inconsapevolmente da un ignaro turista, pertanto i controlli sulla pulizia delle suole sono attenti e rigorosi; noi già lo sapevamo e avevamo provveduto ad una radicale pulizia, specialmente degli scarponi che nei mesi estivi avevano raccolto parecchie “tracce” sui sentieri dolomitici.
Il discorso cibo merita invece un capitolo a parte: per le stesse ragioni di cui sopra, non è possibile introdurre cibo in Nuova Zelanda senza che venga verificato alla dogana; scordatevi di farla franca perché tutti (e sottolineo tutti) i bagagli vengono passati allo scanner e sono in grado di beccare anche un pacchetto di crackers nascosto nei calzini (o da qualche altra parte a vostro piacimento). Qualsiasi genere alimentare va dichiarato per la verifica e solo a seguito dell’approvazione dell’autorità locale può essere ammesso. In ogni caso non si può portare cibo fresco come frutta e verdura, è possibile invece introdurre cibo secco (biscotti o crackers) o disidratato (le classiche buste di minestrone o di risotto); ma senza fare i furbi perché altrimenti si arrabbiano di brutto!
Esaurite tutte le incombenze burocratiche ci rechiamo al Rental dove abbiamo noleggiato il camper… eh già perché questa volta la scelta è caduta su una modalità di viaggio un po’ alternativa, niente auto e notti in motel o altre cose simili, ma viaggio itinerante in camper. Le ragioni sono sostanzialmente due: la Nuova Zelanda si presta ad essere visitata in camper poiché vi sono molte aree attrezzate libere, camping e servizi per camperisti e inoltre in questo periodo, vista la Coppa del Mondo di Rugby, le capacità ricettive dell’isola sono saturate al massimo e i prezzi, già poco economici normalmente, sono schizzati a livelli da follia. La Nuova Zelanda infatti è estremamente cara (e troveremo numerose conferme durante questo viaggio) e poiché “tutto il mondo è paese” hanno anche provveduto a dare una bella spolverata per spennare i tifosi giunti da oltre oceano; devo ammettere che il camper si è rivelata un’ottima soluzione per limitare i danni e muoversi con sufficiente disinvoltura anche in situazioni complesse.
Dopo le spiegazioni dell’addetta saltiamo a bordo e, incrociando le dita cerchiamo di uscire velocemente da Auckland, unico luogo dove il traffico fa invidia a quello delle nostre città; nell’ordine dobbiamo infatti gestire: traffico da ora di punta, guida a sinistra su mezzo furgonato, pioggia battente, stanchezza da 30 ore di volo, 11 ore di fuso orario e segnali stradali criptici che non coincidono con il nostro Handy Atlas dell’Hema Maps (molto dettagliato e preciso con un sacco di informazioni utilissime, ve lo consigliamo caldamente); insomma tutti gli ingredienti per iniziare con il botto (nel senso di tamponamento) ma fortunatamente riusciamo ad allontanarci sani a salvi dalla capitale lungo la 16, verso nord.
Il programma di questi primi giorni prevede di visitare il Northland e per queste poche ore che ci separano dal meritato riposo vogliamo guadagnare qualche centinaio di Km verso nord per essere pronti e attivi già dalla mattinata di domani; i campeggi e/o le aree di sosta per camper sono ovunque e si hanno sempre alternative a disposizione per potersi permettere di decidere anche all’ultimo e in tutta calma dove fermarsi per la notte: chi ha un mezzo “self contained” con l’apposito adesivo verde in bella vista (in sostanza i camper dotati di bagno e wc con serbatoio di contenimento di tutte le acque) può sostare praticamente ovunque tranne che nei luoghi in cui esplicitamente vietato con cartelli: campeggi attrezzati, aree di sosta pubbliche attrezzate e non, piazzole varie o qualunque luogo che vi consiglino la fantasia e quel pizzico di buon senso che non deve mancare mai. La fiducia nei nostri mezzi viene abbattuta dal sopraggiungere del buio (non riesco più a tenere gli occhi aperti!) e quindi, dopo essere transitati da Helensville e Wellsford, prendiamo la 12 in direzione Kauri Forest e ci fermiamo nei pressi del Kauri Museum a Matakohe per la nanna.
20 settembre MATAKOHE-KAURI FOREST-ARAI TE URU-PAHIA
Dopo una notte passata sotto una pioggia torrenziale che mi fa elucubrare foschi pensieri, ci svegliamo sotto un bel cielo azzurro ma in compagnia di un vento gelido che sferza le ossa: con il trascorrere dei giorni faremo l’abitudine al clima glaciale ma il primo impatto dai 30 gradi nostrani ai 5-6 di Matakohe è piuttosto impegnativo da digerire.
La prima meta significativa del nostro viaggio è la Kauri Forest situata lungo la 12 dopo Dargaville all’interno della Waipoua Forest. I Kauri sono alberi millenari tipici della Nuova Zelanda tra i più imponenti al mondo, potendo raggiungere altezze superiori ai 60 metri e circonferenze prossime ai 20 metri: oggi sopravvivono in pochissime aree protette e in questa foresta ve ne sono circa il 70% degli esistenti. Ci rechiamo al Visitor Center e ci facciamo consigliare sulle opportunità di trekking: alla fine optiamo per il View Point track che ci permette di salire fino ad un punto di vista elevato che spazia fino al mare. La vista è notevole, così come il passaggio all’interno della fittissima foresta pluviale in cui apprezziamo la presenza di specie diversissime tra loro: palme, felci enormi, conifere e kauri. Risaliti in camper ci portiamo attraverso la 12 fino al punto di osservazione del Tane Mahuta (il Signore della Foresta) e delle Four Sisters: si tratta di 2 Kauri enormi, veramente impressionanti nel confronto con il resto degli alberi; Il Tane Mahuta si innalza a perdita d’occhio ed ha una circonferenza di 19 metri, il che vi da l’idea di che cosa sia. Solo i giant baobab dell’Africa Sub sahariana e le sequoie della California possono competere con questi giganti.
Anche il tragitto della 12 è particolarmente bello, sebbene piuttosto tortuoso, poiché taglia in due la fitta foresta e in certi tratti sembra di passare in enormi gallerie formate dal congiungersi dei rami… un vero e proprio labirinto verde in cui muoversi a piedi risulta improbo.
Nel pomeriggio ci muoviamo verso Omapere dove sostiamo alla Arai te Uru Reserve per il trekking pomeridiano: si tratta di un promontorio a picco sul mare da cui si apprezza una vista sull’oceano e sul Hokianga Harbour con le sue spiagge sabbiose lunghe centinaia di metri: da lì parte un sentiero che scende in spiaggia e costeggia il Mar di Tasmania per diversi kilometri in direzione sud passando su scogli e spiagge; veramente notevole ma c’è da stare attenti alle maree che da queste parti non scherzano e possono rendere complicato il percorso. Per la sera invece ci portiamo a Pahia, lungo la 10.
21 settembre PAHIA- BAY OF ISLAND – WHANGAREI
Oggi è il giorno della prima partita che vedremo allo stadio: Tonga-Giappone a Whangarei. Prima però decidiamo di passare la mattinata tra Pahia e Opua nella Bay of Island dove è possibile fare alcuni trekking nella foresta (noi abbiamo fatto quello che dalla Treaty House porta alle Haruru Falls) o semplicemente rilassarsi sul lungomare apprezzando il panorama e sorseggiando un buon caffè nei diversi locali della costa. Decidiamo anche di mettere i piedi nell’acqua dell’oceano per tastarne la temperatura che alla fine non risulta troppo fredda; Opua è una bella località turistica ed è zeppa di giapponesi poiché qui ha base la nazionale nipponica, questo ci ricorda il nostro appuntamento per il pomeriggio.
Arrivati a Whangarei ci imbattiamo nell’imprevisto sold out dei campeggi cittadini: è un’ipotesi che avevamo decisamente sottovalutato e che fortunatamente ci indurrà a prenotare con largo anticipo anche le soste nelle successive città sedi di partite; grazie alla disponibilità del gestore di un camping, troviamo posto in un Holiday Park un po’ fuori città dove posteggiamo il mezzo e, usufruendo di un passaggio a bordo di una Tin Lizzie degli anni ‘30 (che non passa assolutamente inosservata) sbarchiamo in centro per goderci una passeggiata e andare allo stadio.
L’atmosfera allo stadio è decisamente casereccia e ci mischiamo senza troppi pensieri alla folla che prende posto: la partita risulta divertente soprattutto grazie allo spirito da Kamikaze che mettono in campo i giocatori (e come potrebbe essere altrimenti?) mentre sugli spalti si nota il contrasto antropologico tra i fan nipponici che seguono l’andamento del match con la stessa verve della mummia di Tutankhamon e i tongani, talmente desiderosi di festeggiare e fare baldoria, da esultare come pazzi anche alle mete del Giappone. Tonga alla fine vince la partita e forse è meglio così perché ci permette di assistere a scenette niente male nel dopo partita, con i tifosi in preda al delirio. Il ritorno al campeggio è meno divertente perché ci tocca farla a piedi, vista l’assenza di facilities di trasporto (voto all’Organizzazione della Coppa del Mondo: 3) ma anche qui scrocchiamo un passaggio da due vecchietti e andiamo a nanna.
22 settembre WHANGAREI-OREWA-NORTH SHORE
Oggi è il giorno della seconda partita: Sud Africa-Namibia a North Shore; la partita, come ampiamente prevedibile in sede di pronostico, non avrà storia ma era l’unica alternativa per vedere i Boks che si conciliava con il nostro itinerario e quindi, da loro accanito fan, non potevo lasciarmela sfuggire.
Scendiamo lungo la 1 fino a Orewa dove decidiamo di fare un giro sulla Whangaparaoa Peninsula per visitare il Shakespear Park, un’area naturale con diversi sentieri che si butta a picco nell’oceano; ce ne avevano parlato bene ma purtroppo è chiuso per lavori di manutenzione e questo affossa i nostri programmi della mattinata. Ma le alternative non mancano perché Orewa è dotata di una magnifica ed enorme spiaggia bianca lunga 4 km sulla quale ci facciamo una bella corsa e una tranquilla passeggiata nel primo pomeriggio.
Sistemato il camper in un Holiday Park zeppo di sudafricani, ci aggreghiamo a loro per raggiungere lo stadio di North Shore e ci godiamo la partita: ci mancano un po’ i mitici supporters di Tonga ma lo spettacolo offerto dai Boks è notevole.
23 settembre OREWA -WAITOMO CAVES – ROTORUA
Ci attende una giornata piuttosto intensa con diversi appuntamenti e molti kilometri da fare; partiamo all’alba lungo la 1 per evitare il traffico mattutino di Auckland dove transitiamo prima delle 7 per proseguire fino ad Hamilton e da lì sulla 3 verso Kihikihi, Otoroanga e sulla 37 per le grotte. La Nuova Zelanda, tra le diverse definizioni che si vede affibbiate, è definita come il Paradiso dei geologi per via della presenza di conformazioni e rocce assolutamente uniche e per la sua attività geomorfologica estremamente vivace; in questo scenario si incastonano le Waitomo Caves, grotte umide di natura calcarea, formate dall’erosione millenaria dell’Oceano Pacifico: l’aspetto più interessante è la presenza dei glow worms, insetti endemici che vivono solo da queste parti e che si illuminano al buio creando effetti ottici molto particolari: ce ne sono talmente tanti sulla volta che sembra di essere sotto un bellissimo cielo stellato in una notte estiva.
Archiviata l’interessante visita alle grotte (ma veramente molto cara in rapporto alla durata), partiamo per Rotorua dove arriviamo a metà pomeriggio dopo un paio d’ore di viaggio attraverso scenari accattivanti ed enormi foreste di conifere che colpiscono per l’altezza e la dimensione dei tronchi, completamente fuori dalle nostre comuni unità di misura.
Rotorua è una località molto turistica perché si appoggia su un’enorme caldera di acque sulfuree che zampillano qua e là creando piccoli geyser e piscine termali nei diversi parchi cittadini e lungo il lago; si tratta di un paesaggio particolare e vale la pena fare una bella passeggiata tra le pozze che ribollono e i sedimenti multicolore creati dall’evaporazione dell’acqua; chiaramente l’aria è ammorbata dal classico odore di uovo marcio e questo può rendere fastidiosa la gita a chi ha narici sensibili ma alla lunga prevale l’assuefazione. Tra l’altro Rotorua è un buon luogo dove acquistare souvenir poiché vi sono numerosi art craft e negozi di oggettistica tradizionale. Per la sera decidiamo di concederci la prima notte “freedom”, ovvero di lasciar perdere camping e aree attrezzate, ma approfittare degli spazi offerti dalla natura e ci appostiamo nei pressi del Lake Okareka dove abbiamo l’opportunità di fare una camminata sul lago al calar del sole.
24 settembre ROTORUA – TAUPO
Partenza con calma alla volta di Taupo, una cittadina molto carina sulle sponde dell’omonimo lago dove vi sono numerose opportunità di fare passeggiate. Prima di metterci in moto per la gita del giorno passiamo al Visitor Center per prenotare lo shuttle per il Tongariro Alpine Crossing che abbiamo in programma per domani: si tratta di un’escursione di una giornata attraverso i vulcani del Tongariro National Park che, arrivando in un luogo molto lontano dalla partenza, richiede il ritorno alla base in taxi o attraverso servizi shuttle prenotabili ai Visitor center. Ci aspetta una doccia fredda: per domani è prevista pioggia mista a neve e quindi i servizi shuttle sono sospesi e l’accesso al sentiero è proibito per avverse condizioni meteorologiche; il colpo è duro perché consideravamo l’Alpine Crossing come uno dei 4-5 appuntamenti di forza del viaggio ma ci dobbiamo rassegnare al fatto, non avendo alternative. Da buoni camminatori, ci lascia solo un po’ perplessi questo atteggiamento così netto e radicale: ben vengano le esortazioni alla prudenza e al comportamento responsabile e consapevole in montagna (cose che non devono mancare mai), ma impedire quasi fisicamente l’accesso ad un sentiero perché le previsioni minacciano pioggia ci pare francamente eccessivo.
Bevuto l’amaro calice ci consoliamo con una bella escursione alle Huka Falls, cascate piuttosto imperiose che si raggiungono con un sentiero che parte da Spa Road nei pressi della piattaforma per fare bungee jumping, addentrandosi prima nel parco e poi costeggiando il Waikato River; nel passaggio vediamo anche da vicino qualche temerario che si butta dalla piattaforma ma non ci lasciamo attirare più di tanto.
Nel pomeriggio, dopo quattro passi in centro e sul lungo lago, sistemiamo il camper in un posteggio autorizzato e gratuito nei pressi del lungo lago e ci rintaniamo nella fans-zone a vedere All Blacks-Francia anche perché fa decisamente freddo e le prime avanguardie del brutto tempo sono ormai alle porte. La partita non è memorabile ma il tifo all’interno della sala è molto organizzato: a ciascuno viene assegnato un adesivo da attaccare alla maglia con il nome di un giocatore degli All Blacks e con il compito di urlare a squarciagola ogni volta che tocca palla. La dedizione al compito dei neozelandesi è massima e l’atmosfera è calda, la nostra un po’ meno: io becco in dote Thorne e Nadia addirittura Mealamu, due giocatori che non solleticano particolarmente la fantasia e quindi ce ne stiamo buoni buoni a seguire l’andamento del match.
25 settembre: TAUPO – WHANGANUI
Ci svegliamo all’alba sotto un cielo nero come la pece ma senza pioggia, uno sguardo d’intesa ci fa pensare la stessa cosa: “speriamo che piova perché se poi il tempo gira al bello, torniamo al visitor center e gliene cantiamo quattro!”. Lungo la strada qualche squarcio di azzurro ci osserva beffardo e il sole inizia a fare capolino tra le nubi, aumentando l’incazzatura, ma ormai è troppo tardi per qualsiasi ripensamento. La vista del Tongariro è comunque superba anche transitando nel tratto della 1 da Turangi a Waiouru: la giornata tersa e il vento che spazza la pianura lo fanno apparire molto vicino, avvolto ancora in una montagna di neve e con le sponde dolci tipiche dei vulcani; da queste parti sono state girate diverse scene della trilogia de “Il Signore degli Anelli” e sembra di intravedere qualche scorcio familiare delle pellicole.
Da Okahune prendiamo la 4 in direzione di Whanganui, finalmente (possiamo dirlo senza scherzare!) sotto una pioggia battente che rende ancor più impegnativa una strada già molto tortuosa e stretta; arrivati in città valutiamo l’ipotesi di tirare dritto fino a Wellington e andare allo stadio per Argentina-Scozia ma i tempi strettissimi e il clima antartico che sferza le ossa ci conducono a più miti consigli e alla saggia decisione di vedercela al caldo di un buon pub. Il pomeriggio scorre quindi tranquillo tra una corsa e una bella passeggiata sull’enorme spiaggia di Castlecliffs dove però un vento pazzesco ci fa rientrare alla base per la serata.
26 settembre WHANGANUI-WELLINGTON-PICTON
Siamo arrivati al giorno del trasferimento dall’isola del nord all’isola del sud; al mattino il tempo è splendido e decidiamo di riproporci la passeggiata in spiaggia a Castlecliffs: la bassa marea ci permette di camminare a lungo sfiorati dalle onde impetuose dell’oceano mentre sullo sfondo troneggia coperto di neve il Mt Egmont, un vulcano attivo di 2500 m. E’ affascinante vedere la potenza dell’oceano e la forza con cui si scarica a riva mentre la marea lo fa lentamente allontanare dalla spiaggia ed è il luogo ideale per lasciarsi andare ai propri pensieri sul bagnasciuga cullati dal rumore delle onde.
Puntuali arriviamo a Wellington dove ci imbarchiamo sul ferry Interisland per Picton: il viaggio, che dura circa 3 ore, è una vera e propria crociera, specialmente nella seconda parte, poiché si addentra nel reticolo di fiordi che modella la parte nord orientale dell’isola. Il transito all’interno del Queen Charlotte Sound è da mozzafiato: pareti verticali che si immergono a picco nel blu dell’oceano in un fitto dedalo di canali, incantevoli spiagge di sabbia bianca e vegetazione lussureggiante da paese tropicale; la giornata è splendida e, nonostante il vento gelido, tutti siamo sul ponte all’aperto con fotocamera accesa per cogliere gli scatti migliori.
Arrivati a Picton, ci dirigiamo lungo la panoramica Queen Charlotte Drive (notevole ma, come al solito, tortuosa) fino alla spiaggetta di Aussie Bay dove pernottiamo per la notte; abbiamo anche tempo di farci una bella passeggiata lungo il mare al tramonto e, fra i raggi che illuminano lo specchio d’acqua immobile del Sound, vengono a trovarci alcuni delfini che saltano e giocano a pochi metri da noi: grandioso! Il benvenuto dell’isola del sud è in grande stile e non si smentirà mai nel resto del viaggio.
27 settembre PICTON – NELSON
Finalmente vediamo l’Italia: è infatti il giorno della partita con gli Usa a Nelson, dove contiamo di arrivare nel primo pomeriggio per goderci anche un po’ la città. Nella mattinata, complice un’altra giornata calda e splendida, decidiamo di percorrere un tratto del Queen Charlotte Track, un sentiero che si estende per diversi giorni di cammino partendo nei pressi di Aussie Bay per terminare all’estremo promontorio nord di Puzzle Peak; ci portiamo in auto fino al villaggio di Te Mahia e da lì partiamo per qualche ora di cammino lungo il tracciato, un morbido sali-scendi ben segnalato che permette di godere di viste incantevoli a perdita d’occhio sul labirinto di fiordi circostanti.
Nel primo pomeriggio, come da programmi partiamo per Nelson dove giungiamo in un’oretta e mezza: per prima cosa ci rechiamo al Visitor Center per prenotare il water-taxi per l’Abel Tasman National Park che vogliamo visitare domani: il parco si estende per decine di kilometri lungo la costa a nord di Nelson ed è percorribile attraverso un sentiero (Abel Tasman coastal track) che lo attraversa lungo la costa e le spiagge. Il percorso completo di andata e ritorno da Marahau (la porta del parco) richiede qualche giorno di cammino, così è in funzione un servizio di water-taxi ad orari prestabiliti che vi porta o vi viene a prendere nelle diverse tappe dell’itinerario; noi, per motivi di opportunità, decidiamo di farci portare in andata con il taxi e di rientrare a piedi alla base. Scelta la tappa, ci scontriamo nuovamente con l’eccesso di prudenza neozelandese perché ci dicono che il percorso che abbiamo indicato è troppo lungo e duro per farlo in un giorno solo, avendo una durata stimata di oltre 9 ore; questa volta siamo intransigenti e, seppur tra mille diffidenze, l’addetta prenota il taxi secondo le nostre indicazioni.
Ora possiamo finalmente dedicarci alla partita! Agghindati di tutto punto passeggiamo per il centro dove ci accorgiamo di un aspetto della faccenda che, tra qualche giorno a Dunedin, sarà tremendo: non ci sono italiani! Al netto dei (parecchi) neozelandesi che hanno deciso di tifare per noi, i tifosi nostrani sono poche decine e persino gli americani sembrano più di noi: sinceramente ci aspettavamo maggior partecipazione rispetto a questi numeri esigui ma tant’è; la partita comunque scorre via liscia, vista anche la differenza tra le due squadre in campo, e tra una meta e l’altra portiamo a casa il risultato senza troppi affanni.
28 settembre NELSON –ABEL TASMAN NP- KAWATIRI
Sveglia all’alba e partenza per Marahau, dove ci attende il water-taxi: anche oggi splende il sole e il bilancio meteorologico volge nettamente al positivo dopo qualche giornata di maltempo nell’isola del nord.
I water-taxi partono dalla spiaggia di fronte al Visitor Center e non sono altro che piccoli motoscafi da 6-8 posti che, come detto, si fermano nelle diverse tappe del percorso per scaricare/caricare turisti; a seconda del gioco delle maree i punti di approdo sono diversi e anche le tracce percorribili variano in quanto si passa (e l’abbiamo visto con i nostri occhi) da momenti in cui le spiagge sono sommerse interamente dall’acqua ad altri in cui si estendono per centinaia di metri; pertanto esistono itinerari alternativi per la bassa marea e per l’alta marea (più lunghi ovviamente in quanto devono aggirare l’ostacolo).
Nel tragitto fino a Otenahue godiamo di una splendida vista delle diverse baie, avvistiamo numerosi uccelli marini sulle scogliere e, proprio nei pressi della nostra tappa, ci avviciniamo a pochi metri da una colonia di foche e sea lions che stanno scaldandosi sulle rocce della Tonga Island: impressionanti i secondi che, con la loro dimensione, fanno sembrare le foche veramente minuscole.
Messi i piedi a terra nella splendida sabbia bianca di Otenahue partiamo per la nostra “impresa impossibile”: il sentiero, sempre ben tracciato e segnalato, si snoda sulle scogliere e sulle diverse spiaggette in un continuo saliscendi nella fittissima e lussureggiante vegetazione tropicale che copre le sponde; in un paio di punti siamo costretti a deviare per la via alta poiché la marea non si è ancora ritirata a sufficienza per permettere un passaggio agevole, fatto che allunga la percorrenza ma offre punti di vista elevati e mozzafiato sulla costa. Si tratta indubbiamente di uno dei luoghi più belli che abbiamo visto in questo viaggio e vale sicuramente la pena comprenderlo nel proprio itinerario.
Alla faccia della signorina del Visitor Center concludiamo agevolmente il tutto in circa 7 ore, compreso di tutte le soste necessarie per foto, osservazioni varie e pranzo. Questo sarà un motivo ricorrente in tutti i track che abbiamo affrontato e che vi consiglio di tenere sott’occhio: se siete camminatori allenati, troverete i tempi di percorrenza sui sentieri assolutamente spropositati rispetto al reale. Per la nanna decidiamo di guadagnare qualche centinaio di Km verso sud e ci fermiamo a Kawatiri lungo la 6.
29 settembre KAWATIRI – WESTPORT- PAPAROA NP – LAKE IANTHE
Partiamo, ancora sotto un bel cielo azzurro, lungo la 6 fino a Murchison e poi all’interno della spettacolare gola dell’Upper Buller Gorge Scenic Reserve dove la strada si incastona tra le pareti verticali scavate dal fiume Buller nel corso dei millenni. Arriviamo a Westport per dirigerci alla seal colony della Tauranga bay a pochi kilometri dal centro lungo la 67A. Con un sentiero si percorre, a picco sul mare, il bel tratto di costa da Tauranga Bay al faro di Capo Foulwind, dominando dall’alto le grandi scogliere su cui abitano decine di foche, intente a giocare nell’acqua tumultuosa e a riposarsi sotto il sole: sono veramente molte e la vista si aguzza nella ricerca degli esemplari che nuotano tra le onde impetuose.
Nel primo pomeriggio risaliamo in camper verso sud, lungo la 6, per raggiungere il Paparoa NP: questo tratto di strada è particolarmente spettacolare, alternando puntate sui promontori rocciosi a ritirate nel lieve entroterra rigoglioso del Tiropahi; e mentre dall’autoradio escono le note di White Wedding mi guardo intorno e non posso che fare mie le parole del caro vecchio Billy Idol: it’s a nice place to start again!
E ancora più bello è il Paparoa National Park, che si estende per diversi Km nei pressi di Punakaiki: assolutamente da non perdere sono le Pancake Rocks, particolari conformazioni di roccia sedimentaria modellata dal mare che ricordano enormi pile di frittelle una sopra l’altra e i Blowhole, caverne naturali all’interno della costa in cui si infilano le onde per fuoriuscire dall’alto con enormi spruzzi: incredibile a vedersi! Dopo aver goduto dello spettacolo ripartiamo alla volta di Greymouth, fermandoci prima per un bel trek pomeridiano al Point Elisabeth walkway nei pressi di Rapahoe, da cui osserviamo dei pazzi scatenati che fanno il bagno in mezzo alle onde dell’oceano mentre noi siamo agghindati con maglione e cappello di lana: questione di punti di vista! Per la nanna ci spingiamo parecchio più a sud fino al Lake Ianthe, tra Ross e Harihari.
30 settembre FRANZ JOSEPH GLACIER – FOX GLACIER – LAKE WANAKA
Siamo nella terra dei ghiacciai: eh già, perché in questo magnifico posto, si può passare in poco tempo dalle splendide spiagge oceaniche battute dal vento a montagne di quasi 4000 m con imponenti ghiacciai. Un problema che si incontra in queste zone dell’isola (da Westport fino ai Glacier) è l’esiguo numero di distributori: per strada incontrerete cartelli che vi informano sulla distanza tra le diverse pompe di benzina, che superano anche i 100 km; consci di questo aspetto decidiamo di fermarci ad Harihari per riempire il serbatoio: il luogo non ispira molta fiducia ma come detto, in mancanza di alternative, provvedo al rifornimento. Quando vado a pagare, il benzinaio, uno strano mammifero che si esprime a gesti, a torso nudo ma con il cappello di lana in testa e l’espressione torva che ricorda quella dell’Homo Erectus, mi fa pagare 1.80 al litro (contro una media di 1.45 – 1.49) ma, dopo averlo squadrato, convengo sull’inopportunità di intavolare una discussione sul prezzo del carburante e pago senza batter ciglio.
Archiviata la fregatura, arriviamo di prima mattina a Franz Joseph Glacier, il paese che sorge alle pendici dell’omonimo ghiacciaio e da cui partono tutte le passeggiate per i punti di osservazione; ovviamente, in perfetto stile neozelandese, non è possibile salire sul ghiacciaio in maniera autonoma ma solo accompagnati dalle guide del posto: decidiamo pertanto di non sperperare il nostro denaro e di accontentarci delle belle passeggiate (che non mancano) e che comunque portano, attraverso comodi sentieri nella foresta, a pochi metri di distanza dalle pendici. Si tratta indubbiamente di un contesto paesistico di rara bellezza: foreste di immense conifere, laghetti alpini in cui si specchiano le montagne, ghiacciai e sullo sfondo le vette imperiose dei Mt Cook e Tasman formano una tavolozza che riempirebbe di gioia qualsiasi pittore; il ghiacciaio in sé però non è particolarmente maestoso, specialmente agli occhi di chi ha visto i principali delle nostre Alpi.
Nel primo pomeriggio ci spostiamo al secondo ghiacciaio, il Fox Glacier, ai piedi del Mt Cook; optiamo per un’escursione al Lake Matheson dal quale si apprezza molto bene l’insieme delle catene montuose dell’Aoraki National Park. Si tratta di un percorso attorno al lago, della durata di circa un’ora e mezza, che permette ottime viste. Terminata la camminata ripartiamo lungo la 6 fino al Lake Moeraki dove decidiamo di percorrere il facile sentiero che porta alla Monro Beach: in questa spiaggia infatti dimora una colonia di pinguini crestati e ci piacerebbe poterli vedere; arrivati in spiaggia ci appostiamo per una buona mezzora ma, pur scorgendo evidenti tracce dei loro nidi, non riusciamo ad avvistare nessun pinguino… peccato! Questa volta è andata male ma ci rifaremo presto. Per la nanna proseguiamo lungo la 6 sui Gates of Haast (dal nome dell’esploratore austriaco che per primo visitò queste lande), fino al lake Wanaka.
01 ottobre WANAKA – OAMARU
Il tempo non promette nulla di buono: cielo nero e vento gelido ci avvisano del fatto e ci fanno rivedere un po’ i nostri programmi. Scendiamo fino a Wanaka, una rinomata cittadina turistica sorta alla confluenza di 2 immensi laghi (Wanaka e Hawea), dove ci concediamo una bella corsa sul lungolago e una passeggiata nel centro tra negozi di artigianato e caffetterie molto curate. Mentre sorseggiamo un ottimo caffè, che non fa rimpiangere i nostri, inizia a piovere forte e pertanto decidiamo di anticipare la partenza e di fare una lunga tirata fino a Oamaru, attraverso la 8A e la 8 sullo spettrale e tetro Lindis Pass per proseguire sulla 83 da Omarama fino a destinazione.
Man mano che avanziamo verso la east coast il tempo migliora e, dopo qualche ora di viaggio, arriviamo finalmente a Oamaru. La città in sé non è particolarmente interessante ma è nota per ospitare 2 colonie di pinguini in due spiagge nei pressi dell’abitato: i pinguini dagli occhi gialli a Cape Wanbrow e i rarissimi e piccolissimi blue penguin (ne esistono poche centinaia di esemplari al mondo e tutti qui) nei pressi di Bushy beach (quest’ultima a pagamento). I pinguini hanno generalmente orari abbastanza fissi: alle prime luci dell’alba abbandonano i nidi sulla spiaggia e vanno in mare per rientrare a casa al tramonto.
Dalle indicazioni ricevute, andiamo prima a Cape Wanbrow ma anche qui ci va male: vista la brutta giornata i pinguini sono rientrati prima e ci hanno dato buca!! Vatti a fidare dei pinguini… scambiamo allora quattro chiacchiere con un signore del luogo, che ha l’aria di saperla lunga, che ci consiglia di ritornare domani mattina verso le 6.00 – 6.30 per vederli bene mentre si svegliano: certo è una bella levata ma accettiamo il consiglio.
Mentre attendiamo l’orario di rientro dei blue pinguin (sono dei nottambuli!) posteggiamo il camper su uno spiazzo nei pressi del molo che ci sembra adatto anche per la notte e, mentre ceniamo, notiamo un gruppo di persone avvicinarsi in maniera frenetica al molo iniziando a scattare foto; scendiamo e… oh my God… decine di minuscoli blue pinguin stanno uscendo dal mare proprio qui al molo! Parlando con un ragazzo scopriamo che da qualche tempo i blue pinguin hanno cambiato abitudini e nonostante gli sforzi messi in atto non ne vogliono sapere di tornare alla loro spiaggia, ma la maggior parte di loro si è trasferita nei pressi del molo. Che culo!! Proprio dove abbiamo posteggiato!! In pochi minuti ci troviamo circondati dai pinguini che poi ci terranno compagnia per tutta la notte ronzando attorno al nostro camper. Usciamo per andare al pub a vedere Inghilterra-Scozia e, al rientro, ce li ritroviamo davanti alla porta che ci guardano con aria incuriosita… niente male davvero la notte con loro, a parte il coro incessante di versi che non concilia il sonno!
02 ottobre OAMARU – DUNEDIN
Come da programmi sveglia all’alba e appostamento alla spiaggia dei pinguini dagli occhi gialli; finalmente facciamo centro! Già nella penombra sentiamo decine di versi che ci fanno ben sperare ed infatti, appena la luce si fa meno fioca, intravediamo decine di esemplari che spuntano dalle foglie; assistiamo al completo risveglio: i pinguini, a coppie, dopo aver completato un rituale fatto di canti, coccole e carezze che ci riempiono di tenerezza, iniziano a discendere verso la spiaggia con il maschio che fa strada e la femmina che lo segue a pochi passi di distanza; arrivati al bagnasciuga si lasciano cullare dalle onde e, non appena trovano quella giusta, si fondano come saette nel mare per un’altra giornata negli abissi. Veramente emozionante vederli da vicino, così teneri e dolci mentre insieme si aiutano a scendere dalla scogliera alla spiaggia.
Fatto il pieno di immagini, ritorniamo alla realtà che oggi ci propone il trasferimento a Dunedin per la partita Italia-Irlanda, decisiva per le sorti della nostra squadra. In poco più di un’ora arriviamo a destinazione e subito ci accorgiamo di essere travolti da un’orda di leprecauni: decine, centinaia, forse migliaia di camper tappezzati di bandiere verdi sono posteggiati ovunque e per strada è zeppo di irlandesi; se il buongiorno si vede dal mattino sarà una durissima giornata (e purtroppo lo sarà per davvero).
Dunedin è la classica città del nuovo mondo, senza nulla di particolarmente interessante: spendiamo la mattinata nel cercare la via più pendente del mondo (record sancito dal Guinness dei Primati per Baldwin Street e il suo quasi 40% veramente impressionante!!) e, per cose più serie, visitiamo l’Otago Museum, molto interessante con diversi reperti autentici dei nativi Maori. Dopo esserci sistemati al campeggio sulla John Wilson Ocean Drive, tanto per cambiare zeppo di irlandesi, ci riportiamo in centro per il pre-partita dove finalmente incrociamo qualche raro esemplare di italiano, trafelato e clandestino in mezzo all’orda di ubriaconi in maglia verde, e ci fiondiamo allo stadio pieni di ottimismo che, alla luce dei fatti, si rivelerà ben presto immotivato. Dopo un buon primo tempo, come ahimè in altre occasioni, il vento cambia e l’Irlanda ci spazza via per la gioia dei 30000 folletti che riempiono gli spalti e che, ovviamente supportati da ettolitri di luppolo, si lasciano andare ai festeggiamenti di rito e anche a quel qualcosa in più che ci infastidisce un po’; meglio ritirarsi rapidamente nelle nostre stanze e dormirci sopra, domani il viaggio ricomincia!
03 ottobre OTAGO PENINSULA
Nei programmi, questa giornata era prevista come volutamente di scarico; immaginavamo di averne bisogno dopo la notte allo stadio e le giornate intense vissute in precedenza e, in effetti, si rivela quanto mai gradita. Sveglia senza fretta e, dopo una corsa sulla spiaggia di Ocean Drive, ci concediamo un bel giro nell’Otago Peninsula lungo la High Cliffs Road in una nebbiolina non particolarmente propizia per godere dei bei paesaggi.
Dopo Pukehiki prendiamo la Seal Point Road per recarci alla Sandfly bay, dove dimora una grande colonia di maschi gregari di sea lions, ovvero quei maschi che non sono riusciti ad accoppiarsi e, purtroppo per loro, devono venire qui a far passare i bollenti spiriti. La spiaggia si raggiunge con un sentiero che parte dal posteggio, scendendo lungo le colline di sabbia dell’entroterra: è semplice ma faticoso, in quanto salire e scendere sulle dune di sabbia non è mai particolarmente agevole. La fatica è ricompensata però dal grande numero di leoni marini: decine di esemplari, alcuni veramente enormi (possono arrivare a 500 Kg di peso), dormono nella sabbia e altri stanno arrivando dal mare con il tipico andamento goffo che hanno sulla terraferma; camminiamo a pochi metri di distanza in mezzo a loro, scattiamo foto ma non veniamo mai presi in seria considerazione dai nostri amici sonnecchianti: qualche sguardo svogliato e nulla più, meglio così perché immagino non sia piacevole avere uno scambio di vedute con questi pachidermi. Proseguiamo a piedi nell’entroterra e rientriamo alla base nel tardo pomeriggio, dopo un giro nella penisola, fuggendo da un freddo gelido che improvvisamente mostra gli artigli.
04 ottobre DUNEDIN – TE ANAU
La giornata di oggi prevede una lunga tappa di trasferimento verso il Fiordland, la regione a sud-ovest dell’isola, tra le mete più ambite dai turisti per le incantevoli crociere sul Milford Sound o sul Doubtful Sound; ci muoviamo lungo la 1 sotto la pioggia battente verso Clinton, Gore e poi sulla 94 verso Te Anau dove giungiamo nel primo pomeriggio sotto un bel cielo azzurro. Dobbiamo ammettere di essere stati molto fortunati con il tempo perché, a fronte del concreto rischio di avere pioggia per la maggior parte dei giorni, in realtà ne abbiamo incontrata ben poca e sempre in momenti (Tongariro a parte) in cui non era fastidiosa.
Te Anau è la porta del Milford Sound, da cui parte l’omonima strada che conduce al fiordo: è una cittadina molto carina sulle sponde del lago, e con le vette imbiancate dei Jackson Peaks sullo sfondo che danno un colpo d’occhio decisamente accattivante. Da qui partono numerosi sentieri, alcuni dei più importanti e famosi della Nuova Zelanda; c’è solo l’imbarazzo della scelta per chi vuole fare un bel track e noi optiamo per percorrere un tratto del Kepler Track lungo il lago fino a Brod Bay e Luxmore Hut.
Domani mattina dobbiamo essere a Milford Sound per le 9.30 e pertanto, in serata percorriamo un tratto della Milford Road per portarci un po’ avanti, fermandoci a fare la nanna a Deer Flat.
05 ottobre MILFORD SOUND
Grazie alla tappa di ieri sera abbiamo già percorso metà della Milford Road, la via che conduce all’imbocco del fiordo; questa strada gode di una pessima fama, in quanto molto stretta, tortuosa e spesso soggetta a valanghe: qualcuno ci aveva persino sconsigliato di farla in camper ma sinceramente non è nulla di terribile. Si tratta di una strada di montagna, un po’ esposta, dove certo non è facile districarsi in condizioni di traffico estremo ma, viste le normali affluenze, non presenta ostacoli insormontabili. Verso la fine c’è una galleria chiamata Homer Tunnel, forse perché è stato costruito da Homer Simpson in persona (è buio, stretto, sbilenco e pieno di buche enormi…): ecco questo è l’unico punto dove prestare veramente attenzione, specialmente se si incontra un altro camper che procede in senso opposto!
Arrivati sani e salvi a Milford Sound ci godiamo la stupenda crociera (avevamo già prenotato nei giorni precedenti) che percorre l’interno del Sound fino a sbucare in mare aperto per poi rientrare alla base. Si tratta di un’esperienza memorabile in un contesto naturalistico unico e possiamo solo dire che si merita appieno la fama di cui gode. La fortuna continua ad assisterci perché, per parafrasare il capitano della nave, “…erano diversi mesi che non vedevamo una giornata così limpida” e infatti non c’è una sola nuvola in cielo.
Tutti a bordo scattano decine di foto, passando da una cascata ad un ghiacciaio, fino ad una vetta innevata che cade a picco nel mare (il Mitre Peak che si butta nel Milford è lo scatto più celebre e popolare della NZ); per poi rimanere a bocca aperta di fronte a pinguini crestati e dagli occhi gialli, delfini, foche che riempiono le acque. Che dire… un vero e proprio Paradiso Terrestre.
Al rientro ci fermiamo lungo la strada all’attacco del Routeburn Track per percorrerlo fino al Lake Howden e alla Key summit, una vetta che permette nuovamente di scorgere l’incantevole panorama da un punto di vista molto elevato. Per la nanna ritorniamo nei pressi di Te Anau, verso Mossburn.
06 ottobre MOSSBURN – QUEENSTOWN
La meta principale di oggi è Queenstown, la prima città turistica dell’isola del sud, incastonata tra grandi montagne e l’enorme lago Wakatipu. Noi giungiamo da sud, sulla 6 costeggiando il lago sui luoghi in cui sono state girate la maggior parte delle scene de “Il Signore degli Anelli” (le altre, come detto, hanno avuto luogo nel Tongariro): il nostro atlante stradale ci segnala tutti i set con le relative riproduzioni e tra un Isengard, un Lothorien e un Ithilien arriviamo a destinazione.
Queenstown mantiene fede alle aspettative: città turistica, molto elegante e moderna, ricca di alberghi e negozi, è sicuramente molto diversa dalla città neozelandese media ma ricorda più che altro Cortina o St. Moritz.
E’ possibile passeggiare nella zona pedonale o sul lungolago che parte dal porticciolo verso Fernhill. Passiamo la mattinata in città ad occuparci dei famigerati regalini per parenti ed amici e, nel primo pomeriggio, andiamo a fare un bel trek nei pressi del Dispute Lake sulla strada per Glenorchy elevandoci fino al Moke Lake nell’entroterra di Queenstown.
In serata ci rechiamo verso Cromwell, sempre sulla 6, percorrendo un tratto incantevole della Kawarau Gorge (uno dei tratti di strada più belli che abbiamo visto in NZ) per ritornare al Lindis Pass e fare la nanna nei pressi di Omarama.
07 ottobre OMARAMA – LAKE TEKAPO- CHRISTCHURCH
Da Omarama percorriamo la 8 attraverso le Pianure di Rohan (tanto care a Tolkien) fino al lake Pukaki, da cui si gode una vista eccezionale del Mt Cook e dei Tasman e Hooker Glacier; a metà mattina arriviamo a Lake Tekapo, una piacevole località sulle sponde dell’omonimo lago con diverse possibilità di escursioni o passeggiate. Decidiamo di percorrere Mt John Track che si innalza fino ad un osservatorio astronomico sulla vetta del monte e permette un 360° sulle pianure erbose ricche di laghi e lo sfondo dei grandi ghiacciai dell’Aoraki National Park.
La vista è notevole e ci ricorda alcune cartoline che abbiamo visto in giro per negozi nei giorni precedenti: è di grande impatto la profondità di questi altipiani ricoperti di ciuffi d’erba giallastra che ne danno un tono vagamente desolato con lo sfondo del bianco della neve e del ghiaccio che emerge dalle vette. Ci attardiamo perdendoci in queste immagini da poster pensando a quanti luoghi magnifici ed incontaminati abbiamo visto in questi giorni: una terra dove la natura selvaggia la fa da padrone e la presenza dell’uomo è marginale ed estemporanea, un luogo così diverso dai nostri canoni e pertanto così affascinante e misterioso.
Nel pomeriggio ci allontaniamo sulla 79 verso Geraldine, Ashburton e da lì verso Christchurch, ultima meta importante del nostro viaggio: appena arrivati ci rechiamo in centro presso i Botanic Gardens per renderci conto di cosa sia rimasto in piedi in città dopo il disastroso terremoto del febbraio scorso.
Purtroppo, sebbene gli edifici crollati non siano tantissimi, molte zone della città sono inagibili e molte strutture apparentemente sane sono chiuse e inibite all’uso; il centro in particolare è off limits, non si può fare praticamente nulla. Qua e là si intravedono i danni provocati dalle scosse e l’impressione che si ha è che la ricostruzione sia ben lontana dal partire: tutto è immobile e, per questo, la sensazione di drammaticità ne è acuita.
Dopo una breve passeggiata andiamo verso la Banks Peninsula per fare la nanna.
08 ottobre BANKS PENINSULA- CHRISTCHURCH
Oggi, per concludere in bellezza, ci svegliamo sotto un epico acquazzone che, ahimè, ci costringe a disertare i programmi previsti e i diversi appuntamenti che avevamo studiato nella Banks Peninsula.
Torniamo quindi in città per dedicarci allo shopping (da molti giorni cerco una maglia da gioco dei Crusaders, vero feticcio introvabile in mezzo a centinaia di maglie degli All Blacks) e finalmente raggiungo l’obiettivo in un Outlet Store fuori città, con somma gioia di Nadia che non ne poteva più di sentirmi imprecare contro il merchandising neozelandese e la sua mono-tematicità; la gioia di fregiarmi della maglia grigia dei crociati del Canterbury supera il prezzo da cravattaro del negoziante e concludo l’acquisto.
Sfruttiamo anche le poche opportunità presenti: una bella passeggiata nei Botanic Gardens, una visita al Canterbury Museum e un paio d’ore di sano fitness in un moderno Recreation Center poco fuori dal centro.
Nel tardo pomeriggio ci rintaniamo al camping per iniziare la preparazione delle valigie (domani si parte) e per vederci in tv i quarti di finale della Coppa del Mondo: ammetto di godere parecchio all’eliminazione dell’Irlanda mentre osservo indifferente la vittoria della Francia sull’Inghilterra.
09 ottobre CHRISTCHURCH – ITALIA
È giunto il tempo di rientrare alla base; mattinata dedicata ai bagagli e alla pulizia del camper prima della consegna, ancora un paio d’ore di fitness al nostro Recreation Center e poi, puntualissimi, alle 13.30 restituiamo il mezzo al Rental e ci rechiamo in aeroporto per la partenza: Christchurch – Sidney – Bangkok – Dubai – Italia… ci sarà da faticare ma ci tocca; tutte le cose, anche le più belle, prima o poi finiscono.
Eccoci dunque arrivati alla fine; prima di concludere ancora due note per tirare le fila di questo viaggio: indubbiamente è stato un viaggio fantastico in un vero e proprio Paradiso terrestre, con una natura e una varietà paesistica difficili da descrivere nella loro bellezza (isola del sud migliore dell’isola del nord) e con pochi eguali al mondo: è una meta imperdibile per chi, come noi, ama viaggiare per motivi naturalistici. Dall’altro piatto della bilancia c’è che è decisamente molto cara, qualche volta anche oltre i livelli di accettabilità e questo alla lunga diventa un po’ seccante; poi, a nostro avviso, c’è quel eccesso di prudenza (anche contrastante con l’ambiente circostante) che talvolta frena nella fruizione delle bellezze paesistiche: probabilmente c’è una necessità di prevenire gli eventi dettata dalla scarsità di mezzi ma certo, se noi dovessimo adottare lo stesso metro, saremmo costretti a chiudere il 70% dei sentieri alpini. Per gli amanti del rugby, dobbiamo dire che l’organizzazione della Coppa del Mondo è stata un vero disastro sotto ogni punto di vista: poca partecipazione dei neozelandesi, pochissimo entertainment (solo e sempre All Blacks in tutte le salse possibili e immaginabili) e zero capacità di gestione delle problematiche logistiche per numeri così importanti hanno creato un risultato finale pessimo, con situazioni al limite del paradossale che vi risparmiamo. Viceversa è stato esaltante girare la Nuova Zelanda in camper ed incontrarne ogni giorno decine di altri, imbardati di bandiere e slogan di paesi diversi: Irlanda, Galles, Inghilterra, Francia, Argentina, Scozia, Sud Africa… un caleidoscopio di colori, di tifosi e di partecipazione felice che ci ha reso orgogliosi di farne parte, nel nostro piccolo, con le bandiere italiane fuori dal finestrino: il villaggio globale del rugby si è divertito come sempre, nonostante le pecche organizzative.
Se avete bisogno di approfondimenti contattateci pure, ancora ciao a tutti!
Francesco e Nadia