On the road per l’Inghilterra del Sud

20/4 – Volo Alghero - Londra Stansted; Canterbury Parto da Cagliari prendendo la corriera per Alghero che arriva in coincidenza del volo Ryanair per London-Stanted. La tariffa di questa compagnia aerea è imbattibile in qualunque situazione, anche senza particolari offerte. Il volo è puntuale, anzi arriva addirittura con dieci minuti in...
Scritto da: Ivanweb
Partenza il: 20/04/2002
Ritorno il: 28/04/2002
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
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20/4 – Volo Alghero – Londra Stansted; Canterbury Parto da Cagliari prendendo la corriera per Alghero che arriva in coincidenza del volo Ryanair per London-Stanted. La tariffa di questa compagnia aerea è imbattibile in qualunque situazione, anche senza particolari offerte. Il volo è puntuale, anzi arriva addirittura con dieci minuti in anticipo, e in aeroporto mi fermo ad aspettare l’arrivo del mio grandissimo amico Carlo (con cui sono già stato in Irlanda), che è giunge da Dublino verso le 18:00. Abbiamo pianificato questo viaggio velocemente nel giro di due settimane, spulciando tutto quello che si poteva trovare in Internet sull’Inghilterra, stampando cartine, esperienze di altre persone, elenco ed indirizzi di alloggi. La prima cosa che facciamo è quella di sedere al bar dell’aeroporto e rilassarci un attimo per festeggiare nuovamente il nostro incontro, poi andiamo al banco della Hertz e per ritirare la macchina che abbiamo prenotato in anticipo per una settimana.

Una Fiat Punto blu nuova fiammante e lucidissima ci attende, ovviamente con tipica guida a sinistra inglese (certo se penso alle condizioni in cui la riporteremo, non sarà certamente più né fiammante né lucida…). Armati di cartine stradali di ogni genere, prendiamo l’autostrada che scende per la circonvallazione di Londra, notando, esattamente al contrario di come avremmo immaginato, che il traffico è ordinato e scorrevolissimo persino nei pressi della metropoli. Dalla circonvallazione, proseguendo in senso orario, si oltrepassa un enorme e modernissimo ponte sospeso ad arco, che attraversa il Tamigi in un punto dove il fiume è piuttosto largo, e finisce al casello dove si paga un pedaggio (le autostrade infatti in Inghilterra sono tutte gratuite ma si pagano pedaggi per i ponti). Svoltiamo successivamente in una deviazione per il Sud-Est, verso la nostra prima meta che era Canterbury. Le autostrade sono ben segnalate, ma bisogna capirne i meccanismi, perché a volte i cartelli sono talmente tanti che confondono, e spariscono nei momenti cruciali… Un altro particolare che non tardiamo a notare è quello dei lavori in corso: soltanto la pignoleria e precisione degli inglesi può portare ad un simile spettacolo: migliaia di segnalazioni apposte sul manto stradale in maniera incredibilmente simmetrica, esattamente equidistanti una dall’altra e per una lunghezza a volte di km! (anzi di miglia). E la vera chicca è che, nonostante le accuratissime segnalazioni dei lavori in corso, non si vede nessuno che lavora e non appare il minimo cenno di lavori, magari una ruspa, un camion, niente! Certo può capitare una volta tutto ciò, ma in una settimana avremo modo di appurare con enorme stupore che tutto questo è assolutamente usuale: trovare le stesse restrizioni dell’autostrada ad una corsia, che rallentano il traffico, e nessun segno di lavori in corso! Senza considerare che ci sono gli autovelox e le macchinette fotografiche nascoste nei piloni delle segnalazioni per lavori, pronte a scattare se si supera il limite delle 30 miglia orarie… ahhh gli inglesi! Chiusa la parentesi delle autostrade, giungiamo dopo circa un’ora e mezzo a Canterbury, una sorridente e splendida cittadina, dove troviamo con poca fatica un hotel/BED & BREAKFAST a 3 stelle, l’Ersham Lodge, distante appena dieci minuti a piedi dal centro. Il prezzo di 25 pound a testa ci sembra accettabile, considerato che è già buio e siamo stanchi, e l’interno e la stanza sono davvero caratteristici e belli. Dopo una veloce rinfrescata e usciamo verso le 22:00, eccitati come capita sempre all’inizio di qualunque viaggio, e con tanta voglia di fare. Passeggiamo per il centro cercando di scovare la maestosa Cattedrale, simbolo di questa cittadina, ma è impossibile avvicinarsi perché circondata e chiusa dalle abitazioni, con un solo ingresso di un portone che ovviamente è tenuto aperto solo di giorno. Sediamo a bere una birra in un pub carino del centro, e poi camminiamo per il perimetro della cittadina dove restano ancora in piedi le parziali alte mura medievali. Non ci resta dunque che scaraventarci a letto, riposare e ricaricare le batterie per domani! 21/4 – Canterbury; Dover; Hastings; Brighton; Winchester La mattina presto, dopo una succulenta prima colazione, ci dirigiamo nuovamente verso il centro di Canterbury, ma stavolta prendiamo la macchina, nonostante il centro sia abbastanza vicino, in modo da essere pronti per ripartire. E qui arriva la prima chicca della giornata. Poiché tutto il mondo è paese e l’uomo è un essere intelligente, si presume che abbia creato i parcheggi a pagamento in maniera funzionale in tutto il pianeta. Ma qui siamo in Inghilterra, e vige la regola che agli inglesi piace distinguersi e fare le cose a modo proprio. Così perdiamo all’incirca mezz’ora per cercare di capire come funziona il sistema di questo parcheggio a pagamento, dal momento che esiste una macchinetta dove fare i biglietti automatici. Bisogna inserire le monete e un codice a cinque cifre numeriche che rappresentano la targa della macchina. Peccato solo, piccolo particolare, che la nostra macchina ha una lettera in mezzo che non è accettata dalla macchinetta automatica e non riusciamo ad avere la ricevuta! Sentendoci un po’ indispettiti del fatto, osserviamo un inglese che parcheggia e richiede la ricevuta, ed è tutto esattamente come abbiamo fatto noi, ma lui ha in effetti una targa giusta. Allora attendiamo un po’ per chiedere ad un signore del posto, convinti che ci sia qualcosa che evidentemente ci sfugge, ma il signore rimane invece più allibito di noi! Prova per 5 minuti perplesso del fatto che la nostra targa è diversa dalle altre e non è accettata dalla macchinetta, e si arrende anche lui suggerendo di mettere una cifra a caso al posto della lettera e “falsificare” la targa; tanto qualunque vigile la vedrà capirà che è giusta dalle altre quattro cifre. Ma dico, si può creare una macchinetta automatica che non accetti neanche tutte le targhe delle macchine del tuo Paese? Del resto, siamo solo a poco più di 100 Km da Londra, e non credo che la Hertz affitti macchine aliene…Esterrefatti da questi strani meccanismi, riusciamo finalmente ad avviarci in centro, rimpiangendo di aver avuto la pessima idea di venire in macchina.

Alla luce del giorno si possono apprezzare decisamente meglio i particolari architettonici di molte casette nelle tranquille viuzze, la vita serena della cittadina che si svolge interamente nel centro, adibito ad area pedonale. Ed è questa una caratteristica che si riscontra in tutte le cittadine turistiche inglesi e ne rende piacevole la visita: chiudere il centro al traffico e renderlo solo zona pedonale. Questo è un grande punto a favore per gli inglesi, bisogna riconoscerlo! La nostra meta è ovviamente ancora la Cattedrale, torniamo perciò nella via principale, con l’unico maestoso accesso al cortile che porta al monumento, ed entriamo. L’impatto è non da poco, essendo la prima cattedrale inglese di questo tipo che visitiamo, che risulta veramente grande e bellissima. Osserviamo all’interno le imponenti navate gotiche, anche se soltanto una parte è aperta al pubblico. Dopo qualche foto e ripresa, compriamo la spesa in un market e proseguiamo subito verso Dover, alla ricerca delle White Cliffs, ovvero le scogliere bianche, famose proprio per il loro colore, dovuto alla conformazione della roccia che le compone. Arriviamo prima a St.Margaret at Cliffs, un villaggio tipicamente turistico con villette panoramiche sulla costa, e dopo torniamo indietro a Dover dove, a dire il vero con qualche difficoltà nella comprensione delle direzioni dei cartelli, finalmente troviamo le rinomate scogliere. Parcheggiamo a pagamento in un’apposita area di sosta e prendiamo un sentiero a piedi che costeggia le scogliere dall’alto. Il panorama è molto vario intorno: alle spalle si intravede sullo sfondo l’enorme Castello di Dover, in basso (solo inizialmente) c’è il porto mercantile con un via vai continuo di navi che attraccano, e davanti le caratteristiche scogliere, veramente bianche, che contrastano con l’acceso verde dei prati. Dal depliant si capisce che il sentiero prosegue per parecchie miglia e più avanti il panorama, arrivando ad un vecchio faro, deve essere ancora più bello. Ma noi abbiamo centinaia di cose da vedere che ci aspettano ancora, e dopo un’oretta di relax sul prato dove per poco prendiamo una bella tintarella (è infatti una bella giornata di sole!), andiamo verso il castello. Compiamo un bel giro in macchina intorno al castello, veramente maestoso, e poi proseguiamo per la strada costiera, passando un susseguirsi di belle cittadine turistiche dove gli inglesi vengono a trascorrere le loro vacanze. La prima è Folkestone, molto carina e particolare, poi dopo qualche altra meno rilevante ci sostiamo ad Hastings, costruita a ridosso dell’alto tratto di costa e sede di un caratteristico porto di pescatori. Nel grandissimo parcheggio del porto, il panorama risulta interessante: sullo sfondo le scogliere a strapiombo sull’oceano danno un senso selvaggio al paesaggio, sulla spiaggia di fronte i bambini giocano a pallone e nel porto si vede un po’ di tutto, da vecchi treni merci a barche di pescatori. Camminiamo verso il centro, notando sulla destra una particolare funivia che porta sulla cima della costa, dove sicuramente c’è qualche monumento da visitare. E’ pieno di ristorantini e fast food con tavolini all’aperto, a cui non sappiamo resistere, dato che abbiamo una fame abominevole. Peccato aver scelto, nella fretta di ingurgitare qualcosa, il classico Fish & Chips, trovabile ovunque qua in Inghilterra, che offre per l’appunto il pesce fritto con le patate. Nonostante il merluzzo sia fresco e siamo in una località di mare, la pietanza risulta nauseabonda e un vero mattone per il nostro stomaco… sarà che noi italiani non siamo abituati a questa cucina, ma ci ripromettiamo di non commettere più lo stesso errore due volte! La seconda chicca del giorno arriva verso la fine del pranzo, quando un atroce certezza ci assale vedendo un cartello di fronte al porto: non abbiamo pagato il parcheggio!! Acciderbolina, non siamo ancora abituati alle abitudini inglesi, tocca fare una bella corsa nella speranza che nessuno si sia accorto del fatto. Tra l’altro, mentre torniamo di buon passo e rientriamo alla macchina, ci rendiamo conto che la multa non sarebbe per niente una cifretta: proprio un bel modo di iniziare il nostro viaggio! Per fortuna, la dea bendata ci assistite e nessun vigilante si presenta in zona a dare la stangata… Usciti in pochi nanosecondi dal porto riprendiamo ancora la costiera, fino ad arrivare alla bellissima città di Brighton. E’ questa la città più turistica e organizzata di tutto il Sud dell’Inghilterra, un vero punto di ritrovo per i giovani e per gli inglesi che vengono a trascorrere qua le vacanze. La costa è il fulcro della città, con un litorale grandioso organizzato in maniera impeccabile. Tanto per intenderci, la spiaggia non è certo un granché, così grossolana, a volte proprio ciottolato, e il mare non è certo l’esempio di limpidezza e trasparenza, ma gli inglesi quando organizzano una cosa la fanno bene e hanno davvero trasformato questa città in un parco giochi. Il litorale è lunghissimo, non se ne vede la fine, ed è tutto adibito a rilassanti e divertenti passeggiate, con attrezzature sportive, negozietti di vario genere, chioschi, bar, piccole locande. I turisti sono migliaia e di tutte le età, dai bambini piccoli col triciclo ai vecchietti in bicicletta ma, ovviamente, la maggior parte sono giovani e ragazzi. Entriamo in un piccolissimo shop che vende prodotti “marini” artigianali, ovvero oggetti e souvenir costruiti con conchiglie di ogni genere, piccole ed enormi e con le forme più svariate che non ho mai visto prima. Più avanti il pezzo forte del litorale: il Brighton Pier, che è uno tra i tanti moli del litorale con la particolarità di avere sopra un parco giochi. Infatti si percorre a piedi la parte stretta del molo tra un susseguirsi di punti di ristoro e giochi vari (molto diffuse le slot machines) e si arriva nella parte più larga, in fondo, dove c’è una pista di Go-Kart in miniatura, e niente poco di meno che tre montagne russe diverse, ovviamente di piccole dimensioni, ma molto suggestive proprio perché sull’oceano! C’è un via vai continuo di persone, gabbiani enormi che volano ovunque e che prendono da mangiare dai turisti a più non posso, dando vero spettacolo. Il panorama è molto suggestivo anche perché il sole comincia a tramontare e i raggi illuminano tutta la città sullo sfondo, con le costruzioni e gli hotel che fungono da muro di cinta (sembra di osservare una cartolina di Miami); il tutto visibile in maniera eccellente dal molo. Negli altri moli, diversi pescatori si dilettano con la lenza e qualche turista in barca o in motoscafo si gode lo splendido paesaggio. Caricati da questa atmosfera serena e di divertimento, io e Carlo decidiamo di partecipare buttandoci su una della montagne russe che ci attirano di più: quella con il giro della morte! Quando mai ricapita di fare una montagna russa sopra l’oceano? E così saliamo intrepidi su questa strepitosa attrazione… Mentre il vagoncino si arrampica lentamente, dall’alto la vista diventa contemporaneamente ancora più bella e noi, convinti che continui così ancora per un po’, tiriamo fuori le macchine fotografiche per tentare qualche scatto azzardato… invece dopo una frazione di secondo il vagoncino si scaraventa alla velocità della luce verso il suolo e siamo costretti con mille acrobazie (e urla a più non posso), a tentare di ficcare le macchine fotografiche in tasca prima di perderle definitivamente nel giro della morte, sopra la testa di qualche povero turista! Compiamo in tempo la nostra missione per fortuna prima della fine del giro, che risulta abbastanza breve ma davvero divertente. Un po’ rintontiti usciamo dal molo e ci dirigiamo verso il centro di Brighton, all’interno. Dopo qualche giro scopriamo il monumento più famoso della città, il Royal Pavillon, una sorta di enorme moschea creata con architettura interamente orientale. Entriamo nel bel parco, curatissimo e adornato con bei fiori, vedendo la splendida moschea nelle sue diverse facciate, anche se ormai è quasi buio ed si fa ora di andar via. Per la notte programmiamo di andare a dormire a Southampton, una delle più grandi città del Sud e porto commerciale, ma una volta arrivati a destinazione la città ci delude un pò. Non si vede nessuno in giro per le strade, sembra un ambiente triste e vuoto e, tra l’altro, non notiamo neanche strutture per alloggiare. Non essendo ancora tardissimo, decidiamo dunque di azzardare una tirata sino a Winchester. In pratica in un solo giorno attraversiamo metà Inghilterra! A Winchester giungiamo in condizioni pietose, stanchissimi dal lungo viaggio, e pensiamo di trovare velocemente un BED & BREAKFAST dove alloggiare, essendo questa una cittadina parecchio rinomata turisticamente. Ma non va affatto così: giriamo a vuoto per un bel po’ fino a trovare, ormai disperati verso le 22:00, una sorta di BED & BREAKFAST proprio sopra un pub. E qui arriva la terza chicca, una delle più grandi di questo viaggio… Sappiamo bene che quando c’è un pub di mezzo non è il massimo alloggiare, sia per l’ambiente sia per il chiasso della notte, ma non abbiamo più tempo per scegliere e così ci accontentiamo senza pensarci due volte. Inizialmente il posto non sembra neanche malaccio, a parte il fatto che si saleal piano di sopra in un corridoio strettissimo per persone anoressiche, e la porta della nostra stanza è alta un metro e mezzo, con uno bello spuntone pronto a trafiggere la testa, se per caso ci dimentichiamo di abbassarla per entrare… La stanza è arredata in modo alquanto singolare, c’è un televisore rotto (che mi ricorda l’ostello di Londra… ma perché gli inglesi mettono sempre i televisori rotti nelle stanze dei turisti?) e una cattle per il thè da prendersi il tetano solo a guardarla, figuriamoci se osiamo provare a mettere l’acqua dentro! Ma queste cose passano in secondo piano quando si è distrutti e si ha voglia di buttarsi in un letto a dormire, perciò a noi interessa solo sapere a che ora è la colazione domani mattina per dare carburante al nostro fisico alla grande. Andiamo a chiedere questo piccolo dettaglio, che è compreso nel prezzo di 25 pound a testa (caruccia la bettola eh?), ma clamorosamente la signora del posto non sa bene a che ora sia la colazione e cerca in un libro prima di darci la risposta, alle 7:30. “Certo devono venire molti turisti qua“ pensiamo noi se non si ricordano neanche a che ora è la colazione… un po’ rattristati dal fatto di doverci alzare così presto, andiamo a dormire tra il chiasso e la musica del pub sottostante. Ma la chicca continua…

22/4 – Winchester e la Tavola Rotonda; Salisbury; Stonhenge; Sherbourne; Yeovil Alle 7:30 scendiamo puntuali nella scala rachitica che dà accesso al pub, pronti per una abbondante e doverosa colazione, visto che ieri abbiamo cenato al sacco alla bene e meglio. Purtroppo una triste sorpresa ci attende: la porta è chiusa a chiave e nessuno risponde dopo aver bussato parecchie volte a vuoto. Pensando che sia troppo presto tentiamo di farci prima la doccia, che è in condizioni pietose. Ce ne sono due a dire il vero, ma non funzionano neanche per mezza: l’acqua esce lenta, a intermittenza e a raggio aperto, in pratica bagna tutto fuorché il corpo… è un’impresa riuscire a lavarsi e, piuttosto alterati da questa situazione, proviamo a riscendere almeno per la colazione. Nessuno risponde ancora, così decidiamo di trovare un’uscita alternativa: quella di emergenza, dal tetto dell’abitazione! Camminiamo praticamente sul tetto e scendiamo una scala esterna in legno notando che il pub è totalmente chiuso, non si vede anima viva, o meglio, sicuramente il padrone è ancora sbronzo dalla notte prima ed è a letto in condizioni da dopo sbornia. Non ci sbagliamo, perché tornati infatti alla famigerata porta interna, poco prima che Carlo provi gentilmente ad accompagnarla con una spallata, una povera ragazza la apre spaventata dalla nostra presenza, evidentemente non molto abituata a vedere turisti nel pub, e si scusa della situazione, continuando a ripetere che la signora della colazione non è venuta, e lei non ne sa niente perché è solo la donna delle pulizie. Così va a parlare dentro, bussando ad una porta, con un signore (che deve essere il padrone) proprio con un vocione da dopo sbornia, ed torna chiedendo ancora scusa e dandoci ‘ben’ 5 pound (in due) per rifondere la colazione (quindi 2,5 a testa, beh…Forse almeno un paio di caramelle ci escono!). A questo punto, veramente imbestialiti dall’assurdo comportamento (che per fortuna non si è ripeterà più durante il viaggio in altri BED & BREAKFAST), pensiamo bene di abbandonare immediatamente questa bettola dalla porta di servizio (quindi dal tetto, con tutte le valigie!!!), non trascurando però di lasciare qualche ricordino per manifestare al padrone del pub tutta la nostra simpatia per la sua cordialità… Messa una pietra su questo pessimo e travagliato alloggio, andiamo a visitare la cittadina di Winchester, veramente splendida e graziosa, anch’essa con una bella zona pedonale al centro e viuzze molto caratteristiche. Parcheggiamo non lontani dal centro, nella solita area a pagamento, stavolta con una macchinetta automatica più decente, pagando per un tempo di 4 ore. Scesi dalla macchina l’occhio cade immediatamente in un Pizza Hut, famosa catena di ristoranti in Inghilterra, dove con un prezzo fisso si può prendere a buffet ogni tipo di pizza e insalatine varie nella quantità desiderata, solamente però nell’orario tra le 13:30 e le 14:30. “Alle 13:30 noi saremo qua!” pensiamo contemporaneamente io e Carlo: questo è di certo l’unica sicurezza della giornata! Salendo verso il centro, seguiamo i cartelli alla conquista della nostra prima leggendaria tappa: la Tavola Rotonda di Re Artù, che si trova nella Great Hall. La famosa tavola è esposta in un grosso salone appesa ad una parete, e si possono notare visibilmente le 24 porzioni in cui essa è divisa, ognuna con il nome del cavaliere a cui spettava. Devo precisare che per queste tappe del nostro viaggio abbiamo fatto riferimento a quello che poi diventerà il nostro mito, un certo Vincenzo di Marco , il quale ha pubblicato in Internet il racconto del suo viaggio, con una meticolosità e competenza della storia eccezionale. Restiamo affascinati dalla storia di Vincenzo, così particolareggiata e scorrevole, che racconta e commenta questi posti nella sua esperienza e sicuramente, come si nota dal suo scritto, nella sua passione verso le leggende di Re Artù. Come lui stesso scrive, in realtà c’è un’incongruenza un po’ strana tra la l’epoca in cui è datata la tavola e la leggenda di Re Artù, che risale a qualche secolo prima. Probabilmente questa è in realtà un accreditata ricostruzione della tavola, fattostà che risulta la più credibile, e noi, da semplici turisti, come ha fatto il mitico Vincenzo prima di noi e seguendo i suoi consigli, non ci poniamo troppe domande. Contenti di questa nostra conquista azzardiamo a strappare qualche ricordo, nonostante i cartelli vietino di fare fotografie, e ci concediamo il lusso persino di fare degli autoscatti (ovviamente senza flash per non attirare l’attenzione) con la macchina appesa ad un cancello. Un esempio certo da non seguire!!! Improvvisamente scatta un allarme sonoro con nostro visibile terrore, poiché vista la nostra trasgressione nel scattare fotografie pensiamo di finire dritti dietro le sbarre di qualche prigione inglese. Per fortuna l’allarme è “solo” antincendio, che vuol dire essere accompagnati gentilmente fuori di corsa, visto che nonostante non ci sia nessun incendio non si capisce bene cosa lo abbia fatto scattare. Aspettiamo così una bella mezz’oretta fuori dalla piazza con un sacco di gente che si chiede cosa sia successo, e notiamo che i turisti sono pochi e quasi tutti sono sicuramente lavoratori del posto. Arrivano persino i vigili del fuoco e dopo un po’ ci lasciano rientrare: un falso allarme, e un’altra chicca da raccontare. Ci godiamo un altro po’ la nostra leggendaria Tavola Rotonda e poi proseguiamo più su, in fondo al paese, dove visitiamo la Cattedrale di Winchester, anch’essa insieme a quella di Canterbury considerata tra le più belle d’Inghilterra. All’esterno è meno alta e maestosa della prima, ma certo non si può dire non sia più che bella. Sulla destra della facciata principale si estende un cortile, dove regnano pace e tranquillità assoluta, come tipico di questi posti religiosi. In un bel prato verde all’inglese giace una strana scultura di qualche fantasioso artista, rappresentante due uomini, che costituisce davvero un bel soggetto fotografico con lo sfondo della cattedrale. Così Carlo si dedica appieno a fotografarla in tutte le salse e a cercare le posizioni più strane per farlo: forse per questo lo guardano tutti un po’ male mentre giace tranquillamente sdraiato sul prato e dove stranamente non c’è nessun altro… ovviamente invece, non è per questo! Un’altra magica chicca si è appena compiuta dal momento che noto, dopo circa un quarto d’ora, mentre scatto una foto, un cartello piuttosto nascosto a terra che vieta decisamente di passeggiare sul prato e calpestare l’erba. Ma Carlo non sta passeggiando, è solo direttamente sdraiato!!! Forse per gli inglesi è troppo disturbo mettere un cartello più grande ad altezza uomo, o forse lo danno per scontato; evidentemente si impegnano di più nei segnalamenti stradali! Si fanno le 13:15 e noi abbiamo un appuntamento urgente e immancabile da rispettare. Tornati di corsa all’ingresso del paese, alle 13:30 esatte e qualche secondo, puntuali come un orologio svizzero, l’emozione ci assale e per poco non ci scendono le lacrime dalla gioia, di fronte a questa luccicante e colorata insegna del Pizza Hut con tanto di cartello per il buffet! E’ fatta, siamo esageratamente incattiviti da un pranzo ad un Fish & Chips nauseabondo e da una cena inesistente del giorno prima, nonché da una colazione saltata nello squallido pub, e siamo dunque pronti a mandare in fallimento questa povera sede staccata del Pizza Hut di Winchester, ingozzandoci a più non posso di qualunque cosa abbiano messo a disposizione di commestibile. E così sbraniamo nell’orario del fatidico buffet non ricordo neanche quanti tranci di pizza, insalate e salsette varie (decisamente tutto buono, nulla da dire in merito!). Non è rilevante immaginare cosa stia pensando la povera cameriera che ci serve, probabilmente che questa sia una candid camera o un film di Bud Spencer e Terence Hill, la cosa importante è che la nostra pancia finalmente sia piena e la nostra sete di vendetta sia placata come si deve! Adesso possiamo riprendere il viaggio carichi come non mai, ma ancora una poderosa chicca ci aspetta al parcheggio. Avendo sforato di a mala pena 15 minuti dalle quattro ore, e non avendo letto bene, molto ingenuamente, il cartello degli orari, pensiamo che male andando esista il sovraprezzo per le 5 ore. Ma non è così, anche stavolta c’è il trucco nascosto poiché, dopo le quattro ore, si paga per un intera giornata, esattamente il doppio, cioè la ‘modica’ cifra di otto pound al posto di quattro… Clamoroso, per soli 15 minuti!! E il problema non è solo la batosta degli otto pound, ma il fatto che la macchinetta automatica non accetta banconote ma solo monete e noi non arriviamo a quella cifra! (insomma non esistono le macchinette automatiche perfette, mettere un ragazzo a fare questo lavoro come qui in Italia sembra brutto eh?). Dobbiamo scendere dalla macchina e frugare un po’ la macchinetta, mentre una voce dal microfono della sbarra incredibilmente ci dice che siamo “osservati e sotto controllo”: del resto è solo il secondo giorno e quindi già la seconda volta che rischiamo la galera… Così Carlo si offre per andare a chiedere fuori dal parcheggio a qualche passante se ha il cambio dei pound che ci mancano in moneta, mentre io rimango in macchina (pazzesco!). Pagata questa diamine di macchinetta, finalmente usciamo da un altro incubo di parcheggio dopo un’altra mezz’ora persa, per dirigerci alla prossima meta, Salisbury.

Salisbury è vicina a Winchester, e vi giungiamo più o meno verso le 15:30. Fa parte anch’essa delle rinomate cittadine inglesi famose per la propria cattedrale. In effetti questa di Salisbury mi è sembra la più bella in assoluto, enorme e con la torre campanaria a guglia altissima (ben 127 metri se non ricordo male, la più alta di tutto il Regno Unito). Stavolta niente parcheggio in aree di sosta con macchinette strane, lasciamo la macchina a fianco al muretto della piazza che dà verso la cattedrale. In realtà è a pagamento anche questo, con chissà quale marchingegno, probabilmente con il classico “tagliando” che abbiamo anche qua in Italia, ma ovviamente bisogna cercare dove comprarli, visto che non c’è nessun vigilante nel giro di tutta l’immensa piazza. E così, volendo fare gli “italiani” almeno per una volta, e dovendo recuperare la batosta del parcheggio di Winchester, raggiungiamo l’accordo di passarci sopra e lasciarla lì, dando giusto un’occhiata ogni tanto. Entriamo dentro a visitare la Cattedrale che è meravigliosa, con le sue altissime navate gotiche e cappelle decorate. Un particolare curioso è l’esposizione dell’orologio più vecchio d’Inghilterra, e probabilmente anche uno dei più vecchi al mondo; tutto sembra ovviamente fuorché un orologio come lo intendiamo oggi. Appena fuori dalla cattedrale invece, è esposta una delle cinque uniche copie autentiche di Magna Carta esistenti al mondo, e la simpatica guida del posto, un povero signore che fra un po’ crolla sul pavimento da quanto è anziano, ci spiega mangiandosi parecchie parole la storia di questo importantissimo pezzo di carta, che pare sia il meglio conservato e leggibile di tutti gli altri quattro. La gita a Salisbury è breve anche perché vogiamo assolutamente vedere, prima della chiusura, un’altra mitica tappa leggendaria da conquistare nel nostro viaggio: Stonhenge. Si arriva a questo monumento, sicuramente tra i più famosi nel mondo, direttamente dall’autostrada, dopo un breve svincolo sulla destra. L’impatto dall’autostrada è strano, perché si supera un colle all’improvviso e dall’alto spuntano in lontananza i resti di Stonhenge, così suggestivi ed isolati immersi in uno sterminato prato verde. Sembrano più maestosi venendo dalla strada che a guardarli da vicino in effetti. Certamente la posizione di un monumento storico così importante, famoso principalmente per il suo alone di mistero, non è decisamente felice a due passi dall’autostrada, con lo sfrecciare di tutte le macchine. Nonostante tutto confermo la visione di Vincenzo, il quale afferma giustamente che trovarsi di fronte a queste pietre, così cariche di leggende e misteri, insieme all’emozione di poterle finalmente vedere dal vivo e non solo nei documentari, rende il posto incredibilmente suggestivo. All’entrata si fa il biglietto e si riceve una guida, una sorta di telefono a numeri dove si può scegliere la lingua parlata, mentre sulla destra si trova il classico shop fornito di tutto. Si percorre un breve tratto di strada che riproduce, disegnata sui muri, come doveva essere una volta il sito: enorme, assolutamente molto più vasto e imponente di adesso, considerando che del cerchio di pietre più esterno ne rimane oggi soltanto una in piedi. Il giro inizia con un sentiero che percorre un anello a 360° sulla collina intorno a Stonhenge. Ogni tanto si presentano dei cartelli con dei numeri, che premuti sulla guida telefonica permettono di ascoltarne la descrizione. Dalla guida non risultano ancora certezze sui misteri di questo sito, dell’esatto come e perché venne costruito, a cosa serviva, come veniva utilizzato, ma si fanno tutte le ipotesi possibili, dal calendario astronomico agli ufo. La parte più bella è alla fine, dove si può apprezzare e vedere meglio i resti, conservati più intatti e numerosi, dei monoliti, e assume anche maggior suggestione verso il tramonto quando il sole li illumina in controluce. Emozionati da questa nostra conquista, non possiamo non immortalare questo momento e approfittando del fatto che siamo in orario di chiusura e non c’è quasi più nessun turista, io e Carlo ingegniamo il solito autoscatto, stavolta sdraiati per terra! Poco dopo abbiamo rimbocchiamo l’autostrada verso il Sud-Ovest dell’Inghilterra, e visto che non è ancora del tutto buio, deviamo per un giro panoramico a Sherbourne, un paesino incredibilmente rimasto fuori dalla civiltà e ancora intatto come secoli fa. La strada per arrivarci è tutto un programma, stretta e curvosa, con i muretti alti in pietra immersi in un verde prepotente, che ogni tanto danno spazio a splendide casette in pietra con tettuccio spiovente. La vita qua sembra essersi fermata, ci sentiamo quasi intrusi con una roba così tecnologica come la macchina… Il paese poi è assolutamente meraviglioso, un piccolo centro abitato da favoletta, un plastico di una perfetta ricostruzione storica che sembra creata apposta per sbalordire il turista, ma stavolta è tutto autentico (e non si paga niente!). Qua neanche il turismo esiste ancora, e la dimostrazione è il fatto che non riusciamo a trovare neanche un posticino per dormire. C’è solo il classico pub di paese con persone di una certa età che si bevono la loro gustosa birra, e le vie del centro sono desolate. Un vero pezzo da museo, assolutamente ineguagliabile per capire la vera campagna inglese, come doveva essere una volta e come, anche se per pochi tratti, è rimasta ancora tutt’oggi.

Dopo Sherbourne, ormai buio, proseguiamo ancora più giù arrivando fino a Yeovil, una anonima cittadina dove troviamo, finalmente senza difficoltà, un discreto BED & BREAKFAST ad un prezzo decisamente conveniente. Dopo esserci ristorati usciamo un po’ per le vie di questa cittadina, finendo a bere una birra in uno strano pub, pieno di ragazzini che stanno dando una sorta di party. Non è stato proprio il massimo, e cominciamo a realizzare che la vita notturna certamente non sarà il pezzo forte di questo viaggio: qua siamo in Inghilterra e non in Irlanda, la cultura del pub tutti i giorni a tutte le ore, anche nel posto più sperduto, non esiste! 23/4 – Camelford; Tintagel e il castello di Re Artù; Watergate Bay; Newquay L’entusiasmo di oggi è alle stelle: finalmente oltrepassiamo i confini della Cornovaglia per visitare questa regione, la meno abitata e più selvaggia dell’Inghilterra, così ricca di storia, leggende e misteri, oltre che di meravigliosi paesaggi. Seguiamo l’autostrada che scende fino all’estremo Sud-Ovest dell’isola, passando per Exeter dove ci ingarbugliamo con i cartelli, finendo per fare il giro della città un paio di volte alla ricerca della giusta deviazione verso il Nord della Cornovaglia. Usciamo dopo un ora di autostrada ad uno svincolo, prendendo una strada secondaria che porta a Camelford, piccolo paesino che alcune guide considerano la Camelot più accreditata (ma Vincenzo per esempio nomina South Cadbury). Sostiamo qua a pranzare in una locanda caratteristica del posto, dove siamo praticamente solo io, Carlo, la ragazza che gestisce il locale e altre due o tre persone del luogo che entrano e escono per i pettegolezzi del paese. Non si vede un solo turista, neanche per le strade, siamo del tutto immersi nella vera vita di uno sperduto luogo del sud-ovest dell’Inghilterra! Lasciato questo piccolo centro proseguiamo verso l’imperdibile tappa di Tintagel. Questa volta andiamo alla conquista del King Arthur’s Castle, ovvero le rovine del Castello dove la leggenda vuole sia nato Re Artù. All’inizio di questa splendida cittadina turistica, lasciamo l’auto in un’area apposita di fronte al Tourist Office, dove entriamo a dare un’occhiata ai depliant e alle guide. Una cartina mostra il sentiero da percorrere per arrivare al castello, verso la fine del paese. Così camminiamo per la via principale, in un susseguirsi di splendidi piccoli negozietti di ogni genere, ubicati in meravigliose casette di pietra, che rendono l’atmosfera davvero suggestiva insieme al tempo freddo e nuvoloso. Spicca in particolar modo il caratteristico Old Post Office, famoso e super gettonato nelle cartoline, considerato il più antico ancora funzionante in Inghilterra. Poco più avanti, da una deviazione verso sinistra parte il sentiero sterrato che scende rapidamente verso la costa, e si rivela una splendida passeggiata immersa nel verde intenso della zona. Dopo una ventina di minuti sorridiamo alla vista del famigerato obbrobrio di cui il nostro mitico Vincenzo di Marco parla, un moderno hotel a forma di castello, costruito sulla sinistra sopra su un promontorio, con cui concordiamo vivamente la ‘stonatura’ con la magia di questo posto.

Alla fine del sentiero arriviamo a ridosso dell’oceano, e ci fermiamo ad osservare il bellissimo scenario: le rovine del castello sulla sinistra, con uno strano ponte di legno che unisce i due promontori, dove sorgono da una parte il vecchio castello di Re Artù e dall’altra il villaggio, l’oceano di fronte abbastanza mosso e arrabbiato, ed un susseguirsi di colline verdissime sulla destra dove altri piccoli sentieri si inerpicano. In basso ci sono persino varie grotte, che con la bassa marea sono raggiungibili a piedi. Andiamo dunque nei pressi del ponte, dove non può mancare il casolare per pagare i biglietti, e optiamo come prima scelta di andare verso destra, verso le rovine del villaggio. Sulla sinistra invece una ripidissima scalinata porta al castello, costruito veramente in un posto unico ed eccezionale, con le mura al limite del promontorio che finiscono a strapiombo sull’oceano da una considerevole altezza! Questo sì che è un posto inespugnabile e fantastico! (la leggenda, che noi apprendiamo da Vincenzo, pare dica infatti che sia stato conquistato solo con l’inganno tramite una magia di Merlino).

Attraversato il ponticello in legno saliamo su questo promontorio, dove una passeggiata panoramica è assolutamente doverosa. Nella prima parte si ammirano i pochi resti delle mura di antiche abitazioni, e il sentiero prosegue alto sulla costa fino all’altra punta estrema dove lo strapiombo verso l’oceano si accentua. Da qua si gode di una vista fantastica del posto, si vede tutta la costa, l’oceano, i resti e le rovine, persino il paese di Tintagel in lontananza. Il tutto è enormemente suggestivo, e altri piccoli particolari contribuiscono a rendere questo uno dei posti naturalistici più belli della Cornovaglia, come una piccola cascata, le fioriture, le grotte nascoste, la continua presenza di enormi gabbiani che volano ovunque. Carlo si sta persino appisolando sdraiato in tutto relax godendosi la superba vista! Proseguendo sul retro del promontorio, il sentiero turistico sale in cima e sparisce insieme ai turisti, lasciando spazio alla desolata prateria dove si può passeggiare e ammirare il panorama a 360°. Qualche cartello sporadico per terra spiega il ritrovamento di resti, alcuni ancora con un significato misterioso del come e perché siano stati costruiti. Tornati al punto di partenza, avendo aggirato tutto il promontorio, saliamo nella ripida scalinata che porta ai resti del castello vero e proprio, di cui le mura si possono ormai intuire solo dai pochi resti delle recinzioni delle fondamenta. La parete finisce nettamente a strapiombo sull’oceano e non è certo una visione adatta a chi soffre di vertigini! Un altro sentiero parte da qua e riporta a metà strada verso Tintagel, dove torniamo verso le 16:00. Ripresa la macchina percorriamo un bel pezzo di strada costiera secondaria, quasi desolata, nel nord della Cornovaglia, e ci fermiamo in una mastodontica baia chiamata Watergate Bay, rinomata soprattutto ai turisti inglesi amanti del surf. Il colpo d’occhio è eccezionale: chilometri e chilometri di bella spiaggia, esaltati ancora di più dal gioco delle maree, con la costa alta a strapiombo alle spalle, e le onde dell’oceano che si ritirano lentamente creando centinaia di metri di battigia dove divertirsi a correre e camminare cercando di non sprofondare troppo nella sabbia bagnata! Ed è proprio quello che facciamo per una mezz’oretta buona in questo splendido tratto di costa, che prosegue più in là per molte altre miglia in varie rinomate baie, alcune addirittura con altissimi faraglioni, che però non riusciamo a trovare. Raggiungiamo invece, quando ormai è quasi buio, la sorridente cittadina di Newquay, anch’essa meta soprattutto di turisti quasi esclusivamente inglesi. Un breve giro nel litorale ci fa subito capire che questo è un posto meraviglioso e ben organizzato, pieno zeppo di negozi e divertimenti e non che non rimarremo delusoi. Troviamo facilmente un BED & BREAKFAST vicino al centro, tra l’altro molto economico e il più caratteristico dal punto di vista dell’arredamento interno, con una tappezzeria vivacemente colorata e allegra. Anche la signora che ci accoglie è estremamente gentile e disponibile. Dopo esserci adeguatamente ristorati e riposati, usciamo per visitare questa promettente cittadina, dove in realtà troviamo ormai quasi tutto chiuso, pur essendo solo le 22:00. Il nostro giro turistico è per fortuna decisamente ravvivato e reso emozionante dagli splendidi scorci che il litorale ci regala, con una meravigliosa spiaggia incastonata tra le alte pareti della roccia. Sono due per l’esattezza, entrambe molto grandi e ben organizzate, raggiungibili a piedi scendendo le gradinate. Una in particolare ci colpisce clamorosamente, dove avvistiamo con meraviglia una casa perfettamente isolata costruita sopra un alto faraglione, e collegata alla “terra” solo tramite un lungo moderno ponte ad arco. Ci dirigiamo verso questa incredibile costruzione, ma il ponte è raggiungibile solo tramite l’ingresso ad un’altra abitazione privata, così scendiamo la lunga gradinata a strapiombo sulla parete che porta alla spiaggia, e passeggiamo in questa magnifica baia. Risaliti per un’altra gradinata in prossimità di un acquario, continuiamo il giro per verdi prati e piazze, notando come in questa cittadina, in modo assolutamente più accentuato che in ogni altra, gli enormi gabbiani grandi come agnelli dominano ogni luogo. Ce ne sono ovunque, spesso in gruppo, e si sente praticamente solo il loro grido per le strade ben illuminate ma desolate (sembriamo gli unici turisti in circolazione!). Il tutto crea un’atmosfera suggestiva e magica, che fa di Newquay una delle cittadine più belle e caratteristiche che abbia visto fin’ora. 24/4 – Newquay; Land’s End; Penzance; St.Michael’s Mount; Mullion Cove; Lizard Point; St.Austell Torniamo in prossimità della baia con la mitica villa, che la signora del BED & BREAKFAST ci racconta appartenere ad una vecchia signora ricca ed egocentrica, per scattare delle doverose foto. Del resto per noi ha lo stesso valore di una qualunque altra attrazione, una costruzione così unica e singolare! Alla luce del sole notiamo che queste sono le ore della bassa marea, così come anche ieri notte, vedendo che nel porticciolo in lontananza non c’è acqua e le barche sono appoggiate per terra. La spiaggia è parecchio larga, ma con l’alta marea sicuramente l’oceano avanza fino a ricoprire la base del faraglione, rendendo ancora più suggestiva la villa. Terminata la visita alla villa riprendiamo l’autostrada che porta verso l’estrema punta occidentale, non solo della Cornovaglia ma di tutta l’isola britannica. Si arriva per l’appunto in un posto chiamato Land’s End, ovvero dove la terra finisce, molto pubblicizzato non solo per la bellezza naturalistica della costa ma anche per il parco giochi che vi risiede. Lasciata l’auto nel solito parcheggio a pagamento si passa proprio attraverso il parco, diviso in più parti con varie attrazioni. A noi sinceramente non ispirano più di tanto e proseguiamo direttamente verso la costa. Il panorama qua è davvero bellissimo, non c’è che dire, ci sono diversi punti dove godere una vista spettacolare della costa, in particolare proseguendo per il sentiero che si allontana un po’ dal parco giochi. Passiamo attraverso un ponte sospeso e aggiriamo un promontorio, i turisti diventano sempre di meno e il posto assume contorni decisamente più selvaggi. Lasciato il sentiero principale scendiamo liberamente a ridosso della verdissima costa, per ammirare più da vicino le numerose colonie di uccelli e l’oceano. Ovviamente scatto foto a più non posso, esaltato da questo splendido panorama, fino a quando Carlo non attira la mia attenzione indicandomi qualcosa che spunta dalle onde e che pare una testa. E lo è perbacco! E’ nientemeno che una foca! E’ risaputo che in questo tratto di costa, con un po’ di fortuna, è possibile avvistare delle foche, ma non lo credevamo sul serio! In realtà scopriamo che si tratta di una foca grazie a due ragazzi che hanno il binocolo e guardano nella stessa direzione, poiché è piuttosto lontana, risale solo ogni tanto a tratti ed è difficile distinguerla. Comunque esaltati da questo per noi sensazionale avvistamento, rimaniamo un po’ di tempo ad aspettare che la foca risalga a galla diverse volte e provo a fotografarla, anche se la definizione con lo zoom digitale purtroppo risulta piuttosto scarsa.

Lasciato Land’s End, torniamo indietro verso Penzance, l’unico grazioso paese abitato in questa zona desolata insieme a St. Ives. Parcheggiamo la macchina nel caratteristico porticciolo e passeggiamo per il centro, fermandoci a mangiare in un bel locale del posto (il Pizza Hut non c’è!).

Dopo aver doverosamente comprato varie cartoline, continuiamo verso Marazion, piccolissimo paese con strade strettissime, reso tappa fondamentale per arrivare a St. Michael’s Mount, isolotto famoso per essere il fratello povero di S. Michelle in Normandia. Le caratteristiche sono le stesse, ovvero la possibilità di essere raggiunto via terra tramite un sentiero lastricato che compare “magicamente” con la bassa marea. Con l’alta marea si può comunque raggiungere tramite traghetto. Gli orari delle maree si possono chiedere da qualche parte o si trovano esposti. Per nostra sfortuna quando arriviamo c’è l’alta marea che perdura fino a domani mattina, e decidiamo quindi di saltare questa tappa limitandoci a guardarlo dalla costa, in una giornata tra l’altro di scarsa visibilità. Raggiungiamo successivamente la disabitata penisola del Lizard fermandoci in una baia mozzafiato chiamata Mullion’s Cove. E’ un piccolissimo paese con una sorta di porticciolo immerso in posto incredibilmente bello. Dei bambini fanno tranquillamente il bagno tuffandosi dal piccolo molo, mentre noi rabbrividiamo dal freddo solo a guardarli. Si vedono numerosi sentieri che salgono e seguono la costa alta e spettacolare, sicuramente ideali per un bel trekking, ma noi abbiamo tempo solo per scalare un ripido colle a modo nostro, arrampicandoci letteralmente verso la cima eccitati da questo grandioso panorama. La vista è unica e mozzafiato e meriterebbe una sosta ben più lunga della nostra oretta, che sfruttiamo per ammirare e fotografare il tutto meticolosamente, dagli imponenti faraglioni agli strapiombi verdissimi che si lanciano a capofitto nel profondo blu dell’oceano.

Ripresa l’auto giungiamo, dopo una stretta e lunga strada di campagna alquanto suggestiva, fino all’estremità nel Lizard Point, anche questo bellissimo, che rappresenta il punto più a Sud di tutta l’Inghilterra. Qua ristoriamo adeguatamente in un chiosco del posto e ammiriamo il panorama, prima del giungere del tramonto. Dalle cartoline ci rendiamo conto che esistono altre bellissime baie in zona simili alla Mullion’s Cove, che rendono questa penisola una meta assolutamente imperdibile per la sua bellezza naturalistica.

Appena prima che sia completamente buio raggiungiamo St. Austell, principale centro abitato di questa zona immerso nei monti, a differenza delle tante cittadine costiere della Cornovaglia. Troviamo un enorme BED & BREAKFAST, davvero caratteristico, disposto su due piani più il terzo proprio sotto il tetto, dove sta la nostra spaziosa stanza. L’aria fuori è bella fresca, si sente il passaggio dalla costa alla montagna, ma ovviamente all’interno del BED & BREAKFAST il riscaldamento è azionato a dovere. La notte siamo usciamo rimanendo piuttosto delusi dal fatto che in uno dei principali centri abitati non ci sia nulla di aperto, e ovviamente non sto parlando di negozi, mi riferisco a pub o qualche posto dove prendere qualcosa da bere o divertirsi: non c’è niente! Nella desolazione più totale, giriamo a vuoto per le vie del centro quantomeno per poter dire di aver visitato questa cittadina. 25/4 – Eden Project; Cheddar; Wells; Glastonbury e il Thor; Bristol La tappa predestinata per oggi è quella dell’Eden Project, a due passi da St. Austell, molto pubblicizzata e considerata, piuttosto esageratamente, quasi una meraviglia del mondo. Si tratta delle serre attualmente più grandi del pianeta, costruite per creare ambiziosamente (e il nome lo dimostra) un ambiente che raccolga un’enorme quantità di piante esistenti al mondo, dalle più comuni alle più rare. L’ingresso è tutto un programma, si parcheggia in una delle numerose aree a terrazza (gratuite, dal momento che la mazzata è inclusa nell’esoso prezzo dell’ingresso), ognuna contraddistinta da un frutto per ricordare dove viene lascia la macchina, visto che sono tutte uguali (la nostra ha la banana!). Dopodiché segue una lunga passeggiata a piedi che scende fino a valle, dove si iniziano ad intravedere le enormi strutture a bolla delle serre. Qua è tutto esagerato, dalla sponsorizzazione di questa opera alla mastodontica entrata. Una volta comprato il biglietto, il più caro pagato in tutto il viaggio per vedere una singola attrazione, si percorre un altro lungo sentiero panoramico che scende verso le serre. L’impatto è certamente non da poco e lo stupore è garantito nel vedere queste enormi serre a forma di bolle! Il complesso è diviso in due sezioni, differenti solo per dimensioni, ciascuna composta da tre grandi cupole di cui la più grande è quella centrale. Nella sezione più piccola è racchiusa la vegetazione della fascia temperata, tipica quindi anche del Mediterraneo, dove si trovano in effetti niente di più che le stesse comuni piante che possiamo vedere tutti i giorni ovunque. La parte più grande invece è la più interessante, e racchiude la vegetazione della fascia sub-tropicale, compreso il clima spaventosamente caldo e umido. Un gigantesco scomparto dove si trovano vari punti di ristoro divide le due sezioni e ne permette l’accesso. La prima sensazione che proviamo entrando nella fascia sub-tropicale è quella di un soffocamento generale, al limite della sopportazione, e non è un caso infatti che ogni tanto all’interno si trovino angoli di rinfresco. Il senso di oppressione è accentuato da una folla accalcata di turisti, praticamente tutti inglesi e per giunta tutti anziani! A questi ultimi si contrappongono i bambini, mentre la fascia di età giovanile non esiste e questo ci ha lascia non poco perplessi… Le varie piante comunque sono descritte nel loro nome e nella loro provenienza, e si fa un lungo percorso che attraversa tutta la serra salendo anche in alto. Il paesaggio è piuttosto strabiliante, tra cascate artificiali, ponti vari, piante tropicali, e un tetto gigantesco ed altissimo costruito con le enormi celle esagonali della serra. Il tutto si riduce comunque ad una semplice passeggiata per queste gigantesche cupole costruite dall’uomo, più che a una vera e propria visita naturalistica, forse anche per il disagio della folla e della temperatura che non permettono di godere appieno del posto e fanno desiderare velocemente l’uscita. Io e Carlo non nascondiamo di rimanere un po’ delusi da questo punto di vista, pur apprezzando pienamente la singolarità di questo straordinario posto creato artificialmente dall’uomo (forse, per l’appunto, troppo artificiale e commercializzato!). Lasciato l’Eden e ripresa l’autostrada, tiriamo un’unica traversata fino a Cheddar, famosa per la produzione del suo formaggio e dal punto naturalistico per la presenza di una imponente gola. (quando parlo di tirata intendo dire che Carlo ha toccato i 180 Km/h, stabilendo senza ombra di dubbio, dal momento che la lancetta non va oltre, il record su strada di questa povera Fiat Punto che abbiamo ritirato nuova e riconsegneremo squagliata…). Arrivati verso le 15:00, ristoriamo in un locale decisamente artigianale, l’unico aperto a questa ora del pomeriggio, gestito da un simpatico signore che funge anche da cameriere e dalla moglie che cucina sul retro. In effetti sembra di essere nel salone di una casa, ospiti di questo signore, cordiale e disponibile, con un menù alquanto casereccio e ottime pietanze culinarie tradizionali del posto. Finalmente un pranzo veramente caratteristico del luogo! Subito dopo ci spostiamo verso la Cheddar Gorge, una profonda gola molto bella, con alte pareti verticali ed una conformazione particolare, che si può attraversare tranquillamente in auto tramite una strada serpeggiante che passa nel mezzo. Ovviamente la parte più bella deve essere quella non asfaltata, raggiungibile salendo in cima con qualche trekking o per una famosa scalinata del luogo, ma noi non abbiamo tanto tempo da dedicare a tutto ciò. Dopo una breve sosta per le fotografie proseguiamo a Sud verso Wells per vedere la bella Cattedrale, ma avendone visto in effetti già parecchie altre, non ci fermiamo e diamo priorità ad altro. Sono quasi le 17:00 quando, sempre proseguendo verso Sud poco dopo Wells, arriviamo a Glanstonbury. Siamo incredibilmente incuriositi da questa cittadina, inizialmente neanche preventivata nel nostro viaggio, e posta successivamente come tappa obbligatoria grazie al nostro grande Vincenzo di Marco. Ci chiediamo cosa possa averlo spinto a dedicare buona parte del suo racconto a questa piccola cittadina, che descrive in modo così euforico ed emozionante, e non tardiamo molto a capirlo… Apparentemente passando in macchina per le strade pare una comunissima cittadina, come tante altre inglesi, solite casette con giardino, prati verdi e così via. Ma parcheggiati al centro e scesi per strada sono bastati solo dieci minuti per capire esattamente quello che Vincenzo vuole dire nelle sue memorie! Abbiamo il suo scritto stampato tra le mani e lo leggiamo passo per passo mentre camminiamo per le viuzze principali, è veramente emozionante! Innanzitutto, concordiamo subito sul fatto che qua il misticismo è intrinseco nel luogo e si respira un’atmosfera davvero singolare e suggestiva in questa cittadina considerata la capitale del New Age. Ogni abitante è un personaggio, c’è gente di tutti tipi e di tutti i colori, alcuni molto trasandati nell’abbigliamento, altri nel look in generale: insomma sembra comunque di passeggiare tra vagabondi e viaggiatori provenienti da chissà quale parte del mondo, con zaino sulle spalle, poiché, come narra Vincenzo prima di noi e come si dice qua nel posto, nessuno arriva mai a Glanstonbury “per caso”. Tutti sono alla ricerca di qualcosa, dell’illuminazione che possa cambiare la vita, del rito religioso che permette di andare al di là del mondo comune ai mortali. Alcune leggende celtiche vogliono infatti che in una collina a due passi dal paese, dove sorge il Thor, si apra la porta per l’oltretomba. Ma questa è solo una delle tante. Un altra vuole che qua sia sorta Avalon, il luogo dove Re Artù è stato portato ormai morente e sepolto insieme a Ginevra presso le rovine dell’abbazia, che purtroppo noi non possiamo visitare poiché già chiusa. Per dettagli maggiori rimando comunque al racconto di Vincenzo, che scrive minuziosamente ogni particolare storico e leggendario di Glanstonbury.

Dopo aver visto qualche particolarissimo negozio, con ogni tipo di incensi, candele, bigiotteria mistica, incantesimi vari provenienti dall’oriente e da chissà quali parti, (una vera chicca per chi ha un minimo di credenza sulla magia, stregoneria, o semplicemente superstizione), ci fermiamo a prendere qualcosa da bere in un bar. Qua, continuando a leggere il racconto di Vincenzo, e ridendo di cuore immaginando la scena della moglie Anna che commenta sul suo quadretto, considerato “un obbrobrio” da non appendere assolutamente in casa, decidiamo di intraprendere la fatidica scarpinata purificatrice, salendo sulla cima del Thor, un colle con una torre sulla cima, da cui si gode una grandiosa vista della vallata, e con numerose leggende legate persino al Santo Graal. Presi dall’euforia di tutta questa atmosfera e armati di videocamera e macchina fotografica, ci avviamo per affrontare la lunga scalata che porta al colle, ma prendiamo l’ingresso posteriore e siamo costretti a fare un divertentissimo giro tra i campi coltivati, oltrepassando scalette appositamente messe per scavalcare le recinzioni, lasciando il paese alle spalle e salendo su un ripido sentiero alle spalle del Thor. Mentre il colle si avvicina con la sua torre che domina il paesaggio, restiamo colpiti dall’incredibile numero di personaggi del posto, e le chicche si susseguono una dietro l’altra! Una persona rimane con le braccia aperte come a formare una croce per più di dieci minuti sulla cima (mentre noi ci chiediamo esterrefatti cosa stia facendo), e durante l’ultimo pezzo della salita alcuni ragazzi in cerchio, visibili in lontananza, stanno operando chissà quale rituale o messa strana. Sul sentiero poi si notano costantemente numerose macchie che paiono cera fusa, uno strano odore nell’aria, ed una ragazza, ormai in prossimità della torre, ci ferma parlando di cose stranissime, di quei ragazzi laggiù e del fatto che sia una strega (e io non ho dubbi che creda di esserlo davvero, deve aver fumato l’impossibile…). Ovviamente non badiamo a lei e raggiungiamo la cima, dove la vista si rivela veramente grandiosa! Si scorge tutta la vallata, la cittadina di Glanstonbury in controluce, mentre il sole cala velocemente, ed il panorama spazia su tutta la verde campagna inglese. Le nostre fatiche sono ricompensate alla grande! Dopo aver ripreso fiato contemplando questo splendore e scattando le doverose foto al monumento del Thor, scendiamo stavolta dal sentiero principale, molto meno ripido e meno lungo. Purtroppo rimaniamo mortificati nel non aver avuto il tempo di visitare il Chalice Well, il giardino di cui parla Vincenzo, luogo di pace e silenzio dove una sorgente d’acqua ferruginosa avrebbe (sempre secondo leggende) poteri taumaturgici. Più che soddisfatti comunque da questa indimenticabile sosta a Glanstonbury, cittadina fuori da qualsiasi parametro comune, riprendiamo l’auto per salire verso Nord e raggiungere Bristol, dove contiamo di trovare alloggio per la notte. Arriviamo con tutta calma verso le 20:00 di sera, e rimaniamo colpiti dal paesaggio intorno circondato da imponenti boschi, costeggiando il fiume con l’altissimo ponte che è diventato quasi un simbolo di questa grande città. Entrati nel centro, iniziamo a girare in tondo alla ricerca di un qualsiasi alloggio, ma clamorosamente non troviamo nulla per accogliere un povero turista in cerca di un posto per dormire, nemmeno un insegna di un hotel! Osserviamo solo tantissimi giovani e ragazzi che escono e vanno a divertirsi (è giovedì sera), e siamo costretti dopo un’ora di inutili ricerche, a spostarci fuori città nella speranza di trovare qualche BED & BREAKFAST in qualche borgo vicino. Alla fine, perso l’orientamento nonostante siamo in possesso della cartina sottomano e non riuscendo più a capire la nostra posizione e direzione, vaghiamo per strade isolate immerse nel bosco dall’aspetto quasi inquietante e lugubre, trovando qualche frazione abitata ogni tanto ma senza nessuna possibilità di alloggio. Le nostre speranze stanno ormai svanendo verso le 22:30, siamo stremati e distrutti, con una forte allergia nei confronti dell’abitacolo della macchina dopo ore di ricerca, quando come un miraggio ci appare la scritta di una guesthouse in una strada con qualche casa intorno. Sostiamo senza indugio in questa particolarissima abitazione, arredata egregiamente in tutto rispetto dalla padrona del posto, dove ci pare di essere in un hotel raffinato con tutta questa moquette rossa e tutti questi specchi sistemati ovunque, nei corridoi, nelle scale, nelle stanze e persino nel bagno di fronte alla doccia! Chissà dove siamo finiti… 26/4 – Oxford Consumiamo una lauta colazione nella sala circondata anch’essa da specchi di questa singolare guesthouse, e riprediamo il viaggio tornando verso Bristol e seguendo le indicazioni per Oxford. E’ un peccato non avere molto tempo, perché Bristol, a parte l’inospitalità della notte precedente, pare davvero una città interessante che merita una visita più approfondita. Dopo una lunga traversata per il centro dell’Inghilterra, sbagliando tra l’altro autostrada, cosa che costringe ad allungare parecchio e perdere non poco tempo, arriviamo finalmente alla rinomata Oxford. La soluzione migliore probabilmente sarebbe quella di lasciare la macchina fuori città e prendere il bus nelle apposite aree chiamate “Park & Ride”, seguendo il consiglio stesso dei cartelli inglesi, ma noi questo lo realizziamo troppo tardi e andiamo direttamente in centro, nei soliti carissimi parcheggi a pagamento (stavolta però abbiamo tenuto ben presente il conto delle ore e il passare del tempo…). Una volta lasciata l’auto entriamo per prima cosa in un Tourist Office per prendere la cartina della città ed un elenco dei BED & BREAKFAST, quindi passeggiamo ininterrottamente per il centro fino all’ora di pranzo, dove scegliamo di ristorarci all’ormai più che collaudato Pizza Hut. Oxford è una cittadina veramente graziosa, bella per fare la vita da studente, piena di giovani, di spazi verdi, di parchi, di college e università. La storia e l’arte sono intrinseche nelle vie del centro, ricche di monumenti ben mantenuti, di chiese, persino le strutture universitarie sono grandiose e appariscenti. Non abbiamo granché tempo per fermarci a visitare tutto quello che c’è da vedere (ci vorrebbero non meno di tre giorni), così optiamo per fare un giro illustrativo, quantomeno per respirare l’atmosfera di questa cittadina così famosa nel mondo. Le vie del centro sono interamente chiuse da una grande zona pedonale, e il mezzo più usato per spostarsi (e ovviamente più economico per uno studente) è la bicicletta. Se ne trovano ovunque, lasciate tranquillamente per strada anche senza protezione (tanto chi la ruba, ce l’hanno tutti!). I negozi di souvenir, inutile dirlo, pullulano ovunque e offrono di tutto e di più per il turista. Passeggiando liberamente per le affollate e vispe vie del centro, veniamo attratti dalla costruzione della libreria, uno dei più bei monumenti di Oxford. Visitiamo solo l’ingresso, molto suggestivo, dove apprendiamo che negli archivi sono contenuti la bellezza di oltre cinque milioni di volumi! Tornati al BED & BREAKFAST, che abbiamo cercato subito dopo pranzo, un po’ in periferia e decisamente più caro rispetto alla media degli altri inglesi, riposiamo e usciamo per la notte, convinti che il venerdì sera il fine settimana è già iniziato e abbiamo buone possibilità di trovare senz’altro un bel po’ di movimento. E così è in parte, anche se ci aspettavamo qualcosina di più da una città così piena di giovani e studenti. Entriamo gratuitamente in numerosi pub, ma nessuno ci ispira poi più di tanto, fino a quando, ad una certa ora, solamente le disco e i night-club a pagamento rimangono aperti. Rientriamo dunque al BED & BREAKFAST, dove mettiamo in atto un’altra mitica chicca notturna. Poiché il parcheggio del nostro BED & BREAKFAST fa angolo con una traversa e finisce sul retro, e non essendoci nessuna insegna o targa quantomeno luminosa che lo indichi, è buio pesto e giriamo l’angolo finendo per cercare di aprire la porta sbagliata, quella prima del nostro BED & BREAKFAST. Le chiavi ovviamente girano a vuoto e non aprono proprio per niente, cosicché dopo vari tentativi cominciamo a bussare preoccupati (è l’una di notte!). Ricorderò sempre la faccia della signora impaurita che sopraggiunge all’improvviso sul vetro della porta, senza aprire, e che urla: “Next door! Next door!”… Realizziamo in qualche istante di secondo la nostra bellissima cantonata, e corriamo nella porta affianco (quella giusta stavolta) entrando sorridendo (ma sarebbe meglio dire ridendo a lacrime) nel BED & BREAKFAST, pensando tutto sommato che certamente non siamo gli unici ad aver sbagliato e che la signora deve essere più che abituata a questi poveri turisti…Distratti! 27/4 – Cambridge Lasciata Oxford raggiungiamo Cambridge, ultima tappa del nostro viaggio, appositamente scelta per la sua vicinanza all’aeroporto di Stansted. Solito tram-tram per il parcheggio, e perlustrazione delle cittadina, che appare ai miei occhi anche più carina e accogliente di Oxford. Probabilmente l’età media è più bassa ma per il resto è tutto nello stile di Oxford: una vastissima zona pedonale che rende piacevole la passeggiata per il centro, un sacco di negozietti, bei monumenti e splendidi college, tante biciclette, meravigliosi parchi verdi e ovviamente una miriade di giovani studenti. Il tutto crea un’atmosfera bellissima, e anche questa è sicuramente una cittadina che merita una visita approfondita di più giorni per essere apprezzata appieno. Dopo pranzo cerchiamo il BED & BREAKFAST nelle vie segnalate dalla nostra cartina, comprata al Tourist Office, e ne troviamo uno allo stesso prezzo di Oxford, ugualmente un po’ in periferia. Stavolta ad accoglierci è stato un irlandese, che quando ha saputo che Carlo vive a Dublino comincia un lungo e simpatico discorso, e ci offre una camera niente male. Dedichiamo la sera ad un pò di shopping, passando dal mercatino del posto ai numerosi negozi del centro, dovendo recuperare qualche ricordo che nella corsa del nostro viaggio non siamo ancora riusciti a comprare. L’ultima chicca è quella di un singolare personaggio che, per ricevere le classiche monetine in offerta, ha il coraggio di infilarsi in un bidone della spazzatura (quelli tipici inglesi a forma di cilindro, neri, con due fessure ai lati in alto), dove suona la chitarra. La particolarità della cosa è che inizialmente si sente la musica e la voce senza capirne la provenienza, fino a quando si inizia a vedere spuntare mezzo manico di chitarra dalla fessura del bidone e mezza faccia del poveretto dall’altra fessura. Parecchia gente si avvicina a chiedergli di uscire, ma lui insiste imperterrito a cantare! Certo non si può assolutamente ridere di queste scene che sono in realtà piuttosto penose, ma non si può negare che sul momento la cosa è apparsa assai buffa (anche perché il personaggio canta e suona bene per giunta!). La notte siamo usciamo nuovamente alla ricerca di qualche pub divertente, e stavolta lo troviamo quasi subito, molto più facilmente che ieri a Oxford. C’è bella musica e gente tranquilla, piuttosto raffinata aggiungerei, e si sta parecchio bene. Dopo una bella serata torniamo al BED & BREAKFAST, senza sbagliare porta, dovendoci alzare domani alle 6:00 per andare in aeroporto.

28/4 – Rientro volo Londra Stansted – Alghero Alzati la mattina prestissimo, carichiamo le valigie e partiamo da Cambridge per l’aeroporto di Stansted. Arriviamo in poco più di mezz’ora di autostrada scorrevolissima, tutto fila liscio, riconsegniamo l’auto, accompagno Carlo al check-in del suo volo per Dublino e ci salutiamo facendo colazione al bar con un buon the caldo inglese, riassumendo brevemente le chicche di questo splendido viaggio. Il mio volo per Alghero è un’ora dopo, e mi aspetta poi anche la corriera per Cagliari, un intero giorno di viaggio… Ecco il mio viaggio! Per il racconto documentato da splendide fotografie rimando vivamente al mio sito: www.Ivanweb.Net



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