Note di viaggio

UNA SETTIMANA IN GIRO PER CUBA Alberto Franchi 7-15 aprile 2004. Quelle che seguono rappresentano solamente delle note personali, gettate subito dopo il mio rientro dal viaggio. Non hanno la presunzione di essere esaustive di quella che è la realtà in cui da quarant’anni si trova a vivere il popolo cubano, ma sono genuine e, per...
Scritto da: Alberto Franchi
note di viaggio
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
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UNA SETTIMANA IN GIRO PER CUBA Alberto Franchi 7-15 aprile 2004.

Quelle che seguono rappresentano solamente delle note personali, gettate subito dopo il mio rientro dal viaggio. Non hanno la presunzione di essere esaustive di quella che è la realtà in cui da quarant’anni si trova a vivere il popolo cubano, ma sono genuine e, per quanto sono riuscito, obiettive. Ho cercato di non farmi prendere dallo sconforto mentre osservavo, né dalla rabbia mentre scrivevo.

Sono giunto a Cuba completamente privo di pregiudizi, ma ben documentato, soprattutto per quanto riguarda l’epoca della guerra rivoluzionaria, la sana voglia di libertà ed uguaglianza che esprimeva ed i primi anni di consolidamento di ciò che sarebbe in seguito divenuto il regime castrista. L’opinione che di sé ha Castro è sconfinata e l’alea di santità che è riuscito a costruirsi nel mondo, soprattutto occidentale, è pericolosa: non per noi, chiaramente, ma per la quasi totalità dei cittadini cubani che da quattro decenni ne patiscono il governo assolutista senza che nessuno compia un gesto in loro favore.

COMUNICAZIONI.

Uno dei fattori primari attraverso i quali il “Comandante en jefe” tiene soggiogata la popolazione è la mancanza totale di libertà di comunicazione e di accesso alle notizie da fonti libere. La radio a transistor può ricevere esclusivamente le emittenti locali che sono tutte in mano al partito, al governo, al sindacato governativo.

Oggettivamente ad ascoltare Radio Rebelde (fondata ancora nel ’58 sulla Sierra dal Che, l’Argentino) e Tele Rebelde di ribelle non è rimasto più niente. Non è possibile per il popolo cubano accedere alle emittenti radio straniere, neppure a onda lunga, dato che viene disattivato il satellite. La televisione trasmette solamente per poche ore al giorno programmi governativi, fra i quali emergono per mancanza di libertà di idee i dibattiti politici. Questi sono tenuti da un giornalista governativo, accolgono solamente giornalisti della carta stampata locale di impronta governativa o comunista (la sola stampa lecita a Cuba) e offrono la divertente visione di domande e risposte già prestabilite e visionate, dato che vengono scrupolosamente lette in diretta dai giornalisti, che riportano quanto precedentemente concordato con i consiglieri politici. Giornali: sono pochi, di 4 pagine ed esclusivamente in mano al partito. Il telefono, quando un cubano lo riesce a trovare funzionante, è molto costoso, quindi poco utilizzato, anche perché sempre sotto controllo da parte della Seguridad. All’estero, con le tariffe esistenti, ai cubani è proibitivo telefonare, ammesso che osino parlare di qualcosa di più che le condizioni atmosferiche del giorno, dati i controlli esistenti via cavo.

MEZZI DI TRASPORTO.

I piedi, calzati o meno, sono il predominante mezzo di trasporto dei cubani che affrontano lunghissimi e penosi trasferimenti al sole o al buio in genere lungo le arterie extra-urbane ed anche lungo le autostrade, con gravissimi rischi per la propria incolumità e per quella dei bambini al seguito.

I carretti trainati da cavalli e buoi, i cavalli: sembrerà strano imbattersi in carri agricoli con traino bovino o con carri o calessi a traino equino, ma è all’ordine del giorno nella Cuba del 2004.

Le biciclette. Mezzo molto impiegato da chi lo possiede. Spesso una bicicletta viene cavalcata anche lungo le strade automobilistiche da due cubani, come si faceva qui da noi da bambini.

Le motociclette. Mai viste tante moto e side-cars d’epoca contemporaneamente: per lo più motociclette d’annata di origine sovietica o della Germania dell’est, spesso rattoppate, rabberciate, assemblate alla meno peggio, con emissioni di gas terrorizzanti. L’inquinamento acustico e da gas di scarico, da quello che capisco, non è punito a Cuba.

Le automobili. Il termine è approssimativo, dato che il suo significato intrinseco è “che si muove da solo”. A Cuba le automobili presenti sono in genere ferme ai cigli della strada in riparazione faidate o vengono spinte ai crocicchi non riuscendo a ripartire al verde del semaforo. La spinta da parte degli occupanti penso che sia un innovativo modo di preservare l’ambiente. La registrazione della carburazione e la qualità del carburante a disposizione del popolo cubano non devono essere ottimali dato che l’inquinamento che producono è impressionante: nuvole di fumo che annebbiano la visuale del veicolo seguente. Il carburante per i turisti, pagabile esclusivamente in $, è ovviamente migliore.

In un caso ho potuto osservare l’emissione di fuochi d’artificio dal tubo di scappamento di un veicolo. Poco dopo l’auto si è dovuta arrestare.

Autopullman. E’ il solo mezzo che un cubano può prendere per spostarsi se non possiede un veicolo proprio. Deve solamente armarsi di santa pazienza e non dare appuntamenti fissi all’arrivo, dato che l’ora di partenza è chiara, ma non quella di fine viaggio. Alle fermate, lungo le strade, assembramenti di persone e bambini con le loro cose: appaiono più come fuggiaschi che come utenti di mezzi pubblici. I quali sono talmente rari da indurre molti cubani a proseguire la marcia a piedi o affidarsi all’autostop.

Autostop. Vero mezzo di trasporto cubano: ci si affida al mezzo altrui, confidando nella sua affidabilità di marcia. Salgono su auto, moto, side-cars, ma soprattutto sui camion da trasporto, che ne possono trasportare un numero pressoché infinito, con tutela per l’incolumità dei passeggeri totalmente nulla, dato che questi vengono caricati sui cassoni del veicolo, non nell’abitacolo.

Treni: inesistenti. In sette giorni di viaggio non ne ho potuto vedere uno e la rete ferroviaria precedente la rivoluzione è lasciata interrare.

Aerei: pochissimi gli aeroporti, insicuri i mezzi dei voli interni. Chiaramente non posso riferire su quelli a disposizione delle forze armate e della nomenklatura di regime.

TRASPORTI CITTADINI.

Pochi autobus urbani, molti taxi e coco-taxi a tre ruote, numerose biciclette con sofà posteriore a due posti, in genere assemblate dallo stesso conducente, che pedalando porta in giro i clienti per una città grande come Roma, infine carrozzelle a cavallo per turisti. Tutti i mezzi di locomozione pubblica sono del governo che li cede in licenza ai vari conducenti che percepiscono il costo del viaggio in dollari, ma vengono pagati solo a fine mese in pesos cubani (26 pesos = 1 $). ECOLOGIA.

Parola ricorrente nel vocabolario del governo cubano, ma solo sugli innumerevoli cartelloni propagandistici lungo le strade.

“Ahorra, consuma solo el necesario”, “Respecta el medio ambiente” ricorda Fidel.

In realtà il livello del rispetto dell’ambiente a Cuba è minimo da parte del governo e di conseguenza dei singoli abitanti. Soprattutto per quanto riguarda le emissioni nocive industriali e dei veicoli a motore. Lungo la costa varie fabbriche emettono fumi chiaramente inquinanti in misura tale da oscurare per diversi tratti l’orizzonte ed il cielo. Soprattutto ai semafori, causa l’accelerazione, non è raro doversi arrestare per mancanza di visibilità dovuta alle emissioni del veicolo che ci precede.

RISPETTO DELL’INFANZIA.

Primario cardine della demagogia governativa. In realtà i bambini soffrono la fame a causa del razionamento del cibo, godono di una istruzione gratuita ma limitata e condizionata dalle scelte del partito, non hanno a disposizione un numero sufficiente di penne, ma devono reperirle al mercato nero o nei negozi pagandole in $, a cifre impensabili per un alunno cubano. Perciò: i bambini alle elementari scrivono con la matita.

Gli studenti, anche di lingue straniere, non possono avere contatti con coetanei stranieri, né compiere viaggi studio all’estero.

Anche i bambini ed i giovani compiono lunghi tragitti lungo le grandi arterie stradali, a rischio della loro salute sia per lo smog, sia per gli incidenti.

CIBO.

Il cubano ha fame.

Ha soprattutto fame.

Per risolvere questo cronico problema, dato dal razionamento del cibo per tutti, eccettuati i vertici politici, governativi e militari, è disposto a tutto. Il mercato nero o i negozi per turisti gli propongono alimenti, come il latte, a prezzi impensabili. Abbiamo calcolato che per preparare un pollo ad una coppia di amici un cubano vedrebbe volatilizzare più della metà del suo stipendio mensile. Quelli che hanno la fortuna di lavorare presso i centri alberghieri per turisti ovviamente possono cibarsi del cibo presentato in modo più o meno aperto, ma non possono portare nulla a casa: terminato il turno di servizio, eventuali borse vengono controllate da agenti della sicurezza.

SICUREZZA.

Sulle spiagge in prossimità degli stabilimenti per turisti la Policia Especializada è onnipresente con turni di guardia. Sono più numerosi dei venditori ambulanti sulla nostre spiagge. Nei primi giorni di vacanza possono sembrare rassicuranti dato che il turista immagina che siano lì per la propria incolumità (da cosa: non si sa). Poi si realizza che la loro presenza serve per evitare il contatto con il turista da parte del cittadino cubano.

LETTURE.

Sappiamo che un grande elemento propagandistico di Fidel è la vittoria contro l’analfabetismo. Encomiabile risultato se a ciò non si affiancasse la impossibilità da parte del cubano di leggere. I libri sono infatti pochissimi, costosi, ovviamente solo di autori cubani, ma per lo più acquistabili al mercato dell’usato dato che il governo da anni non procede alle ristampe dei libri più venduti, sempre e solo di autori omologati al partito.

La maggior parte dei libri scritti da Ernesto Guevara, famosissimi in tutto il mondo, sono pressoché introvabili a Cuba. La scusa addotta è il “bloqueo”: la penuria di inchiostro nero più che di carta, che viene invece riciclata. Ma nemmeno i cubani ci credono più. PUBBLICITA’.

Quella commerciale è completamente sconosciuta a Cuba. Ovviamente solo il governo può esercitare una martellante opera di propaganda attraverso scritte murali soprattutto sulle fabbriche e con i cartelloni stradali. Risulta interessante a noi occidentali vedere i muri delle fabbriche ordinatamente costellati di scritte filogovernative, filomilitari, filosindacali eseguite con caratteri di stampa di stile “regime”. La voce degli operai evidentemente è quella del sindacato unico cubano, del partito unico cubano e del governo inalterato da 45 anni. Nessuno sfogo è concesso ai lavoratori, di nessun tipo. Tutti devono essere omologati al modo di pensare e di vedere del governo. CULTURA MUSICALE.

Checché se ne dica la cultura musicale cubana è limitata alle tradizioni ed ai complessini folkloristici locali, in quanto nessun contatto è concesso ai musicisti con i colleghi del resto del mondo. Amo molto la musica e gradisco i ritmi creoli di Cuba, ma è come se l’arte musicale in Italia si limitasse a Raul Casadei, con tutto il rispetto dovuto all’artista romagnolo.

Non sono in circolazione dischi né spartiti provenienti da altri paesi, ad eccezione di alcune leggere curiosità dell’america meridionale.

STRADE URBANE ED EXTRA URBANE.

La prima cosa che allarma il turista che viaggia sulle strade extraurbane di Cuba è la più totale assenza di cartellonistica stradale: non ci sono indicazioni riguardanti le località, nemmeno le più importanti, né ovviamente le distanze chilometriche; possiamo ritenere eccezionali le indicazioni nei paraggi dei centri turistici di fama mondiale. Lo stato degli asfalti è inimmaginabile in Europa, la condizione dei marciapiedi e delle strade urbane è a rischio di caduta, essendoci buchi anche oltre il mezzo metro di profondità che si aprono sotto i nostri passi. Tutto questo sembra appositamente studiato per ridurre, limitare, disincentivare i viaggi e gli spostamenti del popolo cubano. Gli unici cartelli stradali che si ripetono con variopinta e curiosamente illimitata fantasia sono quelli, enormi, della propaganda di regime, che riesce a fare sorridere data la discrepanza esistente fra quello enunciato a caratteri cubitali e la realtà presente di Cuba.

COMMERCIO.

Nonostante la dichiarata diversità del governo cubano dal resto del mondo, nonostante le cubitali affermazioni del non piegarsi al capitalismo, di ritenersi un esempio ed una guida per il resto del mondo, nonostante il popolo cubano non abbia di che acquistare, il commercio al minuto a Cuba è fiorente. Per i turisti, ovviamente.

Si riesce a vendere di tutto: dal formaggio fresco lungo le strade assolate aspettando ore ed ore l’acquirente, fino a se stessi (come tragicamente sanno molte giovanissime ragazze cubane e come sanno altrettanto bene degli ignobili uomini italiani), passando per i sigari, le banane, la droga.

Nota per il formaggio: se passate la mattina presto trovate lungo la strada una sorta di caciottina, se passate a mezzogiorno potete trovare del formaggio stagionato, alla sera non vi resta che acquistare del gorgonzola… La droga circola a Cuba. Eccome. Mi è stato riferito, nel corso del soggiorno, di commerci con il centro-sud America e ne ho letto su interessanti libri di fuoriusciti cubani.

Ma il soggetto più venduto, sottolineo il soggetto perché definirlo oggetto mi pare ignominioso per la luminosa eredità morale che ha lasciato a tutto il mondo è “el Che”: il benestante medico argentino che a rischio della propria vita ha primariamente contribuito a liberare Cuba da un tiranno (per poi lasciare il paese in mano ad una tirannia quasi peggiore, senz’altro fornita di mezzi di controllo e di repressione psicologica più moderni) ed ha concluso la sua esperienza terrena convinto di liberare altri popoli oppressi dal giogo, contrariamente alle proprie teorie diligentemente espresse in libri ormai famosissimi in tutto il mondo.

Ebbene: è possibile vedere come Fidel riesca a vendere l’immagine, il mito del suo primo comandante e grande amico, ammesso che Castro conosca il significato di amicizia, impiegando tutti i mezzi pur di trarre dollari per sé ed il suo giro di nomenclatura di partito, di governo, e dell’esercito.

Il Che, che odiava il denaro, è proposto (ma solo da poco la sua figura è stata riabilitata a Cuba, il sospetto che lo sia stato per motivi economici è grande dato che è iniziato tutto quindici anni fa con l’apertura al turismo internazionale) su banconote e monete che vanno ovviamente a ruba fra i turisti, disposti ad acquistarle per un valore sproporzionato e che ovviamente nulla sanno del pensiero dell’ heroico guerrillero al riguardo.

E’ proposto su cappellini, bandiere, magliette, ombrellini, portachiavi, scatole per costosi sigari, videocassette, quadretti, bandane…

“Hasta siempre, Comandante!” Fine analoga, ma limitata per la sua minore fama e popolarità al di fuori di Cuba, dove invece è più amato del Che, comandante argentino, è l’immagine del secondo comandante di Fidel: Camilo Cienfuegos, “el heroe sonriente”, habanero, grande amico di Guevara e pure lui allontanato, seppure più bruscamente dal regime castrista. Famoso per il suo sorriso fraterno e per la sua ormai notissima frase: “Aqui no se rinde nadie”. Nessuno può credere (nemmeno i cubani ci riescono, ma lo possono bisbigliare solo a noi turisti) che il suo aereo militare sia precipitato senza un piccolo aiuto di chi ne temeva fortemente più che il potere, la simpatia e la popolarità che godeva fra tutti i cubani.

Non sono mai stati ufficialmente ritrovati i resti né dell’aereo, né del comandante.

GIRA UNA BARZELLETTA FRA I CUBANI Due squali si parlano, uno dei due fa il gradasso sostenendo di essere stato presente e di grande appetito a tutti le maggiori catastrofi navali dell’ultimo secolo. Ne nomina alcune come il Titanic, ma l’amico gli risponde azzittendolo: “Ma quando è affondato il Granma…Tu dov’eri?” PROPAGANDA A CUBA.

Lungo tutte le maggiori strade, sui muri delle fabbriche, su molti muri di edifici civili compaiono a caratteri immensi, con colori sgargianti, con ripetuta, insistente forza, slogan propagandistici che colpiscono innegabilmente l’emotività del turista appena giunto a Cuba. Bastano pochi giorni vissuti curiosando nel Paese per comprenderne la falsità, l’amara ironia che contengono, ovviamente soprattutto per i cittadini cubani. L’elenco che segue ne è solo un piccolo esempio… JAMAIS PODRAN TOMER ESTO PAIS AHORRA! CONSUMA SOLO EL NECESSARIO PROTEJAMOS LA VIDA, EL FUTURO…NUESTRO MEDIO AMBIENTE ABAJO LA LEY DE ADJUSTE CUBANO EL FUTURO ESTA’ EN TUS MANOS CUBA PODRA’ PROBAR QUE ESTO MUNDO PUEDE SALBARSE ESTA ISLA NO SE RENDRA’ JAMAIS TENIMOS Y TENDREMOS SOCIALISMOS 45° ANIVERSARIO DEL TRIUNFO DE LA RIVOLUCION CUBA SI COMO SIEMPRE CHE, TUO EJEMPLO VIVE TUAS IDEAS PERDURAN PAGHE SINDACALI.

Tutto il popolo a Cuba riceve uno stipendio mensile, pagato alla fine del mese, prestabilito in relazione all’incarico svolto. Dato che nulla appartiene al singolo, ma tutto al governo, tutti i lavoratori cubani ricevono lo stipendio da dipendente. L’ammontare è più o meno analogo per tutti gli incarichi svolti e si aggira intorno ai nostri 10 Euro mensili, però pagati nella svalutatissima valuta locale. Coloro che lavorano nel turismo, negli alberghi a capitale misto (cubano/straniero) nei quali tutto viene pagato in valuta pregiata, dollari o euro, incassati dal governo cubano, ricevono la loro paga sempre in pesos cubani… Stipendi molto più elevati vengono percepiti dalle guardie, dalla polizia, dagli agenti delle varie e numerose Seguridad che esistono nel Paese: solo calcolando quanto questi onnipresenti agenti vengono a costare allo Stato cubano viene logico pensare a come vengano sprecati gli ingenti capitali incassati per esempio dalla fiorente industria del turismo, invece di investirli nella produzione agricola o industriale. Ma ogni forma di dittatura ha i suoi costi per proteggere la gerarchia dai rischi di sommosse interne.

CULTURA.

Prima voce che la propaganda del governo sbandiera ovunque.

Esaminiamo la questione.

Le scuole in effetti sono obbligatorie per tutti i ragazzi, ma il governo fornisce mezzi minimi per l’apprendimento: addirittura mancano le penne ed i bambini scrivono nel 2004 con le matite, scarseggiano i quaderni. Le scuole sono poche: i ragazzi fanno i turni, anche serali.

Mancano totalmente gli scambi culturali degli insegnanti con i colleghi degli altri Stati. I libri sono un bene prezioso in tutto il mondo: a Cuba sono un bene raro. Il governo sostiene che l’embargo impedisce la stampa di testi, quindi le librerie sono sfornitissime, solo pochi tomi vengono presentati e ad un prezzo proibitivo per i cubani. Ovviamente è possibile trovare solo testi di autori cubani. Il resto del mondo non scrive libri accettati dal governo cubano.

TURISMO SESSUALE.

Avendo poco frequentato i luoghi deputati agli incontri non posso esprimermi con padronanza al riguardo. Mancherei di obiettività. Ma la metamorfosi impressionante compiuta nel corso del lungo tragitto aereo da una combriccola di anziani “turisti per caso” deve essere ricordata. Cinque anonimi lombardi, sulla sessantina direi, che saliti in aereo con abbigliamento sportivo ma non vistoso, consono ad una gita fra amici o ad un incontro di bocce o di briscola hanno dato luogo ad una trasformazione gradualmente studiata nel tempo. Allo sbarco dall’aereo i cinque attempati casanova, dopo aver importunato le hostess di volo, sono scesi con collanine caraibiche da fumatori di erba, con camiciole vistosamente colorate, pantaloni da teenagers, occhialoni alla Vasco, orologi Rolex o simili. Il tutto portato su vistose pieghe cutanee, calvizie avanzate, addomi prominenti. Solo lo sguardo manifestava la loro giovanile libidine. Ad attenderli, al bar dell’aeroporto internazionale di L’Avena, graziose ragazze in vendita. Ecco spiegato il cambio di vestiario effettuato in volo.

E’ stato il momento del viaggio in cui ho provato maggiore pena per i cubani e vergogna per noi italiani.

– Ma se proprio vuoi cavarti gioie represse, trovati una signora disponibile in Italia e se proprio vuoi pagarla, paga quello che le spetta, non schiavizzare delle giovani ragazze cubane, oppresse dalla tirannia, provate dalla fame e per questo disposte a tutto, maledetta carogna! – ELEZIONI.

Votare a Cuba più che un diritto è un dovere. Qualora un elettore si distragga un po’ e non vada al seggio ci pensa la Policia a ricordarglielo, bussando alla porta e convincendolo ad uscire di casa per adempiere al suo diritto di scegliere fra i candidati quello preferito.

La scelta è molto facile in compenso, non indaginosa come da noi: tante liste, tanti simboli, tanti nomi per lo più sconosciuti. Lì a Cuba si va sul sicuro, sul semplice: una lista, un simbolo, un nominativo. Il rappresentante popolare per il proprio quartiere. Ci penserà lui poi, in un susseguirsi di gerarchie a nominare il diretto superiore fino ad arrivare al vertice del consiglio nazionale cubano. Che chiaramente non conosce nemmeno per sogno la base e le sue necessità.

MANUTENZIONE AUTO.

Il bricolage è l’hobby preferito dagli automobilisti cubani.

La loro sventura è quella di possedere automobili di almeno 50 anni fa: non lo fanno per collezionismo o per amore della belle epoque. Semplicemente non possono permettersi di acquistare auto nuove. Anzi: viene loro proibito di acquistare anche all’estero automobili inferiori ai tre anni di età. Pertanto, le automobili si inceppano di sovente e l’autista si improvvisa, anche e soprattutto di notte, meccanico. Se ne vedono a decine sdraiati sotto le vetture intenti a maneggiare grosse chiavi, cacciaviti ed altri attrezzi unti ed arrugginiti.

Le auto nuove, fiammanti, che eccezionalmente è possibile vedere sfrecciare davanti a questi poveri automobilisti disastrati sono quelle dei membri delle ambasciate, del governo, della milizia: sono Audi, Volvo, BMW. Per alcuni il bloqueo è solo virtuale.

AEROPORTO INTERNAZIONALE.

E’ simile a tutti gli aeroporti internazionali del mondo.

C’è anche il duty free: ma come, e l’embargo? POLIZIA STRADALE.

E’ fermissima. Ti bloccano anche solo per il sospetto che tu voglia commettere un’infrazione. Il reato di pensiero automobilistico. Ma è molto facilmente corruttibile: necessario è però trovare l’agente singolo, se sono in due non provarci nemmeno. Un amico ha scansato una sanzione di $150 per avere scordato il foglio del noleggio auto mettendo in tasca all’agente un dollaro.

Le sanzioni: i turisti le pagano in dollari, i cubani in pesos. L’importo è uguale, il valore decisamente no. Ma pensando ai cittadini cubani non mi sento di muovere obiezioni.

EDILIZIA.

Lo stato di abbandono di gran parte della capitale e delle maggiori città non può essere descritto a parole: occorrono foto, serve essere là per poter ispezionare come interi isolati siano crollati, talvolta le macerie sono ancora accatastate, altre volte sono state rimosse: ci sono veri buchi fra gli edifici. Occasionalmente ci si può imbattere in edifici pericolanti, sorretti da impalcature lignee avventurose, ma abitati da famiglie e bambini. Grandi palazzi dell’epoca coloniale o dei primi ‘900 se ne stanno su solo grazie a grosse travi e pali di legno. Di alcuni edifici si è salvato solamente lo scheletro: all’interno, al piano stradale, alcuni improvvisati artigiani hanno trovato ubicazione per la loro attività. Ho visto un barbiere ed uno sciuscià lavorare dentro uno di questi spazi, all’aperto, senza acqua naturalmente, con un tavolino su cui avevano riposto i propri strumenti di lavoro. Cose da “La Napoli di Bellavista” di Luciano de Crescenzo, per chi lo ha letto.

Fuori dalle città l’edilizia popolare del governo ha fatto miracoli: anche in prossimità delle spiagge e delle grandi arterie stradali enormi palazzoni perfettamente rettangolari offrono riparo a centinaia di operai: schiacciati come sardine in costruzioni che nulla lasciano all’arte. Molti di essi sono fatiscenti, alcuni abbandonati, altri ancora mai completati. Scheletri di cemento armato che si stanno sgretolando di anno in anno, nel disprezzo del denaro utilizzato per iniziarli.

La maggior parte delle case dei guajiros, i contadini cubani, è invece costruita curiosamente a metà strada fra il casottino da vacanze in campeggio e la baracca per gli attrezzi da giardino: topaie, al massimo bilocali, in cui abitano le numerose famiglie dei contadini cubani.

Non posso esprimermi riguardo alle abitazioni dei gerarchi del partito, del governo e delle forze di polizia e armate: non è dato di vederne una, nascoste agli occhi dei turisti e dei cubani da un cordone di agenti della sicurezza che sbarrano il passo ai curiosi.

CONCLUSIONI.

Queste sono solo note di viaggio, scritte velocemente al mio ritorno, basandomi su appunti presi al volo e sui freschi ricordi. Non vogliono e non possono essere esaustive di quella che è la triste realtà cubana, ma possono essere uno spunto di riflessione e servire da stimolo per recarsi là con un briciolo di sentimento umano. Cuba non è il Bengodi, il Paese dei Giocattoli, anche se tale il regime vuole presentarlo al turista. Principalmente al voluttuoso ed infantile turista italiano.

Volutamente non ho integrato le mie osservazioni con quelle espresse, su libri letti, da fuoriusciti cubani, per non intaccare la genuinità della mia esperienza personale.

Per approfondire l’indagine consiglio la lettura di “La rivoluzione interrotta” di Benigno, un comandante dell’esercito rivoluzionario, sopravvissuto alla disastrosa esperienza boliviana di Ernesto Che Guevara.

Penso che una nuova rivoluzione cubana potrà scoppiare quando Fidel, con la sua carica di lìder maximo intramontabile, anzi eterno dato che la maggioranza dei cubani è nata ormai dopo la sua presa di potere, terminerà la sua esistenza e la sua carica non potrà essere sostenuta da nessuna personalità altrettanto carismatica per il popolo, a cominciare dal fratello Raul, che non è già adesso benvoluto dalla popolazione.

Ritengo che le scintille potranno scaturire non più dal ceto studentesco e contadino di Cuba, come era successo nel ’56, ma da quelle fasce di lavoratori, per lo più giovani e giovanissimi che sono a stretto contatto con il resto del mondo tramite il turismo, soprattutto occidentale.

Sebbene molti, troppi italiani vadano a Cuba ritenendo di recarsi in un paradiso caraibico di sole, di mare, di sogni, di belle ragazze, alcuni parlano con i cubani, intrattengono relazioni culturali con essi e soprattutto li rispettano. Potremmo aiutarli, dovremmo farlo, ma non portando loro palliativi come ninnoli, soldi, eccetera, ma parlando loro della nostra libertà, della nostra cultura, della nostra libertà di movimento, della nostra possibilità di scegliere.

Dovranno essi scegliere se lottare e sacrificarsi per ottenere quello di cui hanno diritto.

La loro libertà se la dovranno riconquistare.

Come insegnava il medico argentino, infatti, “Le rivoluzioni non si esportano”.



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