Note indiane di parte 1 Mumbai

L'India è stata per me un luogo della mente prima che un paese reale...
Scritto da: aiaia
note indiane di parte 1 mumbai
Partenza il: 07/01/2011
Ritorno il: 13/01/2011
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
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L’India e’ stata per me un luogo della mente prima che un paese reale.Era il paese amato e idealizzato da Mirella che cercava laggiu’quella spiritualita’ nei gesti della vita quotidiana che da noi si era persa. Era il paese che Guido aveva visitato in occasione di una scuola di specializzazione di Fisica e di cui mi raccontava incredulo i violenti contrasti. Nei suoi racconti ll fetore insostenibile, che annunciava l’avvicinarsi degli agglomerati urbani dei poveri ammassati in alloggi di fortuna, faceva da contraltare allo splendore lucente delle piantagioni di te. Nel mio immaginario era anche il paese profumato di spezie evocato da Tabucchi nel suo “Notturno indiano” ma soprattutto il paese che nelle notti umide e afose dell’estate di Pula, quando il caldo di scirocco mi incollava addosso la camicia da notte, avevo vagheggiato,ancora bambina, attraverso la lettura del romanzo “La grande pioggia”. Quando di un paese ti sei fatta un’idea, lo hai in certo senso conosciuto, e’ inevitabile che rimani delusa dalla realta’ che ti si presenta davanti. Vedi qualcosa che ha poco a che vedere con le immagini mentali. E tuttavia il primo impatto con la grande Mumbai e’ stato incredibilmente “energetico”. Siamo arrivati a notte fonda. L’autista del taxi che era venuto a prelevarci imboccava, in silenzio, a velocita’ supersonica,strade scarsamente illuminate ma che lasciavano intravedere corpi esposti,a malapena coperti,nell’attitudine del riposo notturno. Nonostante lo sviluppo economico impetuoso e l’incremento di ricchezza annuo notevole, osservo che I poveri ci sono ancora ma sembrano non fare alcun effetto,fanno parte del paesaggio. L’autista ci porta a Colaba, zona dei primi insediamenti coloniali Portoghesi, convinto che prenderemo alloggio nello studentato dell’universita’ di cui siamo ospiti. Ma Guido chiarisce che la nostra destinazione e’ il Taj President . Il dispiegamento di forze di sicurezza, di controlli polizieschi e di ispezioni corporali che ci aspettano all’ingresso dell’hotel ci danno un assaggio del clima che si respira in citta’. Da quando c’e’ stato l’attacco del gruppo terroristico arrivato dal mare, la citta’ vive un po’ sotto assedio. Ma,dentro la hall,la musica cambia. Benche’ siano ormai le tre del mattino,ora locale,gruppi di giovani ragazze e ragazzi,eleganti e ridenti sciamano verso l’uscita. Sprizzano sicurezza di se’ e padronanza del mondo. La notte trascorre veloce, il risveglio al mattino e’ travagliato. Il fuso orario differente mi fa sentire stonata. Siamo al ventesimo piano, tutto intorno palazzi alti moderni,lo sguardo si spinge fino alla baia. L’aria e’ opaca,sporca,come se ci fosse una nebbia leggera; in realta’ e’ l ‘inquinamento prodotto dagli scarichi dei mezzi di trasporto e dagli scarichi industriali. Le finestre dell’hotel sono sigillate,impossibile aprirle per cambiare aria. La cosa mi sembra bizzarra ma poi capisco perche’. Stuoli di corvi neri volano all’altezza dei vetri e si avvicinano pericolosamente,forse entrerebbero se le finestre fossero aperte.Chissa’. Non ho mai visto nel cielo tanti corvi come qui a Mumbai. Guido azzarda un’ipotesi. I corvi ruotano intorno alle alte torri circolari in cui I fedeli della religione zoroastriana espongono i corpi dei loro cari estinti. Corvi in schiera compatta ritroveremo sull’erba del campus universitario e sulle spiagge affollate di famiglie e coppie in cerca di una boccata d’aria fresca al calar della sera. La mattina mi inoltro a piedi nelle strade intorno all’albergo.Mi colpisce il traffico disordinato,l’eleganza regale delle donne in sari colorati,gli innumerevoli baracchini dove I venditori cercano di sbarcare il lunario offrendo fritelle,o polpette o bocconcini di carne. Rispetto alla zona rurale che ho recentemente visitato in Cina, Mumbai mi sembra molto piu’ occidentalizzata, piu’ simile a noi di quanto si possa immaginare. A piedi raggiungo facilmente una zona di baracche dove ferve la vita di pescatori,donne, bambini sorridenti che non finiscono mai di giocare con niente. Non c’e’ soluzione di continuita’ tra la parte benestante dei palazzi intorno all’hotel e questo ammasso di sacchi di iuta e buste di plastica near che cercano di ‘imitare’ la forma di una abitazione.Il puzzo non e’ cosi’ insopportabile se non attorno ai cassonetti che oltrepasso trattenendo il respiro, in apnea. Nel pomeriggio visita alla citta’ tutto intorno all’India Gateway. I palazzi di stile liberty si alternano ad altri di stile coloniale a palazzi piu’ moderni ma tutti si integrano in un’armonia di calda luce bianca. Il flusso continuo di uomini e donne vestite con varie fogge da quelle coloratissime a quelle nero vestite, i clacson che strombazzano, il sole che scalda e ci fa strizzare gli occhi, tutto ci ubriaca di vita. Intorno all’hotel in cui ci fu l’attentato terrorista sacchi di sabbia transenne, polizia armata fino ai denti ma la gente sciama tranquilla e vociante. I turisti scattano foto ,si chiamano comprano souvenir. Guido non fa che ripetermi,per celia,’ma quanti sono!’ si, davvero si ha la sensazione fisica dei grandi numeri che compongono questa popolazione.

Bollywood

Solo per caso ci siamo infilati nella zona degli studios cinematografici. Cercavamo un’esposizione dello scultore Anish Kapoor ,abbiamo trovato una strada di circa 50 km intasata di automobili,di apicar Piaggio riverniciati rigorosamente di verde e di giallo in funzione di taxi,di vecchie motorette instabili con famiglie intere a fare zig zag tra l colonne d’auto e di autobus. Ponti moderni sulla baia si alternano a strade sinuose che si inerpicano sulla collina a saliscendi, piene di negozi di moda dal lusso sfrenato. Ogni due,tre porte insegne giganti indicano l’ambulatorio migliore per il trattamento di schiarimento della pelle.

L’isola di elefanta

Ci si va in battello. Il nostro e’ una vecchia imbarcazione di legno dove prendiamo posto con una miriade di turisti locali.. Coppie giovani con bambini vociantiI padri si mostrano molto affettuosi e attenti. Il colore del mare e’ impressionante: fango sporco. Ma la citta’ vista dal mare offre una visione da sogno. Piacerebbe a Diego questo via vai incessante di grandi navi da trasporto, motoscafi veloci,cargo,petroliere. In un’ora siamo arrivati.Le acque intorno all’approdo sono quanto di piu’ sporco,inquinato e puzzolente si possa immaginare. Nessuno ci fa caso.Tutti sono presi dall’ansia di andare in questo luogo antico di pellegrinaggio. Il caratttere del luogo si annuncia da subito con la presenza di bancarelle che offrono oggetti per il culto: statuine, candele, ghirlande floreali dai colori sgargianti. E’ tutta una frenesia di acquisti e di vendite. Ancora non sappiamo ignari che ci aspetta una salita che mette a dura prova I garretti e il cuore. Il sentiero fino al tempio di Shiva e’ letteralmente costeggiato da banchetti addobbati dove si vende di tutto: cibo, bevande, fiori, idoli, giocattoli, sciarpe, incenso in un caleidoscopio di colori. Donne anziane sovrappeso ansimano,uomini di una certa eta’ si asciugano la fronte. Caldo e umido il clima con una luce abbagliante che riveste tutto d’oro. Quello che piu’ attira la mia attenzione non e’ solo il grande linga di pietra attorno a cui I devoti fanno innumerevoli giri in segno di venerazione. Non e’ neanche la grande statua della divinita’ dai tre volti che col suo sguardo interrogativo e misterioso, sembra davvero trascendere la condizione dei comuni mortali. E’ invece questo fiume di gente allegra che si assiepa intorno ai monumenti, si prende una pausa per fare merenda nello spazio verde e ombreggiato, antistante al tempio. Scimmiette si presentano in cerca di cibo,prive di riserbo.Un tripudio di vita per ogni dove. E Guido che ripete, ridendo, la domanda ‘Ma quanti sono?’’

La grande stazione

Sono io che insisto per andare a visitare questa incredibile costruzione lasciata dagli inglesi. Il colore della pietra e’ quello del cotto e quando la magnifica facciata e’ baciata dal sole che si avvia al tramonto il riverbero rosa dorato ha l’aria del sogno. Dentro la stazione oltre ai cartelli in lingua hindi per noi incomprensibili ,ci sono scritte in inglese. Possiamo cosi’ avviarci verso la spianata dei binari che portano per ogni dove. Le carrozze sembrano quelle vecchie lasciate dagli antichi colonizzatori ma anche qui e’ incessante il movimento di chi arriva e di chi parte.Tutti con grandi pacchi e borsoni e sporte che a giudicare dall’espressione di chi li porta sono assai pesanti. Tutto intorno alla stazione varia umanita’.Clochard diremmo noi,ma useremmo un’espressione impropria.Ognuno si costruisce sulla testa un qualche riparo di fortuna che funge da casa. Molti i disabili che chiedono la carita’ e che esibiscono il loro corpo offeso da qualche storpiatura. Ma dovunque intorno si vende e si compra a buon mercato.

“I gioielli della corona”

Le donne indiane sembrano avere una passione incoercibile per la gioielleria. Gioielli di grandezza quasi imbarazzante,tempestati di diamanti di ogni colore, parure che abbiamo visto solo nei musei, vengono mostrati al pubblico in una grande esposizione che si tiene per tre giorni in un piano dell’hotel. Ci chiediamo chi possa avere il denaro per acquistarli. Occorre una vera fortuna,date le dimensioni e la qualita’ delle pietre. Ci siamo sbagliati ancora una volta.Altroche’ se ci sono i compratori. Mamme con figlie da marito provano e riprovano l’effetto che fa avere addosso una miniera d’oro e diamanti!!

Luciana Piddiu



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