Nove giorni a NY 2006

Venerdi 7 luglio 2006 Mid Town La prima impressione che ho avuto è che New York mi è parsa una città ossessionata dalla sicurezza; si vedono poliziotti dappertutto, grossi e decisi; dopo 9 giorni non ho ancora deciso se mi tranquillizzano o mi inquietano; di sicuro non vorresti avere a che fare con loro. Ci sono persone addette alla...
Scritto da: Albertgius
nove giorni a ny 2006
Partenza il: 06/07/2006
Ritorno il: 14/07/2006
Viaggiatori: fino a 6
Spesa: 1000 €
Venerdi 7 luglio 2006 Mid Town La prima impressione che ho avuto è che New York mi è parsa una città ossessionata dalla sicurezza; si vedono poliziotti dappertutto, grossi e decisi; dopo 9 giorni non ho ancora deciso se mi tranquillizzano o mi inquietano; di sicuro non vorresti avere a che fare con loro. Ci sono persone addette alla sicurezza praticamente in ogni negozio sulla 5 strada e in ogni luogo pubblico.

Siamo alloggiati al Pensylvania Hotel davanti al mitico Madison Square Garden in piena Manhattan. Partiamo presto dall’hotel perché non vogliamo trovare code sulla terrazza panoramica del grattacielo più alto della città; l’Empire è maestoso, dalla strada si vede che è più alto degli altri grattacieli ma non ti da l’idea di sovrastarli: invece quando arrivi all’86 piano con un ascensore velocissimo che ti fa arrivare in meno di un minuto, lo spettacolo è mozzafiato, vedi palazzo di 30 piani che sembrano piccoli.

Dalla terrazza si vede bene Midtown, Lower Manhattan, Central Park, Brooklin Bridge, il New Jersey, Ellis e Liberty Islands. Stiamo quasi in cielo un pò perché è molto bello, poi quando scendiamo passiamo davanti a NY Library e troviamo un altro paio di gioielli: Grand Central Station e Crysler Building.

La stazione è grandiosa, pulita, il salone principale con le scalinate di marmo sembra quello di un grande albergo; l’atrio del Chysler è stupendo, decorato con marmo, un concentrato di art-decò elegantissima. Fuori sulla guglia è argento puro. Camminiamo fino alla 1 strada al quartiere generale delle Nazioni Unite un palazzo di vetro davanti al quale sventolano le bandiere di tutti i paesi membri; ritorniamo sulla 5° per incontrare la Cattedrale di St.Patrick: è bellissima, altissima con le sue 2 guglie, e dentro luminosa, con tanti altari laterali .Il gigantesco rosone sovrasta l’organo con centinaia di canne. Salto all’NBA store e poi ci spingiamo fino a Central Park dove sulle prime panchine ci accasciamo a mangiare hot dog. Ci riposiamo poco anche se siamo stanchi perché abbiamo ancora tante cose da vedere oggi; passiamo dal Rockefeller Center dove a Natale innalzano l’albero davanti alla pista di pattinaggio, Radio city music hall e poi Times Square che è piena di pannelli enormi, alcuni fissi, altri che scorrono immagini a ripetizione con pubblicità, notizie flash, informazioni finanziarie, nasdaq, mtv, insomma di tutto di più.

A incrociare Times Square c’è la Broadway con la zona dei teatri e dei musical.

Torniamo in hotel stanchissimi abbiamo camminato dalle 8 alle 5 ininterrottamente, Ale e Juri si concedono un sonnellino (anche perché non abbiamo ancora smaltito la stanchezza di viaggio e fuso) ma io sono troppo eccitato da questa città, una doccia mi rigenera completamente e alle 18 scendo in strada e mi mescolo ai newyorkesi che stanno uscendo dal lavoro; percorro la 7° verso downtown e sui marciapiedi si fatica a camminare tanta è la gente per strada. Mi sento a mio agio, la sensazione è di essere in mezzo a qualcosa di importante e di speciale, non avverto il fatto che non sei nessuno in una città così grande; non mette paura, ti esalta, i grattacieli non ti opprimono, sono così eleganti che semmai ti sorprendono. La sensazione è di energia pura, sembra che tutti quelli che ti circondano stiano facendo qualcosa, questa città ti mette voglia di fare, di vedere, di imparare, ha un ritmo frenetico al quale ti devi adeguare. Gente, colori, luci, facce, taxi, limousine, vita che ti fa sentire al centro del mondo. E la cosa bella è che non ti senti piccolo, ti senti dentro questa cosa, dentro al centro del mondo.

Sabato 8 luglio 2006 Lower Manhattan Prendiamo la subway 1 fino a wall street. La via è piccola e deserta perché è sabato, all’estremità c’è Trinity church. Mentre guardo il palazzo della borsa mi viene da riflettere che qui dentro si decidono i destini di centinaia di aziende e il posto di lavoro di migliaia di famiglie in tutto il mondo. Perché tutto il mondo occidentale basato sull’economia ha qui la sua massima espressione. Fa stare male pensare che per speculazioni o interessi finanziari aziende possano chiudere o fondersi e uomini perdere il loro lavoro. E’ una visione della vita che non appartiene al mio modo di essere, ma come per altre cose devo subire.

Scendiamo verso south ferry per prendere il traghetto, facciamo il biglietto dentro the castle una fortezza costruita ai tempi della guerra d’indipendenza per controllare il porto di Manhattan dalle navi inglesi, Prendiamo il battello senza fare eccessiva fila, passiamo di fianco alla Statua della Libertà, le foto si sprecano, ma non scendiamo ed eccoci ad Ellis Island. Questo posto mi ha dato emozioni, è impressionante pensare che milioni di persone sono arrivate qui in cerca di fortuna e per ricominciare la propria vita. Nel museo ci sono le poche cose che gli emigranti si portavano appresso durante il viaggio; all’esterno del museo c’è un muro circolare dove sono scritti tutti i nomi che sono arrivati al porto di New York e sono stati registrati al loro ingresso negli Stati Uniti.

Se qualcuno è interessato può andare alla segreteria del museo per avere ulteriori particolari tipo quando è sbarcato, da dove proveniva ecc.

Dall’isola si vede una vista mozzafiato sui grattacieli di lower Manhattan Sbarchiamo e passiamo da City hall con il Municipal building e la corte di giustizia, poi andiamo a Ground Zero; è ancora un cantiere, si avverte nell’aria l’emozione, il rispetto del posto, anche perché i molti turisti sono in religioso silenzio e anche chi vende cartoline o libri ricordo non da fastidio, non da l’impressione di voler speculare ma di voler ricordare, tenere sempre viva la memoria di ciò che è successo; c’è una grande croce di lamiera che i vigili del fuoco hanno issato nei giorni successivi al disastro che è ancora li in mezzo; intorno il word financial center è un quadrilatero gigantesco che lo circonda; mi hanno colpito l’ampiezza degli atri e la loro luminosità: un atrio aveva il soffitto in vetro e acciaio e al centro 16 palme con davanti una scalinata di marmo.

A Chinatown, le scritte in inglese scompaiono, si sente parlare cinese, ci sono decine di negozietti in cui trovi di tutto e a Canal Street,la via principale,trovi imitazioni di tutto, dai cd agli orologi; sembra una città nella città sono convinto che qualche cinese parla solo la propria lingua e non esce mai da queste strade.

Passiamo a Little Italy che ormai si è ridotta, è proprio piccola sono solo 2 o 3 strade, ma è bellissima con tanti ristoranti e bar con i tavolini all’aperto, centinaia di persone nelle strade, un atmosfera frizzante che fa sentire la gioia di vivere; mangiamo in un ristorante italiano e ci prenotiamo per la partita di domani. Attraversiamo Soio e Greenvich Villane, ci sono le tipiche case con all’esterno le case antincendio in ghisa; dopo mezzora di cammino arriviamo a Washington Square una bella piazza con l’arco e tanta gente, due aree per i cani, famiglie e artisti di strada che si esibiscono. Passo a vedere in West 4 street uno dei playground piu famosi d’America.

Domenica 9 luglio 2006 Campioni del mondo Mattinata a Morningside Reights sopra Central park a Columbia University; l’università è costruita intorno a una piazza centrale a forma quadrangolare con la statua alma mater a metà scalinata davanti alla biblioteca; il quartiere intorno è dotato di vie larghe con case di 7-8 piani, sembra un quartiere di una grande città europea, ci sono in giro mamme con la carrozzina e signori con il cane; sembra un posto vivibile, lontano dalla frenesia di Manhattan; Vediamo Riverside churc all’altezza della 122° e St.John the divine; quest’ultima è mastodontica e sempre un cantiere aperto; bisognava pagare per entrare e quindi non l’ho fatto perché non esiste pagare per pregare.

Oggi è il giorno della finale mondiale dell’Italia e abbiamo prenotato il posto a Little Italy dove abbiamo mangiato ieri. Solo che per essere sicuri di vedere la partita alle 2 ci hanno detto di andare per mezzogiorno .

Dentro al ristorante c’era qualche italiano, molti italo americani e tanti americani che facevano tifo per noi. Al fischio finale tutta Little Italy si è rovesciata nelle strade a ballare e cantare; gli italiani erano abbastanza, ma era pieno di gente che non parlava italiano ma che saltava con la maglia azzurra che sulle bancarelle andava a ruba.

Dopo un po di festeggiamenti ho lasciato i miei compagni di viaggio che non volevano saperne di venire via e sono tornato a Mid town: Sapevo che le Liberty di basket femminile giocavano al Garden alle 16, sono le 18,30 ormai la partita è finita ma magari non l’hanno ancora chiuso e con un po di fortuna riesco a entrare; e va proprio così passo vicino a uno della sicurezza che per fortuna non mi vede, faccio le scale di corsa per paura di essere visto prima di potermi affacciare al campo , e poi… Beh e poi… Come faccio a descrivere l’emozione? sono dentro il mitico Madison Square Garden l’arena più famosa del mondo. E’ vuoto c’è solo qualche addetto in campo dove stanno smontando il tabellone luminoso Faccio qualche foto, ridiscendo le scale di corsa, l’addetto alla sicurezza stavolta mi vede, mi urla qualcosa ma io sono già quasi fuori dall’impianto sulla 7° avenue. Sono troppo contento.

Subway – La metropolitana di NY è terribile; in superfice c’erano 30 gradi, appena si scendeva salivano a 40 perché usciva aria calda ovunque;, non si respirava, si stava male, poi appena arrivava il treno con aria condizionata si passava dai 40 ai 20 gradi. Succedeva così che se aspettavi 5 minuti il treno (e nel weekend lo abbiamo aspettato anche di piu) il sudore ti colava giù per la schiena, poi salivi sulla carrozza e le goccioline ti si gelavano sulla schiena. Non so come abbiamo fatto a non ammalarci.

Penn Station – Qui migliaia di persone arrivano, partono, si incrociano e soprattutto corrono. Qui da lunedì facciamo colazione prendendo muffits e milk and coofee in bottiglia e poi camminando mentre migliaia di persone ti sfiorano intorno e noi ci godiamo il momento, cioè l’inizio di un’altra giornata di vacanza.

Lunedì 10 luglio 2006 Washington Penn Station è fatta proprio bene perché intorno alle biglietterie ci sono le uscite con i cartelli indicatori dei vari treni; ad ogni uscita corrisponde un treno raggiunto al termine di una scala mobile, quindi per salire sul proprio treno non è necessario neanche camminare.

Il treno è pulito, funzionale, comodo con l’aria condizionata non esagerata.

Passiamo da Philadelphia e Baltimore e arriviamo a Washigton Union Station alle 10,10.

Ci accoglie una Washington monumentale, pulita, con ampie strade e stupendi monumenti e palazzi; appena fuori dalla stazione si intravede la cupola di Capitol Hill.

Il Campidoglio è imponente, di marmo bianco, bellissimo, con la cupola sorretta da archi, con statue bianche; mi è piaciuto moltissimo; da li parte the mall pieno di prati e laghetti che ci porterà fino al Lincoln Center all’altra estremità.

Il sole picchia più che nei giorni scorsi; il National Air & Space Museum è stupendo, c’è la storia delle missioni spaziali e gli aerei storici dei fratelli Wright, di Lindembergh con il suo Spirits of st.Louis (primo volo in solitario sopra l’atlantico), C’è una grande galleria denominata World War II Aviation dove sono esposti aerei da guerra americani, inglesi, tedeschi e giapponesi; c’è la storia delle missioni Apollo e Shuttle e anche della Soyuz sovietica; c’è la riproduzione di un laboratorio orbitante capace di ospitare tre persone dove si può entrare per rendersi conto di come si vive nello spazio (anche se credo che con tutta la fantasia del mondo non si riesca a capire bene cosa vuol dire vivere li dentro per settimane senza forza di gravità) con manichini che dimostrano come si mangia con il cibo che vola, e come si dorme (in piedi e legati); ci deve essere dietro una preparazione di anni e si deve essere dei super uomini dai nervi di acciaio.

Mi è piaciuto tutto, soprattutto le missioni Apollo, c’era il modulo lunare che portò gli astronauti Amstrong, Aldrin e Collins sulla luna nel 1969; mi sono venuti in mente i miei sogni di bambino quando quel mitico luglio 69 Amstrong sbarcò sulla luna. Quella notte del 21 luglio il mondo si è fermato perché l’uomo dopo migliaia di anni ha coronato uno dei suoi sogni più grandi, quello di esplorare lo spazio. Oltre a un grande passo per l’umanità come l’ha chiamato Amstrong, l’ho sempre vista anche come una conquista molto romantica dell’umanità intera; erano gli anni della guerra fredda e la conquista della luna si era trasformata in una sfida tra americani e sovietici ma quella notte abbiamo gioito tutti. Il Washington Monument è stato concepito come tributo al 1° presidente degli Stati Uniti è un obelisco di marmo e granito bianco e luminoso; proseguendo troviamo un bellissimo monumento sulla seconda guerra mondiale con una fontana e su un lato le targhe delle battaglie della guerra del Pacifico da Pearl Harbor a Midway e dell’altro lato quelle sull’Atlantico dallo sbarco a Anzio allo sbarco in Normandia, intorno colonne con il nome dei 50 stati americani. Molto patriottico ma anche classico di buon gusto.

Ci spostiamo sulla sinistra del mall per vedere White House; non mi da emozioni, non me ne danno mai i simboli del potere.

Mangiamo al Ronald regan building and international trade center una bella piazza con i tavolini all’aperto dove ci siamo anche un po riposati. Ripartendo non mi è piaciuto il monumento della guerra in Corea rappresentato da una ventina di militari americani ad altezza uomo che camminano nella giungla in ordine sparso. Una guerra che gli Usa non dovevano fare come quella del Vietnam il cui monumento dall’altro lato del Lincoln Memorial offre una simbologia terribile nella sua semplicità; è un muro nero lunghissimo con segnati in rilievo i nomi dei caduti americani nella guerra ddel Vietnam ordinati per anno; i familiari e gli amici ancora adesso a distanza di anni portano biglietti e oggetti, oppure come abbiamo visto si fanno dare un foglio intestato e con una matita pitturano lo sfondo del foglio facendo apparire il nome interessato in rilievo .

Alla fine del mall il Lincoln Memorial che contiene una statua gigantesca di Abramo Lincoln è diventato molto più di un monumento ad uno dei più importati presidenti degli Stati Uniti.E’ diventato un simbolo americano dei diritti civili, fu su quella scalinata che Martin Luther King nel 1963 pronunciò il famoso dicorso “I have a dream”.

A piedi abbiamo visto George Washington University ma non abbiamo visto Georgetown perché la subway non ci arriva neanche vicino e a piedi non ce la facevamo piu; infatti per arrivare alla fermata di Foggy bottom abbiamo camminato mica male.

A Union Station troviamo una persona alle biglietterie che appena capisce che siamo italiani cambia atteggiamento e ci spiega le cose con gentilezza e calma. Altro treno comodissimo e torniamo a Manhattan alle 21.

Martedì 11 luglio 2006 Bronx, Garden e Central Park Shopping fino alle 11 poi viaggio in subway nel bronx fino allo Yankee Stadium; arriviamo alle 12,10 dopo un viaggio un po complicato perché dobbiamo scendere, tornare indietro una fermata e cambiare treno in piena harlem. Mano a mano che ci addentriamo in harlem ad ogni fermata scendono sempre piu bianchi e salgono sempre più persone di colore, quando arriviamo alla 155st gli unici bianchi siamo noi , così quando scendiamo per cambiare treno non siamo proprio tranquilli. Arrivati nel bronx la situazione peggiora, ci sono poliziotti dappertutto, ce ne sono una decina solo all’uscita della 161th che da sullo Stadium, si avverte nell’aria il pericolo e non sto esagerando. Dietro lo stadio c’è un playground dove giocano unicamente ragazzi di colore. Alle biglietterie ci dicono che il tour delle 12 è già partito e che il prossimo c’è alle 14.

Cerchiamo un posto dove mangiare, li intorno è tutto un brulicare di negozietti dedicati agli yankees molto carini.

Abbiamo mangiato alla yankees tavern all’americana con pollo hot dog e hamburgers in un posto bellissimo tutto dedicato alla squadra con quadri alle pareti, tv che mandano le partite passate, foto e simboli dappertutto (anche una lavagna con su scritto in pennarello forza azzurri): Alle 2 meno venti per non rischiare siamo di nuovo di fronte alla biglietteria dello stadio e con nostro stupore hanno affisso il cartello “tour sold out. Next tomorrow”. All’stante decidiamo che da oggi gli Yankees ci stanno sulle palle.

Va be non tutto viene male perché dopo un’altra ora di subway via bronx e harlem con sempre tanta polizia nelle stazioni, quindi la zona resta pericolosa anche di giorno, arriviamo davanti al Garden per il tour. Costa 17$ e non li vale perché causa la preparazione dell’All Star Game della WNBA gli spogliatoi sono off-limits però attardandomi un pò dal gruppo riesco a entrare sul parquet e qui un vecchio appassionato di basket come me si fa travolgere dall’emozione.

Hotel per lasciare gli zaini e via in subway per Central Park fermata 81th. Faccio un salto nell’atrio del museo di storia naturale per recuperare qualche depliant poi siamo entrati a central park; subito si vede la vista classica con il lago davanti e i grattaceli sullo sfondo; ci sdraiamo nel primo prato a dormire, è veramente un oasi di verde e di pace, finalmente si respira un po’ non c’è qui il caldo opprimente di mid town; man mano che passano le ore si vedono sempre più persone che corrono, a piedi, con i pattini e in bicicletta. Quando ci svegliamo facciamo un rapido giro; è accattivante vedere i grattacieli tutto intorno e pensare che sui due lati di central park ci sono le case dei ricchi mentre sul lato nord inizia harlem; sono le contraddizioni di questa incredibile città.

Ritorniamo in hotel verso le 7, doccia ci rilassiamo e ci risvegliamo alle…11. Pizza da Sbarro poi giretto sulla 5 strada ma non c’è moltissima gente e alle 24 rientriamo.

Mercoledì 12 luglio 2006 Broklin Bridge e All Star Game E’ l’ultimo giorno pieno, partiamo in subway per Brooklin, facciamo un po di strada a piedi a Chinatown per cambiare linea ed eccoci a Brooklin. Scendiamo alla fermata più vicina al ponte quindi non possiamo dire di aver visto il quartiere, ma da quel poco che abbiamo camminato la differenza con Manhattan è evidente: niente grattacieli, palazzi di 30-35 piani macchine posteggiate per strada (a Manhattan non è possibile): facciamo un po di foto dalla base del ponte (la stessa foto resa celebre dal chewin gum) e poi via sul ponte verso Manhattan; abbiamo sulla destra il Manhattan Bridge anche lui molto bello dove passa anche la ferrovia.

Il passaggio pedonale è sopraelevato rispetto alla strada in maniera che il traffico non da fastidio, ed è diviso a metà per pedoni e per ciclisti. Lo skyline di Manhattan che si avvicina sempre di più è davvero affascinante, peccato per la giornata molto afosa che non ci permette di fare foto limpide.

Inizia a piovere proprio quando finiamo la traversata, subway fino a Herald Square e poi a piedi in hotel. In questo tratto si mette a diluviare e la prendiamo tutta. Nel pomeriggio vorrei andare al Metropolitan ma intorno al Garden l’organizzazione dell’All Star Game ha installato vari stand e allora decidiamo di fermarci li. Ci facciamo un po di tiri fino a rimediare la 2 doccia della giornata per fortuna l’hotel è dall’altra parte della strada e limitiamo i danni.

Serata al Garden per l’All Star Game femminile: la partita inizia alle 19 ma io un ora prima sono gia dentro; i nostri posti da 10$ sono davvero in alto ma si vede benissimo; non c’è sorveglianza quindi riesco ad avvicinarmi al campo; la partita è bellissima, tutte cercano lo spettacolo. Stare al Garden è sempre stato uno dei sogni della mia vita e non ha deluso le attese.

Giovedì 13 luglio 2006 Shopping e viaggio Dobbiamo liberare la camera entro le 12 ed è impensabile andare in giro con le valige stanchi come siamo; passiamo la mattinata a fare shopping poi prendiamo il treno da Penn Station e andiamo all’aereoporto di Newark dove arriviamo dopo la 1, andiamo a mangiare e poi ci accovacciamo in attesa… si ma l’aereo parte alle 11,50!! L’attesa è lunghissima, mi vengono i crampi alle ginocchia, sembra ridicolo ma è vero, dopo una settimana passata a camminare mi sono venuti i crampi l’unico giorno in cui mi sono fermato ma alla fine di una vacanza così resta solo tanta soddisfazione.



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