Norvegia in due… mosse

Due viaggi in uno. La prima parte dedicata ai principali fiordi norvegesi tra Oslo e Bergen, arrivando da Alesund, e la seconda alle splendide isole Lofoten, oltre il circolo polare artico
Scritto da: Mar_Bru
norvegia in due... mosse
Partenza il: 04/08/2011
Ritorno il: 18/08/2011
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
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(Nota per il lettore: il viaggio è stato fatto nel 2011, ma la trascrizione dell’itinerario solo tre anni dopo: questo in relazione al “sequel” naturale di quel primo viaggio, che ci ha portati fino a Capo Nord. Scusate quindi la presenza di alcune imprecisioni e mancanze di dettagli)

4 agosto: si parte!

Volo Ryanair da Venezia direzione Oslo. L’aeroporto di Treviso-Canova era in manutenzione. Poco male, decollare e lasciare dal finestrino piazza San Marco e la laguna veneziana è un’emozione cui non ci abitua mai. Atterriamo dopo due ore e mezza di volo e andiamo a prendere l’auto (una Volkswagen Polo) presso l’Avis di Rygge, capendo solo al ritorno l’errore fatto: in Norvegia la vita costa, e il noleggio pure. Se fossimo atterrati poco più a sud, in Svezia, avremo avuto la stessa macchina ma ad a circa la metà del costo. L’insegnamento ci tornerà utile anni dopo. Usiamo come navigatore il Nokia 5230, che aggancia subito il satellite ed emozionati ci allontaniamo sicuri verso nord, direzione Lillehammer. Per nostra fortuna non ci fa fare la strada principale ma ci fa immergere nei boschi norvegesi. Oslo la sfioriamo: avremo modo di rivederla tra qualche giorno. Durante il viaggio Grazia si affida alla guida della Lonely Planet per prenotare una “cabin” presso un camping nei dintorni di Dombas. La connessione internet nel 2011 non era così capillare come ora. Scrivo come se si trattasse di 50 anni fa. Assurdo! Raggiungiamo la cittadina che ospitò le Olimpiadi invernali del’94 poco prima delle 19.30, andiamo a vedere lo storico trampolino e riprendiamo il viaggio. Arriviamo al campeggio verso le 22. Sebbene il circolo polare artico distasse parecchi kilometri restiamo stupiti dalla luce. Il tramonto arriva solo dopo le 23.

5 agosto

Lasciamo la “Cortina norvegese” (Dombas è chiamata anche così) e iniziamo a dirigerci verso ovest, seguendo la E136 fino ad Andalsnes e poi via E39 in direzione Alesund, dove durante il tragitto prenotiamo una camera presso la casa dello studente. E’ in questa tappa che facciamo la conoscenza dei mitici fiordi norvegesi: il tempo ci offre panorami degni del miglior documentarista, con un cielo blu che ti fa rilassare al sol pensiero. L’erba sui tetti delle case è presente dappertutto in queste zone: un abitante della zona, conosciuto in uno dei tanti supermercati “Spar” norvegesi, ci dice che nei tempi di carestia la gente ricorreva a cibarsi di quell’erba. Fortunatamente quegli anni son passati, e ora usano la copertura per migliorare l’isolamento termico. Brutto segno quando lo vedremo da noi… Alesund è un gioiellino: ricostruita ad inizio ‘900 a seguito di un vasto incendio che demolì praticamente la città, non si notano cicatrici di quel cruento evento. La memoria però è ancora viva, in quanto ogni palazzo distrutto riporta la data sulla facciata della ricostruzione.

6 agosto

Il nostro target è riconsegnare l’auto il giorno 10 (sempre a Rygge), dove abbiamo prenotato dall’Italia un comodo ostello poco distante dalla stazione dei treni e delle corriere di Oslo. Abbiamo delle tappe intermedie da vedere, come Bergen e il fiordo di Geiranger. In questi giorni ci affideremo al caso ed alla fortuna riguardo al pernottamento. E quel giorno devo dire che ci resterà dentro, visto che pernottamenti del genere li abbiamo visti solo nei film. Partiamo quindi da Alesund e ci dirigiamo verso il Geirangerfjord (patrimonio Unesco), dove prenderemo un ferry per “tagliare” qualche curva. Pioviggina, ma una volta imbarcati il tempo migliora. I gabbiani seguono la nave e i turisti li rimpinzano di cibo. Noi ci limitiamo a fotografare a più non posso. Per chi volesse intraprendere questo viaggio, una volta imbarcati guardate a destra della prua: noterete 7 cascate ravvicinate tra loro. Sono le “sette sorelle norvegesi”. Fissiamo come meta giornaliera Sognal: è un ottimo punto per poter andare a visitare il giorno dopo la chiesa vichinga millenaria di Urmes. Non troviamo nulla durante la strada, e decidiamo di proseguire verso l’imbarco di Urmes. Notiamo una sistemazione sulla strada 55 (una sorta di camping): sterziamo veloci ed entriamo. Il posto c’è. Casetta rossa con caminetto al centro e balconcino che dà direttamente sul Sognefjord. Cucina e bagno per un soggiorno in completa autonomia… Avrei voluto non andarmene più… Il costo? Circa 100 euro in due. Il tempo? Lascio giudicare a voi dalle foto.

7 agosto

Ci alziamo presto. Per un semplice motivo: non puoi restare a letto quando davanti a te, oltre le tende, si apre un universo di luci e colori intriso di intensi profumi di resina di pino! Salutiamo la casetta dei sogni dirigendoci a Solvorn, distante solo qualche minuto. Il ferry inizia alle 9 il suo trasbordo di “pellegrini”, e decidiamo – vista la mezz’ora che ci separa dal primo imbarco – di perderci nel borgo assonnato del paesino. Anche in questo caso lasciamo giudicare voi dalle foto. Visitiamo quindi la chiesetta di Urmes, riprendiamo il ferry e ci dirigiamo verso Bergen. Sappiamo bene che occorrerà fermarci prima, anche perchè vogliamo vedere Flam, noto centro dove la Hurtigruten sosta ed è possibile prendere un treno che ha fatto la storia delle ferrovie scandinave. Il posto è una struttura creata ad hoc per turisti: mai visti così tanti negozi di souvenir in così poco spazio! Eravamo convinti di trovare una vecchia locomotiva a vapore, ma restiamo delusi: niente carbone ma solo elettromotrici. Meglio, i turisti son contenti lo stesso. Per i nostalgici è ancora possibile mangiare in un vagone (quasi) d’epoca. Lasciamo i fiordi temporaneamente e ci dirigiamo verso Voss, località montana famosa per lo sci (ovviamente!) e l’acqua. Troviamo una sistemazione in un camping sulla E16: nemmeno da paragonare alla notte prima. Anche perchè Grazia, io e i tre trolley ci muoviamo a fatica nella cabina. E si che non siamo giganti… Pazienza, ci adattiamo ridendoci su. Il giorno dopo però ci mangeremo le dita: se solo avessimo fatto un paio di kilometri in più avremmo trovato un altro campeggio proprio a ridosso di alcune cascate che rendono famosa Voss. Forse. Perchè davanti a noi quel giorno avevamo una corriera carica di cinesi. Che rivedemmo ripartire quando passammo accanto al camping il giorno dopo…

8 agosto: Bergen!

La città della pioggia, ci avevano avvisati. E lo confermo: abbiamo avuto fortuna però, in quanto ha piovuto dopo che eravamo stati ad ammirare la città dal monte che la sovrasta. Nemmeno fatto tempo di tornare in hotel – in pieno centro, auto in un parcheggio (NON economico a pagamento poco distante) – che ha fatto un nubifragio. Prima di uscire uno sguardo: c’è l’arcobaleno. Buon segno… Visita alla città. Il porto ci offre quindi il miglior salmone mai provato sinora. Passeggiata fino alla sera in città vecchia (Bryggen), poche nuvole e un clima gradevole.

Nota a parte: l’attentato di Oslo e Utoya di qualche giorno prima è ferita aperta, e a ragione. Molte delle vittime erano di casa a Bergen, una delle più grandi città norvegesi. Un intero monumento in centro è cosparso di fiori e dediche a quegli sventurati e sventurate che ebbero la sfortuna di incontrare senza loro volere la follia di un connazionale. Nel nostro piccolo abbiam preferito, in rispetto della tragedia accaduta, di non pubblicare foto alcuna riconducibile a quel gesto.

9 agosto: sesto giorno

Tenendoci a sinistra dell’Hardangerfjord ci avviciniamo verso Oslo. Lo faremo attraversando coste ricchi di profumatissime mele e salendo poi verso l’entroterra norvegese, in uno dei ghiacciai scandinavi, Geilo. Le case sono mimetizzate nella tundra, e fermarsi è tutto un dire, in quanto le macchine che incrociamo sono rare, ed è difficile vedere le zone ed i villaggi. La temperatura si fa sentire: il sole è alto ed è mezzogiorno, ma la temperatura esterna non va oltre i 4 gradi. Meglio, piuttosto che patire il caldo. Poi la macchina ha lo scaldasedile… Decidiamo di fare una sosta in uno dei rari ristori lungo la strada: la ragazza parla pochissimo inglese, anche se notiamo una macchina per caffè “San Marco” dietro di lei. Ordiniamo DUE espressi: a gesti le facciamo capire che l’ultimo caffè bevuto così buono era stato in Italia. Spero abbia capito… Non troviamo nulla lungo la strada, e a Kongsberg ci dicono di entrare nella contea di Telemark (…per gli appassionati di sci: la regione dov’è nato quel tipo di modo di sciare…) e andare verso Notodden. Veniamo indirizzati verso un campeggio a ridosso del piccolo aeroporto, usato per mezzi ultraleggeri e paracaduti, data la pista in erba, e lì troviamo. Ci accolgono malissimo, e il gestore ci raccomanda di pulire prima di lasciare la struttura l’indomani. Il giorno dopo, fiscale come pochi, ci accetta le chiavi per il check-out solo dopo esser andato di persona a vedere se il cottage era in ordine.

10 agosto

Lasciamo il Telemark con l’amaro in bocca, dopo aver assistito alla scena di cui sopra. Il tempo è pessimo, e dobbiamo alloggiare ad Oslo, dopo aver riconsegnato l’auto a Rygge. All’aeroporto piove, ma in modo strano. “Secondo me fuori nevica”, dico a Grazia mentre sta riconsegnando le chiavi all’Avis. “Secondo me tu hai guidato troppo”, mi dice. Erano vere entrambe le affermazioni: avevo sì guidato parecchio, e fuori nevicava davvero. Prendiamo una corriera che ci porta nella vecchia Kristiania: l’ostello è poco lontano da lì. Check in e rapido giro per la capitale. Classiche foto sul marmo bianco dell’Opera a ridosso del fiordo e poi a nanna! L’indomani abbiamo il volo da Oslo per Bodo alle 9. E l’aeroporto di Oslo-Gardermoen non è proprio vicinissimo alla città…

11 agosto

Sveglia all’alba, corriera, check in e attesa. Siamo a Gardermoen, a nord di Oslo, uno dei principali aeroporti della Scandinavia. Il display al gate ci dice che a Bodo alle 905 ci sono già 9 gradi. Ah, la neve di ieri? Un ricordo. Il cielo terso ci fa apprezzare meglio queste magnifiche terre dall’alto, su, a quota 30 mila piedi (circa 10mila metri). Passiamo il circolo polare artico senza nemmeno che ci rendiamo conto; atterriamo dopo un’oretta e mezza. A piedi- venti minuti – ci dirigiamo verso il porto di Bodo, dove restiamo in attesa della nave che ci porterà a Moskenes, Lofoten. L’attesa è lunga, ma ne vale la pena. All’imbarco c’è un piccolo bar che offre caffè, cibi caldi e souvenir. Davanti a noi un oceano Atlantico reso placido dalle innumerevoli insenature e fiordi rocciosi. La nave arriva, e noi ci sistemiamo: un paio d’ore di crociera nordica ci aspetta! Il mare è calmo, il cielo grigio, pioviggina. Respiriamo a pieni polmoni: a Padova un’aria così la inaliamo solo nei sogni. Le Lofoten ci accolgono mostrandoci una impressionante silhouette grigia con monti a punte acuminate che iniziano a intravedersi già a metà tragitto. In quel momento razionalizzo dove siamo: lontanissimi da casa. Per un momento l’aria cessa, sono sul ponte di dritta. Il tempo si ferma. Guardo oltre, e mi vengono in mente gli scritti di Felice Vinci, autore del libro “Omero nel Baltico”, dove sostiene che in realtà Omero sia di queste parti, e non in Grecia come si crede da sempre. Tesi sostenuta da più studiosi, del resto. I famosi vortici d’acqua cui parlava l’ellenico li ho davanti: si chiamano “Maelstrom”. Compaiono e scompaiono all’improvviso, così… Nonostante questo sto bene, meravigliosamente bene. Attracchiamo e andiamo a prendere l’auto prenotata giorni prima presso un noleggio della zona (“Rent a car Moskenes”): è una Nissan di qualche anno fa, sistemata e revisionata. Dobbiamo solo aver scrupolo di restare nelle Isole Lofoten. Così faremo. Ci avviamo verso una rorbuer, casa dei pescatori, ad Hamnoy. Sono le 21.30. Impieghiamo un po’ per capire dove entrare nel rorbuer, ma alla fine parcheggiamo e ci addormentiamo… in una cartolina. Ecco le Lofoten: mai lasciare giudicare dal primo aspetto. Vanno accettate per quello che sono. Poi si mostreranno per quello che realmente sono: del magnifiche isole dagli scorci unici.

12 agosto

Generalmente le Lofoten le si visita in uno-due giorni al massimo. Noi abbiam deciso di fare qualcosina in più. Riconsegneremo la Nissan a ferragosto. E nel mentre? Girare, girare, girare… Quel giorno ci fissiamo di arrivare a Svolvaer (capoluogo delle isole) con calma. Prima però andiamo verso sud, ad A I Lofoten, in una delle punte più meridionali delle isole (in realtà le Lofoten comprendono anche le isole di Vaeroy e Rost, raggiungibili però solo in nave o in aereo), da dove parte la E10, una strada europea che termina a Lulea, in Svezia. Il paesino da solo merita una visita: d’inverno vive con la pesca, d’estate col turismo. E’ presente l’unica insegna in italiano di tutta la Norvegia: dove? Al “Museo dello stoccafisso”, ovviamente. Ripartiamo e ci mettiamo in viaggio verso nord, passando per Leknes (altro “grande” centro delle Lofoten. Tra virgolette, perchè è secondo solo a Svolvaer, e conta poco più di 2600 anime). Percorrendo sempre la E10 ci fermiamo praticamente ogni 2-4 km. Un capitolo a parte merita la diramazione per Honningsvaer, prossima a Svolvaer di una manciata di km. Il villaggio di per sè è carino, ma è la spiaggia e la costa in vicinanza dell’imbocco della E10 che rende questo posto unico. Il salvaschermo e l’immagine del desktop che sia Grazia che il sottoscritto tengono dal 2011 sono relativi a scatti fatti proprio qui. Restiamo a Svolvaer per due notti, presso il “Lofoten rorbuer”. Comodo da raggiungere, e proprio sotto al “salto della capra”, una forcella che sovrasta il fiordo, simbolo della cittadina.

13 e 14 agosto

Giorni dedicati a girare per le Lofoten. Il tempo ci appoggia, donandoci il meglio della Corrente del Golfo. Andiamo prima verso nord, a Fiskebol (attracco del ferry che conduce alle Vesteralen) e poi a ovest, ed infine a sud. Il 14 torniamo per l’ultima volta ad A I Lofoten, ci sistemiamo in una deliziosa rorbuer a ridosso del molo di Moskenes, dove l’indomani ci aspettano quasi 8 ore di nave…

15 agosto

Alle 8 di mattina lasciamo le chiavi della Nissan nel “gabbiotto” del noleggio di Moskenes e prendiamo la nave che ci porterà a Bodo. Passando però per le isole Vaeroy e Rost. Abbiamo il volo alle 17, e un alberghetto a Oslo già prenotati giorni prima. Potremo dire al ritorno che non avremo fatto solo “fly & drive”, ma “fly, BOAT and drive”: una crociera sul Mar Glaciale Artico. Arrivati a Rost vediamo l’isolotto che i norvegesi hanno dedicato in omaggio al gemellaggio con Sandrigo, paesino del vicentino dove da decenni si festeggia a settembre la “sagra del baccalà alla vicentina”, e tra i maggior importatori di stoccafisso dalla Norvegia. I miei conterranei (sono nato a Vicenza), per non esser di meno, han dedicato agli scandinavi una piazza. La traversata è rilassante e piacevole; arrivati a Bodo “camminatina” verso l’aeroporto e check in. Salutiamo il grande nord con le lacrime agli occhi, ma con la promessa, un giorno, di ritornarci. In realtà, nè Grazia nè io ci credavamo quando sussurravamo quelle frasi. Col tempo però abbiam cambiato idea. Arriviamo a Gardermoen in serata, e raggiungiamo a piedi l’Anker Hotel, dove sosteremo due giorni. Il tempo di visitare Oslo…

16 e 17 agosto

Giornate dedicate alla capitale norvegese. Rimaniamo però delusi: interessanti sono i musei antistanti la città vecchia, dov’è custodita la nave Fram che per prima raggiunse il polo Sud. Niente da paragonare con Stoccolma (che vedremo tre anni dopo). Inoltre a Oslo – alla faccia della criminalità propria degli italiani – rubano a Grazia la custodia della macchina fotografica mentre siamo su un tram. Dentro solo una scheda di memoria, visto che l’aveva al collo il prezioso oggetto. Ce ne accorgiamo solo in albergo, notando che lo zainetto era aperto. Lasciamo Oslo il pomeriggio del 17 agosto. Il volo è alle 6 di mattina, e la notte la passeremo all’aeroporto.

18 agosto

Rygge è prevalentemente un hub della Ryanair. Significa che di notte l’aeroporto è aperto, ma c’è poco di supporto per i viaggiatori in transito. Nessun volo notturno. L’ultimo arrivo dalla Spagna, alle 23. Poi il nulla. In attesa dell’alba e del rientro. Il check in alle 430, poi al piano superiore negozi e bar che non si contano. Arriviamo a Tessera poco prima delle 9. Sornioni, Grazia e io ci guardiamo e ci diciamo che abbiamo fatto bene a programmare il viaggio in quei giorni. Facendo così ci saremo evitati il gran caldo d’agosto. Niente di più falso: il portellone del 737 si apre e ci avvolge una folata di umidità, che ci ricorda come l’ondata di caldo più importante degli ultimi decenni si sarebbe presentata proprio in quei giorni. Una delle (poche?) volte dove le previsioni meteo hanno azzeccato in pieno. Purtroppo!



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