NY Christmas version

Il capodanno a New York è stato progettato con molto anticipo, per me era la prima volta che prenotavo con così tanto anticipo un viaggio, ma questa volta, vuoi perché il capodanno è una data overbooking, vuoi che per risparmiare bisognava farlo al più presto, vuoi perché eravamo in 5 a partire, perciò il tutto doveva essere programmato con...
Scritto da: ROTEX
ny christmas version
Partenza il: 31/12/2009
Ritorno il: 10/01/2010
Viaggiatori: fino a 6
Spesa: 1000 €
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Il capodanno a New York è stato progettato con molto anticipo, per me era la prima volta che prenotavo con così tanto anticipo un viaggio, ma questa volta, vuoi perché il capodanno è una data overbooking, vuoi che per risparmiare bisognava farlo al più presto, vuoi perché eravamo in 5 a partire, perciò il tutto doveva essere programmato con anticipo.

Così a settembre avevamo prenotato già volo ed appartamento.

E’ la terza volta che vado a NYC, la prima d’inverno, ero curioso di vederla sotto le luci di natalizie.

La partenza è stata fissata per il 31 dicembre, mi elettrizzava l’idea che in un solo giorno si cambiasse continente, fuso orario, anno ed anche decennio… Siamo arrivati a NYC alle 17:00, abbiamo festeggiato il capodanno italiano alle 18:00 sul taxi che ci portava all’appartamento.

Stanchi, schekerati dal jag lag e dagli aerei, apriamo velocemente le valigie, ci prendiamo un pizza take way da Francesco (una pizzeria di latinos) che ci fornirà di pizze nei successivi giorni. Anche se la voglia di andare a letto era fortissima, non si poteva non andare a festeggiare l’arrivo del nuovo decennio in strada. Times Square era transennata, una grande area era aperta solo ai pedoni e chiusa dalle 16:00, saremmo potuti entrare anche più tardi, ma bisognava fare una lunga coda, per poi essere scaraventati in mezzo ad una folla.

Non amo le folle, così mentre iniziava a nevicare, ci siamo messi ad ammirare le streets e le luci della città dalle mega vetrate del centro commerciale di Columbus Circle.

Mi sono subito fatto prendere dal gioco di luci delle enormi stelle che erano all’interno del centro commerciale, ero in preda ad una visione mistica (la stanchezza e i primi attimi di relax iniziavano a farsi sentire). Intanto fuori aumentava la tensione da mezzanotte e anche tra noi la tensione iniziava a farsi sentire. Iniziavano i primi attimi di cedimento e di “stanchezza da gruppo”.

Così tra un brivido di freddo e una crisi isterica, ci si avvia verso il momento tanto atteso: “La Mezzanotte”. Atteso, in quanto dopo avremmo potuto, con la coscienza tranquilla, andare finalmente a nanna.

Scegliamo di attendere le 00:00 a Central Park dove di fronte a noi, in lontananza si scorgeva la famosa palla di luci (che si vede spesso nei films americani) che quest’anno è il “10”.

A mezzanotte il cielo si illumina di fuochi d’artificio e la palla, credo, anche, si aprono le bottiglie, tanti auguri ed abbracci. Ed anche questa è fatta!! Non si sentono botti, non vi è una guerra in corso, non devo stare attento che mi sparino: ah già non sono in Italia, niente petardi nel … … negli occhi ;))) E’ bello vedere Central Park con la neve, illuminato dai fuochi d’artificio, ci si sente proprio bene, la neve che scende, le persone che passeggiano (ma non strafanno) …Piano piano andiamo verso il nostro appartamento, perché da domani inizierà la maratona per la scoperta di NYC… Ero preparato al freddo…

Le altre mie volte newyorchesi, erano state autunnali e primaverili e ricordavo molto bene quanto New York possa essere gelida, con quel suo vento che ti entra nelle ossicine.

Così in valigia avevo messo un abbigliamento degno per un impresa polare.

Mi aspettavo il freddo, ma non così tanto, anche se devo dire che le maglie termiche, le felpe super felpate e le calzamaglie superprotette hanno fatto la loro funzione. Il freddo in alcuni giorni è stato veramente intenso, i tg dicevano che erano 30 anni che non era così gelido. Che cu.. Che fortuna !!! ;)) Si sono toccate temperature con -20 gradi !! A cui va aggiunta la nostra “intelligenza” di piccoli turisti fai da te, che in una delle giornate più rigide, decidiamo di andare a Liberty Island a vedere la statua della libertà. Luogo sempre ventilato e freddo (zona portuale dall’altra parte), lascio all’immaginazione come ci sentivamo quel giorno. Mi viene da sorridere a ripensare alla follia di starcene lì, incappucciati, bardati e coperti in fila per ore, mentre scendevano pezzettini di ghiaccio dal cielo e il vento che soffiava forte, per pagare prima un biglietto d’entrata e poi per prendere un traghetto che ci avrebbe portati a vedere la statua della libertà. Certe volte si fanno delle cose che non sono molto comprensibili.

Sembrava che stessimo girando le scene di un film sull’arrivo degli emigrati; come loro eravamo infreddoliti, ci stringevamo per proteggerci dal freddo, come loro veniamo smistati… Loro avevano una ragione di vita, noi una ragione di status: Avere la foto sotto la statua !! La fila, come sempre, la evito, sono questi i momenti in cui sono felice di essere un rotellato, in quanto evito tutte le file e passo/passiamo davanti a tutti, come dei veri vips… Insomma se la carta dell’“handicap” non la gioco in queste occasioni, quando devo giocarmela ?! 😉 Il mega controllo che viene fatto prima di entrare è identico a quello fatto in aeroporto, ed è stupendo doversi togliere la giacca, le scarpe, la sciarpa, i guanti, gli occhiali, le cinture e chissà cos’altro, insomma ci viene chiesto di disfare l’armatura che, con tanta cura, avevamo costruito prima di uscire a -20 gradi…

Alla fine si è pronti per la fatidica foto sotto la statua della libertà.

Resto immediatamente deluso, in quanto mi sembra di vedere il Sancarlone di Arona; vivendo vicino ad Arona, ed avendo una zia che abita, praticamente, di fronte al Sancarlone (www.Lagomaggioreonline.It/statua_san_carlo_borromeo.Htm), che è alto in tutto m. 35, la statua della libertà (il cui corpo è alto m. 46) non mi sembra nulla di che…Anzi… E’ sicuramente più affascinante vederla da lontana o in fotografia. Dopo, non resta che visitare il museo dell’immigrazione che da un idea ben precisa di quello che vivevano gli immigrati quando arrivavano in terra d’America.

A parte il freddo e forse l’inutilità di andare a vedere la statua, anche se credo che una volta nella vita vada fatta, è bellissimo rientrare durante l’ora del tramonto, con le luci naturali ed artificiali dello skyline di Manhattan che si specchia sull’acqua.

Domenica mattina, credo ad una temperatura intorno ai -11 gradi e con un vento da far girare le palette di tutti i mulini a vento d’Olanda, ci siamo recati ad Harlem alla Riverside Church.

La chiesa molto bella e monumentale, ma ovviamente nulla a che vedere con le nostre, in cui si respira storia e tradizione, ad ogni angolo. All’interno del complesso in cui vi è la chiesa, vi sono ascensori, macchinette per il caffè, bagni, aule in cui coloro che fanno parte della comunità possono partecipare a corsi di vario genere (dall’apprendimento della musica, al cucito).

Siamo a NYC e non si deve respirare ne storia, ne tradizione, ma bensì innovazione!! Ed è quello che si percepisce.

La liturgia non ha i tempi della tradizione, ma bensì quelli della convention.

La priorità è quella di rendere partecipe e coinvolgente la messa, di far sentire i partecipanti parte di una comunità e di cercare di “radunare nuove pecorelle”, più o meno smarrite.

Viene utilizzato un linguaggio semplice ed incisivo, in cui tutti si possono ritrovare e sentirsi parte di una grande comunità.

Il Reverendo Thomas, è un uomo di grande carisma, utilizza parole incisive e dirette, cambiando tono ed espressione per scandire i propri concetti, ma soprattutto per far in modo che l’attenzione sia sempre ben concentrata su di se.

Lui era una persona molto vicina a Martin Luther King ed era presente il giorno in cui è stato assassinato.

Nel 2010, in cui la comunicazione è basilare, trovo che questo modo di celebrare una funzione religiosa sia un buon modo per arrivare alle persone, anche se credo che sarebbe auspicabile trovare un equilibrio tra il reverendo “showman” che in alcuni momenti sembra uscito da una scuola di recitazione, e il prete noioso e liturgico di tradizione italiana che sembra uscito dalla biblioteca del Vaticano.

Avevo la curiosità di vedere la NYC in versione natalizia, tanto pubblicizzata, tanto decantata…

Andare, durante le festività natalizie, a NYC è un must.

Sembrerebbe che la capitale del Natale o meglio dello sfoggio natalizio sia New York.

Mi ero così preparato a portare gli occhiali da sole anche di notte, in quanto le luci mi avrebbero accecato e le decorazioni avvolto come pitoni.

Invece, sarà perché sei già abituato un po’ a tutto e a tanto, sarà che l’albero del Rockfeller Center l’hai già visto mille volte al cinema, sui giornali e in tv, sarà che per merito o per colpa della globalizzazione tutto è ormai uguale da per tutto, fatto sta che non sono rimasto abbagliato… Certo vi sono degli angoli molto suggestivi e sicuramente alcuni addobbi colpiscono per la loro originalità, ma non so per quale ragione mi aspettavo un esplosione di luci e un addobbo globale di tutta la città, invece il Natale lo si trova a macchia di leopardo.

Quando passeggi per le vie dello shopping, anzi mentre corri, in quanto ti viene naturale accelerare il passo e farti prendere dall’adrenalina della fifty avenue, del resto è impossibile non farsi catturare dalla frenesia di acquistare di tutti e di più. Per noi europei, ora è il grande momento, c’è l’euro forte, e tutto ci sembra in liquidazione, qualsiasi cosa che acquistiamo siamo convinti di avere fatto l’affare del secolo, e sicuramente un pò lo è… Lo è un po’ meno quando compri cose totalmente inutili, ma ormai sei entrato nel meraviglioso mondo dei “SALE”.

Così fa piacere trovare, in mezzo a questa corsa shoppettara, un angolo protetto, un piccolo angolo natalizio, con le sue luci soffuse, una pista di pattinaggio (non così pomposa come quella al Rockfeller) ma più romantica, per rilassarsi e gustarti il Natale a NYC.

L’ultra famosa pista di pattinaggio del Rockfeller Center è senza dubbio un luogo da ammirare, ma sembra un luogo da “ricchi”, mentre a Bryant Park è più “pop”, più american style.

Mi ha fatto un po’ tristezza, notare che già la mattina del primo giorno dell’anno, gli alberi di Natale venivano gettati via… la festa finisce presto… è già tempo di trovarne una nuova…

La mia “avventura” newyorchese è finita con una scivolata, anzi con una svista.

Infatti mentre rotellavo per le street e per le avenue di Manhattan, non ho visto uno scalino e sono volato…Io e la mia carrozzina. Purtroppo quando si gira in rotelle non ci si può permettere una distrazione.

Risultato, frattura (composta e guaribile in tre settimane) alla tibia.

Ho potuto, così provare la sanità americana, tanto vista e rivista nei telefilms.

E devo dire che più o meno è come quella che si vede in tv o per lo meno lo sembra da questa mia piccolissima esperienza.

Tranne per la lentezza, i tempi sono pari a quelli italiani, ovviamente non ero un caso da codice rosso, comunque sia, sono entrato nella reception del Presbyterian Hospital di NYC alle 17:15 e ne sono uscito alle 00:45…Assai direi ;)) Ovviamente prima di partire per gli States avevo fatto un assicurazione medica, andarci senza è una vera incoscienza, in quanto se ti capita qualcosa, si rischia di lasciarci tutti i risparmi e se per caso è qualcosa di serio, si lasciano anche i risparmi degli eredi delle future generazioni.

Appena accaduto l’incidente, avevo compreso da subito, per esperienza, che mi ero fratturato, ho chiamato l’assicurazione, la quale mi ha inviato via mail l’elenco delle strutture mediche convenzionate.

Ho scelto i presbiteriani per vicinanza.. L’assistenza che ho ricevuto è stata buona, il personale medico era giovane e cordiale (dall’altra parte è una struttura universitaria). A differenza dell’Italia, il personale con funzioni più elevate è più cortese di quello che svolge mansioni inferiori. Probabilmente essere un medico non è sinonimo di “casta”.

Dopo la prima visita al triage, sono stato sistemato con i miei amici in una stanzetta, in attesa di notizie ed esami, ed è stato buffo sentire bussare alla porta e vedere ogni volta presentarsi un nuovo “personaggio”, infatti ho avuto a che fare con ben 14 persone differenti (tra infermieri, medici ed impiegati vari), ognuno con una mansione e una funzione diversa.

Inoltre ho trovato molto “moderno” la possibilità di chiamare un apposito call center, il cui operatore faceva da traduttore tra me e il medico. Questo sistema viene utilizzato anche nelle centrali di polizia ed in altri servizi. Quando si dice che un paese è abituato alle differenze !! Una volta ingessato ho potuto lasciare il pronto soccorso… e dopo due giorni chiuso nell’appartamento che avevamo affittato, sono rientrato in Italia, senza troppi disguidi.



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