Paesi da scoprire

Questa volta nella scelta del nostro viaggio non abbiamo avuto esitazioni: Buthan e Sikkim. Ci hanno detto che a Paro c’è un festival molto bello e molto interessante, ci informiamo sulla data , è in aprile, perfetto, tutto collima con i nostri tempi. Un viaggio che chiama a confronto due mondi simili per l’ambiente e la cultura .Uno, il...
Scritto da: Marika Punzo
paesi da scoprire
Partenza il: 07/04/2003
Ritorno il: 24/04/2003
Viaggiatori: in gruppo
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Questa volta nella scelta del nostro viaggio non abbiamo avuto esitazioni: Buthan e Sikkim. Ci hanno detto che a Paro c’è un festival molto bello e molto interessante, ci informiamo sulla data , è in aprile, perfetto, tutto collima con i nostri tempi. Un viaggio che chiama a confronto due mondi simili per l’ambiente e la cultura .Uno, il Sikkim, aperto al turismo di massa, l’altro il Bhutan, che da sempre vive in uno splendido isolamento voluto dal suo re che ha aperto il paese a un limitato numero di turisti,imponendo una tariffa giornaliera costosissima. I due regni himalayani, così vicini geograficamente, presentano grandi differenze.

. Il Buthan, che avevo letto essere la Svizzera del continente Indiano, si è rivelato un paese bellissimo, splendido. Conserva intatte tutte le sue tradizioni. Nessuno è vestito all’occidentale, uomini, donne e bambini portano il costume tradizionale il gho per gli uomini il kira per le donne, ambedue fermati in vita dal Kera una cinta di seta multicolore, tessuta a mano. Bambini bellissimi, e sempre sorridenti, le loro espressioni di gioia nel ricevere i palloncini multicolori, portati dall’Italia, e che gonfiavo per loro, è qualcosa che rimane nel cuore.

Boschi a perdita d’occhio,sormontati dalle altissime cime innevate Himalayane, che fanno capolino tra le nuvole bianchissime,e che cambiano colore secondo le ore del giorno, passando dal rosa tenero dell’alba, al giallo intenso del mezzogiorno, al bianco-blu del pomeriggio, per diventare quasi color rosso al tramonto, mi davano la sensazione di vivere momenti irreali, ruscelli e cascate in ogni dove.

I Dzong (Monasteri) tutti situati in cima a verdissime colline, circondati dai Prayer flag conficcati nel terreno, i monaci con i loro abiti gialli e rossi, davano all’insieme un aspetto molto suggestivo e difficilmente descrivibile.

Incontro la mia inseparabile amica all’aeroporto di Fiumicino, ci imbarchiamo su un volo Royal Giordania, il che ci aveva lasciate un poco perplesse, considerando l’attuale situazione politica, ma tutto è stato perfetto.Purtroppo arriviamo a Calcutta con sensibile ritardo, perché dopo lo scalo ad Ammann l’aereo ha avuto problemi tecnici ed il velivolo è rientrato ad Amman; dopo molte ore, con il cuore che fa tam-tam (il pensiero: “e se era una bomba e non ci hanno detto nulla?” ci fa stare un poco in apprensione) decolliamo per Calcutta e così la giornata da trascorrere per girare la città si è volatilizzata, ci rifaremo al ritorno.

Dall’aeroporto un veloce trasferimento (si fa per dire, il traffico è pazzesco) ci porta alla stazione dove prendiamo posto nel treno per Badgora, trascorriamo la notte in treno, il trasferimento si rivela comodissimo.Arriviamo all’alba, ci aspettano le auto per il trasferimento a Dajerleeng, che situata a più di 2.134 metri di altitudine è inserita in un contesto di rara bellezza con scenari sorprendenti su piantagioni di tè, risaie, giungle e foreste di pini Lungo il tragitto ci fermiamo per la colazione in uno delizioso chalet, dove mangiamo molto bene.

L’albergo che ci accoglie è carino, completamente immerso nel verde, una doccia, e in giro prima che faccia buio. Il mercato è ancora aperto, e iniziamo a curiosare tra le bancarelle.

L’indomani si parte per Jaingoon, porta di ingresso per il Buthan, lungo la strada entriamo in un Dzong, molto suggestivo con gli altari pieni di decorazioni fatte con burro colorato, ed una enormità di vessilli della vittoria tutti colorati. Fa molto caldo, e il trasferimento è un poco stancante.. Arriviamo in albergo, lascia un poco a desiderare, ma è quanto di meglio offre il luogo. La mattina sveglia presto, vengono a prelevarci gli incaricati del governo Buthanese, ma nonostante la loro presenza per sbrigare le formalità di ingresso impieghiamo ore.

Finalmente è tutto in regola, la “Buthan gate” scolpita con la classica decorazione Buthanese separa l’India dal Buthan, la attraversiamo, e finalmente siamo in Buthan!, direzione Thimpu. Lungo la strada dovevamo assistere a Chukka ad un altro festival, ma ci dicono che è stato rinviato di qualche giorno ( in Buthan tutto è molto vago), lo visiteremo lasciando il paese… La strada è tortuosa, immersa nel verde, con scorci panoramici molto belli e suggestivi. Ho problemi ad un occhio e mi godo poco la marcia di trasferimento. Ammiriamo le prime distese di “prayer flags multicolori sventolanti ed i primi “scacciaspiriti”, anch’essi conficcati nel terreno. Ci fermiamo per la colazione in una suggestiva baita, sembra di essere sulle Dolomiti, comincia la nostra indigestione di “momo” al formaggio e verdure, cotti al vapore (molto simili ai ravioli cinesi) e di asparagi. Mai mangiati tanti in vita mia. A Palermo sono talmente cari! -. Prima di raggiungere Thimphu, vedremo Simtokha Dzong, costruito nel 1627, il primo Dzong costruito da Shabdrung Namgyel E finalmente si arriva a Thimpu, l’unica città al mondo, capoluogo di uno stato, senza semafori, L’albergo è bello, ed in ottima posizione, dalla nostra stanza, una vista mozzafiato: la cima innevata dello Jhomolhari, in tutta la sua maestosità: Come sempre, non resistiamo alla tentazione di andare subito in giro a “perlustrare”. Come sono sorridenti tutti quelli che noi incontrano! Entriamo in un negozietto di chincaglieria, compriamo del tè, cerchiamo la cannella, ma non sanno neanche cosa sia.

Una notte di riposo, e si va alla scoperta di Thimpu. Il National Memorial Chorten, costruito in memoria del Re Jigme Dorji Wangchuck. il Changangthe Lhakhashang, il Drubthahob goemba, la national Librery. Il Chari Goembha, occupano tutta la nostra giornata. Vediamo il takin, l’animale nazionale del Buthan, un misto di capra e di bovino. Il nome tecnico è dong gyem tsey, gira per le montagne, ma noi vediamo gli esemplari che si trovano in un recinto.

Per il nostro secondo giorno la visita al Palazzo reale, Trassi Choe Dzong, dove però il re non abita, lui vive in una modesta casa di campagna, i Buthanesi sono molto orgogliosi del loro re, che ha iniziato a toglierli dall’isolamento in cui sono vissuti per secoli.

I nostri giorni a Thimpu si susseguono con visite ai vari dzong al cui interno era rigorosamente vietato fotografare (peccato perché erano tutti decorati con composizioni fatte di burro, e decorate con petali di fiori, molto carine e con tutte le colonne rivestite con stoffe multicolori a forma di cravatte e con parasoli rappresentanti i vessilli della vittoria)sono state sempre piacevoli, questi dzong sono raggiunti sempre con passeggiate e piccoli trekking, in mezzo a boschi fantastici. Un particolare ci colpisce molto: le case decorate con enormi “falli”. Il fallo è il simbolo portafortuna del Buthan…

Lasciamo un giorno Thimpu per Phunnaka, dove visitiamo il bellissimo Dzong, che attualmente ospita più di 500 monaci, il più grande della zona collocato su in isolotto sul fiume Mo, collegato alla terra ferma da un traballante ponte di tipo Tibetano, tutto decorato con bandiere multicolori.

Altre interessanti visite: al Dzong della fertilità, il Chimi Lahkhang..Una piacevole passeggiata tra le risaie e i campi di tè sarebbe un piacevole momento di relax, se improvvisamente non si scatenasse un temporale incredibile, la grandine sembra chicchi di mais, in pochi attimi siamo colate dalla testa ai piedi.

al Khamsum Yuelly Namgyal Chorten che raggiungiamo dopo una lunga passeggiata in mezzo al bosco dove qualcuno del gruppo viene assalito dalle sanguisuga, ma per qui è normale amministrazione.

ed al Wangdue Phodrang Dzong.

La mattinata più interessante è stata quella che abbiamo trascorso al mercato. Un mercato “loro”, con la merce della loro vita quotidiana, essendo un paese quasi totalmente privo di turismo, non esistono i venditori che ti assaltano. Venivano invece a parlare, ti chiedono notizie del tuo paese, e mille altre domande. Le ragazze, giovanissime, attorniate da moltitudine di bambini, guardavano con molta curiosità. Tutte volevano fatte foto, e ridevano da matte nel vedere i loro visi sul monitor della mia digitale.

Lasciamo Thimpu per Paro, dove ci aspetta “il piatto forte” del nostro viaggio: Il Thong Droel ( lo rotolamento del sacro Tanga), Lungo la strada visitiamo il Kyichu Lhakhang, costruito nel 659, ma la struttura originaria è stata distrutta da un incendio.

Arrivati a Paro, preso possesso della stanza, alloggiamo in una casa privata, ancora in via di definizione, i nostri materassi sono a terra, siamo in quattro in ogni stanza, noi abbiamo Giuseppe in camera, ma abbiamo il vantaggio di avere il bagno adiacente alla nostra stanza. La casa è distante circa 6 km dal centro abitato, ma trovare alloggio in occasione del festival è difficile,.Andiamo subito al Dzong (che è enorme e bellissimo) per assistere alle danze tradizionali che si svolgono nell’interno del monastero, in uno spiazzo enorme, circondato da stand e da bancarelle. Gli Tsechu di Paro (più grande e prestigioso) e di Chukha (più piccolo e spontaneo) sono manifestazioni religiose, che attirano da ogni parte del Bhutan i pellegrini, per l’occasione vestiti con preziosi abiti tradizionali, dando maggior interesse etnografico al “turista” in un paese, sotto la cui monarchia, i sudditi vivono in completo isolamento dal resto del mondo, in un religioso medioevo.

Durante gli Teschu si assiste contemporaneamente ad una affascinante mistura tra riti religiosi e riti pagani, in cui danze molto coreografiche (i cui attori e mimi indossano maschere e costumi folkloristici) sono alternate a preghiere, canti e rituali buddisti, mentre i pellegrini attendono il turno per ricevere la benedizione e la folla vaga tra una bancarella all’al-tra, stracolma di mercanzie e cibi locali in cerca di divertimenti ormai scomparsi in occidente (tiro con l’arco, freccette, birilli, giochi da fiera).

Improvvisamente si scatena un temporale tremendo, che causa la sospensione delle danze. Alcuni rientrano a casa, Francesca Laura ed io , incuranti della pioggia torrenziale,decidiamo di andare a zonzo, ci fermiamo a parlare un po’ con tutti Rientreremo poi con un taxi.

Prego che Giove Pluvio rinsavisca, ed il tempo torni al bello. Sono stata esaudita, l’indomani mattina tempo meraviglioso, ne approfittiamo per un trekking di due ore, per raggiungere un posto incantevole: Taktshang – Un monastero arroccato su un crinale altissimo, tipo Meteore Greche. Il collegamento con il mondo avviene con un ponte sospeso, traballante. Monaci buddisti vivono lì, e vanno in città per provviste una volta la settimana a dorso di mulo. Il monastero non è visitabile, ma vederlo anche da lontano è bellissimo, e la strada per raggiungerlo è spettacolare.

Rientriamo e prima di tuffarci nella realtà del festival, con danze, suoni e canti andiamo a vedere il museo locale, incredibile che in un luogo così sperduto, si trovi un museo così ben fatto e ben tenuto.. Nel l pomeriggio visitiamo altri due monasteri, tutti questi dzong hanno la prerogativa di trovarsi in posti mozzafiato, e sono sempre collegati con ponti di tipo tibetano molto traballanti.

Alle due di notte sveglia per andare ad assistere all’apertura del Thangka, riproducente un’immagine del Guru Rimpoche. , la serata è splendida, c’è un quarto abbondante di luna, che rende l’atmosfera ancora più suggestiva. La folla di pellegrini, vestiti con i più sontuosi abiti tradizionali, giunti da tutto il Bhutan è inverosimile: mentre monaci e loro assistenti preparano un altare con lumini all’aperto, il grande Thangka sacro viene srotolato e poi esposto, addossato alla facciata centrale prospiciente il grande cortile, tra danze alternate a preghiere, canti, offerte d’incenso e rituali buddisti che vanno a-vanti fino all’alba, mentre una fila indiana di pellegrini converte verso il centro ininterrottamente, chiedendo la sacra benedizione al monaco “di turno” officiante. La spiritualità è tale da pervadere gli animi di chi è presente anche solo come “turista”, trasparendo la genuinità d’animo da ogni semplice gesto o rito. Migliaia e migliaia di persone sono presenti, le danze con costumi tradizionali si susseguono, i fedeli vanno a rendere omaggio al thangka spiegato, e si arriva alle 8 della mattina-. Prendiamo i bagagli e lasciamo Paro. La strada è molto stretta, piena di curve e per fare i 100 km impieghiamo quasi otto ore. Passiamo da Chukka, dove è in pieno svolgimento un altro festival, ci fermiamo danno anche a noi la benedizione tradizionale e ci buttano addosso tanto riso, come buon augurio, Sostiamo lungo la strada in villaggi sperduti, mangiamo banane e samosa Lasciamo il Buthan dove abbiamo dormito poco, per cercare di sfruttare al massimo il poco tempo a disposizione, dove abbiamo mangiato abbastanza bene, semplice, ma ben cucinato, facendo enormi scorpacciate di funghi e di asparagi, non lo stesso posso dire del Sikkim, dove tutto era molto speziato e piccantissimo Lungo la strada ci fermiamo a comprare banane, manghi e papaie. Buonissime. In un posto sperduto, troviamo uno che con un frullatore scalcinato, ci prepara un frullato di mango e papaia. Le mie amiche sono restie, poi vista la mia sicurezza, si buttano anche loro. Avrebbero perso molto a non assaggiarlo. . ! La visita del Sikkim, , è risultata gradita quanto e forse più del Bhutan stesso, per l’alto spessore artistico delle opere racchiuse in gompa genuini, sottratti all’oblìo locale, per la schiettezza delle gente ivi incontrata e per la bellezza sconvolgente della natura, inserita nel contesto paesaggistico hi-malayano. La vetta innevata ed il complesso del Kanchenjunga, con le multicolori e onnipresenti file di bandiere, hanno fatto da sfondo magico alle emozioni provate spesso nelle visite dei monasteri, alcuni con brevi trekking.

Il Sikkim si rivelerà anche lui di una bellezza che non mi aspettavo. Raggiungiamo Gangtok, la capitale tutta la città si svolge su una strada molto stretta. Qui trovo il più elegante Internet cafè di tutto il viaggio. Il proprietario mi ha anche offerto il tè e i dolcini, e poi non mi ha fatto pagare, perché non sono riuscita ad aprire una lettera… Abbiamo un buon albergo. Andiamo in giro, e veniamo abbordate da alcuni locali che ci invitano ad un matrimonio. Logicamente andiamo. Sarà spettacolare, poiché si tratta di un matrimonio tra gente di casta alta.. Tutte le donne con Sari dai colori bellissimi, completati da gioielli veramente fantastici.. Che spettacolo piacevole! Lo sposo aveva un turbante pieno di pietre preziose. Abbiamo assistito all’arrivo della sposa, con il viso coperto da un drappo molto fitto. Lo sposo la vedeva per la prima volta..Era un matrimonio combinato, e dire che lei studia in America ed il marito lavora in Australia. Ma, seguendo le tradizioni, il matrimonio era stato combinato dalle famiglie Siamo rimaste fino a tardi, portavano regali bellissimi, gioielli fantastici. La festa sarebbe durata fino al giorno dopo. In Sikkim i monasteri si chiamano Gompa, e ne vediamo alcuni molto suggestivi, in contesti naturale bellissimi. Sono decisamente più modesti e più piccoli di quelli Buthanesi, ma non per questo meno pieni di fascino. In assoluto il più bello è stato quello di Tashiling che raggiungiamo dopo una passeggiata di circa due ore. Pioveva, e alcuni del gruppo non sono saliti. Ed hanno sbagliato Dopo un poco il cielo si è schiarito Le cime innevate erano spettacolari, camminare in quegli immensi spazi, circondata da una quantità enorme di rododendri in fiore, di rose dai colori bellissimi e di orchidee, era qualcosa di molto suggestivo, Questo Gompa, sicuramente il più bello tra quelli visitati per il tripudio di bandiere multicolori, chorten, bianchissimi stupa e mura di pietre decorate , diffusi sulla cima verdissima della collina. I visi degli uomini dai tratti somatici orientaleggianti e diversi rispetto a quelli finora incontrati, dei bambini festosi in nostra presenza e delle donne assorte nelle loro preghiere permangono ancora nella mia memoria suscitandomi grande emozione.

A Gangtok siamo andate all’Orchidarium, che esplosione di fiori! Orchidee di mille tipi e di mille colori, non ne avevo viste mai tante ( e dire che sono stata a Bangkok), E Al Namgyul Institute of tibetology dove si trova una eccezionale esposizione di Tanga antichi, veramente pregevole.

Pur non volendo dilungarmi molto, non posso non citare il bellissimo Monastero del Loto sublime, che risale al 1705 ed è il secondo del Sikkim per importanza, quello di Rumtek che si trova in posizione incantevole, e si raggiunge percorrendo un Il ultimo giorno in Sikkim diluvia, ma questo non ci impedisce di salire con mantelle da pioggia il breve sentiero che ci separa dal GOMPA DI PEMAYANGTSE la dotta spiegazione di Bushan ci fa apprezzare questo antico monastero, il più importante del Sikkim, ricco di pitture e sculture, che conserva un Zandogr-palri, modello a 7 piani della dimora del guru Rimpoche. Ammirata per l’ultima vota la vetta innevata del Kanchenjunga, cominciamo la discesa in a valle, per raggiungere Darjeleeng , che non ha nulla da invidiare ai nostri piccoli paesi di montagna. La sera andiamo in un ristorante che si rivelerà il migliore di tutto il viaggio. Mangiamo benissimo per la modica somma dell’equivalente di 5 euro…La mattina dopo, ci svegliamo tra la nebbia. Non si vede a un palmo dal nostro naso. La strada che ci aspetta è tortuosa e tutta su un burrone. Ma per fortuna non abbiamo fretta e così decidiamo di rimanere ancora un poco in paese, e ci rechiamo al mercato. Arriviamo a Badgora, dove prendiamo l’aereo per Calcutta. Facciamo un breve giro della città, ci rechiamo alla tomba di Madre Teresa , alla città della gioia, conosciuta per l’omonimo libro di La Pierre, al tempio Jainista di Pareshnatn, molto bello, al ponte Howrah ed il Memorial Victoria.

Quindi una sosta in albergo, si caricano i cellulari, siamo tutti intenti a inviare SMS per riprendere i contatti con l’Italia, ci aspetta il lungo ponte del 25 Aprile, e già si fanno programmi. Quindi corsa verso l’aeroporto. Ritorno alla vita di sempre, ma ci sarà un prossimo viaggio, anche questa volta.



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