Nuova Caledonia, nel cuore della Micronesia
Per raggiungere la Nuova Caledonia dall’Italia ci sono diverse possibilità, ma noi abbiamo scelto la via più breve e con un solo scalo:
Milano-Tokyo, Tokyo-Noumea per un totale di circa venti ore. Per la verità questo viaggio è stato organizzato con l’aiuto di una nostra amica francese, Chantal, che da 46 anni vive a Noumea con la famiglia e che da tempo ci ha invitato. E’ stata così gentile da crearci un tour virtuale nella Grande Terre, l’estensione all’Isola dei Pini e all’isola Ouvéa con tappe nei siti da non perdere. Ci ha inviato il materiale da cui attingere le informazioni e abbiamo prenotato pernottamenti e voli via internet. La soddisfazione di essere riusciti a organizzare bene tutto il viaggio è stata grande e il risparmio di denaro ha arricchito la nostra gioia. E’ stata la nostra guida Tpc locale! Arriviamo di notte a Noumea “cotti” ma felici. Nella capitale resteremo tre giorni per riposarci e per visitarla. Noumea è una capitale giovane e vivace dal timbro francese, collocata scenograficamente su alcune colline che si affacciano su una serie di baie orlate da spiagge lunghissime a pochi metri da viali, ristoranti, hotel e centri commerciali. La cattedrale di Saint-Joseph merita una visita: costruita dagli ergastolani alla fine del XIX secolo in stile gotico possiede due enormi torri quadrate alte 25 m. e all’ingresso troneggia un caratteristico lampadario in lamine di nickel, che è la risorsa principale dell’isola. Come sempre nei nostri viaggi, visitiamo il mercato cittadino in riva al mare, nel centro città. Tutte le mattine ha luogo lo spettacolo dell’esposizione di frutta tropicale e verdura, pesci e molluschi spettacolari, fiori dai colori sfavillanti e bancarelle di artigiani con gioielli, abbigliamento e oggetti di legno. Al centro del mercato un bar offre spremute di frutta dissetanti.
Nel pomeriggio ci rechiamo nel museo della Nuova Caledonia che detiene la più ricca collezione d’arte kanak al mondo e oggetti di provenienza da tutta l’Oceania. E’ una panoramica completa di opere d’arte che ogni comunità melanesiana ha creato nel corso della storia. Noumea gode di una posizione invidiabile: la spiaggia di Anse Vata sulla passeggiata con ampi spazi verdi per attività sportive fa di questa città un luogo molto piacevole. Per ammirare la laguna saliamo sulla cima della collina Le Quen Toro, dalla quale la vista panoramica è magnifica: tra le evoluzioni vertiginose dei kitesurfers scorgiamo alcuni isolotti in mezzo all’oceano raggiungibili con taxi d’acqua ogni giorno.
L’isola aux Canards Ha un bar-ristorante coi tetti di paglia e un museo di sculture-totem a cielo aperto. Un sentiero sottomarino nella barriera corallina multicolore è la ciliegina sulla torta. Più lontano l’isolotto Maitre e il faro Amédée, alto 56 M, su un altro isolotto segnala il passaggio tra le rocce. Nei suoi dintorni si possono fare meravigliose immersioni subacquee. La baia des Citrons, più riparata dagli alisei, ha una bella spiaggia per le famiglie di giorno, ma quando cala la notte si trasforma in una zona alla moda coi suoi tanti locali offrendo ai nottambuli l’imbarazzo della scelta. Notiamo la gelateria italiana “Amorino” presa d’assalto e ci mettiamo anche noi in fila per gustare questo gelato e fare il confronto. Lasciando Noumea per andare alla scoperta dell’isola, ci si accorge che l’atmosfera da Mediterraneo lascia il posto a suggestioni tipicamente melanesiane. Il traffico dirada perché a Noumea si concentra un terzo della popolazione totale di 270 mila. La Grande Terre (450 km x 50 km) è una terra di contrasti, dove gli alisei soffiano dolcemente quasi tutto l’anno, e la catena montuosa “la Chaine” l’attraversa da nord a sud creando un confine naturale tra due regioni molto diverse. Il Nord, selvatico, è ai confini del mondo, alla fine della terra. I cavalli selvaggi hanno il sapore di libertà, gli isolotti deserti e i grandiosi fondali marini risaltano per il loro splendore primitivo.
Prima tappa, nel cuore della regione ovest, è Sarramea. Lontana dall’oceano, nel mezzo della natura rigogliosa, orientata verso l’ecoturismo creando con i comuni di Farino e Moindou il Parc des Grandes Fougères, riserva speciale con sentieri dove passeggiamo come in un vasto giardino botanico. Piante tropicali, di cui noi abbiamo piccoli esemplari nei nostri appartamenti, fiori come l’anturio e orchidee di vari colori rappresentano una grande biodiversità. E’ il paradiso degli amanti della natura che qui possono scoprirla in tutta la sua bellezza. Riprendiamo la strada principale e ammiriamo coltivazioni di caffè insieme a palme di ogni specie, papaie, bananeti, manioca e canna da zucchero. Sulla strada si incontra la Cascata di Ba che forma un laghetto naturale. E’ un punto nevralgico sulla costa est in piena zona kanak, gli abitanti di origine melanesiana che sono il 45% della popolazione e i veri signori di questa zona. Quando si visita un villaggio bisogna osservare le loro usanze che consistono in inchini e cortesia ed è usanza portare un regalino per il capotribù, al quale non si può rivolgere la parola, ma deve essere lui il primo a farlo. E’ possibile avvicinarsi alla millenaria cultura kanak visitando i loro villaggi, incontrando la popolazione che ancora vive come decenni fa con poche varianti moderne. Oggi si può anche soggiornare in alcune loro case tradizionali per un tuffo nel passato di questa millenaria cultura. Noi decidiamo di pranzare “chez Mamie” nota per la cucina caledoniana e che affitta bungalows a Farino, piccolo villaggio agricolo. Qui incontriamo un gruppo di ricercatori tra cui un ragazzo italiano che per tre mesi resta in nuova Caledonia per studiare un uccello, il cuculo che depone le sue uova nel nido di altre specie. A Moindou facciamo una sosta al Fort Téremba, un penitenziario del 1871 situato sulla sommità di un pianoro che domina la baia d’Uarai. Rimasto in funzione sino al 1919 è oggi luogo di memoria della storia della colonizzazione. E’ costituito dal blocco centrale di due piani, la polveriera, la scuderia, le prigioni, la cucina per le truppe, la torre di guardia, la casa del comandante, l’ufficio delle poste e telegrafo, la panetteria, l’officina e per finire l’imbarcadero dove arrivavano i prigionieri dalla Francia. Inoltre nel cortile è in bella mostra anche una ghigliottina che ci fa rabbrividire. Una piccola avventura ci è capitata per caso. Lasciando Sarramea e diretti sulla costa est abbiamo sbagliato strada e siamo arrivati sul mare a Canala percorrendo una strada sterrata rosso fiammeggiante con camion che trasportavano il minerale alla fabbrica di nickel. Senza cartelli stradali, abbiamo attraversato la montagna e sembrava di essere su Marte, il pianeta rosso. La cartina indicava la strada giusta, ma a un bivio non abbiamo visto che la destinazione era indicata sull’asfalto con una scritta sbiadita. Abbiamo chiesto informazioni per ben tre volte, ma tutti non erano in grado di spiegare bene. Per un attimo abbiamo temuto che venisse sera persi in quelle montagne, quando un’auto guidata da un tecnico dell’azienda elettrica locale si è fermato e ci ha chiesto se avevamo bisogno. Lo abbiamo aspettato cinque minuti che finisse il suo lavoro di controllo e poi ci ha accompagnato al famoso bivio per prendere la direzione giusta.
Riprendiamo il viaggio diretti a Hienghène, patria di Jean-Marie Tjibaou, villaggio celebre per le sue formazioni rocciose spettacolari di oltre 60 m. Si attraversa il cuore dell’isola per arrivare sulla costa est. Paesaggi grandiosi con montagne alte fino a 1600 m, cascate, falesie e grotte rendono questo luogo maestoso. Un facile sentiero porta alla cascata di Tao alta 100 m, nel cui laghetto facciamo un bagno rigenerante. Dal Belvedere sulla strada panoramica si gode una vista magnifica a 360° sulle montagne e sulla baia costellata da isolotti incastonati nella laguna di Lindéralique. Una grande roccia nera a forma di gallina o sfinge evoca leggende e conserva un posto particolare nel cuore delle tribù della zona. Un traghetto-chiatta della Ouaième è l’ultimo esistente nella Nuova Caledonia e ci consente gratuitamente di attraversare la foce del fiume. Ci dirigiamo al nord verso la punta estrema, alla fine del mondo. Troviamo Poum villaggio nel mezzo di savane rosate, di terra rosso-ocre o bianca e foreste di melaleuca (niaoulis), pianta medicinale dalla quale si ricava il famoso tee tree oil, noto antisettico naturale. Il suo bellissimo fiore-piumino bianco brilla al sole e le foglie accarezzandole emanano il delizioso profumo. Poum è al centro di una zona mineraria per l’estrazione di nickel mentre in passato aveva una Miniera di rame ora estinta. Dietro una curva della strada spunta la spiaggia Deserta scintillante sul blu della laguna ornata da isolotti che formano un Porto naturale. Questi posti sono l’ideale per giocare a fare Robison Crosue! In questo angolo di mondo dalla bellezza Straziante si ha la sensazione tanto desiderata di essere lontano da tutte le Preoccupazioni quotidiane. Siamo ora sulla costa Occidentale con chilometri di spiagge abbaglianti e con le sue pianure a Perdita d’occhio chiamate “Brousse” cioè territorio con vegetazione tipo Savana, è il “far west” caledoniano con gli allevamenti di bovini, i rodei e il Mito dell’uomo forte a cavallo definito cow-boy o meglio “Broussards”. La costa Orientale ha una vegetazione esuberante ricca di cascate e fiumi, scogliere Frastagliate e versanti irregolari che si tuffano nell’Oceano. Il villaggio di Koumac ha prosperato fino al 1964 Grazie all’attività mineraria del cromo, la più importante al mondo. Oggi il Turismo ha preso il suo posto poiché Koumac si trova all’incrocio tra la costa Ovest con le savane e la laguna, la costa est verdeggiante battuta dagli alisei E il grande nord abbagliante e selvaggio. Scendiamo verso Voh, dove le mangrovie cresciute in varie altezze hanno formato un cuore verde reso famoso dalla foto di Yann Arthus Bertrand e visibile a occhio nudo dall’alto del massiccio di Katepaik raggiungibile a piedi o in fuoristrada. Più tardi ci fermiamo nel sito archeologico di Lapita, dove fu scoperto il vasellame della tradizione di Koné datato 2500 anni a.C. circa. La terracotta Lapita, decorata con motivi geometrici punteggiati o incisi, sembra aver avuto un utilizzo rituale. La prossima destinazione è Bourail, cuore del “far-west Caledoniano” che si dedica all’allevamento di bestiame: maiali, cervi, pecore, capre e volatili. Nel suo mercato si possono ammirare verdura di ogni genere, frutta tropicale e fiori per noi rari. Un giro in questo mercato è una vera festa dei sensi. Bourail è anche il paradiso dei turisti con le sue spiagge favolose, le sue baie celebri o segrete, dove le potenti onde oceaniche s’infrangono per la gioia dei surfisti, mentre la laguna, protetta dalla barriera corallina e ornata da immense spiagge di sabbia bianca, accoglie i subacquei. A Déva ci fermiamo a pernottare nel parco eco-turistico sul mare nel cuore di una natura da sogno. Nella spiaggia della Roche Percée spicca il Bonhomme de Bourail, uno strano monolite a forma di volto umano scolpito dalle onde nel corso dei secoli che, secondo le leggende Kanak, rappresenta il guardiano della “porta dei morti”. Attraversando un cunicolo nella roccia sbuchiamo sulla Baia delle Tartarughe, magnifico anfiteatro di pini colonnari endemici. Tra le falesie le correnti delle maree sfumano dal turchese sino alla schiuma bianca. Ancora più segreta la Baia degli innamorati accessibile soltanto a piedi e piccolo gioiello. La passeggiata al Faro di Gouaro, monumento storico, che domina la “strada dei tre fiordi”, regala una vista a 360° da togliere il respiro.
Il mattino seguente andiamo sulla spiaggia Poé, lunga 17 km, di fronte a una laguna immensa ben protetta dai flutti, per passare tutta la giornata in relax dato che il nostro tour nella Grande Terre è finito e l’indomani dobbiamo partire per l’Isola dei Pini. Dall’aeroporto interno di Noumea abbiamo il volo diretto che parte nel pomeriggio e in circa venti minuti giunge a destinazione. L’Isola dei Pini è una piccola isola lussureggiante (18 Km x 14), il cui nome in kanako è “kunié”, pianeggiante con un punto più Elevato a 260 m e raggiungibile a piedi con emozionanti scorci. Bagno penale nel 1872, ha spiagge immacolate e bianchissime che si estendono per chilometri e si tuffano nella laguna turchese, un inferno divenuto paradiso. La cosa curiosa è che, invece delle palme, è ricoperta da pini colonnari (araucaria), albero principe al quale deve il suo nome. Questo albero può raggiungere i 60 m di altezza ed è il simbolo della Nuova Caledonia. E’ così strano e irreale che il Capitano Cook scrisse: “Non riusciamo a capire la natura di questi oggetti”. Inquietante, ma di una bellezza antica perché questi alberi esistevano già all’epoca dei dinosauri. La vegetazione è ricca di colori e profumi: palme, orchidee, felci, fiori e boschi di palissandro e sandalo. Mondo paradisiaco, dove la natura infonda pace alla mente, mare incantevole, spiagge deserte di borotalco, popolazione sorridente, profumi e vegetazione rigogliosa. Un fascino infinito. Le spiagge più belle sono Oro Bay, Kuto e Kanuméra, tra le prime dieci spiagge al mondo. E’ proprio nella Baia d’Oro che, dopo aver lasciato l’auto in parcheggio, ci siamo addentrati a piedi nel sentiero che conduce alla piscina naturale contornata da coralli e circondata dai pini colonnari. E’ proprio un capolavoro della natura! Qualcuno l’ha definita “l’isola più vicina al Paradiso” e francamente, almeno per noi europei, la definizione è molto reale. Inserita nella lista del Patrimonio mondiale dell’Unesco, è un’icona della Nuova Caledonia. Le leggende dei kuniers (gli abitanti) raccontano dell’arrivo di piroghe giunte da lontano più di 300 anni fa. Poi la storia accelera e, dopo la scoperta di Cook, i missionari protestanti e cattolici impartirono un’educazione cristiana e, trovando gli indigeni nudi, introdussero l’uso dell’“abito missionario” cioè un vestito per le donne molto castigato, lungo e accollato. Ancora oggi in tutta la Nuova Caledonia molte donne indossano abiti di questo modello, ma a colori vivaci, retaggio di un’epoca passata. Poi venne il tempo della colonia penale con cinque villaggi di deportati che costruirono strade, edifici e prigioni. Questa epoca è ormai finita e ora il turismo regola la vita di quest’isola con visitatori da tutto il mondo. Trascorriamo tre giorni sull’Isola dei Pini e visitiamo le grotte della regina Hortensie della tribù Téouté, sito storico per essere stato rifugio temporaneo dell’illustre ospite. E’ un luogo magico nascosto in una vegetazione lussureggiante e la cosa curiosa è che il guardiano è tifoso della… Roma! Indossava fiero una maglietta della sua squadra del cuore, conosceva il nome di Totti e quello delle altre squadre italiane. Capito che siamo italiani ci ha chiesto informazioni sul nostro calcio in uno stentato francese difficile da comprendere, ma molto simpatico. Le grotte della Troisième della tribù Kéré sono molto diverse, piene di acqua dolce e casa di molti uccelli. Inoltre è ornata da superbe stalattiti e stalagmiti.
A Mo visitiamo le vestigia del bagno penale che accolse prigionieri francesi esiliati sino al 1912. Il cimitero e le Prigioni dei deportati costruiti nel 1894 sono lì a testimoniare la grande sofferenza che ha abitato questo luogo. Sulla Baia di Saint-Maurice una statua commemora la prima messa celebrata sull’isola. La curiosità è che è circondata da una palizzata di totem scolpiti da tutti i clan dell’isola. Sulla Baia de Saint-Joseph si trova un cantiere di costruzione delle piroghe tradizionali. Da qui partono le piroghe verso la Baia d’Upi unita alla Baia d’Oro da un piccolo sentiero. Un giorno intero ci godiamo le spiagge di Kuto e di Kanuméra separate da un isolotto roccioso. I piedi affondano nella sabbia luccicante, l’acqua tiepida ci accarezza le caviglie ed è una piacevole sensazione. Non vorremmo più uscire dall’acqua cristallina dove il tempo non esiste più.
Purtroppo il giorno successivo dobbiamo rientrare a Noumea diretti a Ouvéa, nelle isole della Loyauté, a 40 minuti di volo dalla Grande Terra. Di origine vulcanica, nella piccola isola la vita segue ancora di più il ritmo delle tradizioni e della natura. La leggenda dice che è una gigantesca anguilla divisa in due. Il Ponte di Mouli unisce la piccola isola del sud alla grande isola. Sotto il ponte vediamo nuotare una tartaruga verde, grossi pesci e in lontananza uno squalo entrato per sbaglio nella laguna. I locali dicono che non passa mai sotto il ponte e anche noi ce lo auguriamo perché nella laguna desideriamo farci una bella nuotata. Gli isolotti delle Pléiades del sud e del nord allungano l’isola verso ovest per stendersi in una vasta laguna bordata da una cinquantina di chilometri di spiagge abbaglianti. Sabbia fine come farina bianca ai piedi dei pini colonnari centenari che sembrano sentinelle impettite di fronte all’Oceano. La spiaggia di Mouli è una delle più belle al mondo: 25 km di sabbia bianca che scorre lungo la costa dell’isola e dal ponte si può ammirare contemporaneamente la laguna da un lato e l’Oceano Pacifico dall’altro. Con la bassa marea lingue si sabbia dorata emergono dal mare e ci permettono di passeggiare lontano dalla costa. Il sole è cocente ed è urgente fare un bel bagno. La laguna di Ouvéa fa parte del Patrimonio Mondiale dell’Unesco dal 2008. Ouvéa vive di pesca, della lavorazione del cocco (olio e sapone) e di turismo. La semplicità della popolazione e la sensazione di benessere sono tangibili, ottimo per staccare la spina alcuni giorni. Ci addentriamo nella foresta per vedere il “trou bleu Hanawa”, il buco blu di Hanawa, un profondo buco di acqua limpida blu ricco di pesci cangianti. Se si butta del pane si vedono sfiorare la superficie dell’acqua. Nel 1980 Cousteau ha fatto un’immersione in questa cavità senza poter trovare il fondo. Mi piace pensare che si tratta dell’occhio blu di uno spirito benigno che sorveglia il mondo. Le alte falesie di Lékiny, illuminate dai raggi del sole, affondano in un angolo di mare dai colori straordinari. Nel villaggio la chiesa di Saint-Joseph bianca col tetto rosso ha festeggiato 150 anni nel 2007. E’ famosa per le vetrate, il soffitto a volta in legno e il pulpito di kohu, un legno locale. Passiamo le nostre giornate in tutta calma, nuotando e facendo snorkeling, camminando sulle spiagge raccogliendo conchiglie di ogni tipo che non vedevamo da anni nei nostri mari e osservando i pappagallini endemici nell’isola del nord. Si nutrono di grani e soprattutto sono golosi di papaie. Stavano scomparendo a causa dei collezionisti e oggi sono protetti. Terminata la nostra vacanza sull’isola di Ouvéa rientriamo a Noumea. All’aeroporto ci attendono i nostri amici che ci ospiteranno tre giorni nella loro casa al mare, a una quarantina di chilometri dalla capitale. E’ una grande casa in stile polinesiano immersa in un giardino molto curato dai nostri amici che qui trascorrono i loro week-ends. Il giardino si allunga fino alla spiaggia privata in una bellissima baia chiusa da isolotti verdeggianti e dove è ancorata la piccola barca del nostro amico. Per noi è un sogno poter godere di questo luogo fuori dal mondo, in buona compagnia e con cibo ottimo. Ogni giorno gli uomini vanno a pesca e mangiamo alla griglia quello che pescano. Noi donne procuriamo papaie, manghi e cocco nella foresta fuori casa e ci sembra di vivere come le tribù locali.
Dopo qualche giorno, tolto il “disturbo” con grande rammarico anche dei nostri amici, partiamo alla volta delle Isole Fiji per trascorrere una settimana di vacanza (v. diario separato). Ritorniamo a Noumea per gli ultimi giorni del nostro tour in Nuova Caledonia. Visitiamo l’acquario della città piccolo, ma interessante. Ci fa scoprire l’ecosistema acquatico della Nuova Caledonia l’acqua dolce, le mangrovie, i fondali marini, le barriere coralline, ecc. Verso mezzogiorno assistiamo alla distribuzione del cibo nelle vasche e apprendiamo che alcuni pesci amano i … broccoli. Notevole è il centro culturale Tjibaou, cuore pulsante della cultura kanak, ispirato alle tipiche capanne melanesiane e costruito in legno d’iroko e acciaio. Situato sulla baia di Tina, fu progettato dall’architetto Renzo Piano e costruito tra il 1995 e il 1998 per celebrare la memoria del leader indipendentista J.M. Tjibaou della comunità Kanak ucciso in un attentato nel 1989. Il Sentiero Kanak con le sue statue offre al visitatore un viaggio esplorativo attraverso questa civiltà millenaria e racconta storia, cultura e tradizioni del popolo kanak. La cultura melanesiana o kanak è una cultura ancestrale di tradizione essenzialmente orale. Le credenze dei Kanak toccano diversi argomenti: la nascita del mondo e delle creature viventi, la terra che provvede, la terra degli antenati, la terra degli spiriti e la rinascita. Questo centro è suggestivo e rende l’idea per cui è stato creato, un grande lavoro del nostro architetto italiano! All’ingresso quando capiscono che siamo italiani saltano sulla sedia dalla gioia. Assistiamo anche a una rappresentazione musicale di un quintetto che suona strumenti antichi e canta Inni rituali.
Il giorno seguente facciamo l’escursione alla scoperta dei grandiosi paesaggi dell’estremo sud. E’ soltanto a circa un ora e trenta da Noumea, ma la strada da percorrere è impegnativa. Yaté è situato all’estremo sud della costa est e abbonda di fiumi magnifici. I suoi abitanti occupano il litorale in un ampio spazio naturale, polmone verde della zona. Le cascate si susseguono a destra e a sinistra della strada. Attraversiamo a piedi un sentiero botanico e arriviamo alla cascata della Madeleine. La flora incontrata è aspra, lunare, dalla bellezza selvaggia. Il terreno è ricco di ossido di ferro, la terra è marrone/rossa come se fosse arrugginita e sanguinante. Con l’82% di piante endemiche questo è uno degli ecosistemi più originali del pianeta. Il paesaggio forma un museo vivente: l’ambiente misterioso, i fiori così belli e bizzarri che sembrano finti, le piante carnivore minacciose, siamo agli albori della Terra. Mancano soltanto i dinosauri, ma forse cercando bene, gli ultimi potrebbero nascondersi in qualche vallata lontana dagli uomini … Il nostro amico Alain, che ci accompagna con la sua 4×4, ci racconta che questo paesaggio ha fatto veramente da sfondo al film “Jurassic Parc”. Fiumi color smeraldo alimentano il lago artificiale Yaté creato da una diga di sbarramento, utile per la produzione di energia elettrica destinata alla capitale. Visitando questi luoghi si ha l’emozione dell’esploratore ammirato dalla creazione sensazionale e magica che la natura ha costruito e che l’uomo trasforma. I giacimenti di nickel stanno cambiando l’economia e la fisionomia di questa terra, visto che sono sorte già tre fabbriche per la trasformazione di questo utile minerale che raggiunge il 30% della produzione mondiale.
Ci fermiamo a Prony, Colonia penale sulla baia omonima. Tra le rovine sorgono ancora le povere baracche dei prigionieri che il comune ha dato in affitto a chi le richiede con l’obbligo di conservarle come erano. E’ nato quindi un villaggio fantasma di seconde abitazioni perfettamente intatte, visitabile in punta di piedi come se i prigionieri le avessero abbandonate da poco tempo. Durante gli ultimi giorni del nostro soggiorno a Noumea assistiamo al raduno del Popolo delle Vanuatu, isole di origine vulcanica a nord della Nuova Caledonia, che ogni anno viene qui per uno scambio commerciale e artistico. E’ una festa di tre giorni molto attesa dagli abitanti di Noumea perché alcuni complessi si esibiscono con musica etnica e numerose bancarelle vendono i loro prodotti tipici. La centrale Piazza des Cocotiers, dove ogni manifestazione ha luogo, è un grande spazio ombreggiato da splendidi alberi centenari che si anima in occasione di feste particolari. Le bancarelle sono coloratissime e vendono oggetti fatti con foglie di palma intrecciata, sculture di legno di ogni dimensione tra le quali spicca il maiale in grandezza naturale, monili di conchiglie e semi vari, stoffe a colori vivaci. Caffè e pepe completano l’assortimento. Abbiamo scoperto che il pepe nero delle Vanuatu è considerato dai gourmet il migliore al mondo. Alcuni chioschi preparano del cibo tipico e la gente si accalca per assaggiare le loro prelibatezze. Si dice che il popolo delle Vanuatu sia il più felice al mondo, non sappiamo se sia vero, ma intorno a noi vediamo gente sorridente e allegra che balla al suono della musica e forse è questa la vera felicità. Questo raduno è senz’altro un ottimo modo di finire la nostra lunga vacanza in questo Paese. Per quando riguarda il cibo, oltre al pesce, aragoste e gamberi alla griglia o al forno con latte di cocco, la carne di manzo è molto buona sia la locale che quella neo-zelandese o australiana cotta sull’ardesia con l’aggiunta di salse a piacere, le verdure sono varie dalla zucca ai tuberi, insalate e papaia verde, per finire con la frutta tropicale: ananas, banane, papaia, mango, e … piccole angurie. Il piatto tradizionale Kanak è però il “bougna” cioè pesce, crostacei, tuberi marinati nel latte di cocco e avvolti in foglie di banano, cotto nel forno kanak, che è una buca nel terreno rivestito di pietre roventi, ed è molto gustoso. La Nuova Caledonia è una destinazione atipica ed è adatta agli amanti della natura per la varietà di piante, di animali terrestri e di pesci. Le acque cristalline dell’Oceano Pacifico che la bagnano, le spiagge paradisiache lunghe chilometri e un sole abbagliante la rendono una meta molto accattivante. Ci sono una miriade di isolotti disseminati ovunque nella laguna Blu. La scia bianca della barriera corallina crea una rottura tra il turchese della laguna caledoniana e il blu intenso dell’Oceano. Aria, terra e acqua sono i tre elementi che si rincorrono, si abbracciano e si fondono insieme. La luce esalta la loro bellezza come un gioiello che riflette i colori. Forse è anche per questo che il soprannome dato alla Nuova Caledonia è “caillou” in francese, “pietra” in italiano.