Nicaragua, indimenticabile… di Prima parte

NICARAGUA, PAIS DE ACACHIMBA ! Un viaggio indimenticabile... 8 – 28 Gennaio 2003 di Maurizio Fabbri mauri.fabbri@tin.it Se vuoi vedere tutte le foto di questo viaggio, vai sul mio sito NO PROFIT : http://members.xoom.virgilio.it/mfwebsite PRIMA PARTE 08 Gennaio 2003 - Partenza. Mi sveglio presto anche se il volo è previsto per le 12.55...
Scritto da: Maurizio Fabbri
nicaragua, indimenticabile... di prima parte
Partenza il: 08/01/2003
Ritorno il: 28/01/2003
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
NICARAGUA, PAIS DE ACACHIMBA ! Un viaggio indimenticabile…

8 – 28 Gennaio 2003 di Maurizio Fabbri mauri.Fabbri@tin.It Se vuoi vedere tutte le foto di questo viaggio, vai sul mio sito NO PROFIT : http://members.Xoom.Virgilio.It/mfwebsite PRIMA PARTE 08 Gennaio 2003 – Partenza.

Mi sveglio presto anche se il volo è previsto per le 12.55 dopo aver passato una notte che non definirei proprio il massimo del sonno profondo; l’euforia della partenza mi gioca sempre questo scherzo…

E’ una mattina bianca…, si bianca, come tante nell’inverno del nord. Una di quelle mattine in cui il cielo sembra coperto da un enorme trapunta grigiastra, che inevitabilmente nasconde tutto l’azzurro di cui il cielo dovrebbe essere colorato… Ma non qui…, non oggi ! Fa freddo e si vede…; lo percepisco dall’andatura goffa delle persone che si affrettano a compiere i tratti di strada, rannicchiati dentro i loro cappotti come se stessero abbracciando se stessi…

Fa freddo e si sente…; soprattutto quando scendo in strada ad aspettare Michele, il mio compagno di viaggio, ancora una volta, in questa nuova avventura. Soffia infatti un vento freddo, che si fa breccia nella giacca, mi entra attraverso il collo e mi scivola lungo la schiena…

E’ il classico tempo che si dice “da neve…”. Quel freddo secco, che porta con se la percezione che da un momento all’altro i fiocchi bianchi cominceranno a scendere giù. Quasi, se ne sente l’odore…

E lungo l’autostrada che ci porta a Malpensa, il nevischio lo troviamo davvero ! Quale mattina migliore per lasciare l’Italia alla volta del caldo centro america ? Neanche il tempo di entrare nella grande sala del terminal 1, che siamo già in coda per il chek-in, veloce ed efficiente… Soprattutto efficiente, dato che l’Iberia ha un’ottima organizzazione per quanto riguarda i voli con più scali : il bagaglio infatti viene imbarcato alla partenza e ripreso alla destinazione finale di arrivo, senza più fare alcun chek-in intermedio.

Non male per un volo che prevede due scali prima di arrivare a Managua ! Il tempo scorre via veloce ed eccoci in volo verso Madrid, in perfetto orario. Qui sosta tecnica e cambio volo per la traversata oceanica.

L’aeroporto di Madrid, mi lascia alquanto deluso… Siamo nella capitale spagnola e quello che mi trovo davanti è un aeroporto che sembra improvvisato, dove le indicazioni sono assenti e/o comunque difficilmente rintracciabili e interpretabili…

Vaghiamo un attimo a logica prima di capire, dopo aver consultato un video con l’indicazione dei voli, che dobbiamo dirigerci al gate D ! Controllo passaporti, per accedere all’area voli internazionali e due orette di sosta…

Quello che non manca sono i punti internet…, ma quanto costano ! Con 1 euro, mi connetto per 6 minuti e 20 secondi, che scorrono inesorabili in bella vista, rendendo l’invio della mia e-mail inaspettatamente frenetico e nervoso ! Alle 17.30 imbarco per Managua. La fila è lunga e prima di giungere in cima passa un’altra mezz’ora.

Poi il controllo del bagaglio a mano, che io evito senza nessun ipotizzabile motivo, ma che Michele si becca in pieno ! Lo zainetto viene rovistato nei minimi particolari; persino i rullini fotografici sono aperti uno a uno ! Sono le 18.30, quando finalmente prendiamo posto sull’airbus che ci porterà dall’altra parte dell’oceano.

I posti sono un po’ sacrificati, a mio parere, per un viaggio di 9 ore e 30 minuti, ma questo è quello che offre la classe economica…

Del resto il biglietto l’abbiamo portato via per “poco” grazie ad una agenzia di Milano, la “Pindorama” (www.Pindorama.Org), specializzata in turismo consapevole, che ha un’ottima convenzione con l’Iberia. Costo del volo A/R : 755 euro, tasse incluse. Ben 107 euro in meno di quello che poteva proporci la “mitica” Nadia, a cui come sempre ci eravamo rivolti e che abbiamo “tradito”, non senza farci problemi, proprio all’ultimo…

Partiamo con circa 40 minuti di ritardo, che ci costeranno molto cari a Managua; quasi 1 dollaro a minuto (…E capirete in seguito il perché !).

09 Gennaio 2003 – Managua, Leon.

Il volo è tranquillo e neanche eccessivamente stancante… Alle 00.30, ora locale, del 9 Gennaio atterriamo a Miami.

Qui siamo in transito…, condizione estremamente instabile che ci costringe comunque a passare l’immigrazione statunitense, per poi essere raggruppati in un unica sala in attesa di essere smistati sui voli Iberia per le destinazioni finali.

Non “addormentarsi”, in questo frangente, é fondamentale ! Quindi uscite pimpanti dall’aereo e percorrete il più velocemente possibile il chilometro di corridoio che vi separa dal posto di polizia. Qui passaporto alla mano, si riceve un timbro di transito sulla carta di imbarco e si ripercorre a ritroso, metà dello stesso corridoio fatto in precedenza, per andare a stiparsi nella tristissima e spoglia sala di “transito”, da dove in seguito si viene smistati sui singoli voli per la propria destinazione finale.

Perché fare tutto velocemente ? Perché aspettare in coda davanti ai box dell’immigrazione, è sicuramente peggio che aspettare seduti nella sala…

Anche qui perdiamo almeno 40 minuti, che ci faranno atterrare all’aeroporto “Augusto Cesar Sandino” di Managua (finalmente) soltanto alle 01.33 con un’ora e mezzo di ritardo…

A questo punto bisogna affrontare l’immigrazione Nicaraguense… Con il nostro bel foglietto già compilato in aereo ci accodiamo e dopo un’altra mezz’ora, data l’estrema lentezza del rilascio del visto turistico di 30 giorni, mi trovo di fronte all’operatore.

Pochi dati digitati al computer, un bel timbro sul passaporto e il rilascio, in cambio di 5 dollari, del visto turistico, da conservare accuratamente nel portafoglio, visto che è necessario per lasciare il paese.

Quando entriamo nella sala dell’aeroporto, i nostri zaini girano sul tappeto soli, soletti…

Pochi istanti e siamo fuori…, pronti a sostenere l’attacco dei tassisti…

Quelli che dimorano e lavorano all’interno della recinzione dell’aeroporto sono estremamente cari…

Lo sapevamo già e nonostante questo non riusciamo a scendere sotto i 10 dollari per il prezzo del passaggio ! Un’enormità, visto che le corse dall’aeroporto alla città e viceversa con i taxi normali, costano 40/50 Cordobas al massimo : ovvero l’equivalente di poco più di 3 dollari ! Se volete evitare di sperperare gli 8 dollari di differenza, potete tranquillamente seguire verso sinistra il marciapiede, costeggiando l’aeroporto, sino a raggiungere il cancello di ingresso : qui, sulla destra, parcheggiati sul ciglio della strada che porta verso il centro di Managua, ci sono i taxi “normali”, a cui si può sicuramente strappare un prezzo migliore, dei 15 dollari proposti in partenza, all’interno.

Noi siamo chiaramente stanchi e anche se sappiamo tutto questo, scegliamo di accettare il passaggio per 10 dollari.

Chiediamo di essere portati all’hotel “Jardin de Italia” nel barrio Martha Quezada e la cosa è più laboriosa del previsto : questi tassisti infatti prendono la provvigione da vari altri hotel molto più costosi e fanno di tutto per convincervi ad andare in quello che consigliano.

Non fatevi intimidire dalle solite frasi : “è chiuso a quest’ora”, “è una zona pericolosa”, ripetute moltissime volte, ecc. Ecc., ma insistete per farvi portare dove avete deciso ! Noi lo facciamo, ma poi incappiamo in un errore/ingenuità : giunti davanti all’hospedaje invece di scendere e bussare garbatamente alla porta, rimaniamo per un momento inerti. Il tassista approfitta subito dell’indecisione e suona ripetutamente il clacson. Questo non fa altro che creare confusione, far abbaiare i cani in zona e accorrere due bambini, che si offrono subito volontari, al solo scopo di rimediare qualche pesos (nome in gergo, della moneta da 1 cordobas), per destare a suon di pugni sulla porta la signora che gestisce “El giardin de Italia”.

Quest’ultima, comprensibilmente, risponde senza mezzi termini al “tienes habitaziones ?”, proferito dall’interno del taxi, un “Nada !”, al quanto scocciato, che ci toglie ogni speranza e 35 dollari dalle tasche…; ovvero il prezzo “incredibilmente” alto che pagheremo all’Hotel Morgut, consigliato dal tassista ! Roberto, invece, conosciuto in viaggio, ci ha detto che lui ha dormito al Giardin de Italia, pur arrivando alla stessa nostra ora, ma giunto sul posto è sceso dal taxi, ha bussato alla porta e parlato con la signora, senza incontrare i nostri problemi, che di fatto sono stati a noi creati dal tassista…, non so quanto involontariamente… Lo scotto della prima notte…, quello che cerchiamo sempre di superare. E dire che per farlo ci eravamo documentati e informati bene…: sapevamo esattamente come fare, ma non ci siamo riusciti ! Al “Morgut” la camera è accettabile e con aria condizionata, che non useremo e che non giustifica l’esborso…

Doccia veloce e calda, quindi qualche ora di sonno, per smaltire stanchezza e fuso.

Le cinque ore di sonno per cui abbiamo pagato 35 dollari filano via velocemente e alle 8.30 lasciamo, molto volentieri, l’Hotel Morgut. Inavvertitamente, chiudo nella stanza l’unica chiave disponibile, cosa che fa innervosire il gerente : ma quanto mi dispiace !!! A Managua il servizio pubblico è garantito, più che dagli autobus, dai taxi, che per 15 C$, portano in qualsiasi luogo della città; unica eccezione l’aeroporto, per cui la tariffa è 40/50 C$.

Giunti in strada, fermiamo il primo che passa e gli chiediamo di portarci al Terminal del mercato israelita, da dove partono i collegamenti per Leon. Ci chiede, come ci aspettavamo, 15 C$.

Gli chiediamo inoltre di farci fare un rapido giro della città, per vedere le poche cose interessanti che la capitale offre : la vecchia cattedrale, il mirador sul lago, il monumento al rivoluzionario e la statua di Sandino.

La risposta è affermativa, così per prima cosa andiamo alla cattedrale, uno dei due edifici rimasti in piedi dopo il terremoto del 1972, che rase al suolo la città.

A dire il vero, sembra che il terremoto sia avvenuto ieri… Managua è infatti bruttissima; un agglomerato confuso di baracche e case basse e fatiscenti, ricostruito sulle macerie senza una minima logica urbanistica, che fanno della capitale del Nicaragua, il più brutto biglietto da visita del paese.

La cattedrale è in piedi, ma pericolante… Impossibile accedervi, tutto è transennato e ci si deve accontentare di vederla da lontano. Deturpata dal sisma e cadente, è comunque imponente e fiera…

Subito dopo sosta volante davanti al monumento del rivoluzionario, giusto per una foto.

Quindi fermata di pochi minuti di fronte al Lago di Managua, un’immensa pozza marrone, dove confluiscono gli scarichi della città. Inquinato all’inverosimile e di fatto morto a livello biologico. Mi appare, tutto sommato, squallido : piuttosto che “mirador”, mi sembra di essere al “cagador” ! Una città che non rende merito ad un paese bellissimo, che è completamente diverso dall’impressione che la sua capitale ne può dare.

Mentre ci dirigiamo ad una banca per cambiare i primi dollari in cordobas, vista da lontano del monumento a Sandino, famoso falso storico, dato che l’eroe della rivoluzione nicaraguense impugna un kalashnikov, arma posteriore per nascita all’epoca di Sandino…

Dotati di valuta locale (ad un cambio di 14,53 C$ per 1 $) e ultimato il tour cittadino, in pochi minuti ci troviamo al terminal Israel Lewites (del mercato israelita). Un “dollarito” di mancia al simpatico ragazzo che ci ha scarrozzato e cominciamo l’avventura…

Il terminal è caotico, sporco, fumoso e pieno di una moltitudine di gente : chi parte, chi vende, chi si affanna ad accalappia i passeggeri… Un brulicare di persone, che lo rendono interessante, per chi ne ha già visto qualcuno e traumatizzante per chi è alla prima esperienza…

Saliamo sul bus per Leon, fermo alla banchina e aspettiamo…

Come consuetudine, una processione di venditori di qualsiasi genere di cose, continua a salire e scendere dal bus. Tostones, caramelle, refrescos, acqua; offrono di tutto…

Di colpo ci dicono che c’è un’altro autobus in partenza per Leon : si cambia mezzo in corsa, mentre ci trascinano fuori lo zaino, caricandolo sull’altro bus in partenza e via, siamo in movimento…

Scopriremo solo più tardi, che questo bus è diretto a Chinandega e a Leon è solo “de paso” : in sostanza ci lascerà al “cruceiro” lungo la strada principale… Poco male, partendo prima, guadagneremo comunque tempo ! Il tratto di strada che collega Managua a Leon è in rifacimento e solo il primo terzo è asfaltato e veloce; i restanti due terzi invece sono sterrati e spesso a senso unico alternato. Ciò rende il viaggio un pó più lungo e macchinoso.

La strada costeggia per un lungo tratto il lago di Managua, confermandone la completa distruzione biologica : mai visto una massa d’acqua tanto grande, così sporca e inquinata ! Sullo sfondo però la natura reclama la sua sovranità, stagliando all’orizzonte il Volcan Momotombo e il più piccolo Momotombito.

Ad ogni fermata per consentire il passo alternato, una fila di persone appostate sulla carreggiata offre i suoi prodotti : acqua, venduta in confezioni di plastica azzurra a forma cilindrica, che recano impressa la dicitura, “trattata con raggi ultravioletti” e refrescos, dai colori sgargianti, vanno a ruba ! In un’ora e quaranta minuti siamo a destinazione, o meglio, veniamo scaricati all’incrocio con la strada che porta a Leon. Qui prendiamo un taxi, che per la tariffa base (15 C$) ci porta in città.

Essere scesi al “cruceiro” non è un danno così determinante, visto che il terminal di Leon è molto lontano dal centro cittadino e anche se avessimo preso un diretto, comunque ci sarebbe servito il taxi, a meno che non ci fossimo voluti sciroppare una mezz’oretta di passeggiata, zaino in spalla, per raggiungere il parco cittadino ! L’hospedaje dove abbiamo intenzione di andare, consigliatoci dall’amico Mirco, è sconosciuto al tassista, ma con le indicazioni che abbiamo e l’aiuto della cartina della guida, lo troviamo lo stesso.

L’Hostal Clinica oltre ad essere recente, sorge dove prima c’era una clinica dentale, anche se forse sarebbe più corretto dire : è una clinica dentale… Ecco spiegato il perché del nome…

La signora Mercedes Gallo, che lo gestisce, in realtà è una dentista, ma dato che la prevenzione dentale non è la prima prerogativa dei Nicas, ha pensato bene, avendo spazio e possibilità, di trasformare il suo studio/abitazione in uno hostal, dove accogliere i turisti.

L’aspetto è decisamente carino, soprattutto l’entrata, che si apre su un bel soggiorno arredato con le immancabili sedie a dondolo, le “abuelite”, che in Nicaragua non mancano mai…

Subito dopo c’è la cucina, che può essere utilizzata e il frigo, quindi si esce in una sorta di giardino, stretto e lungo, dove sulla sinistra sono disposte le camere : 8 su due piani.

Bagno e doccia sono in comune e ce ne sono due; il lavandino con lo specchio e il lavabo per lavare gli indumenti sono all’aperto.

Al centro del giardino, c’è un grande tavolo rettangolare con sei sedie e tre amache, ambite e difficili da conquistare.

Fortunatamente c’è una stanza libera; la numero 4 al pian terreno : l’ultima in fondo a sinistra…

In realtà è estremamente essenziale, con pareti in legno, due letti e una grande mensola anch’essa in legno… Le reti sono lievemente sfondate, ma i lenzuoli, puliti, come del resto la camera stessa…

Il costo è 50 C$ a testa : accettiamo al volo…

Mercedes, che ha iniziato da poco questa attività, sta cercando in tutti i modi di farsi pubblicità e di arrivare ad essere menzionata sulle guide normalmente utilizzate in viaggio (lonely planet, footprint, ecc.), in modo da far decollare la sua nuova fonte di reddito.

L’ambiente è molto piacevole, soprattutto grazie hai suoi sforzi di far socializzare tutti coloro che vi pernottano; cosa che rende l’ambiente molto simile ad un ostello.

Per il momento la sua fortuna è il passa-parola tra viaggiatori, che sembra cominciare a dare i suoi frutti, visto che le camere sono tutte piene ! L’aspetto maggiormente positivo dell’hostal Clinica è sicuramente la posizione; dista infatti una quadra, ovvero poche decine di metri, dal centro cittadino, dove alle spalle del parco, si erge la maestosa cattedrale di Leon.

E’ il primo luogo che visitiamo e devo dire che è un bel vedere…

La cattedrale, la più grande del centro-america, è stupenda… Grande e completamente bianca, si erge maestosa al centro della piazza e sotto il sole appare ancora più grande di quanto sia in realtà.

Il suo interno è ben curato, pulito e ricco e l’altare non ha nulla da invidiare alle maggiori chiese europee.

Sul lato destro, in fondo alla navata, sopra la grande statua di un leone dall’espressione triste, si trova la tomba del poeta Ruben Dario, che morì proprio a qui…

Anche il parco è ben curato e rappresenta il vero cuore della città; qui infatti la sera si riunisce la gente, per mangiare nei comedor familiari sul lato sinistro, per prendere un refrescos o solo per godersi un po’ di fresco, scambiando quattro chiacchere.

La fame si fa sentire, quindi seguiamo la strada alla destra della cattedrale e circa alla fine della stessa, sul lato opposto, troviamo il comedor “Buen Gusto”, che Mercedes ci ha consigliato…

Entriamo attraverso un’enorme porta di legno ad arco e passiamo tra i tavoli, dove la gente sta consumando il proprio pranzo, raggiungendo la cucina, che si trova sulla sinistra. Qui, dentro le pentole, sono in vista le pietanze del giorno tra cui scegliere e la cosa non è affatto facile, dato che questo è il nostro primo pasto nicaraguense ed anche se conosciamo i nomi di molte pietanze, ancora non sappiamo associarvi l’aspetto…

Guardo attentamente, nei tegami…, scruto quello che sceglie Michele e visto che ha un buon aspetto, lo prendo anche io, cambiando solo il pollo con le polpette di carne.

In sostanza il piatto, che viene servito unico, comprende, riso e fagioli neri (il famoso “gallo pinto”), le polpette di carne e un’insalata fredda di juca e patate.

Da bere scelgo uno dei famosi refrescos all’arancia : un grosso bicchiere di succo d’arancia, con ghiaccio e acqua. La guida sul Nicaragua di “Scozzari”, l’unica disponibile in Italiano, per altro fata molto bene a mio parere, li sconsiglia, per paura che il ghiaccio non sia “purificado”, ma mi sembra un eccesso di cautela, visto che li bevono tutti…

Sicuramente, non berrei mai quelli che vendono sugli autobus…, ma quelli presi nei vari locali, bar e comedor durante tutto il mio soggiorno, oltre che deliziosi, si sono rivelati innocui e molto dissetanti.

Una volta ultimato l’ordine, ritirato il piatto e la mia bevanda, mi giro alla mia destra, dove un bella signorotta seduta ad un tavolo di legno, mi fa il conto : 21 C$, ovvero poco più di un euro ! Questo è quello che in media si spende in tutti i comedor familiari, dove guarda caso vanno a mangiare anche i Nicas; quindi se si vuole consumare un buon pranzo abbondante, risparmiando, il primo luogo in cui entrare è un comedor…

Torniamo nella sala adiacente e prendiamo posto in uno dei tavoli, con tutti gli altri, consumando il nostro primo pasto Nica.

Riprendiamo quindi il giro della città : alla sinistra della cattedrale, sull’edificio dall’altro lato della strada, c’è un’enorme murales, che ricorda i martiri della rivoluzione sandinista, che proprio da Leon prese il via…

Questo suo connotato storico, è, a ragione, motivo di orgoglio e sembra quasi percepirsi nell’aria.

Di fronte al murales, si trova il cafè “El Sieste”, un locale dall’aspetto moderno e nuovo, dotato di vari computer per poter connettersi a internet. I prezzi sono accessibili : 15 C$, 30 minuti e la connessione è abbastanza veloce.

Sempre sulla piazza ma dalla parte opposta si trova il “Telcor”, l’ufficio della compagnia telefonica nicaraguense, da dove è possibile effettuare chiamate internazionali.

Dato che non abbiamo avuto ancora modo di dare nostre notizie, ne approfittiamo ed entriamo.

L’impiegato ci domanda dove vogliamo chiamare e ci chiede il numero che intendiamo raggiungere. Tempo minimo della chiamata : 3 minuti. Praticamente loro chiamano il numero e quando sono in linea, si viene indirizzati in una cabina; una volta alzato il ricevitore, il proprio interlocutore è già in comunicazione.

Prezzo dei tre minuti di conversazione : 115 C$, ovvero l’equivalente di quasi 8 euro ! Una vera e propria esagerazione, uno scippo, in cui non incorreremo più…

Alternativa al Telcor, sono i telefoni pubblici a scheda, molto diffusi, ma il cui costo è solo lievemente inferiore. Le targhette telefoniche si trovano il tutte le “pulperie” o farmacie, che qui vendono un po’ di tutto e se si vuole chiamare in Europa, bisogna comprare quella da 100 C$.

Visto il costo, di telefonate ne farò soltanto un’altra, prima della partenza; per il resto del viaggio, comunicherò via e-mail o SMS tramite internet, visto che è molto diffuso e ha costi più accessibili ! Alle spalle della basilica, c’è il mercato di Leon, non grandissimo, ma caotico come tutti i mercati. All’interno vendono frutta e qualsiasi altro genere alimentare e non, mentre all’esterno e lungo tutto il suo perimetro ci sono i “comedor”.

Nel pomeriggio giriamo per la città, apprezzandone lo stile coloniale e le moltissime chiese, che sono ben tenute.

Tutte le case sono dipinte con i più sgargianti colori pastello, anche se molte sono un pò lasciate andare.

E’ un’atmosfera particolare…, decadente, che ha un fascino tutto suo e rende l’ambiente molto accattivante.

La sera il parco si popola di persone e la cattedrale, illuminata si mostra in tutta la sua bellezza.

L’aria è fresca, la gente gentile, il brusio delle chiacchere echeggia tutto intorno e dall’interno della cattedrale, le cui enormi porte di legno sono aperte si odono i canti liturgici della messa.

Qui la piazza ha ancora quel valore di aggregazione, che alle nostre latitudini si è andato perdendo; ha un valore sociale forte, come quello che assolveva l’antica agorà greca.

La attraversiamo lentamente, godendoci l’atmosfera, quindi proseguiamo verso il mercato e oltre per almeno due quadre, sino a raggiungere la “seconda avenida Noreste” dove si trova il “Via Via”, locale molto famoso tra i viaggiatori, in quanto ne è un punto di ritrovo, segnalato su tutte le guide.

Vi si possono ottenere informazioni e prenotare tutti i tour che è possibile fare nei dintorni di Leon, riuscendo magari ad aggregarsi con altre persone che vogliono fare la stessa escursione, raggiungendo così un duplice scopo : formare un gruppo abbastanza numeroso, che consenta l’escursione, e, non meno importante, risparmiare qualcosa. Disponibile inoltre il servizio lavanderia e il noleggio biciclette.

Ci sono diversi tavolini, molti viaggiatori seduti e l’aspetto è più quello di un ostello, che quello di un locale ! E in effetti offre anche da dormire : 45 C$ il dormitorio, 100 C$ la singola e 130 C$ la doppia. S nonchè un servizio lavenderia Comunque ne approfittiamo per sorseggiare una bella “Toña” ! Piccola parentesi sulle birre; in Nicaragua ce ne sono solo due tipi : la “Tona” e la “Victoria”.

Entrambe sono chiare e con poco malto, quindi molto leggere; il sapore è pressappoco simile, ma forse la “Victoria” è lievemente più forte e gradevole al palato.

Nelle vicinanze, c’è un’altro locale abbastanza noto : il “Camaleon”, gestito da italiani, dove è possibile mangiare spaghetti, per i nostalgici della cucina di casa ! La cucina Nicas, comunque, non è affatto male : anche se povera, ha piatti abbondanti e gustosi. Normalmente la portata principale, che può essere pesce o carne e in questo caso, normalmente si tratta di pollo, è accompagnato da riso e frijoles, i buonissimi fagioli neri, insalata o tostones (platano fritto, che prende il nome ti tajadas, se invece di essere a forma di piccola polpetta schiacciata, viene affettato).

Io sinceramente mi sono trovato molto bene sotto il profilo culinario e ho mangiato quasi sempre pesce…, non disdegnando diverse mattine il notissimo “gallo pinto”, piatto tipico della cucina nicas. Servito come “desajuno” (…A colazione) é costituito da riso saltato con i frijoles, due uovos rivoltos e tostones…

Ritornando verso la piazza, ci imbattiamo in una sorta di rosticceria, “Pollos Brosteados” in Plaza Metropolitana, dove cucinano il pollo (1/4 di pollo, 30 C$ – mezzo pollo, 55 C$). La fame c’è, quindi ci sediamo e ne ordiniamo mezzo ciascuno, accompagnato da una “rojita”, bibita molto diffusa dal colore porpora, che a me non è piaciuta per nulla ! Ha infatti un sapore dolciastro, che è una via di mezzo tra il caramello e il “broncomucil”, lo sciroppo per la tosse che mi toccava da bambino ! Anche il pollo non è la fine del mondo per sapore e porzione, ma ci riempie lo stomaco, consentendoci di andare a letto soddisfatti.

10 Gennaio 2003 – Poneloya e Las Penitas.

Primo giorno al mare ! Destinazione Poneloya e Las Penitas, località sul Pacifico a Nord di Leon.

Raggiungiamo il mercato, stando sul lato destro della cattedrale (primera calle Sur) e prendiamo un collectivos per il “mercadito di Subtiava”, da dove parte il bus per Poneloya.

A Leon i collectivos, sono costituiti da piccoli camioncini il cui pianale è destinato al trasporto di persone, alcune sedute, sulle due panche di legno ai lati e molte altre in piedi… Fungono da veri e propri bus e sono molto usati dalla popolazione locale, tanto che non è infrequente vederne pieni all’inverosimile…

Passano solo cinque minuti ed eccone arrivare uno che va nella nostra direzione; saliamo e fortunatamente troviamo anche posto a sedere; chi l’avrebbe mai detto ! Il tratto di strada sino al “mercadito” è relativamente breve : 15 minuti, tra fermate continue per caricare e scaricare gente al volo, per una spesa di 2 C$.

Scendiamo proprio di fronte al “mercadito”, una sorta di mercato rionale, che non ha nulla da invidiare per merce a quello più grande di Leon.

Sullo spiazzo sterrato di fronte, è parcheggiato il bus per Poneloya; non il classico scuola-bus americano, stile anni settanta adibito a mezzo di trasporto pubblico, ma un vero e proprio torpedone ! Saliamo e prendiamo posto, insieme a molti altri Nicas, che vanno a passare una giornata al mare.

Dopo circa mezz’ora, il bus lascia il “mercadito” : Poneloya, stiamo arrivando ! Il viaggio dura circa 45 minuti (costo 6 C$), nella quale attraversiamo una regione brulla, con grandi campi dai confini ben marcati col filo spinato, caratterizzati dalla presenza di numerose piante di mango, con molti frutti.

Il colore predominante è il giallo, quello dell’erba seccata al sole e in alcuni tratti il nero, dove l’erba di cui sopra, è stata bruciata per rendere più fertile la terra.

Il bus termina la sua corsa all’inizio della spiaggia di Poneloya, dopo aver attraversato l’intero paese. Case chiuse, pochissima gente per strada : Poneloya mi appare come la città fantasma di molti film westner, sotto il caldo sole delle 11.00. Le abitazioni sono infatti di persone che vivono a Leon e che tornano qui soltanto durante le vacanze, soprattutto nella settimana santa.

Scendiamo e andiamo verso il mare. Sulla destra c’è una piccola laguna e un enorme cartello; avvisa i bagnati che in caso di “sisma” devono uscire immediatamente dall’acqua e aspettare sulla spiaggia i soccorsi ! Prendiamo verso sinistra e dopo una cinquantina di metri siamo sulla spiaggia di Poneloya : di fronte ho il Pacifico.

La spiaggia è lunghissima e larghissima; la sabbia, scura e granulosa. Il mare ha un profondo colore blu, che lo fa apparire quasi nero e ampie onde regolari, che si susseguono lente.

La risaliamo per intero, sino a raggiungere la “Peña del Tigre” (scoglio della tigre), che separa la spiaggia di Poneloya da quella di Las Penitas; sulla sinistra, sorge l’hotel Lacayo, facilmente distinguibile dal colore verde chiaro; segnalato sulle guide, mi appare molto spartano e fatiscente.

Oltre gli scogli, sulla cui sommità è posta una grande croce bianca, inizia la spiaggia di Las Penitas, che prosegue verso sud a perdita d’occhio.

Unico carattere distintivo tra le due, è il mare : molto più agitato e pericoloso sul lato di Las Penitas, perché più frastagliato.

Subito sulla sinistra, su una piccola stradina sterrata, ci sono due locali, che si fronteggiano : un bar, il “Don Toño”, a ridosso della strada principale e un ristorante, il “Caceres”, a ridosso della spiaggia.

Per prima cosa andiamo al bar, dall’aspetto molto carino, con una sorta di terrazza, delimitata da un parapetto di bambù, sotto un gazebo, ricavato con foglie secche di palma. Qui ci dissetiamo con una fresca coca-colita (10 C$) e dopo 10 minuti di riposo all’ombra, allietati da una leggera brezza, ritorniamo sulla spiaggia.

Per la prima esposizione al sole nicaraguense… Quella che al bar era una lieve brezza, sulla spiaggia è un bel venticello, che soffia continuo, attutendo il calore del sole, che quasi non sembra scaldare la mia pellaccia bianca… La cosa è alquanto preoccupante, anche se sono dotato di abbronzante, fattore di protezione 12, cosa per me non abituale ! Per non rischiare scomode scottature, che possano pregiudicare il resto del viaggio, restiamo al sole un paio di orette, quindi un bagno nel Pacifico, che ha più il sapore di una toccata e fuga, per togliersi di dosso, sabbia e crema; entro infatti nell’acqua solo sino al ginocchio e già così la corrente si fa sentire…

Anche lo stomaco ha qualcosa da dire, così prendiamo posto nel ristorante “Caceres”.

La struttura principale è costituita da una grande tettoia di foglie di palma, dove però non si gode la frescura del vento e la vista del mare; molto meglio i tavolini sotto i quattro gazebo esterni, proprio a due passi dalla spiaggia…

Siamo fortunati e mentre aspettiamo il pranzo uno di questi si libera. Non aspettavamo altro : ci spostiamo immediatamente ! Prima che il nostro “pargo blanco” sia pronto trascorrono venti minuti abbondanti : prova tangibile che il piatto è cucinato al momento ! Quello che mi viene servito è proprio un bel “pescado” intero, all’aglio. Unico errore non aver chiesto la salsa a parte, evitando che il pesce ne fosse cosparso…

Anche così però il sapore è ottimo e il piatto, che comprende anche riso e tostones, mette a tacere il borbottio del mio stomaco… Il prezzo irrisorio : pescado, birre e bibite, 70 C$ ! Torniamo ancora sulla spiaggia per circa un’ora, quindi verso le 17.00 ci appostiamo sul ciglio della strada principale in attesa del pullman.

Come sempre l’orario dei mezzi è all’insegna del “cerca”, avverbio molto usato che esprime un’unità di misura che varia da 0 a infinito…

Approfittiamo del vicino bar e inganniamo l’attesa sorseggiando una Toña e scambiando quattro chiacchere col ragazzo che ce la serve.

Verso le 17.30 ecco il pullman ! Saliamo subito, anche se di fatto potremmo aspettare che ritorni da Las Peñitas. Tuttavia salire subito consente una maggiore possibilità di trovare posto a sedere…

Il viaggio di ritorno mi sembra un pò più lungo, ma forse è solo la stanchezza e l’imbrunire a determinare questa percezione.

Quando arriviamo al “mercadito” è già buio ! Fortunatamente troviamo subito una “buseta” per il centro e in pochi minuti raggiungiamo l’Hostal Clinica.

Doccia rigeneratrice e via a fare un giro per Leon. La mamma di Maria ci consiglia di andare a teatro, dove dovrebbe esserci uno spettacolo musicale gratuito : la notizia è veritiera, ma la musica è quella “classica” ! Molto meglio andare nel locale di fronte e sorseggiare una fresca Toña sulle note di un gruppo spagnolo, a noi sconosciuto.

Proseguiamo il nostro giro, ritrovandoci in piazza. E’ molto ventilata e forse anche per questo affollata di persone. Il brusio della gente si confonde con il canto che proviene dalla basilica, dove si sta svolgendo la messa e con gli odori di carne alla griglia, che sale dai comedor di strada.

Approfittiamo dei computer del “El Sieste” per comunicare con casa, quindi “regressamos” all’hostal, dove conosciamo Fabrizio e Serena. Italiano lui, messicana lei, stanno compiendo un viaggio affascinante : sono partiti da Città del Messico e vogliono raggiungere Bogotà ! Forse li rincontreremo durante il nostro viaggio, visto che i nostri itinerari si assomigliano…

11 Gennaio 2003 – Pochomil Lasciamo l’hostal alle 07.00 del mattino, dopo essere stati calorosamente salutati da Maria e aver promesso di far pubblicità alla sua nuova attività…

Una volta in piazza bastano pochi minuti e un semplice gesto con la mano, per trovare un taxi che, per la cifra sindacale di 15 C$, ci conduce al terminal…

Qui ancora una volta siamo fortunati o tempestivi e troviamo in partenza il bus espresso per Managua (che “sale” alle 07.30…) : costo, 15 C$.

Il viaggio ricalca lo stesso percorso dell’andata, tormentato per i lavori di pavimentazione per 2/3, quindi in buono stato in prossimità della capitale. In 2 ore e 10 minuti siamo a Managua, che ancora una volta mi si paventa squallida, sporca precaria e fatiscente…

Anche qui colpo di fortuna (…O soltanto programmazione dei trasporti pubblici ?) : troviamo in partenza il bus per Pochomil. Cambio volante e alle 9.58 lasciamo il terminal, che avevamo appena raggiunto ! Prima di incanalarci sulla strada principale, il bus arranca nel traffico del terminal e nel corridoio del bus è un continuo andare e venire di persone, che vendono qualcosa.

Ti offrono di tutto, acqua, dentro sacchetti di plastica azzurri, che riportano scritto in evidenza che è trattata a raggi ultravioletti, cibo di ogni genere, cicche e caramelle, frutta oppure, ma questo è un fatto molto raro, chiedono l’elemosina.

Caratteristico é l’abbigliamento delle donne; indossano infatti, un tradizionale grembiule bianco, ricamato con delle enormi tasche sul davanti, dove ripongono i soldi.

Particolarmente duro invece da “sopportare” lo sguardo dolce dei bambini, vestiti di stracci, che ti offrono caramelle, noccioline, cicche… : “enpasse” duro da sopportare per chi, come noi non sa cosa vuol dire miseria e fame…

Questa è solo un’istantanea di un paese povero…, che paga le traversie di una dittatura senza pregiudizi e di una guerra aspra e dura, voluta dalla CIA, che sovvenzionava “la contra”, un esercito di mercenari, che costrinse i Nicas a combattere per molti anni, solo per affermare e difendere la loro identità.

Un paese tornato alla vita solo da pochi anni, grazie soprattutto all’avvento di “Violeta”. Penso che questo sia lo stesso scenario di cui furono testimoni i nostri genitori nel primo dopoguerra in Italia : voglia di rinascita ! Il pullman è pieno e per un lungo tratto, prima di lasciare Managua, continua a caricare persone…

Il viaggio dura circa 2 ore : costo 10 C$.Da Managua raggiungiamo El Crucero, quindi verso il mare, passando per San Rafael del Sur, paese fatto di baracche di lamiera e strade sterrate, che mi mostra nuovamente il Nicaragua povero…

A Masachapa, lasciamo il pullman e saliamo “al volo” su un furgone, che ci lascia direttamente sulla piazza di Pochomil : uno spiazzo circolare con qualche comedor e una “pulperia”.

Immediatamente veniamo “assaliti” dai vari proprietari dei locali, che cercano di convincerci a turno a sederci per mangiare o ci offrono le loro sistemazioni.

Noi rifiutiamo con garbo e andando verso sinistra, ci dirigiamo all’Hotel Altamar, segnalato sulla guida e consigliatoci da Claudio.

L’aspetto non è entusiasmante, come del resto la camera, ma accettiamo la sistemazione.

La camera, essenziale, si compone di due letti e un comodino, è sul retro e senza bagno ! Quest’ultimo particolare è trascurabile, visto che non c’è acqua corrente (a causa della rottura della pompa, ci viene detto…) e comunque per lavarsi, bisogna andare ad attingela al pozzo ! Costo, un pò caro per quanto offerto, 130 C$ (la camera con bagno, 150 C$).

Il bagno in comune è precario, ma neanche tanto male, la doccia quasi irreale…! Il ristorante dell’hotel, invece è molto carino, ricavato su una terrazza che da sulla sottostante spiaggia, con tavoli tutti a vista, amache e un buon servizio.

Il cibo è buono, abbondante, ma leggermente caro per la media del paese ed inoltre sul conto viene applicata la maggiorazione del 10%.

Prendo un filete (100 C$) e una Toña (20 C$) e rimango molto soddisfatto, per quantità e qualità.

Dalla terrazza, parte la scalinata che conduce alla spiaggia. Quest’ultima è veramente particolare, lunghissima e larghissima a causa della bassa marea, costituita da sabbia beige e battuta continuamente dal vento (…Fenomeno presente solo a Gennaio !). Stare sdraiati sul telo è un’impresa titanica; in pochi minuti si diventa dei sofficini…

Molto meglio prendere posto in un “ranchito”, una sorta di capanna con amache e tavolino, che costano 30 C$, se non si consuma nulla, oppure il prezzo del pranzo e di tutto ciò che si ordina nella giornata…

I prezzi sono migliori di quelli del ristornate (bibite 7,5 C$, birra 10 C$) e l’impatto scenico strepitoso… Di fronte all’oceano, dondolandosi sull’amaca, si gusta la vita…, oltre ad una fresca Toña, ammirando un bellissimo tramonto sul Pacifico.

Calato il sole, il buio arriva velocemente, quindi partiamo per un’altra avventura : la doccia ! Andiamo al pozzo e girando con una manovella, una ruota di bicicletta, che fa ruotare una corda, che consente di attingere l’acqua, riempiamo un secchio ciascuno; quindi prendiamo una piccola bacinella e andiamo nella doccia comune.

Questa non ha porta…, o meglio c’è ma è fuori dai cardini, ed è presidiata nella parte in cui non ci si lava da due guardiani d’eccezione : due rospi ! A sinistra c’è la doccia (non funzionante…) e qui si comincia con la bacinella a bagnarsi con l’acqua del secchio, quindi insaponarsi e infine sciacquarsi…

Sembra strano per chi come noi è abituato a stare in doccia 15/20 minuti, senza mai interrompere il flusso d’acqua, ma questo è un ottimo modo per garantire un risparmio idrico !!! Concludiamo la sera, facendo un giro a Pochomil, che inizia e finisce nella piazza in cui siamo arrivati nella mattinata…

Appena giriamo l’angolo, di nuovo veniamo chiamati a turno da tutti i proprietari dei ristornati, che ci offrono i loro servigi…

Ne scegliamo uno a caso e ceniamo spendendo 50 C$ e parlando con il proprietario, del Nicaragua, della sua storia recente e della situazione attuale…

I “Nicas” sono persone gentilissime, cordiali e alla mano : parlare con loro è un piacere e una delle cose che più mi ha colpito e mi è piaciuta di questo splendido paese.

12 Gennaio 2003 – Pochomil Giornata di completo relax al sole sulla spiaggia di Pochomil.

Anche se è domenica e ci sono molte più persone di ieri, visto che nel giorno di festa anche i Nicas si recano al mare, ci accaparriamo senza fatica il miglior “ranchito” sulla parte di spiaggia di fronte all’Hotel Altamar.

Sono circa le 10.00 quando ci sediamo al tavolino del “ranchito” e pochi minuti dopo ecco comparire “Doña Adelia”, con le amache.

Ci chiede cosa vogliamo per colazione : “gallo pinto” e caffè negro ! Passano solo 15 minuti e sto gustando il mio “desajuno” nica all’ombra del “ranchito”.

Trascorriamo l’intera giornata, dondolandoci sull’amaca e godendoci questa spiaggia lambita dal placido Oceano Pacifico.

Il vento soffia ad intermittenza e ogni tanto, quando è più intenso, qualche folata di sabbia mi scuote la schiena.

Molte sono le persone che approfittano per fare i giri a cavallo lungo la spiaggia e diverse volte anche a noi ci chiedono se vogliamo farlo…; rispondo sempre con un sintetico “no, gracias” e un sorriso e altrettanto ottengo dal mio interlocutore.

La bassa marea, rende la spiaggia larghissima e sullo specchio d’acqua che precede il mare, si riflettono il cielo e le nuvole, creando un’immagine speculare davvero affascinante.

Verso le 17.00 la fame ci impone un buon pasto, così ordiniamo del pesce : scelgo un filete, Michele un pargo, ma chiediamo che ci venga servito nei ranchiti più interni, per evitare di mangiare con uno scomodo contorno di sabbia.

“Doña” Adelia prende l’ordinazione e svanisce per quasi un’ora ! Sicuramente sarà andata prima a comprare quello che le abbiamo chiesto, quindi l’avrà cucinato e finalmente, quando tutto è pronto ci chiama…

La fame intanto è aumentata, e vedere l’abbondante filetto di pesce che riempie il mio piatto accompagnato da tostones, riso e fagioli neri è gioia per lo stomaco e immediatamente dopo per il palato ! Tutto è gustoso e ben cucinato, il costo irrisorio : 80 C$ !!! Mi colpisce, visto che me la trovo di fronte a poche decine di metri, la capanna in cui vive Adelia; praticamente sulla sabbia, è una costruzione di legno, lamiera e plastica, con solo una piccola luce al centro… Essenziale non definisce in modo esatto questa abitazione, ne lo stato d’animo che mi crea il vederla… Difficile da spiegare a parole e tanto meno da accettare per chi, come me non ha mai avuto sotto gli occhi una simile realtà.

Il pasto, accompagnato da un paio di Toña, mi riempie per benino, così soddisfatto mi ri-adagio sull’amaca del “ranchito” e mi godo il tramonto che mi si propone.

I colori sono forti e intensi, il cielo diventa di un rosso vivace, per poi lentamente affievolirsi e ammorbidirsi, trasformarsi in un tenue viola, mentre il sole sparisce nel mare. Poi velocemente la luce perde intensità e in pochi minuti arriva il buio.

Risaliamo la scalinata che porta all’Altamar, un ultimo sguardo alla spiaggia di Pochomil, quindi via al pozzo per prendere l’acqua con cui fare la doccia.

Anche se siamo sazi del pranzo di metà pomeriggio, raggiungiamo comunque la piccola piazza del paese, per bere una birra e passare la serata.

Ci sediamo in uno dei bar e mentre sorseggiamo una Toña, scambiamo quattro chiacchere con i proprietari, mentre dal loro stereo si diffondono nell’aria canzoni a me note e un pò datate : si passa infatti, da “Gloria” di Tozzi a “Self Control” di Raf ! Poi un episodio che mi fa credere di trovarmi in un altro tempo : un uomo arriva a cavallo, scende, lega le redini ad un corrimano, quindi si dirige verso la “pulperia” dall’altra parte della piazza…

Al momento e in quel luogo, tutto sembra normale, ma a ripensarci mi appare incredibile : qui il cavallo è ancora un mezzo di trasporto ! Affascinante e particolare al tempo stesso ! Prima di fare ritorno alla nostra camera, passiamo dalla “pulperia” e sorseggiando un’altra Toña, discutiamo con il gerente, un simpatico e cordiale ragazzo.

Parliamo soprattutto del turismo, di come Pochomil debba migliorare e in che cosa, per potersi sviluppare e apprendiamo che sono molti gli italiani che, soprattutto in estate, capitano da queste parti : chi l’avrebbe mai detto ! Chiedo il costo del ron “Flor de Caña Centenario” invecchiato 12 anni, che dovrebbe essere il migliore : 140 C$.

Sono tentato di prenderlo, ma poi rinuncio, visto che il viaggio è ancora lungo e dovrei portarmelo in giro nello zaino per troppi giorni, prima di “regressar”…; lo comprerò più avanti, sperando di trovarlo a questo prezzo, che mi sembrava ottimo.

13 Gennaio 2003 – Granada Ci svegliamo prestissimo, in modo da poter prendere il primo bus della mattina e già alle 06.00 siamo con i nostri zaini sulla piazza di Pochomil, seduti su un muretto in attesa.

La piccola piazza è deserta, i bar sono tutti chiusi, la temperatura è piacevole.

Osservo quello che ho di fronte e mi sembra di trovarmi sul set cinematografico di un film westner…

Alle 06.15 arriva anticipato da fragorose e lunghe stronbazzate di clacson il bus per Managua, sul quale saliamo insieme a poche altre persone.

Come consuetudine l’autista continua a suonare il clacson per avvisare che sta partendo e percorre a passo d’uomo la strada che lo allontana dalla piazza di Pochomil.

Dalle case sul ciglio della strada altre persone salgono sulla “buseta” e sino a che non si lascia definitivamente il centro abitato, è un continuo fermarsi a raccogliere passeggeri.

Nostra destinazione non è ovviamente la capitale, dove è perfettamente inutile ritornare : scenderemo invece a “El Crucero”, da dove via Jinotepe, raggiungeremo Granada.

Il bus impiega circa un’ora per raggiungere la piccola cittadina di “El Crucero”, arrancando a fatica sulla collina che la precede. Costo del biglietto : 10 C$.

Scendiamo e attraversata la strada chiediamo informazioni su come e dove poter prendere un mezzo che ci porti a Jinotepe. Soffia un vento forte e l’aria è frizzante, strano ma vero, ho quasi freddo ! Neanche il tempo di ricevere la risposta alla nostra domanda, che ci indicano un piccolo monovolume, un colectivos, che giunge in senso opposto ed è diretto a Jinotepe : saliamo e in 20 minuti siamo a destinazione, per 10 C$.

Ci lasciano di fronte al parco cittadino e percorriamo a piedi due quadre prima di raggiungere il terminal dei bus. Qui saliamo sul primo in partenza per Nandaime, che ci lascerà all’incrocio con la strada che proviene da Rivas, dove prenderemo un altro bus per Granada : al momento, non ci sono infatti bus diretti per la nostra destinazione o per lo meno così ci dicono…

In circa quindici minuti e per 5 C$ si raggiunge l’incrocio; quindi appena scesi, praticamente veniamo trasbordati sul bus che, proviene da Rivas in senso opposto e aspetta sul ciglio della strada prima di proseguire verso Granada. E’ pieno, dobbiamo stare in piedi nel corridoio e gli zaini finiscono sul tetto del mezzo.

Forse per questo, il viaggio sino a Granada (6 C$) mi sembra molto più lungo della mezz’ora che impieghiamo a giungere al terminal cittadino dei bus provenienti da Rivas ! Quest’ultimo è relativamente piccolo e si trova all’inizio di “Calle del Comercio”, lungo la quale si sviluppa il mercato.

La percorriamo praticamente tutta, camminando sulla strada, visto che le bancherelle occupano il marciapiede, sul quale risalgo ogni qualvolta incrocio un’auto o un bus.

La città è viva, brulicante di gente e mi fa subito una bella impressione : colorata, affascinate e caratteristica.

Dopo 4 quadre e mezzo, sulla destra troviamo “El Parque Central” con la cattedrale : vero cuore della città. E’ molto ben curato e anche qui c’è moltissima gente.

Ci sentiamo chiamare : sono Fabrizio e Serena, conosciuti a Leon, che stanno andando Masaya e ci dicono di essere all’Hospedaje Cocibolca, proprio dove abbiamo intenzione di andare anche noi…

Ci diamo appuntamento per la sera e ci incamminiamo verso il “Cocibolca”. Raggiungerlo è agevole : attraversiamo il parco e imbocchiamo, a sinistra della cattedrale, “Calle la Calzada”, che porta al lago : poche centinaia di metri e lo troviamo sul lato destro della strada, dopo l’Hospedaje Central e la Pizzeria Don Luca.

Mi fa subito un’ottima impressione : l’entrata si apre su una sorta di salone, dove si trova la TV con di fronte le immancabili sedie a dondolo, tre postazioni intenet, e diversi tavoli, dove poter sedersi a mangiare, quello che si ordina, oppure quello che ci si cucina autonomamente, visto che l’utilizzo della cucina è gratuito e compreso nel prezzo ! Siamo fortunati e troviamo una stanza, che si sta per liberare ! Dobbiamo aspettare solo qualche minuto, perché la puliscano. Ne approfitto per comunicare con casa via internet e per fare colazione con un buon “gallo pinto”.

Le stanze sono disposte su due piani : sicuramente quelle al piano superiore sono migliori, perché più arieggiate e meglio rifinite, rispetto a quelle al piano terra. Purtroppo la nostra è a piano terra ! Non è particolarmente bella, ma pulita, essenziale, dignitosa e spaziosa e con un bagno grande. La doccia è fredda ! Costo : 12 $ a notte, ovvero 180 C$.

Incredibilmente alla mano il proprietario : Carlos, che ha molta simpatia per gli italiani, visto che è stato nel nostro paese grazie allo scomparso partito comunista italiano.

Una persona particolare, che rispecchia la positiva impressione che i “Nicas” mi hanno lasciato nel cuore : sembra che vi conosca da una vita e vi tratta come tali, con amicizia…

Appena preso possesso della stanza, doccia veloce e subito fuori alla scoperta della città.

Ritorniamo al parco centrale, ripercorrendo a ritroso “Calle la Calzada” : dalla parte opposta alla cattedrale, c’è la banca, sotto il portico, dove si trova anche l’Hotel Alambra, il più bello di Granada.

Approfittiamo per cambiare un pò di dollari in cordobas e l’operazione risulta molto più veloce di quanto mi aspettassi…

Quindi imbocchiamo “Calle Real Xalteva” e cominciamo a risalirla. Granada è veramente molto bella, curata, affascinante con tutte le sue case in stile coloniale, dai più sgargianti colori pastello : azzurro, giallo, rosa…

Sulla destra, dopo una quadra, troviamo la chiesa della Merced, in ristrutturazione : il campanile è stato rimesso a nuovo ed ha un bel colore rosa, la parte centrale della chiesa invece è ancora annerita e sembra quasi decadente, ma così è molto più affascinante, a mio modo di vedere…

Altre due quadre e dopo un piccolo parco molto carino, ecco la chiesa di Xalteva, anch’essa molto bella.

Prima di raggiungerla, mentre camminiamo sul lato sinistro del marciapiede, ci cade l’occhio all’interno di una casa : la proprietaria, che è sulla porta, vista la nostra curiosità, ci invita molto cordialmente ad entrare, mostrandoci con orgoglio il salone, che si apre subito dietro il grande portale di legno, che da sulla strada. Particolare e caratteristico con le immancabili sedie a dondolo, in questo caso di vimini e oltre, un patio interno con un bel giardino. Restiamo un momento a parlare e sono affascinato dalla cordialità e gentilezza della signora, che devo dire essere comune a tutto il popolo “nica”, al pari della fierezza e dell’amore per il loro paese.

Riprendiamo il nostro cammino, ridiscendendo verso il parco dalla parallela a “Calle Real Xaltera”, che ripropone il carattere coloniale della “Gran Sultana” : soprannome con cui è nota Granada e per nulla enfatico ! A una quadra dal parco, sulla sinistra ci imbattiamo nel museo di arte nicaraguense, dove, per 15 C$, entriamo. Non è nulla di particolare, ma è molto bella la casa nel quale è ospitato, con un bel giardino centrale, ornato da statue in pietra.

Mezz’ora per visitarlo tutto, quindi ci ritroviamo nel parco. E’ veramente molto carino e ben curato con al centro una fontana e un patio e nel verde, diversi bar, che offrono ottimi refrescos natural. Sul lato opposto alla bianca cattedrale, di fronte al portico, in fila ci sono i calessi, non solo attrazione per i turisti, ma anche e soprattutto mezzi di trasporto.

Sotto il portico, oltre alla banca e all’Hotel Alambra, c’è anche un negozio di souvenire, il “Chichitepec”, ottimo per acquistare cartoline e francobolli, nonché per inviarle senza necessariamente andare al Correos cittadino. Le cartoline arrivano : dopo un mese e mezzo, ma arrivano ! Per quel che riguarda l’oggettistica invece è più conveniente comprare l’artigianato al mercato nuovo di Masaya ! Il parco brulica di persone, ci sono moltissimi bambini, che attorniano i turisti elemosinando 1 C$…, ma non sono oppressivi e stressanti…, lo fanno col sorriso e con gentilezza…

Se si resiste a questo colpo psicologico, passare un pò di tempo all’ombra del parco, seduti ad un chiosco, sorseggiando un dissetante refrescos al mandarino, è qualcosa di particolare…

A sinistra del parco, c’è una piccola piazza con il monumento ai caduti. Su un lato di questa si trova un bel portico di legno sotto il quale c’è un piccolo ristorante, dalla parte opposta, la compagnia telefonica (i cui costi sono proibitivi come a Leon : 115 C$ per 3 minuti di conversazione).

Dopo aver bevuto una fresca toña, riprendiamo il nostro giro : seguendo “Calle la Calzada” raggiungiamo il Lago Cocibolca, il più grande lago del centro america.

Sembra un vero e proprio mare, con tanto di onde ed ha un colore scuro, quasi nero.

Per raggiungerlo bisogna fare una passeggiata di 10 minuti e prima di arrivare al piccolo porto di Granada, sulla sinistra si trova la bella chiesa di Guadalupe.

Di fianco al porto, alle spalle della piazza, c’è un piccolo “mirador”, che si affaccia sul lago : sulla destra lungo la strada che fronteggia il “malecon”, diversi ristoranti e all’orizzonte le prime, delle 360 “isletas de Granada”.

Per poterle visitare è necessario prendere una lancia : se siete interessati, parlate con Carlos, che vi saprà indirizzare e/o mettervi in contatto con qualcuno che vi porti tra questi minuscoli atolli vulcanici pieni di vegetazione.

Nuvole di moschitos, si alzano in volo e anche se sono disturbati dal vento che soffia sulla sponda del lago, qualche puntura la sento ! Meglio ritornare verso l’interno : così percorriamo di nuovo “Calle la Calzada” e ritorniamo al parco, prendendo posto ai tavolini di un chiosco, dove un bel refrescos non è per nulla male.

Di fronte a me due lucida scarpe, con la loro scatola e postazione : questa è ancora un’attività in Nicaragua e diverse persone ne approfittano !Riprendiamo il nostro cammino ritornando all’interno lungo la strada a destra del parco, sulla quale si trova l’Hotel Colonial, bello ed elegante e subito dopo, all’angolo con “Calle Atravezada”, l’ufficio postale.

Seguiamo a destra “Calle Atravezada” e dopo poco, sul lato sinistro siamo attratti da un simpatico bar : il “Flamingo”, dove ci sediamo nuovamente.

La coppia nica di fianco al nostro tavolo ordina da mangiare un piatto dall’aspetto veramente interessante. Chiediamo cosa sia : un piatto nazionale nicaraguense a base di carne, molto abbondante… A cucinarlo però, non è il bar, ma il ristorante di fronte : “El Colonial”. Non abbiamo dubbi : questa sera si cena qui ! Torniamo all’Hospedaje Cocibolca, dove ritroviamo Fabrizio e Serena e ci diamo appuntamento per la cena.

L’idea è quella di farsi una bella doccia : unico problema, manca l’acqua ! Fortunatamente è un inconveniente momentaneo e dopo mezz’oretta riusciamo nel nostro intento…

Mentre aspettiamo i nostri nuovi amici, prendiamo un aperitivo nel locale di fronte al “Cocibolca” : il jazz bar “El Matchico”, un locale molto carino, arredato con intelligente ingegnosità ! Quando scorgiamo Fabrizio e Serena sulla porta del “Cocibolca”, attraversiamo la strada e una volta che a noi si unisce anche Marcus, ragazzo inglese che hanno conosciuto durante la giornata, siamo pronti per la cena.

Raggiungiamo il ristorante “El Colonial” e ordiniamo tre piatti nazionali nicaraguensi. Purtroppo “el sabor” non si rivela all’altezza dell’entusiasmo che il colpo d’occhio ci aveva generato ! Il piatto si rivela infatti, un’accozzaglia di pezzetti di carne fritti, accompagnati da crema di fagioli e insalata…

Niente di trascendentale…, ma in compagnia e con l’aiuto di quattro bottiglie di Toña da litro, la cena passa in secondo piano e trascorriamo comunque una bella serata.

14 Gennaio 2003 – Volcan Masaya, Masaya, Santa Catarina, laguna d’Apoyo.

Ci alziamo prestissimo, visto che la giornata ha un programma molto ricco, che inizia con la visita del Parco Nazionale del Vulcano Masaya.

Per raggiungerlo da Granada, dobbiamo prendere il bus per Managua e scendere lungo la strada, all’entrata del parco.

Come prima cosa ci rechiamo a piedi al terminal dei bus per Managua, che si trova dalla parte opposta della città : 5 cuadre oltre il parco e tre a destra.

Per arrivarci ci impieghiamo una ventina di minuti e fortunatamente troviamo un bus in partenza.

Costo del biglietto sino all’entrata del Parco Nazionale del Vulcano Masaya”, 7 C$ e circa un’ora di viaggio.

Il bus ci lascia proprio di fronte all’entrata : attraversiamo la strada e paghiamo il biglietto di ingresso, che per i turisti è di 60 C$. Con noi entrano altri due italiani, padre e figlia, che ci accompagneranno per l’intera escursione.

La ragazza è in vacanza; è infatti venuta a trovare il padre, che si è stabilito qui da 8 mesi, aprendo una finca, “Lo Zopilote”, sull’isola di Ometepe ! La cosa ci interessa molto, visto che dovremo andare sull’isola e prendiamo tutte le informazioni necessarie per poterne usufruire se si presenterà l’occasione.

Con la loro compagnia, i 5 Km. Di strada sino al cratere del Nindiri, sono meno lunghi e faticosi di quello che potrebbero sembrare…

La strada per raggiungere il cratere è completamente asfaltata e si snoda tra la colata lavica del lontano 1772, in un paesaggio lunare, scenograficamente straordinario.

L’ultimo terzo di strada è un pò più ripido dei precedenti due terzi, ma sull’onda dell’entusiasmo arriviamo al “mirador” : la strada si allarga in un piazzale, la “Plaza de Oviedo” (in onore del primo straniero che scoprì ed esplorò il complesso vulcanico), che termina con un parapetto di pietra, oltre il quale, sul fondo si vede il cratere del Nindiri, fumante, visto che è attivo ! Un cartello recita di prestare molta attenzione, ricordando che il vulcano è attivo e può esalare fumi tossici e mortali ! L’odore di zolfo è forte ed acre, il calore percettibile. Lo spettacolo che la natura ci offre irripetibile.

Sulla destra, alla fine di una lunga scalinata, una croce di legno, posta sulla sommità di un’altura, si staglia nel cielo.

Seguiamo il sentiero sulla sinistra, che porta ad un’altro mirador, posto più in alto; anche da qui la vista è spettacolare ! Proviamo a scendere lungo la strada per raggiungere il ciglio opposto del cratere, ma veniamo repentinamente fermati dalle guardie del parco : non è possibile andarci ! A malincuore risaliamo e dopo una sosta sul vicino cratere San Fernando, ormai ricoperto dalla vegetazione, visto che è inattivo da oltre 200 anni, prendiamo la strada del ritorno.

Il sole ora è forte e non aver portato l’abbronzante, mi costerà una quasi scottatura di braccia, gambe e collo : meno male che il fido cappellino è sempre con me ! La discesa sembra molto più lunga della salita, forse perché ci fermiamo al centro informativo dei visitatori, dove è allestito una sorta di museo che mostra la storia del vulcano e la flora, fauna e geologia che caratterizza il parco.

Non è nulla di particolare, anzi serve solo come pausa durante la discesa, visto che i plastici in cartapesta, mi ricordano molto i lavori che facevo alle medie ! Poche altre centinaia di metri e siamo finalmente all’uscita ! Ci sistemiamo sulla strada e aspettiamo il primo bus per Masaya.

Saliamo sul primo che passa, ma sfortunatamente, non è diretto a Masaya, ma è solo “de paso” : ciò significa che ci lascerà all’incrocio con la strada che porta a Masaya per 2 C$, dove dovremmo prendere un’altro bus ! In dieci minuti siamo all’incrocio, altrettanti per aspettare e prendere il bus per Masaya (3 C$) e qualcuno meno per raggiungere il terminal.

Alle spalle del terminal si sviluppa il nuovo mercato cittadino, diviso in zone : alimentari, artigianato, abbigliamento.

E’ una città nella città, un dedalo di vicoli tra le varie bancherelle dove perdersi e perdere l’orientamento non è affatto così difficile.

Una vera e propria attrazione, da non lasciarsi scappare ! Passiamo qualche ora al suo interno, acquistando diversi oggetti di artigianato : caratteristici sono soprattutto i piccoli oggetti di legno, pietra e i dipinti a olio.

Non meno particolare e interessante è l’occasione di parlare con la gente, sempre gentile e ben disposta, mai pressante e insistente nel tentativo di vendervi qualcosa, ma amabile, come tutto il Nicaragua appare agli occhi del viaggiatore… Dopo aver completato gli acquisti, riemergiamo dal dedalo vi vicoli del mercato e andiamo a prendere il bus per Santa Catarina, dove dal suo mirador è possibile vedere la Laguna di Apoyo.

La buseta è ferma al suo posto e parte solo dopo un quarto d’ora, durante il quale assisto divertito al consueto alternarsi di venditori di ogni genere di cose…, dal refrescos, al cibo, alle tovaglie… Particolarmente simpatica una coppia di bambini che vende caramelle, poste dentro una bacinella di plastica arancione. Due occhi enormi e dolci mi fissano e mi chiedono di acquistare qual cosa : il cuore non regge e anche se non prendo nulla, gli regalo due pesos… L’autista, che dorme appoggiato al volante, si desta come se svegliato da un orologio biologico puntato sull’ora della partenza, accende il mezzo e si parte.

Una decina di minuti e 3 C$ per raggiungere Santa Catarina, posta sul colle a ridosso di Masaya.

Scendiamo all’incrocio, attraversiamo la strada, poche decine di metri e imbocchiamo la via principale del paese : impossibile sbagliare, ad aiutarvi come punto di riferimento, ci sono le moto-carrozzelle, che fungono da taxi e se questo non bastasse, seguite le indicazioni per un fantomatico “Las Vegas”, che in seguito scoprirò essere una sala giochi dotata di slot-machine ! Cominciamo a salire seguendo la strada che percorre tutta Santa Catarina; il paesino è caratteristico e ricco di negozi che offrono oggetti di artigianato. Proseguiamo sempre dritto di fronte a noi, superiamo la chiesa, quindi altre due quadre e giungiamo al “mirador”. Qui si paga un biglietto di ingresso di 1 C$ per accedere al giardino, da cui si domina l’intera Laguna di Apoyo, un vasto bacino di acqua azzurra, formatosi all’interno di un antico cratere.

La vista è mozzafiato, bella e particolare : c’è un vento fortissimo, il cielo è terso il suo azzurro pastello contrasta con quello più profondo della laguna. Sullo sfondo, sfocata, all’orizzonte, Granata, di cui si riconosce la cattedrale.

Restiamo pochi minuti, qualche foto e un lungo sguardo contemplativo, quindi ritorniamo indietro, ripercorrendo a ritroso il nostro cammino.

Ritornati sulla strada principale, ci appostiamo sul ciglio e attendiamo il bus che ci riporti a Masaya : non tarda e così in men che non si dica, siamo di nuovo al terminal, da dove eravamo partiti ! Abbiamo ancora del tempo, quindi convinco Michele ad andare a vedere il vecchio mercato dell’artisaneria, pezzo forte di Masaya, le cui foto ho visto su internet : per raggiungerlo basta fare una piccola passeggiata di dieci minuti, con la quale si scopre anche un po’ della città.

Usciti dal piazzale sterrato del terminal, costeggiamo, tenendolo sulla sinistra, il mercato nuovo, quindi superiamo il ponte che ci si trova di fronte e proseguire diritto per 3 quadre : all’improvviso, le mura del vecchio mercato dell’artisaneria, mi appaiono sulla destra.

Purtroppo questo è solo quello che resta del famoso mercato…; al suo interno infatti adesso trovano posto i negozi che vendono le stesse identiche cose che si possono trovare al mercato nuovo, ma a un prezzo molto più alto.

E’ stato trasformato in uno specchio per allodole, dove attrarre i turisti… impossibile anche tentare di tirare sul prezzo…, sono irremovibili, a differenza del nuovo mercato… Tuttavia la sua struttura esterna, di vecchia fortezza, ha mantenuto immutato il proprio fascino, anche se all’entrata un cartellone coloratissimo, che stona come un trombone in una sinfonia di violini, ne altera un po’ il fascino. Diciamo che se si ha tempo, merita la visita, se non altro per vedere anche un po’ di Masaya… Ritorniamo al terminal e troviamo in partenza un bus per Granata, sul quale saliamo al volo : 5 C$ e 40 minuti di viaggio ed eccoci di ritorno nella “gran sultana” ! Scendiamo prima del terminal e ripercorriamo “Calle Xalteva” per raggiungere una fabbrica di sigari, dove comprarne qualcuno per l’amico Max.

Superiamo la chiesa che da il nome alla strada e subito dopo sulla destra ritroviamo il negozio che avevamo visto il giorno prima : “Doña Elba Cigar”, una sorta di fabbrica familiare, dove oltre a produrre, vendono i sigari.

Ce ne sono di diversi tipi e se ne possono acquistare un numero a piacere : non è infatti necessario comprare la scatola, ma se ne possono chiedere anche un numero inferiore, che vengono confezionati a parte.

Il costo sembra buono : 20 sigari “robustos” costano, 200 C$, mentre una confezione di 5 sigarillos, 50 C$. Una “hacienda familiar” ed un servizio ottimo, consigliato a chi interessa.

Tornando verso il “Cocibolca”, ci fermiamo al supermercato (sulla destra, subito prima di incrociare “Calle du Commercio”, a una quadra dal parco) e facciamo un po’ di spesa per la nostra cena : ananas, ron “Flor de Caña” 5 años, coca, salumi…

Comunque si trova di tutto, compresa la pasta, anche se è un pò cara ! Per il resto invece, i prezzi sono Nica… Il pane lo acquistiamo invece lungo la strada, ad una bancherella : un filone da un chilo, 8 C$ ! In serata, dopo aver consumato la nostra cena al Cocibolca, usciamo a fare un giro per Granata, raggiungendo il parco, quindi avendo ancora un languorino, ci fermiamo alla “Pizzeria Don Luca”, che si trova di fronte al “Cocibolca” e ci facciamo una pizza ! Il locale è gestito da un italiano, che viveva e lavorava a Bien in Svizzera e che ora si è trasferito qui. La pizza non è malvagia e viene offerta in tre dimensioni : la più grande, che basta per due, costa 57 C$.

Finalmente sazi, prendiamo un po’ di fresco sul marciapiede dondolandoci sulle “abueljte” del “Cocibolca”, quindi in branda.

15 Gennaio 2003 – Ometepe.

Sveglia prestissimo per raggiungere Rivas e quindi spostarci sull’isola di Ometepe. Alle 07.00 siamo già in cammino verso il terminal e nel parco, ritroviamo i due italiani che ci hanno accompagnato nell’escursione sul vulcano Masaya.

Un saluto veloce, quindi percorriamo “Calle du Commercio”, mentre i vari negozi stanno aprendo i battenti e arriviamo al terminal, dove due giorni prima siamo giunti.

Il bus per Rivas, però, deve ancora arrivare e partirà solo alle 08.00 ! Fortunatamente è puntuale e alle 08.00 lasciamo Granata alla volta di Rivas : costo del viaggio 13 C$, durata circa un’ora e mezza, tra fermate per far salire e scendere gente, venditori e predicatori… Giunti al terminal di Rivas, è necessario prendere un taxi, per raggiungere San Jorge, il porto da cui partono i ferry e le lance per Ometepe.

Appena scesi veniamo assaliti da un’orda di taxisti, che tentano di accaparrarsi il cliente; i prezzi chiesti sono i più disparati, sino a 20 C$ a persona ! Non farsi prendere dalla fretta è indispensabile per evitare fregature… Il prezzo giusto per la corsa infatti è di 30 C$ in totale !!! Recuperiamo lo zaino dal tetto del bus, ci riuniamo con un altro ragazzo italiano e due tedeschi e prendiamo un solo taxi per 30 C$, ovvero 6 C$ a testa ! Dal terminal a san Jorge il tragitto è breve : circa 5 minuti e il taxi ci scarica proprio all’ingresso del molo.

Qui a sinistra dell’entrata c’è la biglietteria, dove poter fare il biglietto per il Ferry, ma non farlo non comporta alcun pericolo o svantaggio : si paga direttamente sulla barca ! Costo : 20 C$.

Dal molo si scorge tra la foschia la sagoma dell’isola di Ometepe, la più grande isola lacustre al mondo.

Impressionanti i due vulcani che la compongono : il Conception e il Maderas. Imponenti e massicci, coperti di vegetazione, con un ciuffo di nuvole a coprirgli la vetta. Il lago invece sembra un vero e proprio mare, con onde robuste e alte, alimentate dal forte vento.

La traversata dura circa un’ora e il ferry balla parecchio sotto la spinta delle onde nel primo tratto : meno male che non soffro il mal di mare (o meglio sarebbe dire di lago…!). Anzi il dondolio, mi concilia il sonno, così mi faccio una bella dormita, destandomi giusto in tempo per vedere l’attracco ! Di fronte a noi, superbo il vulcano Concepcion, ci accoglie a Moyagalpa.

Appena scesi bisogna destreggiarsi tra i taxista che cercano di accaparrarsi un cliente di giornata, quindi fatti circa una trentina di metri, sulla destra, si trova il bus per Altagracia.

Prendiamo posto, insieme a molte persone che hanno fatto la traversata con noi e rincontriamo Marcus, il ragazzo inglese conosciuto a Granata, che si unisce a noi.

Lo spostamento in termini di spazio è modesto; solo 17 chilometri separano, infatti, Moyagalpa da Altagracia. In termini di tempo invece, incredibilmente lungo : circa un’ora, a causa del pessimo stato delle strade, che oltre ad essere sterrate e strette, sono anche piene di buche… Il bus poi non è dei più recenti e arranca a fatica per tutto il percorso. Costo : 9 C$.

Altagracia è un piccolo paesino, che si sviluppa esclusivamente ai lati della strada che lo attraversa. Appena scesi, non fatichiamo affatto a individuare l’Hotel Castillo, che si trova nella prima traversa verso l’interno, subito dopo l’inizio dell’abitato. L’Hotel è carino, pulito e ben tenuto : a prima vista mi fa subito una bella impressione.

Chiediamo una stanza da tre posti e quella che ci propongono non è affatto male : spaziosa, letti comodi, bagno grande, con doccia e acqua corrente, anche se solo fredda. Costo : 70 C$ a testa (ovvero, la tripla per 210 C$).

Ci sistemiamo, una bella doccia, quindi usufruiamo subito della cucina dell’hotel, che si rivela buona e a buon mercato : per un bel “pescado” con riso, fagioli e tostones , spendo solo 27 C$ ! Tutto viene segnato sul numero della camera, quindi si salda il conto alla partenza. Scriversi cosa si è consumato è buona norma, anche se i Nica sono persone estremamente corrette e oneste; un errore però possono farlo tutti… L’hotel dispone anche di internet e sono presenti due PC, dai quali ci si può connettere. Il costo però, è un tantino alto : 75 C$ l’ora, ma la connessione è veloce ed efficiente.

Dopo pranzo usciamo alla scoperta di Altagracia. Percorriamo la strada principale verso sinistra, superiamo il “Comedor Buen Gusto”, segnalato sulla nostra guida, quindi raggiungiamo la piazza.

Di fronte c’è la chiesa con un piccolo giardino antistante, nel quale sono poste diverse statue di pietra, molto particolari.

Tuttavia la cosa che mi balza più agli occhi sono i maiali, che beatamente se ne stanno al pascolo nel giardino ! Imbocchiamo la strada adiacente al giardino e ci dirigiamo verso il lago. Camminiamo per circa venti minuti, immersi nelle piantagioni di platano e banane, con il Concepcion, che ci controlla le spalle, incontrando ogni tanto la casa di qualche famiglia di contadini, che incuriositi ci osservano e ci sorridono, rispondendo garbatamente al nostro amichevole “Hola !”.

Arriviamo sino alle sponde del lago, in quella che è Playa Angul. Il Cocobolca sembra nero, da quanto è scura l’acqua, a causa del colore della sabbia del fondale, che essendo vulcanica è molto scura… Il vento agita le acque, le onde si inseguono di continuo, le sponde sono un tripudio di verde, per la vegetazione rigogliosa.

La piccola insenatura è soprattutto rocciosa e poco distante scorgo due ragazze che fanno il bucato : la cosa più normale al mondo, sapone, olio di gomiti, qualche sbattuta sulle rocce e risciacquo…, altro che lavatrice ! Ritorniamo sui nostri passi e prendiamo un altro sentiero, che si inoltra tra i platani.

Qui ci sono più abitazioni e suscitiamo l’interesse soprattutto dei bambini : occhi grandi, profondi, sguardo furbo, sorriso contagioso e aperto. A tutti un “buenas” e da tutti una risposta ! La seconda spiaggia è molto più ampia, una mezza luna completa, di sabbia fine, quasi nera.

Sulla strada del ritorno abbiamo di fronte il Concepcion : alto, lussureggiante, maestoso e sormontato da un cappello di nuvole che ne avvolge solo la cima, quasi fosse panna montata su un’enorme gelato. Uno spettacolo ! Ritorniamo al “Castillo” e mentre attendiamo che arrivi l’ora di cena, scrivendo le impressioni di giornata, incontriamo e conosciamo, una persona che in realtà conoscevamo gia da diversi mesi via internet : la mitica Enrica di Roma, con la quale ci siamo scambiati moltissime informazioni e sensazioni su questo viaggio.

Sapevamo che c’era la possibilità di incontrarsi, ma non avendo programmato nulla, ritrovarsi sull’affascinate isola di Ometepe è una fatalità straordinaria.

Siamo contenti : la cena nicaraguese che ci eravamo ripromessi la consumeremo davvero ! Presentazioni di rito, anche se mi sembra di conoscerla da una vita… e primo contatto con i suoi compagni di viaggio : Claudia e Nello, persone simpaticissime e particolari, la cui conoscenza renderà questa esperienza straordinaria.

Prima di soddisfare lo stomaco, ci accordiamo, grazie all’intermediazione dell’hotel, con Silvio, la guida che domani ci accompagnerà nell’escursione sul vulcano Maderas. Trattiamo sul prezzo, coinvolgiamo nell’escursione Enrica, Claudia e Nello e alla fine ci accordiamo per 60 C$ ciascuno (siamo in 7), più 25 C$ per il pranzo al sacco che ci preparerà l’hotel.

– A posteriori posso candidamente dire che della guida potevamo fare tranquillamente a meno, non perché non sia preparata, ma solo per il fatto che è un’escursione che si può tranquillamente organizzarsi e fare da soli ! Basta prendere il bus per Balgüe, andare all’Hacienda Magdalena, da dove parte il sentiero, quindi seguirlo da soli, oppure aspettare che parta un gruppo con la guida e accodarsi a poca distanza e il gioco è fatto ! – Finalmente si va a mangiare, mentre lo stomaco comincia a borbottare… Cena al “Comedor El Buen Gusto” insieme a Marcus e Roberto, altro ragazzo di Torino che ha raggiunto l’isola questa mattina con noi, Enrica, Claudia e Nello.

Il comedor, si rivela ottimo per il cibo, come la guida suggeriva, e con prezzi economici : un pescado intero con riso e tostones e una Tona, 45 C$ !!! L’aperitivo lo offro io : una bella bottiglia di ron “Flor de Cana” invecchiato 5 anni, comprato a Granata la sera prima, che svanisce velocemente… Soddisfatto lo stomaco, via tutti in branda, senza dimenticarsi di ritirare il pranzo al sacco dalla cucina dell’hotel ! Il contenuto mi sembra soddisfacente per i 25 C$ che ci costa : due panini dolci, tre uova sode, un pomodoro, un pezzo di formaggio di capra, aranci e una banana.

continua con la seconda parte…



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