On the road da sogno tra parchi nazionali e oceano nell’ovest Usa

San Francisco, Yosemite, Sequoia NP, Las Vegas, Zion NP, Bryce Canyon, Arches NP, Mesa Verde, Santa Fe, Petrified Forest NP, Grand Canyon, Monument valley, Phoenix, Joshua Tree NP, Palm Springs, San Diego, Los Angeles, Disneyland, Santa Monica, costa della California...
Scritto da: francelucarelli
on the road da sogno tra parchi nazionali e oceano nell'ovest usa
Partenza il: 26/04/2010
Ritorno il: 20/05/2010
Viaggiatori: 2
Spesa: 4000 €
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Consigli di viaggio

1. E’ un viaggio bellissimo, ma molto impegnativo, ed è molto importante la fase di preparazione. Per questo è necessario documentarsi molto. Informatevi sul tipo di passaporto valido (www.poliziadistato.it, www.usembassy.it), compilate il modulo Esta per viaggiare senza visto (www.usembassy.it) almeno un mese prima della partenza e leggete molto, sia sulle guide (tra le meglio per le informazioni sono sicuramente la lonely planet e la rough guide) che sui vari blog di internet.

Indice dei contenuti

2. Per il noleggio dell’auto vi consiglio il sito www.enoleggioauto.it, che ha dei prezzi davvero economici e soprattutto comprende tutte le assicurazioni necessarie.

3. Volo: noi abbiamo prenotato direttamente sul sito di airfrance (/www.airfrance.it) poiché aveva gli stessi prezzi di expedia e opodo. L’unico consiglio è quello di iniziare a guardare i prezzi un po’ di tempo prima e considerare che il momento migliore per fissare è da 2 a 1 mese prima della partenza, mentre sia prima che dopo i prezzi sono in genere più alti.

4. Alberghi: conviene prenotare solo quelli all’interno delle grandi città, per evitare di trovarsi troppo spaesati, e anche perché a volte prenotando on-line si riescono ad ottenere prezzi più vantaggiosi; noi abbiamo utilizzato il sito www.booking.com. Per gli altri alberghi è meglio sceglierli di volta in volta, magari avendo idea di quanti ce ne possano essere nel posto in cui si prevede di pernottare. Tenete conto infatti che in alcuni posti può esserci un solo motel e non essercene altri per 200 chilometri. Considerate inoltre che noi abbiamo fatto il viaggio in bassa stagione, ma di luglio e agosto in alcuni posti, soprattutto vicino ai parchi nazionali, è sicuramente indispensabile prenotare. Le catene con il miglior rapporto qualità-prezzo sono Comfort Inn e Quality Inn, mentre tra i più economici il migliore è Motel6. In alcuni posti ci sono invece alcuni motel a gestione familiare davvero sorprendenti. Buona regola è chiedere di poter vedere sempre la camera prima di pagarla, e non preoccupatevi perché è una cosa normale e nessuno si arrabbierà.

5. Cercate di organizzare bene le tappe e le distanze da percorrere, tenendo conto che il tragitto in macchina non è solo uno spostamento da un luogo ad un altro, ma è una parte molto importante del viaggio data la bellezza, la maestosità e la varietà dei paesaggi che si incontrano. Per cui anche una media di 500-600 chilometri al giorni non risultano mai pesanti. Considerate però che in alcuni stati potete non incontrare nulla per centinaia di chilometri, e per nulla si intende davvero il nulla più totale, ne case ne pompe di benzina. Fondamentale è avere un navigatore, e la miglior cosa è portarselo dall’Italia con le cartine americane installate.

1^ GIORNO Lunedì 26 Aprile 2010 – Italia-San Francisco

È finalmente giunto il gran giorno… stamane si parte per l’America! Il viaggio sognato da una vita, progettato e desiderato sta per diventare realtà.

Si parte da Firenze ore 7.15, volo AirFrance destinazione San Francisco, con scalo intermedio Parigi. Lo avevamo prenotato circa due mesi prima direttamente sul sito AirFrance, costo 700 euro a persona a/r.

La sveglia suona alle 3.15, valige già pronte, gli ultimi controlli e via…dritti all’aeroporto…fortunatamente il volo è confermato ed è in orario, quindi tiriamo subito un bel sospiro di sollievo dopo l’ansia dei giorni prima dovuta all’emergenza vulcano. Check-in veloce, con le nostre due valigione che rispettano abbondantemente i 23 kg previsti (abbiamo intensione di comprare un sacco di cose!!!)…e via sull’aereo.

A Parigi abbiamo solo un’ora di tempo per lo scalo, quindi velocemente ci spostiamo dal terminal 2G al 2E con la navetta, che infatti ci mette quasi un quarto d’ora. Passiamo di nuovo il controllo (anche se pensavamo peggio, infatti il bagaglio a mano non ce lo ricontrollano nemmeno) e saliamo sul “bestione” che ci porterà a San Francisco. Il viaggio dura 11 ore ma risulta piacevole in quanto ogni seggiolino ha il suo televisorino personale e puoi scegliere tra una serie di film (alcuni anche in italiano), giochi e altre cose varie. I pasti ovviamente non sono granchè, ma avendolo saputo primo si poteva ordinare qualcosa di diverso al momento del check-in on-line (tipo pesce, vegetariano, ecc..).

Ore 13.30: con un’oretta di ritardo atterriamo a San Francisco, un’occhiata e subito si vede di essere in America, camion giganti, suv enormi…tutto sa di americano. Riprendiamo le valigie, cambiamo gli euro che ci eravamo portati (circa 400 euro) e saliamo sul Bart, un trenino che va verso il centro città. Il nostro albergo (Hotel Adagio), prenotato con Booking, si trova vicino a Union Square, quindi per andarci scendiamo al Civic Center e facciamo a piedi un pezzo di Market Street, che le guide indicavano come un posto non molto bello ed infatti anche alle tre del pomeriggio non ispira molta fiducia. L’albergo invece è molto carino, in una zona tranquilla e a cinque minuti a piedi da Union Square… si rivelerà un buon affare! È pomeriggio ma per noi è già notte fonda (9 ore di fuso), comunque decidiamo di tirare avanti finchè ce la facciamo e poi andare a letto per abituarsi subito al nuovo fuso orario. Quindi usciamo e prendiamo il Cable Car da Union Square al Fisherman’s Wharf, il molo della città pieno di negozini e ristoranti. La corsa costa 5 dollari ma vale davvero la pena… tutto aperto con la gente attaccata alle maniglie che penzola fuori dal trenino… l’autista che muove le leve in su e giù per manovrare queste carrozze rimaste uguali da 100 anni… e poi assaporare il continuo Sali-scendi della città… è davvero bello. Fa un freddo cane e Ire ne approfitta per comprare subito una bella felpa di San Francisco per scaldarsi un po’. Facciamo un giretto veloce per il molo…ma siamo troppo stanchi… quindi ceniamo da Boudin, una panetteria molto famosa, con un cocktail di gamberi e un sandwich (15 dollari)…e via a nanna con un taxi (9 dollari).

Albergo: Hotel Adagio (80 dollari a camera senza colazione).

2^ GIORNO Martedì 27 Aprile 2010 – San Francisco

Ed ecco che il tanto temuto fuso orario si fa sentire…alle 4 di notte siamo già svegli! Poco male, ne approfittiamo per chiamare casa, buttiamo giù un programmino per la giornata e verso le 7.30 usciamo per una colazione da Starbucks, che si trova proprio a due passi dall’albergo. Nonostante sia primavera inoltrata, il clima è tipicamente invernale…piove ed è freddissimo…e meno male che avevamo deciso di portare anche il piumino perché qui ci vuole davvero! Facciamo un giro in Union Square, che rappresenta la zona chic della città, piena di boutique e locali di classe, ma naturalmente i negozi sono ancori tutti chiusi e non apriranno prima delle 10.00. Proseguiamo visitando il Financial Discrit dove vediamo i nostri primi grattacieli… sembra quasi di essere a New York… alcuni sono davvero belli, soprattutto la Piramide, sicuramente il più famoso edificio di questa zona. È bello vedere come ad ogni angolo si respira l’aria americana…l’enorme camion dei pompieri… le colonnine per prendere i giornali al posto delle edicole… il fumo che esce dai tombini… e ovviamente è tutto da fotografare. La seconda tappa della giornata prevede la visita di Chinatown, quindi risaliamo qualche stradina che collegano il Financial Discrit con questo quartiere e percorriamo la via principale di Chinatown verso la porta d’ingresso che si trova poco sopra Union Square… avevamo qualche pregiudizio su questo quartiere ma invece si rivela una visita piacevole… è una via addobbata dalle classiche lampade rosse con gli edifici a forma di pagoda e tutti i negozini che vendono qualsiasi tipo di souvenir. Naturalmente non ci lasciamo sfuggire qualche acquisto. Ci dirigiamo poi verso gli Hierba Buena Gardens, una zona con un grande piazzale, dei giardinetti e alcuni musei, tra cui il famoso Sfoma, il museo d’arte moderna, che però decidiamo di non visitare per mancanza di tempo.

È quasi ora di pranzo, quindi riprendiamo il Cable Car in direzione Fisherman’s Wharf e ci dirigiamo al Pier 39, il molo più famoso di San Francisco, dove ci sono un sacco di negozi e ristoranti di ogni genere… molto turistico ma davvero molto carino. Dopo un pranzo a base di fish and chips e coca-cola (20$) girottoliamo un po’ per il molo, ovviamente comprando un sacco di regalini e poi andiamo al Pier 34 per prendere il traghetto per Alcatraz, i cui biglietti li avevamo già comprati su internet (26$ a persona). La visita dell’isola dura un paio d’ore ed è veramente interessante, anche perché nel prezzo è compresa l’audioguida con commento in italiano che spiega un sacco di cose…e poi vedere il braccio di celle dove hanno girato il film dal vero fa davvero impressione…inoltre la vista della baia di San Francisco dall’isola è davvero stupenda!

Tornati sulla terraferma ci dirigiamo verso il quartiere italiano, un insieme di stradine abbastanza vitali dove si susseguono pizzerie, trattorie e qualche ristorante francese… e visto che è ora di cena ci concediamo una buona pizza napoletana e una birra californiana molto buona, la AmberAle (spesa 40$). Anche se siamo stanchissimi decidiamo di tornare in albergo a piedi, tanto abbiamo visto che in questa città le distanze non sono enormi e si gira molto bene, inoltre possiamo osservare tutti i grattacieli illuminati che sono davvero suggestivi.

Albergo: Hotel Adagio (80 dollari a camera senza colazione).

3^ GIORNO Mercoledi 28 Aprile 2010 – San Francisco

Anche oggi il fuso orario ci da qualche problemino… e infatti ci svegliamo molto prima del previsto. Dopo aver provato, senza grandi risultati, a ridormire un po’, decidiamo che è il momento di uscire. Colazione a Starbucks e via verso il Presidio Park. Questo parco si trova qualche kilometro a ovest rispetto al centro città e per raggiungerlo prendiamo l’autobus proprio sotto al nostro albergo e nel giro di 10 minuti siamo là (la corsa in autobus costa 2 $). Appena scesi ci accorgiamo dell’immensità di questo parco e di come sia estremamente curato… non c’è veramente nulla fuori posto e facciamo subito il nostro primo incontro di una lunga serie con la “wild life” americana… un bellissimo scoiattolo. Al suo interno ci sono un sacco di musei e luoghi interessanti… a noi incuriosiva il Japanese Tea Garden (ingresso 7 $), una ricostruzione di un giardino giapponese con tanto di bonsai, ruscelli, ponticelli e giardino zen… un posto in cui sentirsi in pace con se stessi…sarà anche che è appena spuntato un bel solicino che cerca di scaldare un po’ questo clima davvero gelido! Ci concediamo anche un the sosrseggiato sotto il gazebo in puro stile giapponese…molto carino. Una volta usciti dal giardino giapponese ci incamminiamo lungo i sentieri del parco con l’obiettivo di raggiungere l’oceano ma ad un certo punto perdiamo le indicazioni delle strade e ci ritroviamo in mezzo ad una strada deserta e all’improvviso inizia a diluviare… essendo ormai troppo tardi per tornare indietro, decidiamo di continuare con la speranza di raggiungere ugualmente il tanto desiderato oceano pacifico… e alla fine, dopo 5-6 km di cammino ce la facciamo; eccolo lì davanti a noi… immenso, cupo, agitatissimo. E’ fantastico, completamente diverso dal mare a cui siamo abituati noi. Anche se il cielo è grigio e piove, è davvero un’emozione fantastica, forse lo rende ancora più suggestivo. Costeggiamo il mare fino alla Cliff House, un promontorio con una roccia di fronte e pranziamo in un piccolo ristorante a picco sull’oceano in puro stile americano, che ci piace davvero un sacco… forse anche perché mangiamo il nostro primo vero hamburger americano…enorme e buonissimo…davvero niente a che vedere con il McDonald’s…e poi passano continuamente a riempirti la bibita…che strano ci sembra all’inizio (30$).

Con lo stomaco pieno ci rimettiamo in cammino …la nostra prossima meta è il Golden Gate! Per arrivarci dobbiamo cambiare due autobus e nel giro di una ventina di minuti arriviamo nel piazzale all’inizio del ponte… e così lo vediamo… è là davanti in tutta la sua bellezza. Inoltre in questo momento il clima ci sta dando una mano perché è uscito un bel sole che ce lo fa apparire ancora più bello. Ci facciamo un paio di foto di rito da questo punto panoramico e poi ci incamminiamo sul ponte decisi a percorrerne almeno un pezzo, fino al primo pilone. Dal vero è più grande di quello che sembra, sopra ci passa una strada a sei corsie transitatissima, con un sacco di camion enormi che fanno tremare tutto. La vista però è fantastica, incredibile. Siamo proprio sopra a quel ponte rosso che si vedeva sempre nelle foto. Che emozione. Prossima tappa Lombart Street, quella stradina famosissima tutta curve, la strada più tortuosa del mondo. Riprendiamo l’autobus (vale sempre il biglietto di prima perché dura tre ore), che però ci scende dalla parte opposta della strada, quindi prima dobbiamo risalirla tutta dall’altra parte (che invece è dritta) e poi ridiscendere dal pezzetto famoso… è una faticaccia incredibile, con una salita allucinante, dove i cartelli stradali obbligano a parcheggiare le macchine a 90 gradi per paura che partano all’indietro… qualche foto e poi ci dirigiamo nuovamente verso il pier 39 per cenare e vedere la baia al tramonto… intanto ha ricominciato a piovere a dirotto… è davvero incredibile come il tempo riesce a cambiare nel giro di un minuto! Ceniamo con due belle Clam Chouder, una zuppa tipica della costa della california del nord, a base di patate e vongole, molto buona (totale 15$) e poi aspettiamo il tramonto sul molo… è in questo momento che forse la baia dà il meglio di se… e sicuramente questo era il modo migliore per salutare San Francisco, visto che domani inizia il vero tour on the road…quindi un taxi e a nanna, la giornata inizierà presto.

Albergo: Hotel Adagio (80 dollari a camera senza colazione).

4^ GIORNO Giovedì 29 Aprile 2010 – San Francisco-Berkeley-Sutter Creek-Sonora (300 km)

Ecco quindi arrivato il giorno della verità…oggi dovremo confrontarci con una nuova realtà…le strade americane. Sveglia presto, colazione in camera con cookies e orange juice, comprati la sera prima al market sotto l’albergo e via…l’auto a noleggio ci aspetta. L’avevamo fissata su internet una settimana prima di partire tramite il sito enoleggioauto.it: 570 euro per una compact, 23 giorni, con un pieno di benzina, guidatore aggiunto e tutte le assicurazioni comprese; tutto sommato c’è sembrato un buon prezzo. Ritiriamo l’auto all’ufficio Alamo del centro, in Bush street, dove il venditore tenta subito di affibbiarci un’auto di dimensioni più grosse alla “modica” cifra di 11$ in più al giorno, dicendo che le nostre valigie (due grosse e due piccole) non sarebbero mai entrate nel bagagliaio. Naturalmente noi non accettiamo la proposta e meno male, visto che l’auto che ci danno è veramente grande, una Chevrolet cobalt blu dove le valigie ci stanno alla grande e noi siamo comodissimi…tutto sommato è una bella macchinina! Montiamo subito il nostro navigatore Becker portato dall’Italia, su cui avevamo installato la cartina dell’america del nord costata 100 euro…usciti dal parcheggio ci troviamo subito nel bel mezzo del traffico cittadino, ma nulla a che vedere con le città italiane…qui è tutto molto più tranquillo. La prima tappa è Berkeley, una trentina di chilometri a est di San Francisco, da dove abbiamo deciso di passare perché ci incuriosiva vedere per una volta un campus di un’università americana…attraversiamo il golden gate, osserviamo la baia per l’ultima volta e via sulla freeway, l’autostrada americana…l’auto si guida davvero bene, il cambio automatico è una pacchia…l’unico problema sono i limiti di velocità…cambiano molto repentinamente e c’è da stare molto attenti. L’università di Berkeley è proprio come quelle che si vedono nei film…un posto che ti fa venir voglia addirittura di studiare…edifici bellissimi, pratini super curati e studenti che camminano per i vialetti con i libri sotto braccio o fanno sport. Se vi trovate a passare da queste parti vale la pena soffermarsi un’oretta, almeno per rendersi conto di questa realtà.

La prossima tappa è la Gold country, la regione dell’oro, dove nell’ottocento si concentravano la maggior parte delle miniere d’oro del paese e dove alcune cittadine sono rimaste com’erano allora con tutti gli edifici in puro stile far west. Arrivati a Placerville percorriamo la Highway 49, la strada panoramica che attraversa tutte le principali cittadine di questa regione… la strada è molto suggestiva… attraversa panorami di campagna con qualche piccola città che spunta qua e là, con edifici storici che rigorosamente si susseguono lungo la strada principale. Ci fermiamo a Sutter Creek, dove però non c’è granchè a parte qualche negozietto d’antiquariato e poi proseguiamo per Sonora, più a sud, dove abbiamo intensione di pernottare visto che è una delle città più vicine al parco di Yosemite. Questa cittadina di 5000 abitanti ci riserva un sacco di piacevoli sorprese…innanzitutto troviamo un motel veramente carino “The Gunn house” (super consigliato) con una colazione stratosferica a base di dolci fatti in casa…e poi mangiamo una fajitas messicana davvero buona, annaffiata da un bel margaritas (cena 40 $). Peccato che i negozietti fossero già tutti chiusi (chiudevano alle 17.00), ma la passeggiata di sera fino alla chiesetta in cima alla strada è stata lo stesso molto romantica. E adesso via a nanna, domattina ci aspetta il primo parco nazionale …e non è un parco qualunque… è lo Yosemite!

Albergo: The Gunn House motel (camera matrimoniale 69$, con colazione).

5^ GIORNO Venerdì 30 Aprile 2010 – Sonora-Yosemite NP-Kingsburg (300 km)

Ore 7.00: colazione irripetibile, che da sola valeva quasi l’intero prezzo della camera, un saluto all’affettuoso Cricket (il bassottino dell’albergo) e via in marcia verso lo Yosemite, che dista circa un’ora e mezzo. Temperatura 5 gradi…meno male siamo ben attrezzati. Dopo un po’ la strada inizia a salire mostrandoci una vista spettacolare su tutta la valle e quando iniziamo a vedere la neve, ecco che ci appare il casottino dei ranger che segnala l’ingresso al parco. Compriamo subito l’abbonamento annuale per i parchi nazionali al costo di 80 $, che per noi è un ottimo affare, visto che abbiamo intenzione di visitare un bel po’ di parchi (vale la pena se avete intenzione di visitare più di 4 parchi, visto che costano tutti 20-25 $) e ci consegnano mappa e giornalino del parco, naturalmente in inglese, che noi ci accingiamo a leggere accuratamente cercando di capire tutta la storia del parco. La strada continua a salire fino a 1700 metri, dopodiché ridiscende fino alla valle del parco, che si trova a 1200 metri, ed è a questo punto che si apre di fronte a noi un panorama indescrivibile…in lontananza si vedono i due picchi di granito del parco (l’half dome e il north dome), immensi, che si innalzano contro un cielo azzurrissimo…dai monti scendono due o tre cascate a picco di cui si riesce quasi a sentire il fragore fin quassù…nessuna parola potrà mai descrivere la bellezza di questo posto…dopo decine di foto rimontiamo in macchina e ci dirigiamo al visitor center, che si trova in mezzo alla vallata. Qui ci confermano che parte del parco è ancora chiuso per neve, in particolare il Tioga Pass e il Glacier Point, anche se noi già ce lo immaginavamo visto che c’eravamo informati prima di partire sul sito del National Park Service. Decidiamo di fare due sentieri: uno di 1,5 miglia, facile, che parte poco più in la del visitor center, da cui si può ammirare una cascata da sotto in tutto il suo splendore, e l’altro di circa 3 miglia, che porta al mirror lake, un lago in cui si specchia l’half dome…davvero bello. Pranziamo a bordo del lago con frutta e cookies, in compagnia di un simpatico scoiattolo e torniamo verso il villaggio…qualche acquisto negli immancabili negozietti e verso le 5 ripartiamo, direzione Fresno, lasciandoci alle spalle questo spettacolo della natura che, già ne siamo consapevoli, porteremo per sempre nei nostri cuori.

Per la sera decidiamo di oltrepassare Fresno, per dormire un po’ più giù, il più vicino possibile al Sequoia National Park…e poiché dalla cartina la città migliore sembra essere Visalia, decidiamo per questa destinazione. Purtroppo proprio li è in corso un convegno medico, gli alberghi sono tutti al completo e non ci sembra il caso di spendere 150 $ per l’unica camera rimasta…l’unica soluzione è tornare indietro di 30 km a Kingsburg (visto che più avanti non c’è niente prima del sequoia), dove troviamo un motel che avevamo in precedenza scartato erroneamente. Inconvenienti che capitano, poco male. Visto che si è fatto un po’ tardi però (sono quasi le 10), i ristoranti sono tutti chiusi, quindi panino al Mc’Donalds, cocacola e via a letto.

Albergo: Quality Inn Kingsburg (camera king 69 $, con colazione).

6^ GIORNO Sabato 1 Maggio 2010 – Kingsburg-Sequoia NP-Lone Pine (600 km)

Dopo l’affascinante parco di Yosemite, il nostro primo parco nazionale, oggi ci aspetta un’altra tappa piena di aspettative, il Sequoia National Park. Da dove siamo dista circa un’ora, quindi sveglia verso le 7, colazione e in marcia. Per fortuna anche oggi il tempo è bellissimo, freddino, ma senza una nuvola. Dopo l’ingresso al parco la strada inizia a salire con un sacco di tornanti e anche in questo caso dopo poco spunta la neve, ma stavolta ce n’è veramente tanta e fa freddissimo. Quando scendiamo di macchina al visitor center il termometro segna 2 °C. Purtroppo anche in questo parco molte strade sono ancora chiuse per neve, quindi dobbiamo limitarci a rimanere lungo la strada principale…peccato perché ci sarebbe piaciuto andare alla Crystal Cavern. Nonostante questo, riusciamo a vedere le magnifiche sequoie giganti, sono davvero incredibili; alberi enormi difficili da immaginare finchè non si vedono dal vero. E poi il bello è che te li trovi di fronte da un momento all’altro, infatti abbiamo letto sul giornalino del parco che crescono solo in questa zona, lungo una fascia di pochi chilometri al di sopra di un fiume, incredibile! Ci soffermiamo un po’ di fronte al Generale Shermann, l’albero più grosso del mondo, quasi incapaci di toglierli gli occhi di dosso… è enorme. Qui ci scappa anche una bella scivolata sul ghiaccio, una bella botta di schiena, che allo stesso modo della sequoia, mi lascia senza fiato per qualche secondo, per fortuna solo un po’ di paura ma nessuna conseguenza. Dopo il nostro solito giretto al negozio di souvenir, riprendiamo la via del ritorno…sono solo le 13, ma ci aspetta un bel viaggione di 500 km. Per strada ci fermiamo a mangiare in un posto carino, poco dopo l’ingresso del parco, dove fanno panini e insalate espresse come vuoi te, una sorta di subway casereccio (12 $ per due insalatone enormi e due te freddi).

Il viaggio è lungo ma è davvero spettacolare. Aggiriamo tutta la Sierra Nevada ed entriamo nel deserto del mojave, attraversando un altopiano di quasi 2000 metri…percorriamo strade dritte, ma dritte davvero, senza nemmeno un accenno di curva: le strade dei film… ma non è un film, è realtà! Ad un certo punto abbiamo la Sierra Nevada a sinistra, con i suoi picchi innevati, e montagne desertiche a destra e tutte e due sono vicinissime, è incredibile come possa cambiare il clima così improvvisamente, ma qui sembra davvero che tutto possa accadere.

Dopo aver fatto un primo pensiero a dormire dentro la Death Valley (tappa di domani), per vedere il deserto all’alba, c’abbiamo rinunciato quando, grazie all’aiuto di un gentilissimo benzinaio, siamo venuti a sapere per telefono che un motel era pieno e l’altro ci chiedeva 350$. Quindi abbiamo deciso di pernottare a Lone Pine, uno dei centri abitati più vicini al parco, a circa 2 ore di auto. Essendo sabato i prezzi erano un po’ più alti e diversi motel erano al completo, così ci siamo dovuti accontentare di un posto bruttino per la cifra di 69 $…vabbè…in compenso abbiamo mangiato davvero bene, in una tavola calda della via centrale arredata in stile country…zuppa, una bistecca, mezzo pollo, tutto con contorno di baked potato (patata lessa con buccia) e una fantastica apple pie (40 $). E poi a letto…domani si parte alle 5…non vogliamo mica perderci l’alba nel deserto!

Albergo: Hotel Dow Villa (camera doppia 69 $, senza colazione).

7^ GIORNO Domenica 2 Maggio 2010 – Lone Pine-Death Valley-Las Vegas (450 km)

Sveglia alle 4.30. E’ ancora buio ma è il chiarore delle montagne innevate di fronte a noi a farci luce mentre saliamo in macchina. L’obiettivo è quello di vedere l’alba nel deserto. Speriamo di farcela, visto che ci separa circa un ora e mezzo da Stovepipe Wells, il primo punto della Death Valley che incontreremo, dove ci sono le dune di sabbia. La strada che percorriamo ancora una volta è fantastica e quasi vorresti che non finisse mai. Siamo soli in mezzo al deserto con la luce fievole dell’alba che ci fa apparire tutto come fosse tinto di un color bianco tenue… e poi la strada sale e scende continuamente, ora dritta, ora piena di tornanti. Quando arriviamo a poco meno di tre km da Stovepipe Wells, che è già qualche metro sotto il livello del mare, il navigatore ci indica che siamo ancora a più di 1000 metri d’altezza…incredibile! In 2 minuti scendiamo di 1000 metri con una strada super dritta! Arrivati alle dune di sabbia è già giorno (sono quasi le 7), ma la sensazione è ugualmente stupenda… sarà che noi non avevamo mai visto un deserto così, ma vedere queste distese di sabbia e dune, spazzate dal vento, ci lascia ancora una volta senza parole. Ci avventuriamo un po’ all’interno di loro correndo e rotolandosi, sempre molto attenti ad evitare il rattle snake (serpente a sonagli) e altri simpatici animaletti, la cui presenza è ampiamente documentata nei cartelli incontrati finora. Dopo questa prima tappa riprendiamo la marcia e ci dirigiamo verso Furnace Creek, dove i rangers ci forniranno la piantina del parco. Abbiamo deciso di evitare lo Scottish Castle, perché si trova troppo a nord e quindi fuori dal nostro percorso e perché sinceramente ci interessava meno di tutte le meraviglie naturali che ci sono nel parco. La tappa successiva a Furnace Creek è il Gold Canyon, un canyon con le rocce color oro, scavato dai fiumi che si formano a causa delle inondazioni improvvise. Per ammirarlo da vicino facciamo una camminata di 2 km al suo interno, naturalmente attrezzati con la giusta quantità d’acqua. Qualche km più a sud si trova il ‘campo da golf del diavolo‘, un altro scenario favoloso, formato da riccioli di sale diventati quarzo, derivanti dall’evaporazione del lago salato che un tempo ricopriva questa valle. Ancora più a sud si trova invece il punto più basso dell’America del nord, Badwater, a 84 m sotto il livello del mare. E’ una distesa di sale bianchissimo, che abbaglia sotto la luce del sole, su cui possiamo fare una passeggiata fino ad un punto nel bel mezzo di questa distesa bianca, per ammirare al meglio tutto il panorama, bellissimo. E pensare invece che di fronte, a pochi km di distanza possiamo vedere il punto più alto degli Usa continentali, il Mount Withney: il punto più alto e quello più basso separati da pochi km. Tornando verso nord percorriamo la Artist Drive, una strada a senso unico che si addentra all’interno di montagne di roccia di mille colori, rosa, gialle, verdi, fino ad un punto chiamato “la tavolozza del pittore”, sicuramente non a caso. A questo punto ritorniamo verso Furnace Creek, dove diamo un’occhiata ai souvenir, facciamo rifornimento (perché qui non si trova veramente nulla per centinaia e centinaia di km) e ripartiamo alla volta di Las Vegas, fermandoci nell’ultimo punto panoramico del parco, lo Zabrinsky Point, dove si trovano le vecchie miniere.

Dopo due ore circa di strada in cui abbiamo incontrato solo un casinò e un distributore, iniziamo ad intravedere i palazzi di Las Vegas…passiamo al lato della strip e ci dirigiamo al nostro hotel, il Planet Hollywood, che avevamo fissato dall’Italia un mesetto prima. Entriamo nel parcheggio e già si vede che siamo a Las Vegas…parcheggiatori che ci prendono l’auto, lusso sfrenato, e code chilometriche già al check-in. Qui arriva la sorpresa…la tipa della reception ci dice che c’è un upgrade for free…”vabbè sarà una camera un po’ più grande”, pensiamo. Arrivati alla stanza 2001 ci prende male: è una suite megagalattica, con salotto, schermo 50 pollici, vetrate con vista sulla strip, vasca idromassaggio che si affaccia sul soggiorno, e cimeli autentici di film dedicati al matrimonio, tipo il vestito da sposo di Hugh Grant in “sette matrimoni e un funerale”. Pensiamo subito che ci sia uno sbaglio..non può essere vero! Torniamo a chiedere spiegazioni alla reception e ci confermano che è tutto vero…”enjoy”, ci dicono…a questo punto, contenti matti, torniamo nella nostra suite. Per stasera però siamo piuttosto stanchi, ceniamo al ristorante messicano dentro l’albergo con due fajitas e due margaritas…tutto buono (40 $), e facciamo un giro velocissimo per la strip, giusto per vedere le fontane del bellagio (l’albergo è proprio di fronte, in ottima posizione) e lo sfavillio di luci e suoni di questa città dei balocchi…ma la visita vera e propria è rimandata a domani.

Albergo: Planet Hollywood (Camera Deluxe King 100 $, senza colazione).

8^ GIORNO Lunedì 3 Maggio 2010 – Las Vegas

Las Vegas… inutile utilizzare termini grandiosi per descriverla: sfavillante, stravagante, eccitante, kitch, e chi più ne ha più ne metta. Ma in realtà non è niente di più di un grande paese dei balocchi…una città sicuramente da vedere, unica nel suo genere, ma per la quale un giorno e mezzo è più che sufficiente, a mio parere…a meno che non siate dei patiti del gioco d’azzardo, in tal caso tutto cambia…non ci sarà che l’imbarazzo della scelta, ovviamente. Qui tutto appare esaltato all’ennesima potenza, i mega-resort fanno a gara per contendersi la palma della grandiosità e la gente non bada proprio a spese. Tutto è grande appunto, a cominciare dal mangiare…ci sono infatti i famosi “all you can eat”, formule a buffet, in cui trovi veramente di tutto, anche se naturalmente a discapito di una qualità non eccellente. Comunque siamo qui e visto che capita una volta nella vita, decidiamo di unirci a questo ben di dio e fin dalla mattina acquistiamo il pass con cui per 24 ore puoi mangiare quello che vuoi a qualsiasi ora, in 7 buffet della città (40$ a persona)…il prezzo è sicuramente buono…ma alla fine se non stai attento mangi davvero troppo. Quindi, dopo la colazione al Planet Hollywood, usciamo alla scoperta della Strip, che decidiamo di girare a piedi, visto che il nostro albergo si trova circa a metà, proprio davanti al Bellagio. Prima esploriamo la parte sud, ovvero il New York New York, l’Excalibur, il Luxor, il Mandala Bay e l’Mgm. Ognuno è sorprendente a modo suo, ma sicuramente quelli che colpiscono di più sono il New York, con la ricostruzione del quartiere di Brooklin con tanto di ponte, la statua della libertà, grattacieli, montagne russe che ci passano in mezzo e all’interno un sacco di viuozzoline e piazzette in stile newyorkese; il luxor, veramente gigante, con la sua piramide nera, la sfinge in primo piano e l’atrio più grande del mondo; e l’Mgm con lo spettacolo dei leoni al suo interno.

A questo punto ripercorriamo la strip verso nord, passando dai vari negozietti di souvenir che si trovano concentrati nel pezzo che va dall’Mgm al Planet Hollywood, e ci fermiamo per pranzo al Paris. Anche questo è davvero bello, con la ricostruzione della Tour Eiffel, grande un terzo di quella vera, dell’arco di trionfo e dell’opera. Anche l’interno è molto suggestivo, con un finto cielo che fa da tetto alle classiche vie parigine dove si ritrovano negozi e ristoranti di ogni genere. Pranziamo al buffet di questo hotel, che si rivela forse uno dei migliori tra quelli visitati, con piatti suddivisi in base alle varie regioni della Francia.

Continuiamo quindi il nostro tour attraverso gli alberghi e, andando sempre verso nord, incontriamo il Flamingo, poco interessante e il Venetian, che invece è bellissimo…un hotel super mega lusso con la ricostruzione di canali (con tanto di gondole e gondolieri), ponti e un centro commerciale dove ci siamo persi…non tanto per la roba da comprare (visto che sono tutte boutique di lusso), quanto perché nessuno ti indica mai l’uscita (cosa comune a tutti gli alberghi) e così una volta entrato non riesci più a capire dove sei. Una volta usciti siamo tornati indietro percorrendo l’altro lato della strip, per visitare il Tresure Island, in stile piratesco, il Mirage, con il suo vulcano che erutta ogni sera, il megagalattico Caesar Palace e il sontuoso Bellagio, con il rinomato spettacolo di fontane (in realtà un po’ deludente a dir la verità). A questo punto, dopo 5-6 km di camminata, siamo piuttosto stanchi e visto che abbiamo la nostra suite che ci aspetta, ne approfittiamo per un bel bagno rigenerante nella vasca idromassaggio. Verso le 7 usciamo per un aperitivo ad un localino sotto il nostro albergo, con terrazza affacciata sul Bellagio e poi optiamo per la cena buffet al Caesar, dove mangiamo una buona new york steak. Dopo cena c’è spazio per ammirare lo spettacolo dell’eruzione del Mirage, veramente originale, con spruzzi d’acqua colorata e vampate di calore molto scenografiche, sicuramente più suggestivo delle rinomate fontane del Bellagio. Anche stasera però la stanchezza si fa sentire e il letto ci attira molto di più della notte sfrenata della “città del peccato”…quella sarà per un’altra volta (forse)…ah! Dimenticavo…naturalmente avevamo tentato anche la fortuna alle slot machines… la bellezza di 9 dollari, ma niente, non abbiamo vinto, poco male… la vacanza continua!

Albergo: Planet Hollywood (Camera Deluxe King 100 $, senza colazione…in realtà è diventata una suite).

9^ GIORNO Martedì 4 Maggio 2010 – Las Vegas-Zion NP-Bryce Canyon NP-Boulder (600 km)

Oggi lasciamo la frenesia di Las Vegas per immergerci di nuovo nelle meraviglie naturali dei National Parks…ci aspettano infatti lo Zion e il Bryce Canyon. Dopo aver sbrigato le pratiche del check out e aver aspettato per ben un quarto d’ora che il parcheggiatore ci riportasse l’auto (però col cavolo che ha preso la mancia!), finalmente siamo riusciti a partire verso le 8. Arriviamo allo Zion alle 11, parcheggiamo subito dopo l’ingresso, nei pressi del centro visitatori, e prendiamo la navetta gratuita, che dal 30 aprile è obbligatoria, non si può visitare il parco da soli con la propria macchina. Subito entriamo all’interno del canyon di roccia rossa scavato da un piccolo fiume che sembrerebbe così innocuo, ma che in realtà ci spiegano che non lo è così tanto quand’è in piena…e in effetti si vede da ciò che è riuscito a fare!!!dopo una ventina di km arriviamo all’ultima fermata della navetta, da dove parte uno dei sentieri più belli del parco, 3 km a piedi che si addentrano nella parte più stretta del canyon…bellissimo…peccato che non siamo potuti arrivare fino in fondo, perché nell’ultimo pezzo c’è da camminare all’interno del fiume, e in questo periodo dell’anno c’era ancora troppa acqua. Nel ritornare verso il centro visitatori ci fermiamo a pranzo al motel che si trova all’interno del parco, situato in una zona stupenda, tra prati verdi, boschi e rocce rosse che scendono a picco, dopodiché riprendiamo la macchina e ci dirigiamo alla volta del Bryce Canyon. Purtroppo il tempo a disposizione per vedere lo zion era un po’ poco (circa 3 ore) e per ammirarlo appieno sicuramente ce ne sarebbe voluta qualcuna in più, ma devo dire che questo parco ci ha lasciato comunque stupefatti…forse perché non è uno di quei parchi più famosi e quindi non hai così tante aspettative..una bellissima sorpresa in positivo.

La strada per il Bryce si fa da subito stupenda… passa attraverso rocce con tonalità dal bianco all’arancio e poi al rosso intenso, gallerie, praterie e poi di nuovo rocce bellissime. Arriviamo al Bryce che sono già le 4 e 30, quindi anche qui non abbiamo molto tempo…ma in questo parco due ore possono bastare, non perché il parco non offra cose bellissime da vedere, ma perché i sentieri sono tutti troppo lunghi ed impegnativi, per escursionisti esperti, quindi ci dobbiamo limitare a percorrere la strada panoramica e fermarsi nei view points. Da qui si godono delle viste spettacolari, con le guglie tipiche di questo parco, formatesi sempre dall’altopiano del colorado tramite diversi fenomeni erosivi, di un colore rosso-arancio, con la neve qua e là ancora presente a far da cornice…un bel po’ di foto e poi via, di nuovo in marcia. Poiché la tappa di domani sarà Arches NP, decidiamo di percorrere la Hwy 12, segnalata in tutte le guide come una delle strade più suggestive dello Utah… infatti è bellissima, solitaria e selvaggia, con il piccolo inconveniente però che non c’è niente, ma veramente niente, per centinaia e centinaia di km…la guida ci segnalava un unico villaggio di 600 abitanti, Boulder (chiamarlo villaggio poi mi sembra un po’ azzardato, che sono due o tre case sparse in qua e in la, senza nient’altro) con un unico motel, in cui ci consigliava vivamente di pernottare data la sua bellezza. Arrivati li però il motel è pieno e l’altro paese e a più di un’ora e mezzo di auto, ma purtroppo sta già facendo buio e noi sinceramente non ce la sentivamo granché di proseguire; per fortuna (o per sfortuna, dipende dai punti di vista), qualche metro più avanti c’è un affittacamere con tre stanze… arriviamo e già l’esterno appare poco invitante, poco male. Ci apre un tipo poco raccomandabile, per la camera sono 79 $, ma è l’ultima libera ed è pessima. Purtroppo ci dobbiamo accontentare… poco male, visto che il bello dovrà ancora venire. Ci facciamo una doccia in 5 minuti a numero ed andiamo a mangiare in uno degli unici due ristoranti del posto che stava già chiudendo… abbiamo davvero rischiato di rimanere senza cena…un locale familiare, carino e in cui abbiamo mangiato davvero molto bene…carne, una con salsa di mele, una zuppa di patate molto buona e due birre (40 $)…e poi via a letto.

N.B.: vi consiglio di percorrere questa strada, la 12, perché è veramente molto bella, ma considerate che non ci sono distributori, villaggi, motel (tranne quello a Boulder), per circa 300 km, quindi organizzatevi per tempo e magari evitatela di sera, per non rischiare di trovare posto per dormire com’è successo a noi. O al limite prenotate per tempo, anche se credo che quel motel sia molto caro.

Albergo: affittacamere Boulder (79$, camera doppia senza colazione).

10^ GIORNO Mercoledì 5 Maggio 2010 – Boulder-Arches NP-Moab (450 km)

Ed ecco il bello… ore 4.00: Ire si sveglia, accende la luce… no… la luce non si accende. dico io. Mi alzo e pigio l’interruttore… niente. Guardiamo fuori e… buio pesto, nessuna luce in vista, solo la luna; il paese è completamente al buio. Provo a mettere in po’ di tranquillità, ma niente, a Ire è già partita la molla..e ormai è un fiume in piena di immagini di terrore, assassini, trappole… ed è convinta che tutto succederà a noi, ora, qui in questa specie di roulotte abbandonata nel centro di Boulder. Visto che non posso più convincerla, decidiamo di vestirci in tutta fretta, illuminati dalla fioca luce del cellulare, e partire nel bel mezzo della notte… e dopo cinque minuti siamo già per strada (ancora Ire è convinta che l’abbiamo scampata bella). Questo inconveniente però ci ha dato l’opportunità di ammirare l’alba lungo questa bellissima strada, nel bel mezzo del Capitol Reef National Park. Arriviamo ad Arches alle 8, ritiriamo l’immancabile piantina con tutte le informazioni e partiamo alla scoperta del parco. Decidiamo prima di percorrere tutta la strada fino all’ultimo punto, da dove parte un bellissimo sentiero di 3 km per il Arches (quello lungo lungo)..in realtà il sentiero durerebbe molto di più, fino ad altri archi di pietra, ma noi decidiamo di fermarci qui perché vogliamo farne anche altri più a sud. Gli archi sono fantastici e anche in questo caso abbiamo modo di imparare un sacco di cose sulla storia del parco e sul modo in cui si sono formati tantissimi anni fa. Tornando indietro con l’auto, abbiamo modo di ammirare la , una sfera di pietra in equilibrio precario su di una roccia, che sembra davvero possa cascare da un momento all’altro! Il Delicate Arches, che rappresenta il simbolo del parco, raffigurato in tutte le immagini e le fotografie, può essere visto da vicino solo con un sentiero impegnativo di 5-6 ore, quindi noi ci limitiamo a vederlo un po’ più da lontano (con un piccolo sentiero di 1 km). Infine andiamo a vedere il south e il north window, due archi bellissimi affacciati l’uno di fronte all’altro. Così, dopo il consueto giretto al centro visitatori per due ricordini, purtroppo dobbiamo lasciare anche questo parco, sicuramente un’altra perla di bellezza da aggiungere alla collezione che stiamo raccogliendo in questo viaggio indimenticabile.

Solo 10 minuti di auto ed arriviamo a Moab, forse la più tipica delle cittadine americane, con una enorme strada che taglia il paese da cima a fondo e tutte le attrattive poste ai lati di questa..la main street. È una cittadina molto carina, così decidiamo di fermarci qui a dormire, godendosi una mezza giornata di meritato relax. Pranziamo con hamburger, patatine e coca-cola in un ottimo ristorantino (25 $), scegliamo un motel carino fatto tutto di legno, ci sistemiamo e ci godiamo una bella passeggiata per i negozietti di main street, dove non ci facciamo mancare i consueti acquisti. Per la cena optiamo per una pizza, diversa da quella italiana a cui siamo abituati noi, ma ugualmente molto buona (una pizza e due birre 23 $), facciamo un ultimo giro per main street (visto che qui i negozi sono stranamente aperti fino alle 22) e poi andiamo a nanna, visto che la giornata era iniziata piuttosto prestino!

Albergo: Redston Inn, Moab (75 $, senza colazione).

11^ GIORNO Giovedì 6 Maggio 2010 – Moab-Mesa Verde NP-Taos (700 km)

Anche oggi ci aspetta un lungo viaggio, circa 700 km, quindi siamo subito in marcia di buon’ora. Il tempo è bellissimo ancora una volta, nemmeno una nuvola, e qui a Moab fa anche abbastanza calduccio. La prima tappa è il Mesa Verde National Park, in Colorado, dove arriviamo verso le 10. Dall’ingresso del parco la strada comincia a salire e considerando che eravamo già a 2000 metri, arriviamo in cima alla Mesa che siamo praticamente quasi a 3000 metri…infatti fa un freddo terribile. Menomale che abbiamo tutte le valigie dietro, perché qui bisogna proprio essere pronti a tutto…ci rimettiamo felpa, giacchetto e pantaloni lunghi e via…siamo pronti!!! Subito al centro visitatori ci informano che le rovine (tranne una), si possono visitare solamente con una visita guidata e noi scegliamo di visitare la Cliff House, meno impegnativa della Balcony House, in cui invece c’era da strisciare per terra per un centinaio di metri e arrampicarsi su di una roccia. Peccato che le visite siano solo in inglese, anzi in americano e noi non riusciamo a capire quasi niente di ciò che racconta il ranger…possiamo osservare le case nella pietra costruite dai popoli nativi del 1400, che sono abbastanza interessanti, ma fanno capire come questi popoli fossero culturalmente arretrati rispetto agli europei. Dopo aver visitato un altro sito, mangiamo la frutta e i biscotti che ci eravamo portati, compriamo un paio di cartoline e ripartiamo verso il New Mexico, che la strada è lunga. Diciamo che questo è forse il parco che meno ci ha entusiasmato, sicuramente interessante per le rovine, ma con un paesaggio naturale molto meno spettacolare rispetto a tutti gli altri.

Mentre percorriamo la strada ci aspettiamo di trovare un po’ di caldo poiché nel nostro immaginario il New Mexico si figurava come un posto del genere…ma niente di tutto ciò…anzi dopo un po’ di chilometri, ecco che la strada inizia di nuovo ad arrampicarsi sulla montagna…2500…2600…inizia la neve…2700…2800…sempre più neve…2900…3000…Ire così in alto non ci siamo mai stati!!…fatto sta che alla fine arriviamo a 3213 m s.l.m., il punto più alto dove io e ire si sia mai stati…e c’è tantissima neve, laghi ghiacciati…incredibile, sembra di essere in Alaska…e poi proviamo un attimo a scendere di macchina ed abbiamo davvero il fiatone.

Nelle vicinanze di Taos passiamo prima da un villaggio di sostenitori dell’energia alternativa, con ville tutte costruite con materiali riciclabili e pannelli solari, poi dal ponte in metallo più alto degli Stati Uniti, il George I Bridge, sul fiume Big River…davvero impressionante. Arriviamo a Taos verso le 19, ci sistemiamo in un motel molto carino e usciamo per cenare in un ristorante messicano, eletto dai cittadini come il miglior messicano della città…ed effettivamente è molto buono (2 enchilladas, 2 birre e un apple pie 33$). Come al solito alle 21 è tutto chiuso…ma qui va bene così…questo è il viaggio…la stanchezza si fa sentire…e noi andiamo a nanna.

Albergo: Motel Indian Inn, Taos (64 $ camera king, con colazione).

12^ GIORNO Venerdì 7 Maggio 2010 – Taos-Santa Fe (120 km)

Stamani la sveglia suona un po’ più tardi visto che abbiamo di visitare un po’ la città di Taos e i negozi non aprono prima delle 10. Colazione in motel e siamo pronti per esplorare il centro. La città è molto carina, in tipico stile del New Mexico, con gli edifici in adobe, l’architettura coloniale spagnola fatta di mattoni di argilla impastati con acqua. Ad ogni edificio troviamo attaccati degli enormi mazzi di peperoncini a seccare e anche qui tutto è tenuto benissimo, sembra di essere in un cartone animato. Il centro è piccolino, quindi dopo aver fatto un giretto per i vari negozietti e per un mercatino all’aperto all’interno di un parco, ci dirigiamo verso Taos Pueblo, uno dei tanti pueblos di questa zona, ovvero i villaggi delle antiche popolazioni indiane che vivevano in queste terre. Paghiamo 10 $ a persona per entrare, mentre ci vogliono altri 5 $ per comprare il permesso per fare le foto, a cui noi però rinunciamo, ovviando con un paio di cartoline. Il villaggio è tutto fatto di casine in adobe (in questo caso originali del tempo e non ricostruite) dove le persone vivono ancora come un tempo, senza elettricità e senz’acqua potabile, che preferiscono prendere dal fiume che passa all’interno del villaggio, per mantenere le tradizioni passate. Una volta usciti dal villaggio volevamo andare a visitare una hacienda, la tipica casa dei coloni spagnoli, ma l’unica vicina che si può visitare è anche questa un museo e per entrare bisogna pagare altri 10 $ per uno, quindi, visto che il museo in se non c’interessava gran che, rinunciamo all’idea. Invece visitiamo una chiesetta sempre in stile adobe poco fuori Taos, che è davvero molto bellina. A questo punto si è fatta l’ora di pranzo e mentre ci incamminiamo verso Santa Fe, che dista circa un’ora d’auto, ci fermiamo in un’area di sosta a mangiare il panino con la tuna salad che avevamo comprato al supermercato (la tuna salad è una salsa con maionese e tonno che qui in america và per la maggiore, si trova in tutti i supermercati, praticamente la usano al posto del tonno ed è molto buona).

Arrivati a Santa Fe ci sistemiamo subito nel motel che avevamo già prenotato dall’Italia, il Santa Fe Sage Inn, un motel molto carino, con arredamento tipico del new mexico, che dista un paio di km dal centro. Potremo farli anche a piedi, ma visto che non conosciamo bene la zona, decidiamo di riprendere la macchina e la parcheggiamo in centro al costo di 5 $ per tutto il giorno. Anche il centro di Santa Fe è piccolino, ma ci appare subito come una bella città, curata, piuttosto ricca e vitale. Anche qui l’architettura è quella dello stile adobe e ci sono una quantità infinita di gallerie d’arte e musei, oltre naturalmente ai tipici negozietti, che qui vendono però soprattutto gioielli. Per vedere i vari musei sicuramente ci sarebbe voluto una giornata intera, ma poiché noi ne abbiamo solo mezza, preferiamo girare un po’ per le viuzzoline e ammirare la bellezza della città. L’unico museo che visitiamo è quello di Giorgia O’Kleef, la pittrice più famosa del new mexico, che però ci ha lasciato parecchio delusi visto che praticamente ci saranno stati si e no 10 quadri…meno male che il venerdì sera dopo le 18 era gratis!!! Prima di cena facciamo un’aperitivo sorseggiando una birra sul balcone di un bar con splendida vista sulla piazza principale. Per la cena invece ci spostiamo un po’ dalla zona pedonale per andare in un ristorante consigliato dalla lonely planet, dove mangiamo una bistecca, un piatto di ribs, tutto naturalmente con contorno, due coke, un margarita e un dolce (spesa 45 $)…tutto davvero buono e accompagnato da musica dal vivo con gente che balla in puro stile americano…buonanotte.

Albergo: Santa Fe Sage Inn (95 $ camera double queen con colazione).

13^ GIORNO Sabato 8 Maggio 2010 – Santa Fe-Petrified Forest NP-Flagstaff (650 km)

Lasciamo Santa Fe di prima mattina per dirigerci a ovest verso l’Arizona, passando per Albuquerque, dove però non ci fermeremo vista la mancanza di tempo. Decidiamo invece di fare una sosta a Gallup, una piccola cittadina sulla route 66, non tanto perché abbia qualcosa di bello da vedere, quanto perché volevamo comprare qualche gioiello indiano e questo veniva indicato sulla lonely come il posto dove fare gli affari migliori. In effetti quello che abbiamo comprato costava davvero poco rispetto agli altri posti (collana e orecchini 150 $)…speriamo che non ci abbiano fregato!

La tappa successiva è la Pietrified Forest National Park, che raggiungiamo verso le 12…entriamo dall’ingresso nord, situato proprio all’uscita della Freeway ed iniziamo a percorrere la strada all’interno del parco che porta verso sud…il tempo è ancora una volta bellissimo, ma in questo deserto tira un vento fortissimo. Subito ci appaiono scenari bellissimi, come ormai ci hanno abituato tutti i parchi nazionali, con rocce di mille colori che si aprono sotto la nostra vista. Ancora non si vedono i tronchi degli alberi pietrificati che rendono famoso questo parco, ma poco più avanti si iniziano ad intravedere da lontano, tutti sparpagliati in una vallata che in passato era una vera e propria foresta. Qualche chilometro più avanti però giungiamo alla Crystal forest e qui finalmente si vedono da vicino, anzi ci passiamo proprio in mezzo grazie ad un sentiero…questi tronchi sono veramente indescrivibili…sembrano veri, con la corteccia, i cerchi all’interno, ma in realtà sono di pietra, con colori mai visti prima d’ora e pezzi di quarzo. Pensare che all’inizio, quando ancora non era stato istituito il parco, la maggior parte sono stati portati via per souvenir o per essere rivenduti…e quindi ce ne sarebbero stati molti di più…che bellezza!!! Ancora incantati da tutto questo, ci dirigiamo verso l’uscita sud del parco e poi risaliamo fino a Flagstaff, che dista solo pochi chilometri. Dopo esserci sistemati in un motel appena fuori dal centro, ci apprestiamo ad esplorare questa cittadina universitaria di 60.000 abitanti. Subito ci appare molto carina, con un centro caratterizzato da viuzzoline su cui si affacciano edifici in mattoncini rossi, quasi più in stile europeo che americano. Sembra molto vitale, piena di giovani per le strade e all’interno dei bar e zeppa di negozietti in stile hippie e new age, dove naturalmente non abbiamo potuto far a meno di comprare qualcosa anche noi. Alle 19 i negozi iniziano a chiudere e quindi decidiamo che è giunta l’ora di cercare qualcosa per cenare…dopo qualche giro optiamo per un pub molto carino dove puoi costruirti il tuo mega hamburger scegliendo tutto, dal pane a tutto ciò che ci vuoi dentro…altro che mc’donalds, questi si che sono veri hamburger!! (2 hamburger con patatine e due birre, spesa 36 $). E alla fine c’è spazio anche per una partita a ping-pong prima di tornare in motel…domani ci aspetta il Gran Canyon!

Albergo: (80 $ camera double queen, con colazione).

14^ GIORNO Domenica 9 Maggio 2010 – Flagstaff-Grand Canyon NP-Kayenta (375 Km)

Sveglia alle 6.30, colazione in motel e via alla volta del Gran Canyon. La distanza non è molta, circa un’ora e mezzo d’auto, ma noi vogliamo arrivare abbastanza presto per avere tutto il giorno a disposizione. Poco prima dell’ingresso c’è un piccolo villaggio con qualche bar, un market e un paio di negozi sulla strada, dove ci fermiamo per prenotare su internet l’hotel a Kayenta per la sera, vicino alla Monument Valley, visto che ci viene in mente che siccome è una piccola cittadina con pochi alberghi e senza niente intorno nel giro di centinaia di chilometri, preferiremmo evitare di rifare lo stesso errore di Boulder. Infatti facciamo bene perché ci sono solo tre motel, di cui due già al completo e uno, quello che fissiamo noi, carissimo (160$ senza colazione), ma non possiamo fare altrimenti. Un po’ perplessi ma fiduciosi di aver fatto la cosa giusta, riprendiamo la macchina ed entriamo nel parco. La prima tappa è il Vsitor Center, da cui parte il primo sentiero che vogliamo fare, un classico, che arriva fino a un punto panoramico sul canyon e lo costeggia dall’alto. Ed è qui che iniziamo a vedere qualcosa di indescrivibile, per cui davvero non esistono parole…quello che si apre sotto di noi ci lascia senza fiato. Non basta dire le dimensioni del canyon, il chilometro di profondità, la lunghezza, tutto è niente in confronto a quello che si prova dal vivo. Quasi incapaci di allontanare lo sguardo da questa vista, percorriamo il bordo del South Rim verso il villaggio, dove ci rifocilliamo con un hot-dog prima di affrontare l’arduo sentiero che scende all’interno del canyon. Questo è diviso in tre tappe: il primo pezzo (che è quello che facciamo noi) dura circa 4 ore tra andata e ritorno, il secondo 10 e il percorso totale, che arriva fino in fondo al fiume, non può essere fatto nello stesso giorno ma c’è l’obbligo di accamparsi per una notte. Decine e decine di cartelli all’interno del parco segnalavano l’importanza di portarsi dietro grosse scorte d’acqua (almeno 1 litro a testa per ogni chilometro di cammino), cosa che a noi sembrava un po’ eccessiva visto che in realtà la temperatura non era così alta, facevano circa 18 gradi e tirava un forte vento. Ma appena abbiamo iniziato a scendere ci siamo subito ricreduti…dopo 50 metri infatti il vento era cessato di colpo, il sole batteva dritto sulla testa e la temperatura sarà stata almeno 15 gradi in più…incredibile!!! Lo scenario però è bellissimo..essere all’interno di questa gola, con la terra che di colpo diventa rossissima e la montagna a picco sopra di te che si innalza sempre di più. A risalire facciamo una fatica immensa e consumiamo davvero tutti i 4 litri d’acqua che ci eravamo portati, ma ne è valsa veramente la pena. Una volta tornati in superficie e ripresi dalla fatica, prendiamo il bus navetta per tornare al parcheggio, dove riprendiamo l’auto per riuscire dal parco è andare a vedere un film sul gran canyon al cinema Imax appena fuori dall’uscita. È un film di un’ora circa che racconta la storia dell’esplorazione del gran canyon con delle immagini molto belle…e a noi è piaciuto molto. A questo punto rientriamo di nuovo nel parco e ci dirigiamo verso l’uscita a ovest, dove ci sono altri punti panoramici e in particolar modo uno con la torretta, dal quale vogliamo osservare il tramonto sul canyon, ma prima di arrivare facciamo conoscenza con due enormi alci, che mangiano erba al bordo della strada incuranti dei turisti affascinati che li osservano da vicino e non possono evitare di continuare a fotografarli. Arriviamo al View Point alle 7, giusto in tempo perché il sole stà quasi per tramontare, infatti nell’Arizona non c’è l’ora legale e quindi tramonta un’ora prima rispetto agli altri posti. Anche il tramonto qui è una cosa indescrivibile, un’esperienza unica, da cui non vorresti più staccarti. Con un po’ di nostalgia che già ci assale per dover lasciare questo posto meraviglioso, partiamo alla volta di Kayenta, che dista circa due ore e mezzo. Ci fermiamo a mangiare a Tuba City, l’unico centro abitato che troviamo lungo la strada, ma qui incappiamo in un nuovo inconveniente, visto che l’unico ristorante che c’è sta già chiudendo…visto che ci sembra impossibile essendo ancora le 8, chiediamo spiegazioni ed è a quel punto che ci rendiamo conto di aver fatto male i conti…siamo infatti all’interno di una riserva indiana in cui invece adottano l’ora legale, quindi siamo un’ora avanti…sono le 9 e non le 8…e così arriveremo a kayenta anche un’ora più tardi. Risolviamo il problema mangiando una pizza in macchina presa all’unico locale ancora aperto, tra l’altro piuttosto buona, e ripartiamo velocemente per kayenta, dove arriviamo alle 11.30…pazienza, dormiremo un po’ meno, ma comunque siamo proprio a pochi chilometri dalla monument valley che ci attende per domani mattina.

Albergo: Holiday Inn Kayenta (160 $ camera double queen, senza colazione)

15^ GIORNO Lunedì 10 Maggio 2010 – Kayenta-Monument Valley-Phoenix (550 Km)

Anche stamani ci svegliamo con un bellissimo sole che continua a farci compagnia praticamente tutti i giorni da quando abbiamo iniziato questo lungo viaggio (escludendo naturalmente i primi tre giorni a San Francisco, dove il sole è un lusso). Altrettanto non si può dire della temperatura, non sempre primaverile come uno si potrebbe aspettare…anche oggi infatti usciamo dall’albergo con pantaloncini corti e maglietta, incuranti di essere costantemente a 2000 metri, ma arrivati alla monument fa un freddo assurdo (ma gli indiani non erano sempre tutti nudi!?!?) e quindi siamo costretti a cambiarci lungo il percorso. Kayenta è un piccolo paese all’interno della riserva indiana dove non c’è proprio niente, a parte tre motel, tra l’altro sempre strapieni, ma rappresenta la miglior base di partenza per visitare questo parco, visto che dista solo mezz’ora d’auto. Essendo riserva indiana, dobbiamo pagare il biglietto d’ingresso di 10 $ a persona, perché non vale il pass per i parchi nazionali. Facciamo subito tappa al centro visitatori per capire come muoversi all’interno del parco e decidiamo di provare con la nostra macchina nonostante la strada sia sterrata e piuttosto accidentata..c’erano anche delle gite guidate su di una jeep, ma le abbiamo escluse sia per il prezzo (50 $ dollari a persona) che per la minor libertà, nonostante ti facessero vedere anche posti in cui da solo non puoi andare. La sensazione che abbiamo appena si apre davanti a noi il paesaggio da sopra la terrazza del visitor center è incredibile…sembra di essere in un posto che conosci alla perfezione, in cui sei stato centinaia di volte…siamo dentro ai poster attaccati nelle camere, agli screensavers dei computer, dentro a un film di cowboy…ma stavolta è tutto vero…è bellissimo. Iniziamo il percorso obbligatorio con l’auto, che si snodo all’interno dei monoliti di roccia rossa e ci fermiamo nei tanti punti panoramici posti lungo il percorso, praticamente senza mai riuscire a staccare il dito dalla fotocamera. Ogni monolito ha un nome proprio con cui sono segnati sulla cartina che ci hanno dato e noi ci divertiamo a individuarli tutti uno ad uno, soffermandoci naturalmente sulle famosissime three sisters . Ci fermiamo anche a fare qualche acquisto in uno dei tanti banchetti dove ragazze indiane vendono i gioielli fatti da loro a poco prezzo. Il tour dura circa tre ore.

A questo punto dobbiamo decidere il da farsi per il resto della giornata…di certo c’è che domani mattina dovremo essere al Joshua Tree National Park, che dista diverse centinaia di chilometri da qui. L’idea potrebbe essere quella di passare da Phoenix, che tanto rimane di strada, dormire da quelle parti e poi ripartire la mattina presto per il parco. Phoenix è però una città troppo grande per poterla vedere in poche ore, col rischio che sia troppo dispersiva e che ci lasci decisamente delusi. Iniziamo allora a studiare la guida in cerca di qualcosa di più specifico da poter visitare in poco tempo e ire propone il Desert Garden, un giardino botanico del deserto, che sembra essere descritto molto positivamente…e mai idea è stata più geniale! È un posto davvero carino, con piante spettacolari, tra cui i famosi cactus peyote e saguaro in formato gigante e tante specie animali, soprattutto serpenti, di cui facciamo anche una conoscenza piuttosto ravvicinata. È un posto che consiglio davvero di visitare se vi trovate in zona e avete qualche ora a disposizione. A questo punto ci mettiamo alla ricerca di un motel nel quartiere di Scottsdale, quello più ricco della città, pieno di campi da golf e locali alla moda. Fortunatamente in tutto questo lusso troviamo un economico motel 6 a 51 $, anche abbastanza carino, ma non siamo altrettanto fortunati col mangiare…purtroppo i locali sono tutti molto cari, ma soprattutto troppo snob per i nostri gusti. Alla fine optiamo per uno di questi, che all’apparenza poteva sembrare un po’ più normale, dove mangiamo poco e spendiamo un bel po’ di soldini (75$ due piatti, due dolci e due birre). Anche questa giornata purtroppo è finita e quindi ce ne torniamo in motel.

Albergo: Motel 6 Scottsdale (51 $, camera per 2 persone, senza colazione).

16^ GIORNO Martedì 11 Maggio 2010 – Phoenix-Joshua Tree NP-Palm Springs (530 Km)

Oggi lasceremo l’Arizona per tornare in California…e sarà l’ultima volta che cambiamo stato in questo viaggio. Anche se il fuso orario è diverso, l’Arizona non adotta l’ora legale e quindi l’ora è la stessa della California (siamo impazziti con questi fusi, ore legali, non ore legali e ore delle riserve indiane). Raggiungiamo il Joshua Tree National Park verso le 11 e subito ci coglie una forte nostalgia…questo sarà il nostro ultimo parco nazionale…l’undicesimo!!! E anche questo è fantastico. Entriamo dall’entrata sud e deviamo quasi subito per Lost Palms Oasis, un’emozionante oasi in mezzo al deserto, con tanto di palme e ruscelli. Poi percorriamo la strada verso nord, attraversando la prima parte del parco, quella del deserto del mojave, in cui la vegetazione è formata principalmente da piccoli arbusti, mentre più a nord c’è la linea di demarcazione col deserto del sonora, completamente diverso, con alberi più grossi, i famosi Joshua Tree, chiamati così dai mormoni perché la loro forma gli ricordava le braccia di Josuè in preghiera. Visitiamo anche il Cholla Cactus garden, un giardino naturale in cui ci sono tantissimi cactus cholla, una specie particolare, a cui è meglio stare alla larga perché dice che sparino le spine. Dopo una visita al visitor center dell’entrata nord per acquistare qualche cartolina, visitiamo la parte ovest del parco, caratterizzata da rocce depositate milioni di anni fa, che rendono il paesaggio davvero suggestivo…e qui facciamo anche un incontro ravvicinato con un coyote…meno male che eravamo in macchina!!! Successivamente visitiamo Keys View, un punto panoramico su di un promontorio da cui si può ammirare una bella vista della valle dove si trova Palm Springs e da cui si vede la faglia di Sant’Andrea e, infine, ci rechiamo a Barker Dam. Qui, con un sentiero di un’ora circa piuttosto semplice, raggiungiamo un laghetto artificiale formato da una diga costruita ai tempi della corsa all’oro…il paesaggio è bellissimo, con un lago in mezzo alle rocce del deserto che dà una sensazione di pace assoluta. Lungo la strada del ritorno deviamo dal sentiero per visitare una miniera abbandonata, ma purtroppo riusciamo a trovare solamente una vecchia auto e qualche rottame qua e la, e sinceramente dopo quell’incontro col coyote non ce la sentiamo gran che di avventurarsi in mezzo al deserto tutti soli alla ricerca di qualcosa che non sappiamo nemmeno quanto dista di preciso. Quindi decidiamo di risalire in auto e dirigersi verso Palm Springs, lasciandoci alle spalle il nostro ultimo parco…arrivederci National Parks…la promessa è quella di ritornare sicuramente, perché uno spettacolo naturale di queste proporzioni non può lasciare indifferenti e secondo me una volta visto, non ti stancherai mai di vederlo e rivederlo.

Appena entriamo nella città di Palm Springs, capiamo il perché di questo nome…tutti i viali infatti sono pieni di palme altissime. Ci sistemiamo in motel lungo la via principale e usciamo per fare un giretto. È un posto molto carino, avvolto da una simpatica aria vacanziera, molto meno snob di quello che ci immaginavamo…un posto in cui vale sicuramente la pena passare una serata. Ceniamo in un ristorante messicano con musica dal vivo, mangiando due buonissime fajitas, nachos a volontà e due margaritas (45 $), ci gustiamo due birre in un pub all’aperto e verso le 10 ritorniamo in albergo…e anche per oggi è tutto.

Albergo: Comfort Inn Palm Springs (60$, camera king con colazione)

17^ GIORNO Mercoledì 12 Maggio 2010 – Palm Springs-San Diego (200 Km)

Diciamo che da oggi torniamo a tutti gli effetti nella civiltà, dopo due settimane di strade infinite, paesaggi desolati e piccole cittadine distanti centinaia di chilometri tra loro con densità di popolazione pari a zero…e purtroppo tutto questo ci mancherà tantissimo…la tranquillità e la pace che possono emanare certi posti è indescrivibile.

Verso le 8 lasciamo Palm Springs e ci dirigiamo verso San Diego, che dista circa due ore di freeway. Con il navigatore impostato arriviamo dritti dritti in centro, vicino al gaslamp quarter e subito cerchiamo un albergo per due notti. Fortunatamente la ricerca è breve, visto che individuiamo un Comfort Inn che fa proprio al caso nostro, infatti con questa catena di alberghi ci siamo trovati sempre bene e quindi decidiamo di fermarci proprio qui, considerando che l’albergo è in centro e la cifra è accettabile (80 $ a notte con colazione). Subito ci incamminiamo all’esplorazione di questa città che tutti ci avevano descritto come una delle città più belle della california ed effettivamente la prima impressione è piuttosto buona: le strade sono tenute molto bene con i giardinetti che sembrano campi da golf e con tanti edifici moderni molto belli…insomma, sembra una città piuttosto ricca. Per prima cosa facciamo un giro al famoso centro commerciale Horson Plaza, che loro definiscono in “stile toscano”, ma che di toscano non ha veramente nulla. Comunque è molto carino e in uno dei tanti negozietti ire fa veramente razzia di vestitini all’americana stile Beverly hills. Pranziamo all’interno del centro con pizza e coca cola. Dopo questa prima tappa ci dirigiamo verso il porto e facciamo un giro sul lungomare che affaccia sulla baia. Passiamo davanti alla portaerei ancorata qui dopo aver terminato il suo servizio e adesso diventata museo e osserviamo l’isola del coronado dall’altro lato della baia, su cui decidiamo di andare a fare un giretto. Quindi prendiamo il traghetto che parte proprio dal molo al lato della portaerei e con 15 minuti di traversata siamo dall’altra parte (7$ andata e ritorno). Il nostro obiettivo è quello di andare a vedere il famosissimo hotel del coronado, dove hanno girato il film “a qualcuno piace caldo”, affacciato direttamente sull’oceano. Per far questo dobbiamo praticamente attraversare tutta l’isola, circa 10 isolati a piedi. La distanza non è da sottovalutare ma ne vale sicuramente la pena…passiamo infatti da un quartiere in tipico stile americano, con le villette in fila l’una accanto all’altra, tutte diverse, ognuna col proprio stile e con il giardinetto personale di una bellezza impressionante e per cui viene veramente da chiedersi come riescano a tenerli così perfetti. Inoltre in ogni casa è appesa la bandiera dell’america, spesso arricchita da frasi del tipo “proud to be american”. Dopo una quarantina di minuti di cammino giungiamo finalmente a destinazione…davanti a noi appare l’hotel…una cosa fantastica. È una costruzione di legno bianca con i tetti rossi a forma di torrette. È immenso ed è affacciato direttamente su di una spiaggia bianca sull’oceano pacifico. Facciamo un giro nel cortile per ammirarlo più da vicino e ci rendiamo conto ancor di più della sua bellezza…chissà quanto costerà una camera qui!!! Ci buttiamo a capofitto sulla spiaggia correndo verso l’oceano…è bellissimo…l’acqua è ghiaccia e ovviamente non possiamo fare il bagno, ma almeno i piedi siamo riusciti ad infilarli per qualche secondo nell’oceano…e basta questo per renderci felici. Dopo un pochino di relax ci incamminiamo di nuovo verso l’altra parte dell’isola per riprendere il traghetto che ci riporterà sulla terra ferma. Qui passiamo a visitare la stazione dei treni in stile coloniale e poi torniamo all’albergo per prepararci per la serata, che trascorreremo nel gaslamp quarter. Questo è un quartiere delimitato da una via principale costellata di numerosi locali, bar, ristoranti e pub di ogni genere, tutto nell’arco di 3 isolati, e si chiama in questo modo per i caratteristici lampioni a gas che illuminavano queste strade in passato e che oggi sono rimasti tali e quali, anche se alimentati dall’elettricità naturalmente. È un quartiere molto carino e vitale, anche se l’offerta culinaria non è che ci abbia soddisfatto più di tanto, visto che la maggior parte dei ristoranti sono italiani, molto snob e cari. Mangiamo infatti proprio in uno di questi, il ristorante Acqua al due (stesso nome del ristorante di Firenze perché il cuoco messicano che lo gestisce aveva fatto il cuoco per diversi anni proprio nel ristorante fiorentino). Mangiamo due piatti di pasta e due dolci, ma niente di eccezionale (75 $), e spendiamo veramente tanto per essere in america. Dopo un’ultima passeggiata per il quartiere, torniamo in albergo.

Albergo: Comfort Inn Gaslamp Quarter, San Diego (90$, camera matrimoniale con colazione, + 16 $ parcheggio).

18^ GIORNO Giovedì 13 Maggio 2010 – San Diego

Al nostro risveglio ci accorgiamo a malincuore che dopo giorni e giorni di sole, il tempo sta iniziando a farsi un po’ più capriccioso, infatti ci sono diverse nuvole sopra San Diego, che per fortuna però spariranno nel corso del giorno. Per la giornata di oggi abbiamo in programma di visitare il Balboa Park nella mattina, per poi andare a Tijuana nel pomeriggio e magari rimanerci anche un po’ la sera. Per arrivare al balboa park dobbiamo prendere l’autobus in market street e decidiamo di fare l’abbonamento giornaliero per i mezzi di trasporto, che costa solo 5 $ (praticamente il costo di poco più di 2 corse). Il parco è immenso, ci sono decine di musei di ogni genere, arte, fotografia, automobile, ecc, ospitati in edifici bellissimi, la maggior parte in stile coloniale spagnolo, per non parlare poi degli enormi spazi verdi che ospita al suo interno. E poi c’è lo zoo, sicuramente uno dei più grandi e importanti del mondo. Visto che il tempo a nostra disposizione non è moltissimo, ci troviamo i fronte ad una scelta, cioè se visitare per bene il parco soffermandoci anche su qualche museo, lasciando perdere lo zoo, oppure visitare lo zoo e tirare un po’ via il resto. Alla fine decidiamo per lo zoo, visto che un’occasione così non ci capiterà un’altra volta…e non ce ne siamo pentiti affatto. Lo zoo è veramente bello. È diviso in aree tematiche come un parco giochi, con la savana, il polo, l’asia, e così via e in ognuno ci sono gli animali relativi a quell’habitat. Gli animali che più ci hanno colpito sono stati sicuramente i gorilla, le giraffe, gli elefanti che facevano il bagno, i koala dormiglioni e naturalmente la star dello zoo, il panda…bellissimo!!! L’ingresso è un po’ caro (37 $ a persona) e il cibo all’interno lo è altrettanto, ma ne vale veramente la pena secondo il mio parere.

Usciamo dallo zoo verso le 3 del pomeriggio, riprendiamo l’autobus e facciamo coincidenza col trenino che va verso il confine. Da San Diego a Tijuana ci sono circa 40 minuti. Già alla stazione, però, iniziano le nostre perplessità: ci sono un sacco di barboni e la zona sembra un po’ malfamata. Saliamo sul treno e ci accorgiamo che il 90% della gente è messicano…poco male considerando che il treno va proprio al confine; il problema è che non c’è nemmeno un turista, ne ragazzi americani che vanno a divertirsi al di la del confine, come tanti film ci vogliono far credere. A questo punto le perplessità si fanno sempre più grosse. Nonostante tutto decidiamo di continuare il viaggio, almeno per vedere ormai questa tijuana, considerando anche che era una gita consigliata da tutte le guide. Scendiamo dal treno e ci mettiamo in coda con tutti i messicani che devono attraversare il confine…il clima è da prigionieri di guerra: attraversiamo un ponte tutto recintato, quasi in fila indiana e passiamo attraverso un tornello…siamo in Mexico…e quello che ci stupisce è che non ci hanno controllato nulla…boh!!! A prima vista la città sembra bruttissima: sudicia, trasandata, piena di farmacie che vendono di tutto, qualche bar da orrore e brutti negozi di souvenir, ma soprattutto ci fa davvero tanta paura. Il tempo di arrivare sulla via principale, rendersi conto che non c’è niente di meglio…anzi, forse è molto peggio…e torniamo indietro. A questo punto dobbiamo invece fare una lunga fila per far vedere il passaporto e rientrare in Usa, ma anche qui a nostra sorpresa, i controlli sono quasi nulli. Molto ma molto delusi, archiviamo così l’esperienza Tijuana e ce ne torniamo a San Diego, con la consapevolezza che avremmo potuto impiegare questo tempo per esplorare più a fondo questa bella città. Ci facciamo una doccia e usciamo per cena. Scegliamo un pub nel gaslamp quarter, dove mangiamo due hamburger con patatine e due birre (35 $), facciamo un ultimo giro per negozi, che stanno aperti fino alle 21, e ce ne torniamo in albergo salutando San Diego, visto che domattina ripartiamo verso nord.

Albergo: Comfort Inn Gaslamp Quarter, San Diego (90$, camera matrimoniale con colazione, + 16 $ parchegio).

19^ GIORNO Venerdì 14 Maggio 2010 – San Diego-Anaheim (Disneyland) (155 km)

Sveglia alle 8, colazione, ed ecco che siamo pronti per scrivere il nome San Diego nel diario dei nostri ricordi…in definitiva città molto bella, probabilmente anche da vivere, che sicuramente non ha deluso le aspettative. Diciamo che noi siamo riusciti a vederla bene anche in 2 giorni scarsi, ma per chi desidera fare con più calma, sicuramente non c’è da annoiarsi nemmeno standoci qualche giorno in più. Decidiamo di fermarsi alla old town di san diego, che si trova 5 km più a nord del centro città. Nonostante quasi nessuna guida rammentasse questo posto (al contrario di Tijuana!), a noi è sembrato molto carino. Si tratta dell’antico villaggio di san diego, costruito dai coloni spagnoli, che adesso è stato trasformato in parco statale, con diversi isolati su cui si susseguono edifici tipici dell’epoca, alcuni conservati e restaurati, altri ricostruiti. È tutto un brulicare di negozini che vendono soprattutto cose messicane, ristoranti, negozi di pelletteria locale e musei in cui vengono ricostruite alcune scene della vita di allora, con tanto di figuranti in costume, oggetti d’epoca e mobili antichi. Insomma, un posto dove passare allegramente un paio d’ore. Verso le 12 ripartiamo in direzione delle spiagge di san diego e per fortuna il tempo sembra essersi rimesso. La costa che si snoda tra San Diego e La Jolla, a nord, è composta da tre spiaggie principali: Ocean beach, Mission beach e Pacific beach. Noi saltiamo la prima e ci fermiamo a Mission beach, dove pranziamo in un bar sulla spiaggia dove diversi ragazzi fanno esercitazione di surf, cavalcando un’onda ricostruita artificialmente (un sandwich, un hamburger, patatine e coca-cola 25 $). Così, per smaltire il leggero pranzetto, ci incamminiamo sul lungomare con l’intenzione di arrivare fino a Pacific beach…una bella camminata, visto che saranno circa 6-7 km andata e ritorno. Le spiagge sono molto “americane”, lunghe, immense, piene di gente che fa sport di ogni genere e soprattutto con le immancabili onde per il surf e, naturalmente, i surfisti!!! Ma anche il contorno non è da meno: è tutto un susseguirsi di ville meravigliose affacciate direttamente sull’oceano, in stile ultra moderno. Arrivati a pacific beach, dove c’è un pontile meraviglioso di legno bianco che si protende nell’oceano per un centinaio di metri, e su cui è stato costruito un hotel con casette private, ci fermiamo a prendere un po’ di sole…e devo dire che si stava davvero bene…è così bello respirare tutto questo!

Tornati alla macchina, ci mettiamo di nuovo in viaggio verso nord, alla volta di Disneyland. Ci sono circa un paio d’ore e, anche se abbiamo l’albergo già prenotato, decidiamo di non fare altre fermate per non arrivare troppo tardi. Purtroppo però troviamo l’inconveniente del traffico, visto che la freeway da san diego a los angeles è praticamente quasi una fila continua. Per fortuna noi, essendo in due in macchina, possiamo utilizzare la corsia riservata ai carpool (2 persone e oltre), che quando è presente, fa risparmiare un bel po’ di tempo. Alla fine arriviamo a destinazione, nella periferia di los angeles, dove le strade si intrecciano l’un con l’altra in quantità esorbitante. Ci sistemiamo al Super 8 motel che avevamo prenotato, non un gran che come struttura e camera, ma sicuramente vantaggioso per la posizione, visto che è situato a 10 minuti a piedi dall’ingresso dei parchi. Subito accanto inoltre, c’è il centro commerciale garden walk, dove troviamo un Bubba Gump che fa al caso nostro per la cena. Anche se dobbiamo aspettare quasi un’ora per il tavolo, mangiamo davvero bene: pesce, pesce, pesce…una bella zuppa di pesce e un filetto con verdure e riso, con porzioni davvero abbondanti; il tutto annaffiato da due birre e arricchito da un dolce la cui porzione poteva andar bene per 4 perosne (75 $)…e poi in unambiente davvero carino, dove quando non vuoi il cameriere lasci il cartello “run, forrest run” e quando devi chiedere qualcosa, lo giri su “stop, forrest stop”. E dopo esserci rimbombati la testa con “stupido è chi lo stupido fa”, ce ne andiamo a letto, che domani ci aspetta la faticaccia Disneyland!

Albergo: Super 8, Anaheim (70 $, camera king con colazione).

20^ GIORNO Sabato 15 Maggio 2010 – Disneyland e California adventur

Oggi giornata dedicata ai parchi… tanto divertimento e poco riposo. Iniziamo la giornata con una colazione davvero pessima, sicuramente la peggiore di tutti i motel visitati in questa vacanza: non c’è praticamente niente escluso l’immancabile caffè e qualche muffin stantio, ma il bello è che và mangiata in piedi perché non c’è né una sala, né un posto per sedersi…sicuramente avrebbero fatto più bella figura a dire “colazione non inclusa”! Alle 7 e 30 ci incamminiamo verso l’ingresso dei parchi, che dista non più di un chilometro dal motel, decisi ad arrivare prima dell’apertura (ore 8), in modo da poter godere dell’intera giornata. Fortunatamente non c’è fila, anche perché noi avevamo già comprato il biglietto via internet (98 $) e quindi possiamo evitare la fila elle casse. Appena entrati ci troviamo di fronte la main street con il castello sullo sfondo…che però è decisamente deludente, infatti sarà circa un terzo di quello di Parigi. Il parco è suddiviso in sette aree tematiche e noi ci dirigiamo a sinistra dell’ingresso, iniziando il nostro tour da Adventureland. Qui l’attrazione più rilevante è Indiana Jones Adventur, un giro su di una barca all’interno di scenari sotterranei che ricreano appunto le scene dei film di Indiana Jones…molto bellina. Oltre a questa facciamo anche qualche attrazione un po’ più infantile visto che praticamente le code erano quasi inesistenti. Proseguiamo poi per New Orleans Square e Critter County, due aree con scenari veramente suggestivi, comprensive di un grande lago con l’isola di peter pan nel mezzo. Le attrazioni più belline di queste aree sono state “i pirati dei caraibi” e le splash mountain. L’area successiva è Frontierland, dove ci sono le big thunder mountain railroad, una sorta di montagne russe all’interno di un vulcano. Infine passiamo a Tomorrowland e Fantasyland, due aree decisamente meno interessanti delle precedenti, con giochi troppo futuristici e spesso incomprensibili, fatta eccezione per le Space Mountain, delle montagne russe chiuse, in cui veniamo sparati all’improvviso ad una velocità pazzesca. Verso mezzogiorno abbiamo già terminato di vedere questo primo parco, aiutati appunto dal fatto che in quasi tutte le attrazioni non abbiamo fatto più di 10 minuti di coda, e in quelle in cui c’era un maggior tempo d’attesa, abbiamo usufruito del fast pass, un sistema molto utile in cui ti prenoti per una certa ora che ti viene assegnata automaticamente dal computer e, presentandoti all’attrazione in quell’ora, salti la coda. A questo punto decidiamo di pranzare e visto che qui non c’è niente di meglio che hamburger, patatine e fritti in genere, siamo costretti a optare per qualcosa del genere…e naturalmente i prezzi sono esorbitanti.

L’altro parco, il California Adventur è stato costruito recentemente e al suo interno sono ricreate varie attrazioni famose della California, come il Golden Gate, i parchi naturali e Hollywood. È decisamente bellino come parco, con alcune delle attrazioni più belle di entrambi i parchi, come per esempio la Holliwood Tower o le montagne russe, ma sicuramente l’attrazione che più ci ha colpito è stata Soarin over california, una sorta di realtà virtuale in cui rimani seduto sospeso nel vuoto con le gambe penzoloni mentre su di uno schermo gigante vengono proiettate le immagini naturali più suggestive della california…sembra davvero di volare con un deltaplano…fantastico!, sia per la fattura che per l’originalità. Abbiamo tempo anche di fare una degustazione di vini californiani all’interno del parco, per la cifra di 10 $ a testa.

A questo punto si è fatto quasi buio e la fame inizia a farsi sentire. Decidiamo di esplorare Downtown Disney, la zona piena di negozi e ristoranti situata tra i due parchi, dove però abbiamo la spiacevole sorpresa che tutti i locali sono strapieni e il tempo minimo di attesa per mettersi a sedere è un’ora… per fortuna troviamo una pizzeria che fa anche pezzi al taglio e riusciamo quindi a mangiare qualcosa al caldo (considerando che fuori fa un freddo cane), senza aspettare troppo tempo. Dopo una giornata del genere siamo veramente stanchi morti, però non vogliamo rinunciare allo spettacolo dei fuochi d’artificio che è previsto per le 10 e 30 (il parco rimane aperto fino a mezzanotte). Facciamo quindi un ultimo giro per negozi in cerca degli ultimi souvenir, prendiamo un gelato e ci appostiamo in main street con la testa rivolta verso il castello, alle cui spalle dovrebbero essere sparati i fuochi d’artificio… ed ecco che iniziano… e questi sono veramente stupendi e sembrano non finire mai… mezz’ora di fuochi ininterrotti che illuminano a giorno tutta la strada. Felici di questa bella giornata ce ne torniamo quindi verso il nostro motel.

Albergo: Super 8, Anaheim (70 $, camera king con colazione).

21^ GIORNO Domenica 16 Maggio 2010 – Anaheim-Hollywood (60 km)

Dopo l’”ottima” colazione del super8 motel di Anaheim, ci mettiamo in cammino verso Hollywood. Il tempo si sta facendo sempre più brutto, ogni giorno sembra che debba piovere, ma poi a metà giornata riesce a spuntare il sole…speriamo che continui così senza piovere! È domenica mattina e fortunatamente a Los Angeles non c’è molto traffico, quindi in meno di un’ora arriviamo a Hollywood. Percorriamo Hollywood boulevard provenendo da nord, sicuramente la zona più malfamata, ed infatti il paesaggio non è dei più invitanti. Quando arriviamo vicino al chinese theater però la situazione cambia…qui sembra tutto molto più turistico e sicuro. Decidiamo di parcheggiare proprio nel parcheggio sotterraneo del centro commerciale al cui interno c’è il kodak theater, quello dove si svolge la cerimonia degli oscar, e infatti sulle colonne che portano all’ingresso del teatro sono incisi i nomi e le date di tutti i film vincitori dell’oscar. Il parcheggio è piuttosto conveniente, infatti costa 2 $ per le prime 4 ore (se fai un acquisto nella zona e ti fai validare il biglietto all’interno del negozio) e 2$ l’ora per quelle successive. Una volta usciti per strada ci imbattiamo subito nella miriade di figuranti che, travestiti da Michael Jackson, Marylin Monroe, Jhonny Depp e molti altri, si guadagnano da vivere giorno dopo giorno lungo queste strade. Passeggiamo lungo il marciapiede di una delle strade più famose del mondo con gli occhi puntati verso il basso a cercare di scovare le firme dei personaggi più famosi…sono tantissimi..e ovviamente non potremo vederli tutti. Quindi facciamo qualche foto e ci fermiamo ad ammirare il Chinese theatre, sul cui ingresso ci sono le impronte di altrettanti personaggi famosi, comprese le zampe di paperino. A questo punto decidiamo di fare il tour delle ville dei divi, una tappa obbligatoria per chi visita Los Angeles, considerando che a ogni angolo c’è qualcuno che ti propone tour del genere. Dopo diversi minuti di ricerche e valutazioni sul prezzo, ma soprattutto sulla presenza della traduzione in italiano, optiamo per un tour in cui sembra ci sia il commento in diverse lingue compreso l’italiano…il costo è di 45 $ a testa per un tour di un’ora e mezza. Saliamo a bordo soddisfatti della scelta, ma ecco che dopo poco ci accorgiamo della spiacevole sorpresa…dell’italiano non c’è nemmeno la traccia, il tour è completamente in inglese…e noi ovviamente non capiremo quasi niente…e inoltre ci hanno fatto sedere in fondo al pulmino in un posto strettissimo con tutta l’aria in faccia…e considerando che l’autista guida come un pazzo e fa un freddo cane, la scelta non è stata sicuramente delle migliori. Passiamo prima da alcuni studi cinematografici, come quelli della Paramount, che però non sono altro che qualche capannone in una pessima zona della città, poi saliamo ai piedi della collina di Hollywood, fino al punto più vicino da cui poter fotografare la famosa scritta, e dopo ci avventuriamo tra le ville di Beverly Hills…o meglio tra i castelli dei vip. Sono case enormi, circondate da immensi parchi, che per la maggior parte dei casi impediscono la vista della reggia. È incredibile quanta ricchezza ci sia in questi posti. Riusciamo solo a captare qualche nome durante il monologo dell’autista e intravedere la villa di Tom Cruise, Beckam e Michael Jackson. Alla fine del tour però non siamo assolutamente soddisfatti, quindi decidiamo di comprare una delle tante cartine delle ville dei vip che si trovano nei negozi di souvenir, con tanto di indirizzi e indiscrezioni, e farci un tour personalizzato…naturalmente non prima di aver speso un po’ di soldi nei tanti negozietti di Hollywood boulevard. E in questo modo, anche se è molto facile perdersi nel dedalo di stradine che circondano le ville, riusciamo a vedere qualcosa di più di prima…senza parlare delle risate che ci siamo fatti quando Ire facendo retromarcia è salita sopra le aiuole dei nonni di Paris Hilton, rompendo tutti i fiori! Dopo le ville, naturalmente non poteva mancare un giro per Beverly Hills tra le sciccose boutique di Rodeo Drive in cerca di vips. Anche qui sembra di essere in un film, come se fossero posti visti centinaia di volte, come l’hotel di Pretty Woman in fondo a rodeo drive…è sicuramente un posto affascinante per ciò che rappresenta, ma non ha gran che in più rispetto a tanti posti chic europei. A questo punto ci dirigiamo verso gli Universal studios, che si trovano sopra Hollywood, e che abbiamo in programma di visitare nella giornata di domani. Ci sistemiamo in un motel piuttosto fatiscente ai piedi della collina, visto che l’unico altro motel nelle vicinanze ci chiedeva una cifra astronomica, e andiamo a cena a Universal City Walk, che è un’area di divertimento situata appena al di fuori del parco, in cui ci sono un sacco di negozi, ristoranti e locali di ogni genere, ospitati in edifici stravaganti, come quello famoso con l’auto rosa incastrata nella facciata. Qui troviamo di nuovo il Bubba Gump e visto che ci avevamo mangiato davvero bene, decidiamo di fare il bis…stavolta però prendiamo il ”secchio” di gamberi e la solita zuppa di pesce, sempre accompagnati da due ottime birre e da un fantastico dolce (78 $). L’unico inconveniente è che per entrare in questo posto abbiamo dovuto pagare 10 $ di parcheggio!!! Dopo un giretto per le stranezze di queste vie, decidiamo che è l’ora di andare a dormire, visto che anche domani ci aspetta una giornata piuttosto intensa.

Albergo: Desert Inn (Universal Studios), (70 $ con colazione).

22^ GIORNO Lunedì 17 Maggio 2010 – Universal Studios-Santa Monica (50 Km)

La prima sorpresa di questa giornata non è sicuramente delle più gradite… il tempo fa schifo. Per la prima volta da quando abbiamo lasciato San Francisco circa 20 giorni fa, dobbiamo fare i conti con la pioggia, ma anche col freddo. Ci armiamo quindi di pantaloni lunghi, maglie e k-way e ci dirigiamo verso gli Studios. Paghiamo il parcheggio, che è addirittura aumentato rispetto alla sera, sono ben 15 dollari, ed entriamo nel parco, passando ancora una volta dal city walk. Ci sono vari tipi di biglietto, ma noi scegliamo quello semplice, che comprende tutte le attrazioni ma non il mangiare, e costa 61 $. Il parco è costruito sopra una collinetta e per questo si sviluppa su tre livelli. Tutta la scenografia è veramente bella, come essere sul set dei vari film, con tutte le ricostruzioni, i modelli delle auto utilizzate nel cinema e i vari figuranti che a ogni angolo intrattengono il pubblico. La prima attrazione che facciamo è quella dei Simpson, che è una specie di realtà virtuale in cui sei seduto all’interno di una macchinina che viene sbattuta in qua e la, e di fronte hai uno schermo gigante. Davvero divertente…e niente a che fare con le classiche realtà virtuali. In attesa del tour degli studios in lingua spagnola (visto che d’inglese non capiamo niente), che c’è alle 12, scendiamo al piano di sotto con le scale mobili. Qui facciamo i giochi di Jurassic Park e della Mummia: il primo è un gioco d’acqua simile alle canoe (vivamente consigliato l’impermeabile che vendono a 3 $ perché altrimenti il bagno è assicurato), mentre il secondo è una montagna russa al chiuso che improvvisamente si ferma e torna a marcia indietro a tutta velocità. Dopo un breve scatch tra ire e il personaggio della mummia, ci dirigiamo verso il tour, che praticamente da solo varrebbe quasi l’intero biglietto. Si tratta di un tour guidato con un piccolo trenino-pullman lungo un percorso all’interno dei veri set cinematografici, con tanto di effetti speciali ricostruiti. Tra i tanti abbiamo visto il set della guerra dei mondi, desperate housewifes, lo squalo, psyco…e tanti altri film più o meno famosi. Il tour dura circa 1 ora. Scesi dal trenino decidiamo di mangiare al grill dei Flistones, da dove sembrano uscire dei piatti davvero invitanti, ed infatti mangiamo un ottimo stinco di tacchino con patate, enorme, e alla modica cifra di 12 $, comprensivo di coca-cola e pannocchia di mais arrosto. Dopo la sosta pranzo ci aspetta un altro fantastico gioco, quello della casa della paura, un percorso a piedi all’interno di un edificio in cui un sacco di attori ricreano i vari scenari di alcuni film horror, saltando fuori da ogni angolo e facendoci prendere dei veri e propri scossoni. Facciamo qualche altro giro per il parco e, naturalmente, per i vari negozietti, ma di attrazioni ce ne rimangono poche, visto che ci sarebbero tanti spettacoli, ma ovviamente capendo pochissimo d’inglese, è praticamente inutile vederli. L’unico che decidiamo di vedere è WaterWorld, uno spettacolo di stuntmen…e anche se capiamo pochissimo la storia, ci divertiamo un sacco.

Usciamo dal parco verso le 16 e ripartiamo con destinazione Santa Monica…nonostante il tempo infatti, questa è la nostra prossima tappa, come previsto dall’itinerario. Prima però volevamo passare dal Petterson Museum, il museo dell’automobile di Los Angeles, ma sfortunatamente è chiuso proprio di lunedì. in circa mezz’ora arriviamo a Santa Moinica, dove troviamo un albergo molto carino direttamente affacciato sull’oceano, grazie ad un intrepido portiere, che pur di tenerci in quell’albergo, ha abbassato il prezzo richiesto all’inizio di più della metà. Quindi ci sistemiamo e usciamo a fare un giro per la città. Nel centro vicino al mare, c’è una via principale con tutti i negozi e vari ristoranti e da quel poco che possiamo vedere, considerando anche il brutto tempo, sembra essere una città carina. La serata procede con aperitivo a base di birra particolare e cena in un pub a base di pollo e bistecca (55 $ con 2 birre)…il tutto ancora una volta molto buono…la cucina dell’ovest è ormai promossa a pieni voti!

Sono le 22 e ovviamente la stanchezza inizia a farsi sentire, quindi giriamo l’angolo e torniamo in albergo, consapevoli che purtroppo questa stupenda avventura si sta avviando verso il termine.

Albergo: Ocean View Hotel (camera double queen: 110 $, con colazione e parcheggio).

23^ GIORNO Martedì 18 Maggio 2010 – Santa Monica-Venice Beach-Santa Barbara-Morro Bay (320 Km)

Ed ecco che per il secondo giorno consecutivo ci svegliamo con la pioggia. Prima di tutto facciamo un giro per la 3rd street promenade, una via pedonale piena di negozi e bar, dove ancora una volta non riusciamo a resistere alla tentazione di comprare…io un paio di ciabatte e ire un costume in stile americano con stelle e strisce…evviva l’ottimismo, visto che la temperatura non è proprio tipicamente estiva…faranno si e no 15 gradi, piove e tira vento! Nonostante tutto decidiamo di fare una capatina sulla famosissima spiaggia di Baywatch, quella con i baldacchini bianchi, e ancora una volta sembra proprio di essere dentro un film, con scene viste e riviste centinaia di volte. Immancabile è anche la visita al molo di Santa Monica, tutto fatto di legno e pieno di negozi di souvenir e un luna park. Dopo un paio d’ore lasciamo Santa Monica e ci dirigiamo verso Venice Beach, poco più a sud, distante solo una decina di minuti in auto. Le guide sconsigliavano vivamente questo quartiere dopo il tramonto e dobbiamo dire che non avevano tutti i torti. Questo tratto di passeggiata è infatti popolato da individui poco raccomandabili e da una serie di negozi posti all’interno di baracche arrugginite, che vendono chincaglierie di vario genere…un posto in cui sicuramente non vale la pena perdere del tempo. Giusto il tempo di mangiare un panino al Subway, infatti, e risaliamo in macchina. La parte di Venice più interna invece, quella dove ci sono i famosi canali ispirati alla città italiana, è sicuramente più interessante, e può valer la pena soffermarcisi 10 minuti. Il tempo di qualche foto e via di nuovo in macchina lungo la Hwy1, la strada panoramica che percorre tutta la costa californiana da nord a sud..un consiglio…fatela perché è veramente meravigliosa in alcuni suoi tratti. Il tempo si sta rimettendo rapidamente, adesso splende un bel sole e il cielo è limpido. Ci soffermiamo a Malibù per vedere qualche altra casa dei divi, ma soprattutto per vedere la villa di Shannen Doherty, di cui molti ignoreranno sicuramente l’esistenza, ma che rimane un mito per ire fin dai tempi di Beverly Hills…purtroppo riusciamo solo ad intravederla dall’alto, visto che per accedere c’è una strada privata…ma sicuramente è abbastanza per capire che la ragazza non si tratta assolutamente male! Dopo questa breve sosta continuiamo la nostra risalita verso nord in un’alternanza di paesaggi di costa a picco sul mare e colline delle regioni vinicole, senza mai smettere di stupirci della bellezza di questi luoghi. Il nostro obiettivo è quello di arrivare a Morro Bay per l’ora di cena, un paesino sul mare di pochi abitanti che ci ispira molta fiducia. Per questo decidiamo di fare solo una piccola visita di un’oretta alla città di Santa Barbara, anche se avrebbe meritato molto più tempo, visto che dal poco che abbiamo potuto vedere, è sembrata davvero molto bella, con tutti i suoi edifici in stile coloniale spagnolo molto ben tenuti. Riusciamo ad arrivare a Morro Bay verso le 20 e subito le sensazioni positive che avevamo avuto si trasformano in realtà. È un posto romanticissimo, con un’atmosfera unica. È una piccola baia adagiata su di una collinetta che scende dolcemente verso il mare, e di fronte a questa, in mezzo all’acqua a qualche metro dalla riva, c’è un grosso scoglio a far da cornice. Noi inoltre abbiamo la fortuna di arrivare proprio al tramonto, e vedere il sole di un rosso così intenso che scende nel mare nascondendosi dietro a questo scoglio, è veramente una sensazione indescrivibile. È incredibile come questo viaggio riesca a regalare emozioni così forti anche sul finire. Come se non bastasse troviamo un motel stupendo, affacciato sulla baia, con un terrazzo da cui poter ammirare tutto quanto, e addirittura economico. Giusto il tempo di posare i bagagli e via a cena, che altrimenti ci chiudono tutto. E ancora una volta questo posto ci regala qualcosa di speciale…un ristorante direttamente sul mare, dalla cui vetrata si possono osservare i leoni marini nuotare sotto di noi e in cui la cucina è veramente buona. Il ristorante si chiama The Outrigger ed è vivamente consigliato: mangiamo un’ottima zuppa di pesce, del salmone e un dolce, il tutto accompagnato da un’ottima bottiglia di vino bianco della zona (70 $)…buonissimo! Torniamo passeggiando all’albergo, ci soffermiamo a scrutare dall’alto la baia nel silenzio della sera e nel mentre pensiamo che questo posto rimarrà per sempre nei nostri cuori.

Albergo: The Breakers Motel (camera king con colazione, 65 $)… consigliato!

24^ GIORNO Mercoledì 19 Maggio 2010 – Morro Bay-Monterrey (200 Km)

Penultimo giorno in terra americana…la tristezza è davvero tanta. Ci svegliamo alle 7 in punto per partire abbastanza presto, visto che anche oggi i chilometri che ci aspettano non sono pochi. Il tempo si è finalmente rimesso pienamente e così rimaniamo impressionati dalla vista che si gode dal nostro terrazzo… stupendo! Visto che al motel la colazione viene servita stranamente dalle 9 in poi, ci organizziamo da soli e prendiamo il classico caffè americano e due enormi paste ad una bakery lungo il molo, facciamo un’ultima passeggiata sulla spiaggia di fronte allo scoglio che si trova in mezzo al mare, giusto il tempo di fissare ancora una volta nella nostra mente questo posto stupendo e via, di nuovo in macchina lungo la Hwy 1, direzione nord. Da qui in avanti sarà tutto un susseguirsi di posti meravigliosi, scogliere a picco sul mare blu intenso dell’oceano pacifico, colline fiorite e natura incontaminata. Ad ogni chilometro ci sarebbe da fermarsi e fotografare tutto quanto, e noi non ci tiriamo indietro. È impossibile resistere a queste bellezze. Incontriamo un gruppo di leoni marini su di una spiaggia e ci fermiamo ad osservarli e ad ascoltare i loro versi, impressionati da questo spettacolo. E poi ci fermiamo ad esplorare il Julia Pfiffer State Park per ammirare l’unica cascata direttamente nell’oceano, frutto di un fiume che si getta nel mare da un’altezza di qualche decina di metri…uno spettacolo unico.

Dopo aver mangiato una pizza al taglio sulla spiaggia nei pressi di Carmel, decidiamo di imboccare la 19 Miles Drive, una strada panoramica a pagamento, che costeggia tutto il tratto di costa tra Carmel e Monterrey; l’ingresso costa 11$ ad automobile. La strada è bella, visto che attraversa una pineta sul mare, in cui sono ospitate alcune delle ville più belle di tutta l’america, ma chiamarla panoramica è un po’ eccessivo, visto che di mare se ne vede ben poco…sicuramente era molto più bella la strada fatta in precedenza, e non a pagamento. L’unica cosa che si vede davvero bene sono i campi da golf…di quelli ce ne sono a decine. Comunque, se è una tappa di strada, conviene in ogni modo vederla, può avere ugualmente un suo fascino. Arriviamo a Monterrey verso le 17, ci sistemiamo in un motel carino nel centro città e partiamo all’esplorazione. La città sembra molto carina, ancora una volta in tipico stile coloniale spagnolo, ma purtroppo i musei e gli edifici sono ormai tutti chiusi. Dopo una breve passeggiata, ci sediamo per un aperitivo e poi ce ne andiamo sul molo, (il Fisherman’s Wharf di Monterrey), dove ci sono un sacco di negozietti di souvenir e diversi ristoranti. Guardiamo il menù e optiamo per uno di questi, già convinti della nostra scelta: vogliamo due belle clam chouder, la classica zuppa di vongole e patate…davvero ottima (45$ con vino e dolce). Pienamente soddisfatti ce ne andiamo a letto, evitando di pensare che questa sarà la nostra ultima notte americana, ma prima ci fermiamo ad un supermercato a far razzia di cose tipiche americane: una bandierina da mettere in giardino, la bottiglia dello Starbucks e un flacone di Aspirina da 500 compresse…troppo americano!

Albergo: 100 $, camera double queen con colazione.

25^ GIORNO Giovedì 20 Maggio 2010 – Morro Bay-San Francisco Aeroporto (370 Km)

E’ arrivato… il giorno tanto temuto è realtà. L’ultimo giorno di questo meraviglioso viaggio. Non serve cercare di scacciarlo sempre, far finta che non arrivi, contare i giorni e ripetersi nella mente che mancano ancora tanti giorni…arriva sempre. Facciamo colazione nel cortile all’aperto del nostro motel, l’aria è fresca ma gradevole e la colazione è buona. Carichiamo per l’ultima volta tutti i nostri bagagli sulla Chevrolet cobalt e partiamo alla volta dell’aeroporto, cercando di godersi ancora ogni minuto del nostro viaggio. È tutto tranquillo e arriviamo a destinazione con largo anticipo. Lasciamo la nostra auto al deposito della Alamo, che si trova insieme a tutte le altre compagnie di autonoleggio, all’interno dell’aeroporto, in una zona ben segnalata. La nostalgia è grande quando siamo costretti a lasciare le chiavi all’addetto e salutare la nostra fedele compagna di viaggio…tanto che la lacrimuccia ci scappa. Con i bagagli in mano ci dirigiamo, quindi, verso il nostro terminal, quello dei voli internazionali, avvolgiamo con il cellophan le valigie da stiva (7 $)(non molto utile visto che al ritorno abbiamo trovato l’imballo distrutto perché le valigie erano state sottoposte a controllo da parte delle autorità), facciamo il checkin rapido al self-service dell’Air France e ci dirigiamo verso l’imbarco. L’aeroporto di San Francisco è bello, ma una volta passato il controllo non rimane molto da fare, è abbastanza piccolo. Girottoliamo quindi per qualche negozietto di souvenir, ancora capaci di comprare un ultimo regalino e mangiamo una pizza. Il volo è in perfetto orario, ma una volta saliti ci accoglie una brutta sorpresa, cioè non ci sono i piccoli televisori personali che c’erano nell’aereo dell’andata… peccato perché così non potremo vedere i film, visto che quelli che danno sul monitor principale sono solo in inglese…purtroppo così le 11 ore di volo passano molto più lentamente. Per fortuna lo spettacolo che possiamo osservare dal finestrino è stupendo…non fa mai notte, probabilmente perché la rotta costeggia il circolo polare artico…si vede solo una palla infuocata arancione, che talvolta sfuma sul rosa, e che ci accompagna per quasi tutta la durata del viaggio. Arriviamo a Parigi in orario, piuttosto sconvolti dal fuso orario… giusto il tempo di un panino veloce e via di nuovo sull’aereo, direzione Firenze. 24 giorni fa eravamo in questo stesso aeroporto e per un attimo ci sembra impossibile che tutto sia passato così velocemente. Veramente un’esperienza unica e irripetibile.



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