Ogni giorno vorrei essere laggiù
Destinazione Isla do sal. Eravamo eccitati, mia moglie ed io all’idea di andare a Capo Verde, dal momento che per circa due anni ne avevamo parlato.
Finalmente avevamo deciso di partire e, tramite la mia bituale agenzia di viaggi, scartabellando tra le offerte tipo last minutes, avevamo trovato questa proposta per l’hotel Belo Horizonte di Sal.
in verità la nostra agente di viaggio era molto poco informata su queste isole per cui abbiamo di fatto acquistato a scatola chiusa la proposta, anche perchè di gran lunga più conveniente rispetto a quelle offerte da catalogo. E così siamo partiti.
Sei ore comode di volo, arrivo alle doici a sal (tre ore in meno rispetto all’Italia per il fuso orario).
All’arrivo la sensazione è stata di sconcerto. L’isola dall’aereo era del tutto deserta ed arida e ci siamo chiesti dove avevamo sbagliato. In aeroporto rapido disbrigo delle pratiche doganali e quindi incontro istantaneo con la nostra corrispondente (viaggi di atlantide) in loco che cio comunicava che eravamo gli unici destinati all’albergo, per cui viaggio in taxi piuttosto dimesso fino alla destinazione finale.
Percorsi alcuni chilometri in mezzo al deserto, abbiamo visto numerosi cantieri in corso d’opera, segno che l’isola sta avendo il suo boom edilizio-tutistico. Ancora sconcerto.
Arrivati alle porte della città di Santa Maria, deviazione sulla destra ed arrivo in albergo. Bello-ci siamo detti- ed abbiamo subito avuto il nostroo bungalow, prenotato dall’Italia direttamente sulla spiaggia. Interno confortevole con aria condizionata e tutto il necessario, senza sfarzi, ma molto efficiente. L’albergo, in realtà un corpo centrale attorno ad una bella piscina e nulerosi bungalows sparsi nel parco piuttosto lussureggiante. Ci siamo subito cambiati e siamo scesi in spiaggia, che non è altro che un tratto della lunghissima spiaggia, circa nove chilometri, che va da poco distante l’aeroporto sino a S.Maria. La spiaggia era solo apparentemente attrezzata poichè c’erano una decina di grossi ombrelloni di paglia adagiati sulla sabbia, a causa del forte vento e lettini disponibili, in verità in abbondanza, per gli ospiti dell’albergo, il tutto all’insegna del fai da te, vale a dire: chi prima arriva becca l’ombrellone, peraltro inutile se non come modesto riparo dal vento e vado a prendermi i lettini e li piazzo dove voglio.
Da buon italiano, anzi per meglio dire napoletano, ho cercato subito di accaparrarmi le simpatie di un locale che in qualche modo stanziava stabilmente sul tratto di spioaggia antistante l’abergo,che mi prometteva di conservarmi l’ombrellone in cambio di una visita al suo atelier all’aperto di collanine.
In realtà la ciosa è andata diversamenet perché non ho mai goduto di questo”privilegio”. Ma il posto cominciava a piacerci e lo sconcerto iniziale era andato a farsi benedire. La sabbia bianchissima e fine, il mare turchese e smeraldo ci avevano soggiogato. Ma appena stesi abbiamo subito il simpatico assalto di una miriade di veditori ambulanti di collanine, quadretti di sabbia ed oggetti in legno scolpito. L’assalto, per inciso, è durato per tutta la settimana, con un certo disagio per il budget della vacanza.
Ma con il passare dei giorni abbiamo letteralmente amato questo posto, facendoci prendere dalla dolcezza dei capoverdiani, dalla loro pacatezza, dalla totale assenza di scadenze temporali. Era come se la giornata, ogni giorno, avesse perso i suoi ritmi. Vivevamo in totale assenza di tempo, fusi con i ritmi e lo stile di vita della gente del posto.
Ho letto la corrispondenza di viaggio di un’amica del forum (sal all inclusive) e devo dire che mi sono ritrovato in gran parte delle cose che diceva, tanto che non voglio ripeterle, invitando chi mi sta leggendo ad andarsele a guardare. E’ vero, in n giorno si gira l’isola, Burracona è suggestiva, Espargo sonnacchiosa e osptale, Pedra do Lume lunare e fantastica con tutti gli annessi e connessi; i bambini sono di una bellezza struggente, da mangiare di baci, le donne e gli uomini affascinanti e nobili (i capoverdiani, non gli africani continentali di cui l’isola è piena e che sono animati dal sacro furore del commercio e della pagnotta), ma c’è di più.
I capoverdiani sono veramente nobili nella loro assoluta dignità, non vogliono essere confusi con senegalesi, angolani etc., di cui subiscono dignitosamente la presenza.
Di tanto in tanto da grosse auto scendono europei, maggiormente italiani, ormai trasferiti sul posto per i loro affari, la cui aria non è sempre così rassicurante come quella degli indigeni…
Ma torniamo a noi. Il tempo, dicevo, non esiste, bisogna lasciarsi cullare dalla luce del sole, che scandisce ore inesistenti, non c’è il monmento del pranzo o della cena, a meno che non si viva la vita da pensionanti tipo riviera romagnola. La giornata comincia con il sorgere del sole e finisce al tramonto, per lasciare posto ad una notte interminabile, calda, passionale, piena di musica, odori ed emozioni. La passione è dietro l’angolo, questa gente è innamorata dell’amore, non delle persone che ama al momento, è disponibile ma non mercenaria, è serena e solo se lo sivuole, coinvolgente. Una donna o un uomo non saranno mai infastiditi da proposte del tipo turismo sessuale, semmai riceveranno garbati inviti a bere un grogue insieme in questo tale o talatro posto, stasera sarò lì ad aspettarti, e la cosa finisce qui, senza tampinamenti , apprezzamenti più o meno volgari, palpeggiamenti. Senza contare il cibo, semplice, ma entusiasmante. Si mangia pescato del giorno a tre euro a porzione, tonno fresco arrostito a sei euro a porzione, aragosta viva dai tredici ai venti euro a porzione, a seconda del locale e del modo in cui viene cucinata e servita.
Moltissimi sono i ristorantini dove si può mangiare, in due, ottimamente, con circa dieci quindici euro.
Qualcuno è un pò più sofisticato, ma lo vedi dal momento in cui ci metti il piede ed infine uno, il FUNANA’, è il più caro di tutti, nel senso che una cena per due, ala carta. Costa intorno ai quaranta cinquanta euro, ma comprende musica dal vivo, spettacolo il venerdì ed il sabato ed un servizio piuttosto curato da stupende ragazze con gambe, sederi ed altro da svenire.
Inoltre fanno, in questo locale, la migliore capirinha del mondo.
L’esperienza più bella è però stata la gita in barca a vela, su un tredici metri di proprietà di un italiano (mi astengo da altre informazioni sulla persona, che sarò ben lieto di fornire in privato a chi lo desiderasse, via e-mail, per la privacy) personaggio da romanzo di Conrad, con mille avventure da raccontare, un marinaio che è la quintessenza della dolcezza e della signorilità, dove vivere una giornata all’insegana della semplicità e della gioia di vivere, sognando ad occhi aperti avventure fantastiche, mangiando a bordo un autentico pranzo capoverdiano e bevendo un ponch eccezionale.
La vacanza è finita, io sto quà a raccontarvela, con il cuore sempre laggiù, coccolato da una dolcissima e a volte struggente nostalgia, ascoltando le canzoni di Cesaria Evora e l’ultimo cd capoverdiano, giàpensando al prossimo anno, destinazione Boavista e San Antao, con l’illusione, un giorno di poter andare laggiù, io e la mia dolcissima comapgna, con un biglietto di sola andata. Ogni giorno vorrei esser laggiù, il mio cuore già c’è.