Oman, terra di mari, monti, datteri e deserti

Una settimana alla scoperta di un Paese straordinario, aperto e moderno (oltre che ricco) che conserva le sue tradizioni con orgoglio. Gente generosa, giovane e allegra e paesaggi invidiabili
Scritto da: laurasergio
oman, terra di mari, monti, datteri e deserti
Partenza il: 31/12/2011
Ritorno il: 07/01/2012
Viaggiatori: 3
Spesa: 2000 €

31.12.2011

Non ci era mai capitato che il giorno della partenza per un viaggio uno di noi tre stesse male: Marco ha la febbre. Valutiamo tutte le ipotesi, anche di annullare il tutto. Una telefonata all’aeroporto e ci dicono che ci tengono bloccata una fila da 4, in modo da farlo sdraiare e dormire durante il viaggio. Forse è da incoscienti, ma chiudiamo le valigie, salutiamo gli altri figli che restano e partiamo. Volo Qatar, puntuale e strapieno, non solo di turisti italiani. A Qatar abbiamo uno scalo, una lunga attesa, ma l’aeroporto è immenso pulito e pieno di poltrone: un gruppo di italiani fa folklore con il brindisi di mezzanotte! E’ iniziato il 2012. Di buon auspicio anche per noi, per un anno pieno di viaggi… Volo per Muscat, poca gente al gate, ma l’aereo è già pieno, qualche coppia di italiani e molta gente locale. I turisti, notiamo, hanno gli scarponi ai piedi, come noi, segno che non saremo gli unici a fare trekking. Rispetto al programma di volo, la partenza tarda di quasi un’ora. Arriviamo quindi alle 4.20, ora locale, mentre in Italia stanno giusto finendo i festeggiamenti del Capodanno. Mentre attendiamo pazienti in coda di cambiare valuta (1RO = 2,28 E.) e di fare il visto di entrata, non possiamo fare a meno di notare la precisa ed ordinata coda di soli uomini, solo di seguito una lunga coda di sole donne… Rispetto o rigore? La guida che ci doveva attendere per portarci al Beach Hotel non si vede… un gran bidone!? sono le 5 passate e siamo stanchi e Marco non è al 100%. Ci facciamo aiutare per chiamare il beach Hotel che raggiungiamo ormai con un taxi. Troppo stanchi per arrabbiarci. L’Hotel è molto bello, ma dobbiamo attendere ancora per il 3° letto; ci vuole mezzo’ora per avere un semplice materasso per terra e copertina da culla!!!! Vabbé, dormiamo in 3 nel lettone, con Marco che tossisce e il pensiero di aver rischiato a partire ugualmente. La febbre resta: forse è vero, siamo genitori incoscienti!

1 gennaio 2012 MUSCAT

Ore 12 locali, 9 italiane e anche per il nostro corpo quando ci siamo svegliati, un po’ storditi dal fuso. Ma fuori il cielo è azzurro e limpidissimo, dalla finestra le merlate candide degli edifici e in lontananza le montagne. Niente febbre per Marco, solo un po’ di raffreddore e tosse. Non è l’ora per colazione e troviamo un bel locale frequentato per lo più da giovani del posto. Ragazzi con il camicione bianco (dishadasha) e il cappellino (kumma), che già avevamo notato all’aeroporto; le ragazze molto belle (magre e alte) con tuniche nere e foulard impreziositi da ricami, sandali ai piedi e mani decoratissime. Nella ristorante cucinano cuochi stranieri (forse pakistani) tutti parlanti buon inglese. Riportiamo Marco in camera per farlo riposare e superare la debolezza. Io e Sergio andiamo in spiaggia, attraversando il parco privato dell’hotel Intercontinental con prati curatissimi, piscine in stile LasVegas e turisti sdraiati comodamente. La spiaggia è lunga, curata e pulita, piena di turisti in costume e qualche “vitellone” locale in cerca di “visioni” di donne. Barcolliamo dal sonno e torniamo da Marco, non senza aver prima telefonato all’agenzia. Dopo il bidone all’aeroporto vorremmo stare tranquilli che domattina arrivi la guida per iniziare il giro. Una bella dormita era indispensabile: usciamo per cena e visitiamo la zona di attrazione non solo per turisti. Abbondano macchine enormi, Ferrari, Lamborghini, Mustang e localini pieni con sfarzosi arredamenti e gente elegante, pur vestita con gli abiti tradizionali.

2 gennaio 2012

Abbastanza puntuali, alle 8:10 incontriamo la nostra guida Abdull, vestito in abito tradizionale, un bel viso allegro, giovane, con un’auto spaziale e strapiena, pronta per la nostra avventura, una Land Cruiser pulitissima e pienissima. Lasciamo Muscat su strade ampie, pulite e poco trafficate, costeggiando i vari ministeri. Imbocchiamo una strada perpendicolare alla costa, verso Sud, una strada che si dirige verso le montagne ed infatti diventa subito sterrata. Con fatica arriviamo a Wakan, piccolo paese di montagna con bambini scalzi e occhi brillanti. Si prosegue verso le piantagioni di fichi e datteri, terrazze coltivate, ma è una ripida salita a gradoni ben tenuti; ancora sfasata di fuso, mi fermo sotto un piccolo gazebo con panchina a godermi la catena di Ghubrah Bowl, bella, arida, selvaggia. Abdull intanto ci racconta in buon inglese un po’ di storia del suo paese. Interessante. Una sosta pranzo all’ombra con caprette che ci girano intorno e poi di nuovo sulla litoranea (ci addormentiamo tutti…)

Nuova strada interna e stretta, ripida e sterrata, con strapiombi da brivido, per raggiungere il villaggio Bylad Sayt, più bello da lontano che da vicino. Abbarbicato sulle rocce domina un’oasi di palmeti e campi coltivati a cipolle e aglio pregiato (6RO al kilo) che rappresenta la fonte economica principale del paese. Un giro in moschea per Abdull e noi guidati da un bambino, Alì, fino al forte. Ancora un po’ di strada con l’auto e raggiungiamo il campo dove sosteremo per la notte: zona ben riparata, accanto a rocce rosse, sotto palmeti e con fiumiciattolo. Bello ed eccitante. Un giretto nei paraggi ed il tè è pronto. Le tende sono montate, si fa buio presto, la luna è crescente, e nel cielo si scorgono poche stelle, una stellata omanita. Cena ottima con zuppa e spezzatino. Quindi ultimo giro prima di entrare in tenda, dove ci mettiamo quasi un’ora per sistemarci, nei sacchi lenzuolo, sopra i comodi materassini e le calde coperte; ci divertiamo con sudoku e carte, poi giochiamo al buio con le parole, fino a che crolliamo esausti. Ci accucciamo cucci-cucci in attesa del nuovo giorno. Ci sentiamo un po’ pazzi, lontano da tutto e tutti, in un canyon dell’entroterra omanita!

3/01/ 2012

Nottata abbastanza tranquilla nella tendina, sentiamo freddo solo la mattina. Durante la notte si sentono rumori strani, forse è solo il vento, ma parevano passi felpati di qualche malintenzionato (o forse qualche animale!).

Anche il gruppo di francesi che si è accampato accanto a noi sta facendo colazione come noi; le palme sono utili per coprirsi per la pipì: una sciacquata di faccia e mani e denti sul fiume, dove l’acqua scorre fresca e pulita e ammiriamo il sole che sale dietro i monti. Si chiudono le tende, si sistema il telo della colazione coi comodi sgabelli di plastica e siamo pronti per ripartire.

Cominciamo a salire, salire, salire, su strada sterrata impossibile. Intanto davanti a noi si apre una visuale spettacolare, coi profili irregolari e duri dei monti. In cima la strada improvvisamente è asfaltata e c’è una sosta con vista a 360° sulla valle circostante e sui monti lontani. Breve passeggiata da cui torniamo con sacchetti pieni di spazzatura di plastica: peccato che alcuni turisti dimentichino di riportarsi a valle i proprio rifiuti. Scolliniamo e la strada asfaltata ora scende dolcemente: a valle si vede AlHamra, che però attraversiamo solo per salire al paesino Misfat Al Abryn circondato da belle case nuove, palmeti, centro storico scavato ed incassato nella roccia e sistema di irrigazione perfetto. Il paese vecchio in pietra è ancora abitato dalla tribù originale e storica. Un gruppo di bambine gioca ride e scherza mentre la più grande lava i panni, ma non c’è verso di fare foto. Si torna ad Al Amra per un pranzo troppo abbondante per noi mentre Abdull fa compere. Avremmo preferito un picnic all’aria aperta.

Ripartiamo per il museo locale di Al Hamra, situato nella parte vecchia coi muri in pietra cruda, che sembra sterco… Nel museo assistiamo all’estrazione a mano e goccia-goccia, di olio da semi vari, da parte di una donna, alla preparazione del pane-focaccia e del caffè, che poi gustiamo in un delizioso salotto coi soffitti decoratissimi. I datteri, offerti in gran quantità, vanno mangiati prima del caffè, perché la sensazione di dolce che resta nel palato evita di dover zuccherare il caffè. Una dolce ed inebriante sensazione di fresco e profumi mi ha avvolto quando una donna mi ha messo sulla fronte un impasto di zafferano e sandalo. Per fortuna non dobbiamo studiarci i percorsi o scoprire le strade o scovare gli incroci: il nostro Abdull ci accompagna al Wadi Ghowl, un canalone stretto fra pareti altissime e vertiginose del Jamal Shams. Gli ultimi 15 minuti li percorriamo a piedi, saltando guadi e salutando i contadini del posto. Se non fosse per le continue bottiglie di plastica abbandonato in giro sembrerebbe di fare un salto indietro nei secoli. Anche il villaggio Nakar sembra del paleolitico, mentre dei giovanissimi ci offrono tè/caffè… alle mosche. Si torna indietro, un po’ ancora a piedi perché Abdull ha dimenticato la macchina fotografia: nessun dubbio – per lui – di ritrovarla. Il percorso è davvero accidentato e la 4×4 è indispensabile. Usciamo dal Wadi contenti di uno spettacolo simile. Si punta quindi verso la cima del Jebel, dove vediamo il sole tramontare in un paesaggio surreale. La strada un po’ sterrata e a tratti sterrata, ci porta al resort, dove possiamo montare la tenda all’interno di un bellissimo gazebo di legno pieno di cuscini e tappeti. Pc-mail, doccia, cena, fuoco, una partita a carte, fra molti altri italiani (sigh, ma quanti siamo?) e poi a nanna, super imbottiti per la paura del freddo.

4/01/2012

Nottata tiepida e quindi ideale per dormire in tenda, protetti dal gazebo. Per fortuna non è come settimana scorsa, quando altri turisti con Abdull, si sono svegliati con il ghiaccio sull’auto! Come programmato, alle 8 – dopo un’ottima colazione preparata dalla nostra fantastica guida – siamo pronti per la passeggiata al Gran Canyon dell’Oman: 4 ore di sentiero difficoltà medio-elementare, fino al vecchio villaggio, abitato fino a 30 anni fa, completamente abbarbicato sotto le rocce spioventi e con un ingegnoso sistema di terrazze per le coltivazioni, sospese letteralmente sul vuoto! In posizione più alta rispetto al villaggio, lo scopriamo dopo, c’è una pozza piena d’acqua. Vita durissima, ma evidentemente possibile. L’andata è lievemente in discesa e restiamo affascinati dallo spettacolare scenario selvaggio. Solo al ritorno ci rendiamo conto che il sentiero corre proprio lungo il bordo di un precipizio, una parete verticale di 1000m., che ieri abbiamo visto dal basso. A mezzogiorno preciso siamo di nuovo da Abdull, che ci conduce ad altri 2 punti panoramici, dove possiamo ammirare sia il villaggio di Nakir, in fondo alla valle, visitato ieri, sia il villaggio visto oggi di SapBaniKhamis. Proseguiamo il viaggio con breve sosta per vedere Bahla dall’alto, dominato da un imponente forte e circondato da un muro ancora solido e lunghissimo.

Sosta pranzo dove incontriamo una coppia di italiani che erano sul nostro stesso volo da Doha. Mangiamo il solito riso e pollo, un po’ indigesto. Il viaggio continua verso Jabrin Castel, sede di un imam – Bilarab bin Sultan, sede di studi. Interessanti le varie stanze, sale conferenze, prigione, magazzino dei datteri, stanza del cavallo, soffitti decorati, finestre a graticcio per poter vedere la luna durante tutte le sue fasi ed i falaj, canali di irrigazione ma usati anche per il condizionamento, pozzi e prodotti di rame. Prossima meta Nizwa, per l’accampamento notturno: nulla come la prima notte. Memorabile però è la cena a base di pesce cotta su fuoco e gustata sotto le stelle.

5/01/2012

Nottata in tenda, prima troppo caldo, poi all’alba freddino. Ci scaldiamo in fretta con la colazione che troviamo già pronta, tè e corn-flakes. Alle 8:00 siamo già al mercato/souq di Nizwa, alla compravendita di bestiame. Uno spettacolo animatissimo, benché sia solo giovedì ed il giorno del grande mercato è di solito il venerdì. Qui le donne hanno voce in capitolo, contrattano, comprano e consigliano gli uomini. Un mediatore, che ha una commissione fissa, gira ad anello intorno mostrando la bestia e gridando il prezzo, si gioca al rialzo come all’asta, dopo il controllo dei denti, genitali e schiena. Il maggior prezzo o surplus fra quanto stabilito dal venditore e quanto aggiudicato viene diviso al 50% col mediatore. Sono tutti presi dagli affari e non badano ai turisti; alcuni invece si mostrano molto cordiali e sorridendo ci dicono “welcome”. Il Suq prosegue ben diviso fra reparti – carne, pesce, frutta, verdura, datteri e artigianato. Non c’è una carta o un mozzicone in giro; tutto è talmente ben tenuto, pulito e curato che sembra quasi una ricostruzione di Gardaland. Trovo una bandiera per .500B e un cestino di paglia e pelle di capra per 4RO, Poi ritroviamo Abdull che ci accompagna a visitare il famoso e ben difeso forte di Nizwa, con trappole lungo le scale e grande torre per le sentinelle, da dove si domina tutta la verde valle circostante ricca di palmeti. Desidererei un kajal per gli occhi e gentilmente Abdull ci accompagna in una sezione del suq meno ordinata ma inebriante di profumi. Una pallina di nero kajal per un 1RO, 2 palline per 1.8 ed un piccolo contenitore con coperchietto e punta per truccarsi gli occhi (4RO). Ripartimo lasciando Nizwa e sostiamo al Barqa al Mouze (valle/vasca di banane) un villaggio che conserva il suo centro originale abitato da una sola famiglia con ricca falaji piena di acqua ma in uno stato di abbandono terribile. L’Unesco è intervenuto per dichiarare questo villaggio patrimonio dell’Umanità e presto manderà squadre di restauratori. Fa caldo e ci avviciniamo al deserto; sosta pranzo ad un ricco ed ottimo buffet e poi verso Wadi Bani Kalid, attraverso una regione brulla, arida. Solo in alcuni punti la roccia è verde e rossa per l’ossido di rame e di ferro. L’oasi è meta anche di gente locale per un piacevole picnic in un ambiente incontaminato o quasi; ci fermiamo un po’ oltre la massa di turisti e facciamo un bel bagno fra le bianche rocce del Wadi coi pesci che si attaccano ai piedi ed un giovane pastore che ci invita a visitare la grotta del posto. Davvero bello, memorabile e indescrivibile. Si riparte di buon passo a gran velocità per le Wahiba Sands, deserto con cammelli e dune e bei colori del sole al tramonto. Abdull è proprio bravo, si affretta per portarci in un punto panoramico, dove, insieme a qualche altra auto, qualche cammello e molti turisti godiamo lo spettacolo magico del sole al tramonto. Che bello rotolarsi nella sabbia e correre a precipizio giù dalle dune. Al campo tendato ci accolgono molto gentilmente con acqua, tè e datteri al luce di candele. Il campo è organizzato, pulito e ordinato. La zona ristorante dove attendiamo il cibo in relax è comodissima, con tende, tappeti, materassini e cuscini. La cena buffet una vera sorpresa, dato che, in mancanza di elettricità, non si vede nulla, ma tutto sommato il tutto è buono e gustoso. Il vento per fortuna è calato, le stelle nel cielo sono poco visibili per la forte luce della luna che illumina tutto. Torniamo alle dune ed in un attimo apriamo le tende: noi in un avvallamento al riparo dal vento e Abdull accanto all’auto. All’improvviso quando siamo già in tenda per sistemarci sentiamo il rumore di un auto e vediamo le luci avvicinarsi pericolosamente verso di noi. Nessuno ci può vedere nell’avvallamento e quindi ci precipitiamo fuori con la torcia per segnalare la nostra presenza: giusto in tempo! Pericolo scampato! Ma Abdull decide di spostarsi e mette l’auto in modo da proteggerci da altre eventuali visite inaspettate nella notte. Finalmente tranquilli ci facciamo i nostri giochi di parole al buio e ci addormentiamo.

6-01-12

Nottata tranquilla, senza altre visite! Ma la mattina troviamo la tenda talmente bagnata che al toccarla, goccioline di condensa ci piovono addosso. Sergio è uscito all’alba, quando fuori ancora non si vede il sole, per scattare qualche foto artistica. La sabbia è bagnata, il sole sale velocemente e si sente in lontananza la musica di un gruppo di indiani poco amanti della pace e del silenzio assoluto. Colazione in piedi, ad ammirare il panorama e fissarselo nella mente. Poi giro fra le dune, dove Marco si lancia in corse a perdifiato. Nell’attesa che le tende si asciughino, Abdull ci invita ad incamminarci nel deserto, lungo il sentiero e non ce la facciamo ripetere: riflettiamo che non deve essere piacevole perdersi d’estate in questo deserto. Troviamo un gruppo di cammelli e una cammella con il suo piccolo di pochi giorni. Dopo un po’ Abdull ci recupera con il Land Cruiser. Al villaggio le gomme vengono rigonfiate. La magia del deserto ha colpito il cuore: le immagini sono scolpite nella mente e nel cuore e serviranno per elevarsi in situazioni difficili, o dal traffico o quando saremo schiacciati in treno! Meta SUR: visitiamo il cantiere navale, dove ancora si costruiscono a mano e in legno le navi di qualità strabiliante. Abdull ci porta a mangiare in un ristorantino indiano: solito pollo e riso un po’ piccanti e sapori coperti dagli odori delle solite spezie. Wadi Tiwi e Wadi Sabbi, posti davvero selvaggi con pareti verticali e numerose palme. Sergio continua fino in fondo di buon passo, e trova splendide conche d’acqua. Varrebbe la pena fare un trek di qualche giorno solo qui!

Ultima tappa: mentre il cielo si rannuvola, nuotiamo in una grotta, raggiungibile con una lunga scalinata. Pieno di benzina a 0.12OR al litro!! In auto ascoltiamo gli ultimi racconti sulla civiltà omanita, sulle tradizioni, la politica e raggiungiamo il solito Beach Hotel. Indispensabile una doccia lunghissima, dopo 4 giorni di arranging art, e acqua del fiume. Ci voleva proprio! Fuori per cena al solito ed apprezzato Automatic Restaurant di fronte all’Hotel, un giretto, con acquisto di una bella pashmina in cashmere.

7 gennaio 2012: Ultimo giorno, visita di Muscat

Vogliamo approfittarne per visitare la città. Con il taxi ci facciamo accompagnare al Museo, che è però ancora chiuso. Il Palazzo estivo del sultano coi suoi mille colori, una piazza lucida e aiuole piene di fiori sembra uscito dalle fiabe. Anche il Museo è molto interessante, con le armi e i costumi omaniti, di donne e uomini di un’epoca che non sembra molto lontana. Ma il mercato del pesce supera tutto, con la varietà di gente, pescatori e pescivendoli alle prese con la vendita di ogni tipo di pesce, incuranti dei turisti che scattano foto. Anche il Suk è un trionfo di colori e di odori, con ottimi panini tipo kebab che gustiamo per il pranzo e donne a far shopping con le famiglie. Acquisto un’altra pashmina di cotone a pochissimi euro.

Riposino in hotel, valigie pronte e l’ultimo giro in spiaggia, con colori del tramonto da tenere in memoria ed una gentilissima famiglia egiziana che ci offre la cena – spiedini di carne e di pesce cotti sulla griglia in riva al mare. Cortesia e cordialità e generosità uniche, di una famiglia egiziana residente in Oman per lavoro. Con questo dolce ricordo torniamo all’aeroporto; volo regolare Muscat-Doha, ma un incubo poter prendere la coincidenza per Milano, con impiegate imbranate del Qatar, che non avevano visto i nostri biglietti d’imbarco sul banco. Siamo riusciti a fermare (letteralmente) l’aereo, con altre 3 coppie di italiani nella stessa situazione. Bentornati dal mondo delle favole. Abbiamo scelto una manciata di foto e le abbiamo raccolte in questo breve video/reportage: http://www.youtube.com/watch?v=IRTtUrwxohk&list=UUUpf0F0oVLmskP3UKg2tNpg&index=6&feature=plcp



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