Nuova Zelanda… frenesia verde
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In realtà, al rientro, mi sono rallegrata per la mia scelta, in quanto ho avuto la possibilità di conoscere una popolazione molto cordiale ed organizzata, ed un paese che mi ha colpito per la sua civiltà e pulizia, e che mi ha fatto respirare un grande senso di libertà, aggirandomi in spazi aperti di straordinaria bellezza, senza la presenza di altri esseri umani. Sono rimasta sbalordita nella cura che si dedica agli spazi pubblici, negli stupendi parchi non solo non vi sono cartacce in giro, ma neppure mozziconi di sigaretta. Gli unici “rifiuti” presenti sulle spiagge, battute dalle mareggiate invernali, sono detriti legnosi, e non bottiglie e sacchetti di plastica, ed altri rifiuti umani. D’altra parte, credo sia facile vivere in 4 milioni solamente, in un territorio grande come la Gran Bretagna. Mi hanno colpito, in alcuni paeselli, i disegni dei bimbi, affissi in luoghi pubblici, tipo ostelli o uffici del turismo, su temi ecologici, tipo “le balene sono amici, non cibo”, in effetti il paese più di altri si è fatto paladino della causa ecologica, basta ricordare che Green Peace è neozelandese.
Volo: Emirates, costo 1079 € incluse le tasse 16/7/11 – EK092 Milano 22.20 – Dubai 06.25 (+1) 17/7/11 – EK434 Dubai 10.25 – Auckland 13.35 (+1) con scalo a Brisbane di 4 ore
12/8/11 – EK407 Auckland 17.45 – Dubai 05.45 (+1) con scalo a Melbourne di 2 ore 13/8 – EK093 Dubai 09.05 – Milano 13.45 Il volo è eterno, mi pare siano 27 ore! Ho fatto il conto dei kilometri sul ritorno: 2639 da Auckland a Melbourne – 3 ore e mezzo di volo 11656 da Melbourne a Dubai – quasi 13 ore di volo 4700 da Dubai a Milano – 5 ore di volo
AEROPORTI
Dubai Mi ha deluso il tanto decantato (sul sito della Emirates) terminal 3, oreficerie pacchiane e negozi di elettronica a noia. Pochissimi gabinetti, e file interminabili per accedervi, potevano fare qualche boutique in meno, e qualche toilette in più. Sul volo comunque nulla da dire, orari perfetti, l’intrattenimento è molto vario. Sul Dubai-Milano e viceversa, per i miei gusti danno persino troppo da mangiare (una colazione ed un pasto). E’ però vero che più la gente ha la panza piena e meno rompe le balle, più sta seduta a ingozzarsi e meno cazzeggia nei corridoi.
Auckland E’ nella lista dei migliori dieci del mondo. Come estetica mi è piaciuto molto, mi dà un’idea di più calore, rispetto a Kuala Lumpur e Bangkok, ad esempio. L’organizzazione turistica è da 10 e lode. All’arrivo, nei corridoi di snodo che conducono all’immigration, già si trovano scaffali con centinaia di depliants. Alle partenze, fra le sale ristorazione e l’imbocco dei primi gates, altri depliants per tutti gli stati del Sud Pacifico (Fiji, Nuova Caledonia, Vanuatu, Cook, ecc.). Ritirati i bagagli, prima dell’uscita vi sono chioschi di informazioni, vi lavorano efficientissimi, preparati, ed arzilli pensionati, reclutati come volontari. Accanto, vi sono bacheche con display dei maggiori alberghi ed ostelli della città, tutti raggiungibili con una chiamata gratuita, e gli apparecchi telefonici accanto a disposizione. Per chi ha affittato l’auto, vale lo stesso discorso. Il centro città si raggiunge con i bus pubblici, costo pochi dollari, oppure con il bus diretto che con 16 Nzd porta alla stazione centrale di Britomart. Vi sono poi degli shuttles che fanno il giro degli alberghi, e costano sui 30 Nzd in media.
Immigration Gentili, ma abbastanza fiscali. Al primo arrivo non ho avuto problemi, al secondo arrivo, proveniente da Rarotonga, sono stata tartassata. Evidentemente temevano che fossi espatriata e poi rientrata per avere nuovamente il visto. Tranquillizzati dal mio biglietto di ritorno, hanno comunque voluto sapere ogni dettaglio sui piani del mio soggiorno, tipo in che ostello stavo, cosa volevo visitare, ecc. (meno male che avevo già letto qualcosa sulla guida in spiaggia alle Cook).
Dogana Argomento delicato. Già in aereo verranno proiettati messaggi che danno informazioni su come comportarsi in materia. La cosa più semplice è dichiarare tutto, anche quello su cui si ha dubbi. Già accanto al nastro ritiro bagagli, quindi prima dei banchi dogana, che sono obbligatori, anche se si pensa di non avere niente da dichiarare, ci sono ufficiali a cui chiedere informazioni in caso di dubbi. Bisogna spuntare affermativo in caso abbiate ai piedi, o in borsa, scarpe zigrinate con cui abbiate verosimilmente avuto la possibilità di calpestare suolo straniero, portandone qualche zolla in Nuova Zelanda. Bisogna dichiarare se avete una maschera con cui avete fatto snorkeling in altri paesi, bisogna dichiarare se avete cibo con voi (quello fresco, tipo miele o formaggio non verrà fatto passare, a meno che sia una marca neozelandese). Visto che io avevo nel beauty case prodotti a base vegetale, in particolare burro di karité senegalese comprato al commercio equo e solidale, e olio essenziale di teatree da chissà dove, ho chiesto info, e mi hanno detto che per questo tipo di cose non c’è problema.
Alberghi
Paradiso del fai da te, la Nuova Zelanda offre soluzioni per tutte le tasche, e c’è molta offerta nella fascia economica. I campeggi e gli holiday parks (dove ci sono anche bungalows) sono situati in posizioni stupende. Gli standard di pulizia sono molto elevati. Le cucine degli ostelli in genere sono molto organizzate, alcuni generi, tipo zucchero, thè, caffè sono gratuiti, e gli ospiti, anche quelli molto giovani, osservano le disposizioni che impongono di lasciare pulito ed in ordine. Una cosa che mi ha sconvolto un po’ è che in molti posti non c’è il riscaldamento!! Io ho visitato la Northern Island soltanto, che ha un clima invernale come fosse la Liguria, ma mi hanno detto che è lo stesso al Sud, che è molto più freddo. Molti ostelli hanno termosifoni elettrici, che non servono a niente, e ti lasciano le boules dell’acqua calda, che in effetti sono utili, molto più di ciò che pensavo. Gli ostelli più moderni hanno comunque termosifoni e riscaldamento centralizzato. Quelli nelle vecchie ed affascinanti case di legno di tipo vittoriano invece no.
Questi sono quelli da me utilizzati:
Auckland aeroporto – Kiwi International Hotel – prenotato via internet – 53 Nzd – niente di che la camera, e piuttosto poco riscaldata
Rotorua – Crash Palace Backpacker – trovato sul posto – 30 Nzd una singola senza bagno, termosifone normale, calda http://rotoruabackpackers.crashpalace.co.nz/index.htm
Rotorua – Mirage Motel – trovato sul posto – 65 Nzd – appartamento con 3 posti letto, cucina abitabile, e bagno, caldissimo C’è da specificare che a Rotorua utilizzano i calori geotermici per il riscaldamento. Quasi tutti gli alberghi hanno una spa (i più costosi una per stanza) che sfruttano le acque termali.
Whangarei – Fountain Lodge Motel – trovato sul posto – 90 Nzd un bungalow con 3 camere da letto, cucina e scarafaggio nell’armadio, non granchè – stanza fredda – solo stufette ad aria calda
Paihia – Saltwater Lodge – trovato sul posto – 60 Nzd una camera con 4 posti letto tutta per me, pulitissimo, caldo (termosifone normale)
Coopers Beach – Doubtless Bay – Mangonui – trovato sul posto – 90 Nzd, stanza semplice, con cucinotta e bagno, ma vista eccezionale, in un posto incantevole – non molto freddo – termosifone piccolo elettrico http://www.sanmarino.co.nz/
Auckland aeroporto – Travellers’ International Hotel – prenotato via internet – 53 Nzd – da paura, freddo, sporco e rumoroso. Gestito da Indiani.
Auckland centro – City Garden Lodge – prenotato via internet – 60 Nzd una stanza senza bagno, potevo forse trovare di meglio, ma era in una bella zona (Parnell), in una vecchia e tipica casa di legno dai pavimenti tutti cigolanti. Un po’ freddo, solo termosifoni elettrici, ma boule dell’acqua calda a volontà, e hanno fatto un ottimo lavoro. http://www.citygardenlodge.co.nz/
SPOSTARSI
Il treno non è un mezzo molto usato, c’è un’unica linea da Auckland a Wellington, molto cara. Vi sono poi alcune compagnie di bus pubblici, ed i cosiddetti backpackers bus, tipo Kiwi Experience, Naked Bus, ecc. Prenotabili via internet, alcune tratte in promozione a 1 Nzd, se acquistate singolarmente, ma è possibile prenotare vari circuiti, e scendere e salire a piacimento. Combinandoli alle corse di mezzi locali, credo si riesca ad andare dappertutto, ma ci vuole più tempo, che è quello che a me manca. Opto quindi per il noleggio auto. Le agenzie neozelandesi, Ezy, Ace Car Rentals, Pegasus, sono molto più economiche (metà del prezzo) rispetto a quelle classiche tipo Avis, Budget, Hertz. E’ possibile noleggiare macchine vecchie, con elevata percorrenza, a 19 Nzd al giorno. E’ quello che ho fatto io, con Ace Car Rentals. Poiché avevo specificatamente chiesto il cambio manuale e queste in genere sono automatiche, mi hanno fatto un upgrade, offrendomi una utilitaria coreana nuova, di quelle che costerebbero 36 Nzd , allo stesso prezzo. In definitiva, il costo del noleggio, per una settimana, compreso di Kasko, mi è costato 289 Nzd. Molto meno che qui, dunque. http://www.acerentalcars.co.nz/. Devo dire che guidare non è stato per niente rilassante. Non è semplice infatti farlo in un posto che non conosci, guardando contemporaneamente la cartina per non perderti, e cercando anche di ammirare il paesaggio! Inoltre, per colpa del fuso, per tutta la settimana mi prendeva già l’abbiocco alle 14, quindi cercavo di non fare tirate troppo lunghe, con l’intenzione di trovare un albergo sempre entro le 18. Le strade sono in buono stato, ma molto tortuose. La NH1, l’arteria principale, che io, chissà perché, prima di partire pensavo fosse tipo la A1 nel tratto Milano-Bologna, da Auckland a Whangarei assomiglia invece alla Torino-Savona nel tratto montuoso! Un tornante unico, praticamente sempre in salita o in discesa, con pochi rettilinei, a volte sotto una pioggia così forte da farmi ricordare il monsone cambogiano ad agosto… Insomma, che scocciatura, se avessi preso il bus sarebbe stato più rilassante. Il noleggio dei camper è ancora più conveniente.
CIBO
Per risparmiare, mi sono sempre cucinata le mie cose in ostello. Nei supermarket si trova di tutto, a prezzi un po’ minori rispetto all’Eurolandia. Come cibo economico, hamburgers e hot dogs (vade retro), fish and chips (fritto, non ne vado matta, ed il fegato ringrazia), e le famose meat pies, che mi schifavano un po’ (il ripieno mi sembra il Whiskas, e l’odore pure). Ad Auckland ci sono però numerosi ristoranti etnici economici (in K Road giri il mondo in pochi passi), e le food courts dei centri commerciali. Ho visto enormi sushi rolls in un ristorante coreano vicino al Ferry terminal a 3 Nzd. Avevano un aspetto sano ed appetitoso. Ho mangiato solo tre volte al ristorante, al Fish Market ed un ristorante vegano molto cheap a Auckland, ed al menu prezzo fisso di un ristorante vincitori di awards a Paihia. Nei ristoranti ci sono promozioni per gli “early birds”, ossia per chi si presenta per cena dalle 17 (!) alle 19.
18/7
Atterrata dopo il volo eterno, impiegato più che altro a ronfare, passo indenne alla trafila immigration, ritiro bagagli, dogana. Chiamo gratuitamente il Kiwi International Hotel (53 Nzd) che manda una navetta a prendermi. Tutti gli alberghi economici intorno all’aeroporto sono gestiti da indiani, e devo dire che la differenza coi neozelandesi si nota, e parecchio! La moquette è orribile, ma almeno attutisce i rumori. La macchina è prenotata per l’indomani. Non mi pareva saggio iniziare a guidare dopo 2 giorni di volo aereo, senza contare che non sarei andata troppo lontano. Visto però che sono abbastanza arzilla, e splende un bel sole, mi sembra sprecato dormire, e quindi, col bus nr. 328 raggiungo il centro. I bus hanno tariffe a fasce urbane, il centro invece si trova il Link Bus, che percorre una serie di percorsi circolari, sempre alla tariffa di 1.8 Nzd. . Raggiunge tutti i posti più interessanti per un turista. Con questo mezzo raggiungo quindi la Sky Tower, la cui silhouette domina la città. All’interno, vi sono negozi, casinò e ristoranti. Più un ufficio turistico ed un negozio di souvenirs. http://www.skycityauckland.co.nz/Attractions/Skytower.html. L’ingresso costa 28 Nzd. Colgo l’occasione per ammirare il panorama al tramonto, il tempo qui è capriccioso, non so se mi capiterà un’occasione simile. Passeggio e perlustro la zona di Queens Street, compro una scheda telefonica ricaricabile Buzz a 10 Nzd, e ceno in un ristorante vegano proprio accanto alla Sky Tower, si chiama Golden Age (8.90 Nzd). Cerco di ritornare alla fermata del bus nr. 328, ma non riesco a trovarla, e mi perdo. Quando sono già le 10 di sera passate, penso che sia meglio tornare in aeroporto con il bus da 16 Nzd, e da lì prendere un taxi per il breve tragitto verso il Kiwi Hotel.
19/7
Dopo una colazione sufficiente per gli standard italiani, la navetta gratuitamente mi riporta in aeroporto, e, sempre gratuitamente, dopo un’altra chiamata gratuita, vengo portata da un minivan presso la sede di Ace Car Rentals, a meno di un silometro dal terminal, dove prendo possesso della macchinina, una Daihatsu Sirion. Le impiegate mi forniscono indicazioni su come raggiungere l’imbocco della tangenziale, e raggiungere l’autostrada NH1 in direzione sud. L’accento neozelandese non è facile da capire, quindi mi faccio ripetere almeno 3 volte tutta la tiritera, e prendo anche appunti. Riesco comunque a cavarmela e senza troppi casini mi instrado verso Rotorua. La giornata è bella, ma in alcuni fondovalle precipito in un nebbione che mi butta nel panico. Il paesaggio, in questa alternanza col verde accecante dei prati mi fa credere di essere in una fiaba! Ovunque ci sono greggi di pecore, anche a pochi metri dal ciglio stradale. Consumo un veloce pranzo (7.20 Nzd vegetable pie, thè e torta) al Black Beagle Pub di Mangatarata, un paesino in mezzo ai boschi e raggiungo Rotorua verso le 4 del pomeriggio. Pianto la macchina a casaccio in un posto certamente a pagamento, senza pagare, la prima cosa che mi attrae è un nauseabondo odore di zolfo. Sono proprio vicino al lago. Per paura della multa, la ricerca dell’hotel è piuttosto frettolosa e, dopo aver scartato alcune opzioni più dispendiose, mi fermo al Crash Backpackers, 35 Nzd una singola senza bagno, ma con un termosifone! Dopo aver spostato la macchina, a piedi perlustro la cittadina. Soprattutto la zona attorno al Lake Rotorua, con i bei Government Gardens e la Polynesian Spa, le terme pubbliche. Poi qualche negozio di souvenirs. All’organizzatissimo Visitors Centre, per 60 Nzd prenoto un hangi al Sudima Hotel, uno di quelli precedentemente scartati per via del prezzo. Chiedo anche info sulle attrazioni delle vicinanze, e come raggiungerle, sono organizzatissimi, mi riempiono di cartine, e mi segnano le strade interessanti a pennarello. L’hangi è una cena tipica Maori, con le pietanze cotte nel forno. Il cibo non è granchè. Lo show invece è gradevole, anche perché gli interpreti sono bravi cantanti. Agli intermezzi musicali si frappongono racconti di miti Maori, e di usanze, credenze e tradizioni. Lo show finisce presto, anche perché in Nuova Zelanda la gente è abituata a mangiare prima di noi, e così ho il tempo di fare la spesa al Pack & Save, una catena di grossi supermercati.
20/7
Sotto un cielo bigio, ma per fortuna non piove, visito il Wai-O-Tapu Thermal Wonderland (32.50 Nzd). Si tratta di una grossa area che raccoglie spettacolari formazioni geologiche dai colori più diversi, a seconda del materiale di cui il terreno è composto. http://www.waiotapu.co.nz/. Vi sono geysers, fumarole, laghetti dai colori più disparati e meravigliosi. Ormai sono abituata all’odore, anzi quel vapore mi fa persino bene! La vista si snoda su un percorso guidato, formato da due anelli, decido per l’escursione completa, e mi trattengo quindi per almeno tre ore, considerando anche il tempo che perdo a fare fotografie, ma non mi è mai capitato di vedere una cosa simile in vita mia! Consumo un breve pasto alla caffetteria all’ingresso (13.50 Nzd), dopodichè mi reco a visitare altre pozze di fango che, essendo già fuori dal parco, hanno ingresso gratuito. Termino la giornata a Te Puia, (53 Nzd compreso uno show) un altro parco termale più piccolo e molto grazioso. Qui assisto ad un altro show Maori. E’ possibile visitare alcuni laboratori artigianali di prodotti tipici, legno e tessuti, dove si possono vedere gli operai al lavoro (fra di essi, ho riconosciuto alcuni dei guerrieri che si erano esibiti nella haka nello show prima menzionato). Decido di non proseguire oltre, e poiché ho già fatto il check out dal Crash Backpackers, mi metto in cerca di un nuovo posto per il pernotto. Mi sistemo al Mirage Motel, molto spazioso, e ben riscaldato. C’è pure una sala spa in comune.
21/7
Il tempo stringe, il meteo non è granchè, l’altopiano centrale è innevato, e decido di non andare in cerca di troppe grane. Dopo una visita veloce al lago Taupo, molto grigio, una tristezza, come tutti i laghi quando manca il sole, inverto direzione verso nord, decisa a raggiungere Whangarei, tanto ho visto la cartina, è tutta autostrada, e che sarà mai…L’unico pedaggio richiesto, ad Auckland nord, si può pagare via internet oppure a macchinette apposite, situate in direzione nord in un autogrill, ed in direzione sud in appositi spazi sosta ben segnalati. Non c’è una barriera vera e propria od un casello come qui da noi (infatti io, che non mi sono informata, non mi fermo alle macchinette, nonostante avessi fatto una sosta all’autogrill, pensando appunto di trovare una barriera in seguito, e quindi non pago – lo farò in seguito via internet, appunto). La tangenziale di Auckland non presenta particolari problemi, è tipo le nostre, l’attraversamento del ponte è spettacolare. Dopo il famoso autogrill, quando già è buio, ed inizia a piovere che Dio la manda, l’autostrada diventa… una normale strada, piena di curve. Arrivo a Whangarei alle 8 di sera, stanchissima, non riesco ad orientarmi data l’assenza di luce (la città è sul mare) capito in un posto che mi pare centrale ma non vedo né ristoranti né hotel, quindi mi fermo nel primo posto che trovo, il Fountain Lodge Motel.
22/7
Dopo aver chiesto qualche info al proprietario del Fountain Lodge, che parla con un accento incomprensibile, parto alla scoperta della Tutukaka Coast, per vedere Whale Bay. Tuttavia, dopo un accenno di sole mattutino, si ritorna al solito grigio, che non fa risaltare molto il paesaggio. Arrivo a Paihia, capoluogo della Bay of Islands verso le 2, sotto una pioggia battente.E’ un paesino piccolo, e molto pittoresco, gli alberghi, motel e ostelli si susseguono lungo la costa, o nella strada alle spalle. Vengo attratta dal Saltwater Lodge, un ostello di lusso, pulitissimo. Mi fermo a mangiare qualcosa in un baretto, dopodichè a piedi, che della macchina ne ho abbastanza, mi dirigo a Waitangi, il paese confinante per visitare i Treaty Grounds, che sono uno dei monumenti storici più importanti del paese, segnano infatti il primo accordo fra inglesi e Maori per la spartizione dei terreni. http://www.waitangi.net.nz/. Nel frattempo ha smesso di piovere. Ceno in un ristorante molto elegante, il Lips. Sulla vetrina è indicato un elenco di premi vinti, in effetti la cena è squisita, ed anche ben presentata! 26.50 Nzd per un menu fisso che comprende starter, piatto principale e dessert.
23/7
Alle 8, quando esco per andare a fare un giro in paese, splende un bel sole, purtroppo osservo che dal mare sta però arrivando una fitta nebbia, non avevo mai visto la nebbia sul mare, e rimango affascinata dallo spettacolo. Lascio Paihia diretta verso il Northland, ossia Cape Reinga. Il tempo è stranissimo, cambia in continuazione, mi sembra di essere in Sudafrica, a Cape Town, nella stessa stagione. Mi fermo a Awanui a far benzina, ed il gestore mi dice che alcune strade sono inaccessibili per via delle esondazioni dei fiumi. Spero in bene, vorrei rientrare verso la Doubtless Bay già stasera. Il percorso che da Awanui conduce sino a Cape Reinga è francamente imperdibile. Faccio una prima sosta a Waipapakauri Beach, per ammirare la famosa 90 miles Beach, poi mi fermo nuovamente a Pukenui, per fotografare il suo grazioso porticciolo, e poi a Houhora Heads, dove prati di un verde scintillante si stagliano contro un cielo azzurrissimo e terso, cosparso di soffici nubi. L’ultimo tratto che mi separa dal punto estremo a nord mi regala da un lato nuvoloni grigi, goccioloni di pioggia, ed uno splendido arcobaleno, e dall’altro cielo azzurro e cirri da vento, allo stesso tempo piove, tira vento, c’è il sole, l’arcobaleno, insomma non si capisce più niente. Greggi di pecore, onnipresenti, brucano tranquilli incuranti del mio stupore di fronte ad un tempo così mutevole, ed alla bellezza del paesaggio. Giunta finalmente al faro, il sole splende deciso, il vento ha spazzato ogni nube, e fa decisamente caldo. Sono a 18mila km da Londra, ed agli esatti antipodi rispetto all’Italia! Non mi ero mai spinta così lontano, in fin dei conti è un traguardo anche questo, nella carriera di un viaggiatore! Prima di rientrare e cercarmi da dormire, vorrei ancora visitare la Kari Kari Peninsula, ma la strada è allagata, punto quindi verso Mangonui, visto che c’è ancora un po’ di luce sono alla ricerca di un posto un po’ grazioso dove fermarmi. Nei dintorni di Coopers Beach, davanti ad un bellissimo tramonto, viro improvvisamente a sinistra, senza nemmeno la freccia (infatti quello dietro mi suona) verso la spiaggia. In realtà sono quasi tutte case di privati. Per fortuna, in fondo ad una ripida discesa riesco a trovare il San Marino Lodge, gestito da due adorabili vecchietti, che mi offrono una stanza stupenda, ed un bicchiere di latte caldo. La spiaggia su cui si affaccia il mio terrazzo è completamente deserta, scendo e faccio due passi a piedi. Sono stra felice, perche 1 non si sente volare una mosca 2 non c’è altro essere umano a parte me! E’ veramente una situazione idilliaca, come vorrei che ci fosse Lorenzo. Rientrata in stanza, lascio aperte le finestre (qui non fa molto freddo), per sentire il rumore del mare mentre cucino.
24/7
Lascio a malincuore la mia stanza con vista, e mi dirigo a Mangonui, un pittoresco paesino di pescatori con le casette di legno dipinte a colori vivaci. Il borgo è praticamente deserto, soltanto pochi turisti in giro. Visto il sole, e prima che sparisca di nuovo, ci riprovo con la Kari Kari Peninsula. L’acqua che ostruiva la strada si è riassorbita. Visito la Matai Bay e la Kari Kari beach, entrambe deserte. Ritornando verso la Bay of Island, mi fermo alla Matauri Bay, le cui acque custodiscono il relitto della Rainbow Warrior, appartenuto a Greenpeace, e affondato dai francesi per rappresaglia contro le proteste per gli esperimenti nucleari a Mururoa. Proseguendo oltre, scopro un’altra baia incantevole, la Te Nganon Bay. Il cielo nel frattempo si riannuvola, ma per fortuna non piove. Ritorno quindi a Paihia, al Saltwater Lodge. Studio un piano di rientro. Il mio volo per Rarotonga è il 26, ed il 26 devo lasciare la macchina in aeroporto. La sera precedente, mi sono prenotata il Travellers’ international, vicino all’aeroporto, sarà più facile da lì riportare la macchina. Le previsioni sono pessime. Danno grandine su Auckland, neve a Wellington e su tutto il resto del paese.
25/7
Temendo di rimanere incastrata da qualche parte, dopo aver fatto un ultimo giretto a Paihia faccio inversione di marcia verso Auckland. E’ spettacolare l’attraverso del ponte, con una vista stupenda sulla città e sulla miriade di barche ancorate al porto. Le indicazioni fornite dalla reception del Travellers’ International per raggiungerli sono estremamente stringare, ma alla fine raggiungo questa topaia, gestita da Indiani, fredda come un frigorifero, e rumorosissima. La temperatura si è abbassata notevolmente, il piccolo termosifone elettrico, con le rotelle così svirgolate che non riesco neppure a trascinarlo, non serve a niente, mi faccio portare da un in inserviente un’altra coperta. Il letto è da paura, durissimo, e dal materasso spuntano tutte le molle, che mi puntano contro la schiena. Un incubo, insomma!
26/7
Restituisco la vettura alla Ace Car Rentals, non è bollata, ma è difficile controllarlo, perché è sporchissima. La loro perizia è piuttosto superficiale, comunque sono corretti e non mi fanno storie. Con la loro navetta mi riaccompagnano in aeroporto. Non vale la pena andare in città, quindi aspetto con pazienza che arrivi l’ora dell’imbarco.
26/7 – 9/8 – Isole Cook Leggete, se volete, il mio racconto “Aitutaki – la laguna perfetta”
9/8
Atterro ad Auckland alle 4 di mattina, mi accomodo su una sedia ed aspetto che faccia chiaro. Prendo il bus da 16 Nzd per il centro città e poi, seguendo le istruzioni di Ian, con il Link Bus raggiungo il mio ostello. Si tratta del City Garden Lodge, un po’ vecchiotto, ma situato in una via tranquilla e molto graziosa, nel pittoresco quartiere di Parnell, uno dei più antichi della città. http://www.parnell.net.nz/. Qui molte case (non quella dove mi trovo io, però), sono state rimodernate, ci sono ristoranti di un certo livello, gallerie d’arte, ed il circondario ha un’apparenza elegante. L’ostello è pieno di giovani, alcuni di essi sono stanziali e lavorano o studiano qui. Io occupo una stanza al piano di sopra, sotto ci sono i dormitori, e le parti comuni, la cucina, la sala pranzo (un po’ angusta), ed un confortevole salotto con camino, arredato con poltrone, ed un sacco di libri e giochi di società. Sento freddo, ma Ian assicura che è perché arrivo da Rarotonga, e non sono abituata. Anche qui, in camera, un traballante termosifone elettrico che non serve ad una cippa. Spero nella buona sorte e nelle boules dell’acqua calda! Anche i bagni non sono granchè, le docce sono a parte, ma i lavandini sono tutti in un’unica stanza, insieme ad un gabinetto, e non separati fra maschi e femmine. I pavimenti in legno sono cigolanti, ma comunque la casa devo dire che ha un suo stile. Sistemo i miei stracci, e sono finalmente pronta per la città. Ora che non ho più la macchina, mi sento finalmente in vacanza in Nuova Zelanda. Per prima cosa, dato che è vicino, mi dirigo al Museo Nazionale (10 Nzd), situato in un bellissimo parco, il Domain. Ce ne sono parecchi, in città (Albert Park, Myers Park, Victoria Park, Mont Eden). http://www.aucklandmuseum.com/. Il Museo presenta vari reperti di arte indigena, e provenienti da tutta la zona del Pacifico, compresa Nuova Guinea. Ci sono maschere, mantelli di piume di uccello, piroghe, una meeting house completa. Apprendo da pannelli affissi alle pareti di come i Maori, popolazioni arrivate dall’Asia attraverso lo stretto di Bering, abbia colonizzato la zona, e delle loro tecniche di orientamento in mare, senza strumentazione alcuna. Il piano superiore del Museo raccoglie invece reperti di guerre recenti, compresa la Seconda Mondiale. Sono esposti anche alcuni aerei. A piedi, mi dirigo verso il porto, ed il Fish Market. Qui un ristorante tipo bistrot cucina pesce fresco, scegliendo fra tre diversi modi, combinati a tre diversi contorni. Nello stesso salone, un po’ come a Eataly, sono esposti nelle vetrine i pesci in vendita, e ci sono stand che vendono cibo organico, o di qualità (vedo anche note marche italiane). Inizio a curiosare nei negozi alla ricerca di qualche souvenir. Queens’ Street ne è piena. Ci sono negozi gestiti da neozelandesi, che vendono prodotti di buona qualità, a prezzi più cari, e chiudono presto, verso le 18. E poi altri gestiti da cinesi, aperti sino a tardi, e che vendono copie di quanto si trova dai neozelandesi, a prezzi ridotti. Mentre sono al porto, al terminal dei ferries, guardo i prezzi delle crociere nel Golfo di Hauraki.
10/8
Finalmente un bel sole, ne approfitto per esplorare la Baia! Alle 8.45 sono già in attesa del Link Bus che mi porta in centro, a Britomart. Da lì è un attimo arrivare al Queens Wharf. Acquisto i biglietti da 360 Discovery Cruises, costa meno (20 Nzd), e tocca più isole (una in più, Motuihe) rispetto a Fuller (36 Nzd) che però ti regala una corsa a/r gratis per Devonport. E’ possibile, su ogni isola, scendere e risalire sul battello dopo. Il bel tempo resiste. Non scendo da nessuna parte e, al rientro, mi prendo il ferry normale per tornare a Devonport (11 Nzd a/r), ci sono partenze ogni mezz’ora. Devonport è l’isola più vicina a Auckland, abitata, mentre altre, che ho visto prima, tipo Motuihe e Rangitoto sono deserte. Non ho tempo, purtroppo, per dedicarmi anche a Waiheke. Il centro di Devonport è grazioso, ci sono caffè e negozi, un informatissimo ufficio turistico, che mi indica le passeggiate da fare. Le case sono stupende, qui, e con un panorama fantastico, sulla baia. Mi dirigo verso il North Head, un cratere di un vecchio vulcano spento, un’oasi di pace, prati verdissimi, su cui rilassarsi, ed ammirare il panorama. Il sole continua a splendere, e mi tolgo la giacca. Rientro in città con il ferry delle 3, con un Link Bus scendo a Ponsonby, per fare due passi anche in questa zona. In realtà non è male neanche Ponsonby, ma preferisco Parnell. Passando da KRoad, piena di ristoranti etnici a poco prezzo, rientro in zona Britomart, per riprendere un altro Link bus per Parnell e l’ostello. Vista l’abbondanza di ristoranti a poco prezzo, ritengo che non sia il caso di rimanere in ostello a cucinarsi le proprie cose, come ho fatto io, a meno che uno sia proprio a corto di soldi. In realtà io ho da finire parecchie cose, e mi dispiace sprecarle. Rimanere all’ostello la sera mi dà modo però di conoscere persone molto simpatiche. Io familiarizzo con altre 3 ragazze, molto più giovani di me, che sono lì per motivi di lavoro o di studio.
11/8
La mattinata comincia male, sole ma anche brutte nuvole grigie. Le previsioni sono pessime, Ian mi dice di non fidarmi troppo. Finchè non piove, penso, meglio andare al Mount Eden a passeggiare, e poi andare dopo all’acquario. Il Mount Eden non è nel circuito nel Link Bus, ma all’ufficio centrale del turismo, sul Quay, mi danno una piantina di tutti i bus della città, e, dopo aver girato un po’ a vuoto al Britomart per cercare la palina di partenza, mi faccio scaricare ai piedi della collinetta dal bus 277. Anche Mount Eden è un vulcano spento, è un parco pulitissimo. Nel cratere è proibito camminare, perché è un luogo sacro ai Maori, e ci sono cartelli ovunque di divieto. Arrivano invece minibus di turisti cinesi, e quegli idioti cos’è la prima cosa che fanno? Si fiondano nella caldera spenta, urlando a squarciagola per sentire l’eco. Che cafoni! Rientrata in centro, aspetto la navetta gratuita del mezzogiorno per il Kelly Tarlton’s Acquarium (30.60 Nzd ma avevo un buon sconto, quindi costa un pelino di più). L’Acquario si trova un po’ fuori, sulla Tamaki Drive, da cui si gode comunque una bellissima vista sulla città. Anche qui, case bellissime. L’Acquario mi delude un po’, come già era successo a Singapore. A me piace di più quello di Genova, anche se a Genova non c’è il tunnel che ti fa passare sotto l’acqua. Non ho più voglia di prendere il traghetto per Waiheke, e rimango a ciondolare in centro, alla ricerca di qualche souvenir da portare a casa.
12/8
Alle 17.45 ho l’aereo che mi riporta a casa. Prenoto tramite Ian lo shuttle, 28 Nzd. Costa di più dell’Air Bus (16), ma mi risparmia un sacco di fatica, e i soldi del deposito bagagli alla stazione centrale di Britomart. Torno in Queen’s Street per completare gli acquisti, e mi concedo un lauto pranzo, finalmente, al Fish Market (12.90 Nzd), per concludere degnamente la vacanza.