New zealand e fiji, finalmente

4 agosto 2006. Ecco, il nostro piccolo sogno si sta avverando, fra poco intraprenderemo il viaggio a lungo desiderato, destinazione New Zealand. Alle 11,20 abbiamo il treno per Venezia, e con il bus raggiungeremo l’aeroporto. Il nostro piano voli prevede alle 16,15 il volo Alitalia per Roma, alle 20,35 l’aereo Korean Air per Seoul, per poi...
Scritto da: Livia 87
Partenza il: 04/08/2006
Ritorno il: 26/08/2006
Viaggiatori: in coppia
4 agosto 2006. Ecco, il nostro piccolo sogno si sta avverando, fra poco intraprenderemo il viaggio a lungo desiderato, destinazione New Zealand. Alle 11,20 abbiamo il treno per Venezia, e con il bus raggiungeremo l’aeroporto. Il nostro piano voli prevede alle 16,15 il volo Alitalia per Roma, alle 20,35 l’aereo Korean Air per Seoul, per poi proseguire verso Auckland, e infine un volo interno con Quantas destinazione Christchurch.

La nostra avventura inizia in modo singolare. A Venezia, al controllo bagagli a mano ci trovano un coltello da cucina infilato nello zaino, ricordo di chissà quale picnic, ma è così ben nascosto che pur avendo svuotato completamente il bagaglio per trovarlo sarà necessario passarlo e ripassarlo al controllo. Una serie di ritardi sui voli, due ore a Venezia, un’ora a Roma, prova a rovinare l’inizio della nostra vacanza, ma siamo consapevoli che il viaggio sarà lungo per cui non ci scomponiamo, ora più ora meno… Una piccola premessa. Come al solito viaggiamo in completa autonomia e per prenotare i voli ci siamo rivolti via internet ad un’agenzia specializzata di Roma, la Nouvelle Zélande Voyages, agenzia seria ed affidabile, tramite la quale risparmiamo parecchio. Naturalmente un po’ a scapito dell’efficienza, visto la sosta di sei ore prevista a Seoul, ma tutto sommato l’aeroporto è comodo e confortevole e la sosta la utilizziamo un po’ per sgranchirci e un po’ per riposare. Inoltre davvero non possiamo lamentarci, la Korean Air ci ha trattati di lusso e grazie ad un cambio di biglietti dell’ultimo momento il viaggio nella tratta Roma-Seoul lo abbiamo affrontato in first class. Ma torniamo a noi.

Arriviamo a Auckland alle 10,45 del 6 agosto, siamo partiti da casa circa 36 ore prima e siamo esausti. L’aeroporto è stipato di gente, ci vuole un’ora per avere il visto e l’arrivo non è proprio indolore, ci fanno aprire i bagagli e ci fanno un sacco di storie per le scarpe da trekking con le suole sporche che abbiamo in valigia. Onestamente la nostra pazienza sta venendo meno e stanchi come siamo vorremmo solo uscire dalla confusione e ritrovare il silenzio. Ci becchiamo invece una solenne ramanzina – stavano anche quasi riuscendo a convincerci di essere dei criminali contaminatori – e dopo circa mezz’ora ci rendono le scarpe con le suole così pulite che in seguito ci dispiacerà quasi usarle. Alle 14,00 è previsto il volo per Christchurch, e finalmente dopo due giorni di viaggio riusciamo a respirare all’aria aperta. E che fa?… Piove! Ma ce lo aspettavamo, siamo in inverno e le previsioni meteo su internet davano pioggia. Ritiriamo l’auto, ci spiegano anche come montare le catene, e alle 17,30, stremati, siamo all’albergo prenotato via internet, il Camelot in Cathedral Square, comodo e centralissimo. Spendiamo 110 $ a notte, ma prenotando sul posto avremmo speso qualche dollaro in meno visto che fanno delle promozioni per la winter season. Il tempo di una doccia e della cena in un Irish pub non troppo lontano dall’albergo e alle 20,00 siamo a letto. 7 agosto. La notte ci ha accompagnato con un sonno agitato e due ore ad occhi aperti, comunque siamo certamente più riposati e ci alziamo con calma verso le 9,30. Diluvia, la giornata è fredda e ventosa e per iniziarla al meglio ci gustiamo una super colazione in un café molto simpatico ed accogliente. Visitiamo la Cattedrale, ma purtroppo nulla da fare per la programmata navigazione sull’Avon. Andiamo comunque a spasso per le vie della città, facciamo un salto ai Botanic Gardens, belli nonostante sia inverno, e poi, poiché il tempo è davvero impietoso, ci dedichiamo alla scoperta della Art Gallery, al cui interno ci fermiamo anche a pranzo. Bagnati come pulcini rientriamo in albergo alle 15,30, ci riposiamo un po’, pianifichiamo il programma per il giorno successivo e verso le 18,30 usciamo nuovamente per acquistare qualcosa da mangiare. 8 agosto. Il jet lag si fa sentire, la notte è trascorsa totalmente insonne. Il programma della giornata prevede il trasferimento da Christchurch alla Otago Peninsula. L’edificio della stazione ferroviaria di Dunedin ci incuriosisce e ci fermiamo a scattare qualche foto. Finalmente, verso le 10,30 smette di piovere e riusciamo ad avere qualche spiraglio di sole anche se nel pomeriggio la pioggia ricomincerà. La strada che costeggia la Otago Peninsula è spettacolare e ci ricorda molto la Great Ocean Road, nell’Australia del Sud, ma forse, così tortuosa e a livello del mare, è un po’ inquietante. Troviamo da dormire all’Harington Point Village Motel a Taiaroa Head (95 $) siamo gli unici ospiti e ci danno lo chalet con vista sul mare. Il posto è incantevole. Siamo a due passi dal Royal Albatros Centre. Ci dirigiamo lì e dalle 15,00 alle 16,00 ci dedichiamo agli albatros, prima assistendo a delle spiegazioni e alla proiezione di un video, e poi cercando di vederli volare, senza farci vedere, nascosti all’interno di una casetta sulla spiaggia. Siamo fortunati e gli albatros riusciamo a vederli per davvero, uno anche a distanza molto ravvicinata percorrendo il sentiero che porta alla casetta. Sono incredibili nelle loro evoluzioni, eleganti nei movimenti, imponenti con la loro apertura alare che può arrivare fino a 3 metri… Non è ancora buio per cui ci dirigiamo ad Allans Beach dove la guida segnala esserci la presenza di una colonia di leoni marini. Dei leoni non c’è traccia, c’è invece un vento forte e pungente, fa freddo, per cui ci accontentiamo di una veloce e solitaria passeggiata sulla spiaggia, accompagnati solamente dal fragore del mare.

Ritorniamo allo chalet dove trascorreremo la notte, è grande e accogliente e ha anche una bella cucina, peccato non avere nulla da cucinare. Purtroppo dobbiamo ripiegare su un panino e una birra che abbiamo acquistato nel pomeriggio all’Albatros Centre, preoccupati di dover percorrere al buio la strada tortuosa fino a Portobello. 9 agosto. Abbiamo pianificato di spostarci verso la costa ovest. Partiamo presto, e verso le 13,00 arriviamo a Te Anau. La giornata è magnifica, il cielo è limpidissimo e il sole splende. In paese ci fermiamo all’ufficio informazioni per chiedere notizie sul Mildford Sound e sulla Glow Warm Cave. Per quest’ultima sono previste due visite, alle 15,00 e alle 18,45 al costo di 49 dollari. Decidiamo di pensarci e di tornare a prenotare più tardi. Alle 15,00 siamo di ritorno, dopo avere fatto una passeggiata sul lungo lago e trovato un motel, l’Anchorage Motel, dove ci fermeremo due notti al costo di 85 $ ogni notte. All’ufficio informazioni chiediamo di prenotare l’escursione in barca lungo il fiordo Mildford Sound con la compagnia omonima, al costo di 110 dollari per ciascun biglietto, ma per quanto riguarda la visita alla grotta abbiamo esitato troppo e quella prevista alle 18,45 è sold out, per cui la prenotiamo per il giorno successivo. Tornando verso il motel Anchorage vediamo che è possibile fare un giro di 10 minuti in idrovolante al costo di 65 dollari per passeggero, ma siamo solo in due e servono tre persone. Quindi anche questo programma salta. E’ presto per chiudere la giornata per cui con l’auto ci dirigiamo al lago Manapouri, alla spiaggia di Fraser Beach. Molto bello anche questo, anche perché lo visitiamo in assoluta solitudine. Prima di ritornare allo scenic flight sperando si sia aggiunto qualcuno andiamo a fare la spesa, visto che il bello dei motel qui è che tutti hanno la cucina. Dopo cena il tempo di una doccia e crolliamo a dormire. 10 agosto. Il grosso autobus ci viene a prendere puntuale al motel alle 9,40, e dopo alcune soste per fare foto arriviamo al Mildford Sound, dove ci aspetta una barca molto comoda e grande, decisamente sovradimensionata per il nostro gruppo. E’ proprio vero che muoversi fuori stagione offre dei vantaggi, ovunque andiamo incontriamo sempre pochissima confusione. La navigazione sul fiordo si rivela meravigliosa, accompagnata da un sole splendido, anche se fa freschino, -1° alla partenza, 9° quando siamo in barca, e intorno a noi si staglia uno spettacolare scenario di cime innevate che si riflettono sull’acqua. La navigazione dura due ore, ripercorriamo poi all’indietro la strada con l’autobus e alle 16,15 siamo di nuovo al motel. Alle 18,00 usciamo per andare all’appuntamento alla Glow Warm Cave, ma giunti lì scopriamo che per ragioni di sicurezza la visita è saltata, e quindi non ci resta che farci rimborsare i biglietti d’ingresso dato che l’indomani lasceremo Te Anau. Ritornati al motel spendiamo un po’ di tempo per navigare in internet, e poi ci prepariamo la cena.

11 agosto. La giornata prevede il trasferimento verso il ghiacciaio Fox Glacier, percorriamo anche oggi strade praticamente deserte che non mancano di regalarci veri e propri scorci da cartolina. I paesaggi sono bellissimi, tutto intorno a noi ci sono montagne altissime gonfie di neve, laghi e foreste. Come tappa intermedia decidiamo di fermarci a dormire sul mare, ad Haast, dopo avere valicato l’Haast Pass. Ci fermiamo al Mc Guire Hotel, costo della camera 95$. Le nostre passeggiate su spiagge deserte stanno diventando immancabili e quindi aggiungiamo anche Haast Beach alla nostra collezione. Non c’è molta scelta in questa stagione per cui dobbiamo andare a cenare nell’unico ristorante aperto. Il locale è anche pub, siamo gli unici stranieri in mezzo agli abitanti di Haast, tutti, uomini e donne, vestiti con camicie a quadretti e seduti davanti a immense caraffe di birra. Dove siamo non c’è inquinamento luminoso e usciti dal ristorante ci fermiamo qualche minuto ad osservare una stellata incredibile ed una via lattea così bianca che quasi illumina il cielo. Quasi ci commuoviamo nel vedere la Croce del Sud, nel ricordo degli incredibili cieli stellati visti qualche tempo prima in Australia…

12 agosto. Partiamo direzione Fox Glacier, ma nonostante il cielo stellato della sera precedente sta diluviando. Percorriamo la strada sotto una pioggia insistente e arriviamo a destinazione alle 11,00. Purtroppo la camera che abbiamo prenotato via internet da casa (West Haven Motel, 99$) sarà libera solo dopo le 14,00, ma la proprietaria è molto gentile, ci permette comunque di cambiarci pantaloni e scarpe per metterci qualcosa di più adatto alla pioggia. Subito andiamo al Café Neve per mangiare un toast, poi allo store a comprare qualcosa e poi all’Alpine Guides per confermare l’escursione sul ghiacciaio del giorno successivo che abbiamo prenotato da casa. Ci dicono che si farà con qualunque tempo. E’ da Te Anau che desidero salire su un qualsiasi trabiccolo volante per vedere la Nuova Zelanda dall’alto e anche qui l’idea torna a fare capolino. Ovunque organizzano i cosiddetti scenic flight, a prezzi accettabili si possono sorvolare i ghiacciai. Purtroppo il tempo è troppo brutto e gli elicotteri non volano. Decidiamo di andare alla base del ghiacciaio Franz Josef, dove riusciamo a vedere uno spiraglio di sole e facciamo una passeggiata. Appena saliti in auto ricomincia a piovere e poi anche a grandinare, e, ripresa la strada fino al Fox Glacier, ci dirigiamo al lago Matheson. Anche questo è un luogo super tranquillo e siamo soli a passeggiare, approfittando di una sosta della pioggia. Ci rechiamo poi a Gillespies Beach, spiaggia deserta e ventosa, con la sabbia nera. Siamo sempre più convinti che in Nuova Zelanda la natura sia davvero incredibile e il luogo in cui ci troviamo lo dimostra fino in fondo, dato che in pochi minuti siamo passati da un ghiacciaio al mare.

13 agosto. Oggi abbiamo in programma l’half day walk, una passeggiata di mezza giornata sul ghiacciaio. Il tempo tiene e anche se è molto nuvoloso almeno non piove. Abbiamo appuntamento alle 09,00, all’escursione parteciperemo in sette oltre alla guida. Il tempo di fornire chi ne è privo di scarpe da trekking, calzetti, ramponi, raincoat e quant’altro necessario e si parte, con un autobus vecchissimo. Il percorso è breve, qualche minuto e cominciamo a camminare per raggiungere la base del ghiacciaio. Il tempo è dispettoso, piovvigina e dal canto suo la guida, Jason, che ha un passo deciso e veloce, cerca di fare il possibile per distanziarmi. Arrivati al ghiacciaio montiamo i ramponi e camminiamo sul ghiaccio. Bellissimo, compresa l’esperienza di strisciare in un buco nel ghiaccio e di procedere all’interno di una fessura. E poi… nevica!!! Adoro la neve… E’ stupefacente constatare che la base del ghiacciaio si trova a soli 200 metri di altitudine ed è circondata dalla vegetazione. Jason ci spiega che questo fenomeno si ha in due soli posti al mondo, qui e in Patagonia. Chissà se è vero…

Alle 13,15 siamo di ritorno in paese a Fox Glacier e come il giorno prima ci fermiamo a mangiare al Café Neve, dove preparano davvero un cappuccino encomiabile. Appena dopo pranzo partiamo, l’obiettivo è fare più strada possibile, per l’indomani abbiamo prenotato il traghetto per la traversata Pincton-Wellington, che ci porterà a trasferirci all’isola del nord. Ci fermiamo quando è già buio, verso le 20,00, al Mataki Motel di Murchison, a 85$. 14 agosto. Partiamo presto e alle 11,00 arriviamo a Picton. Ci fermiamo a mangiare qualcosa e poi ci rechiamo al porto per fare il check-in alle valigie. Ebbene sì, è facile e indolore, i bagagli vengono imbarcati e li riprenderemo all’arrivo a Wellington. Due passi in città, un po’ di shopping, restituiamo l’auto alla Nationwide e siamo pronti ad aspettare il ferry previsto alle 13,00. La barca è enorme e ciò nonostante per gran parte del viaggio balliamo parecchio e anche se non soffriamo il mal di mare la cosa ci dà un po’ di fastidio. Quando avevamo pianificato il viaggio e prenotato con Nouvelle Zélande Voyages il traghetto fra le due isole avevamo seguito il consiglio di fare la traversata di giorno perché più spettacolare, in realtà uscire sull’open deck della nave è impossibile, le condizioni del tempo e del mare sono proibitive.

Quando scendiamo a Wellington il tempo si conferma pessimo, piove e c’è un vento fortissimo, impossibile andare in giro a fare i turisti. Al porto un signore della Nationwide ci porta l’auto prenotata, uguale alla precedente, solo di diverso colore. Passiamo a ritirare i biglietti che abbiamo prenotato da casa per la partita di rugby del Torneo Tre Nazioni che si terrà il 19 agosto a Auckland (Australia-All Blacks) e poi andiamo alla guest house prenotata via internet, la Richmond guest house (costo 75$). La sistemazione è pulita, ma non ci piace molto, il proprietario è un po’ inquietante, sicuramente poco affabile. Usciamo per la cena con un vento fortissimo, ma almeno non piove più, sarebbe assolutamente impossibile usare l’ombrello. Scegliamo un ristorante di pesce, il Fisherman’s Table, dove mangiamo discretamente bene, dopo cena facciamo due passi a Wellington e poi torniamo alla guest house a dormire.

15 agosto. Decidiamo di non restare a Wellington, anche se con rammarico perché avrei proprio voluto vedere il museo Te Papa. Purtroppo i giorni stanno cominciando a scarseggiare e la nostra tabella di marcia ci impone delle scelte, quindi preferiamo partire verso il nord dell’isola. La pioggia la lasciamo a Wellington e il tempo per strada migliora. Il programma di oggi è un po’ ambizioso, abbiamo deciso di andare a visitare alle Waitomo Caves la Glow Warm Cave, anche se la deviazione per andarci è un po’ lunga. Beh, alla fine ci dichiariamo contenti della scelta, lo spettacolo che vediamo all’interno della grotta è sicuramente singolare ed essere pochi a gustarlo lo rende ancora migliore. E’ vero, in fondo si tratta solo di vermi luminescenti, ma con tanti messi tutti insieme l’idea è quella di un cielo coperto di stelle. Alle 16,00 usciamo dalla grotta e visto che abbiamo ancora un po’ di tempo prima di cena è scontato cercare di raggiungere Rotorua, dove arriviamo verso le 18,00, Per l’alloggio c’è solo l’imbarazzo della scelta, la nostra cade sul motel Gwendoline Court Motor Inn. E’ una buona sistemazione, abbiamo un bell’appartamento alla modica cifra di 95$ per notte e il bagno è così grande da ospitare una enorme vasca idromassaggio con acqua termale che viene cambiata due volte al giorno. Anche la cucina è accogliente per cui viene naturale uscire a fare la spesa e concludere la giornata con una super pasta al gorgonzola. Crolliamo sul divano davanti alla tv (ebbene sì, quando ci riusciamo utilizziamo i film per migliorare la comprensione del nostro inglese) e quindi doccia e nanna. 16 agosto. Essere già a Rotorua ci permette di dormire più a lungo, partiamo alle 9,40 e andiamo a visitare il Te Whakarewarewa, riserva termale e importante centro culturale maori. Trascorriamo la mattinata passeggiando all’interno della riserva, cogliendo con lo sguardo geyser che fuoriescono dal terreno, fango che sobbolle, pozze d’acqua dai colori inaspettati. Il geyser più spettacolare è il Pohutu, uno spruzzo che arriva fino a 20 metri di altezza. Alle 12,15 c’è un concerto tradizionale maori, compreso nel prezzo del biglietto. Somiglia molto a vari spettacoli già visti in qualche documentario sulla Nuova Zelanda, ma sinceramente sa molto di turistico. Verso le 14,00 usciamo e andiamo a passeggiare intorno al lago Rotorua, a poca distanza dal centro della cittadina. Il cielo è plumbeo, e ci sono un paio di elicotteri laconicamente fermi sulla riva del lago. Ci fermiamo a mangiare a Pizza Hut (non lo sapevamo, ma quando ordiniamo abbiamo la gradita sorpresa di trovare la formula all you can eat a 9,95$ bibite escluse) e poi andiamo in centro a Rotorua a curiosare tra i vari negozi. Prima di rientrare al motel ci fermiamo a fare la spesa e poi ci godiamo la grande vasca con acqua termale che abbiamo in camera. 17 agosto. Partiamo presto, oggi il programma prevede un lungo trasferimento fino alla Bay of Islands, a nord di Auckland, Avremmo voluto fare tutto con più calma, ma il tempo si sta dimostrando tiranno e i giorni di vacanza che ancora ci restano stanno diventando sempre meno. Alle 15,30 arriviamo a Paihia, paesetto abbastanza turistico e buona base di partenza per vedere i dintorni. Paihia si sviluppa lungo la strada principale e per fortuna è inverno, chissà che confusione e traffico ci sono qui in estate. Abbiamo bisogno di fare benzina e finalmente troviamo un distributore (cominciavamo a preoccuparci!!) e per motel scegliamo il Sands Beach Motel (80$). Come al solito tutte le sistemazioni sono aperte, ovunque c’è disponibilità e si può contare sulle winter rates, tariffe un po’ più scontate rispetto a quelle della stagione estiva. Dopo aver sistemato le valigie in camera decidiamo di andare a prenotare con la compagnia Fuller la crociera di mezza giornata per recarci il giorno successivo a vedere l’Hole in the Rock, un enorme masso in mezzo al mare che, come dice il nome, presenta una grossa apertura al centro. Ci dirigiamo poi alla spiaggia di Matauri Bay, dove facciamo una lunga passeggiata e riusciamo anche a raccogliere qualche conchiglia. Poi, ripresa l’auto, iniziamo un lungo giro percorrendo la strada che costeggia il mare. Ci fermiamo in un paio di spiagge tra cui Ngalere Beach. Bellissime!! Meritava davvero allungare la strada per venire fin qui, i colori dell’acqua ricordano lo smeraldo, gli scorci sono davvero suggestivi. Non a caso in estate questo è uno dei luoghi più frequentati della Nuova Zelanda, meta turistica per eccellenza, per fare una similitudine come la Sardegna per l’Italia. Quando arriviamo al motel si è già fatto buio. Ci prepariamo e andiamo a cenare (benissimo!) in un ristorante a due passi dall’albergo, l’Only Sea Food.

18 agosto. Oggi crociera, partenza prevista alle ore 9,00. Nel motel eravamo gli unici ospiti per cui non hanno avuto problemi a farci lasciare l’auto presso di loro (risolviamo così il problema parcheggio, in tutta la zona del porto c’è la possibilità di lasciare l’auto solo per brevi soste). Il tempo è stratosfericamente bello, fa quasi caldo, in barca siamo pochi e il giro è ben organizzato. Che meraviglia… Ci riempiamo gli occhi con il blu del mare e del cielo e con le bellissime isolette che incontriamo. Il buco nella roccia non è poi così piccolino, riusciamo anche a passarci attraverso con la barca. All’isola Urupukapuka è prevista una sosta, scendiamo dalla barca e camminiamo un poco per raggiungere la cima di una piccola collina e da lì ammirare un paesaggio a 360°. Il panorama è mozzafiato, possiamo davvero pensare che questo è uno dei momenti più speciali trascorsi qui in New Zealand. Rientriamo a terra verso le 13,00 e ripresa l’auto voliamo di corsa a Auckland. Proveniamo dalla direzione del mare, la prima immagine che abbiamo di Auckland è la baia con le sue vele… Incredibile, siamo anche noi qui, abbiamo raggiunto uno di quei simboli visti così tante volte in tv, e che sembravano così lontani… Sapevamo esattamente quando saremmo stati a Auckland per cui l’albergo, il New President, lo abbiamo prenotato da casa, via internet, usufruendo così di una tariffa on-line scontata, 130$ per notte. E’ in posizione strategica, proprio di fronte alla Sky Tower, e per fortuna avevamo prenotato anche il parcheggio (pagamento a parte), quando arriviamo hanno un posto auto libero, uno solo… Molliamo i bagagli in camera e dopo un bel po’ di giorni trascorsi nella natura e nel verde ci tuffiamo in una realtà urbana. A dire il vero non abbiamo molto tempo prima di cena, non vale la pena cominciare oggi a fare i turisti, per cui ci dedichiamo allo shopping all’interno del negozio degli All Blacks. Investiamo così una piccola fortuna in magliette e cappellini, d’altra parte molti dei nostri amici ci hanno chiesto di portare loro un souvenir.

Rientriamo in albergo, depositiamo pacchetti e pacchettini, ci facciamo una doccia e poi usciamo a cena. Abbiamo trovato nella Lonely Planet un ristorante che ci ispira, il Kermadec Rest, giriamo in lungo e in largo per trovarlo, ed alla fine è solo la nostra ostinazione ad essere premiata. La cena è buonissima e mi lascio tentare anche dalle ostriche.

19 agosto. Meteorologicamente parlando oggi la giornata non è delle migliori, il cielo è grigio e tira anche un discreto venticello. Praticamente attraversiamo la strada e siamo subito alla Sky Tower, giocando così d’anticipo troviamo pochissima gente. Con l’ascensore saliamo prima a 184 metri di altezza, poi con un altro fino a 220 metri. La vista sulla città è a 360° e quello che ci colpisce incredibilmente è ancora la baia punteggiata da una quantità inverosimile di imbarcazioni. Auckland, città delle vele, ed è proprio così… Alle 11,00 andiamo al porto e prendiamo il traghetto per Devonport, il quartiere dall’altra parte della baia. Ci facciamo una passeggiata tranquilla, curiosiamo qua e là fra i vari negozietti e poi facciamo pausa per il pranzo con un enorme cappuccino. Rientrati a Auckland ci dedichiamo all’ultimo shopping e davanti al negozio degli All Blacks ci facciamo decorare il viso con la ‘silver fern’. Passiamo all’albergo e alle 15,30 siamo pronti per uscire per la partita di rugby all’Eden Park. Trasporto efficientissimo, il bus che porta allo stadio (al misero costo di 2 $) ferma proprio davanti al New President e in un tempo relativamente breve veniamo depositati in uno stadio ancora semivuoto. Il posto che abbiamo riservato è un buon posto, siamo praticamente a livello del campo, così possiamo seguire al meglio la partita. Ebbene sì, c’è una certa emozione nel vivere l’Haka dal vivo… I tifosi qui sono tutti mescolati, altro che recinzioni e assetto da sommossa come da noi in Italia…Il risultato finale della partita sarà Australia 27 – All Blacks 34, Ci consideriamo parte dei vincitori? Mah, siamo decorati con la silver fern, ma povera Australia, un po’ dispiace che abbia perso… Tanto efficiente il viaggio di andata, tanto tornare è quasi un dramma… L’autobus si era dimostrato comodissimo, ma per rientrare si fa attendere per oltre un’ora, tempo che trascorriamo in fila, almeno in maniera tutto sommato ordinata. E poi nel salire negli autobus riusciamo anche a perderci di vista tra di noi, fortuna che va tutto bene e ci ritroviamo sani e salvi davanti all’albergo. Lasciate videocamera e macchina fotografica in camera usciamo per la cena e ritorniamo al Kermadec. Arriviamo che sono già le nove e mezza e aspettiamo, scrivendo, la cena… 20 agosto. Oggi lasceremo la Nuova Zelanda, e la nostra nuova meta sarà le isole Fiji. Partiamo alle 7,30 destinazione aeroporto. Riconsegniamo l’auto, con un piccolo patema visto che l’ufficio dell’agenzia auto è presso un albergo vicino all’aeroporto e l’ufficio è chiuso e non c’è nessuno. Chiediamo aiuto all’albergo e per noi cortesemente chiamano il numero verde. Il ragazzo della macchina arriva subitissimo e ci accompagna a prendere l’aereo per Nadi che è previsto alle 10,00 con Air New Zealand. La compagnia aerea è fiscale con il peso, concede al massimo 3 kg di tolleranza oltre ai 20 previsti, e le nostre valigie ne pesano 24. Che differenza fanno 24 o 23 kg? Niente, sono inflessibili e ci fanno togliere1 kg. Da ciascuna valigia. Ci pesano anche i bagagli a mano e uno dei nostri zaini supera i 7 kg ammessi. Altra operazione di svuotamento per cui con bagagli a mano e borsette riusciamo finalmente a salire sull’aereo. Ma… riflessione… Visto che comunque tutto quello che abbiamo con noi lo portiamo sull’aereo che cosa cambia nel ripartirlo in modo diverso? Che un bagaglio a mano pesi 7,5 kg invece che 7 lo rende davvero tanto pericoloso? Arriviamo con mezz’ora di ritardo a Nadi per cui ci salta il trasferimento in elicottero previsto alle 14,30. La compagnia di trasporto ci ha inviato un cortese autista che ci viene a prendere in auto e ci accompagna all’aeroporto domestic per lasciare una delle valigie (sono consentiti al massimo 30 kg. In due per viaggiare in elicottero all’isola) e in ufficio aspettiamo di partire. Simpatico, è la prima volta che prima di farmi volare pesano anche me, di solito sono solo i miei bagagli ad essere pesati… Il nuovo volo è previsto inizialmente alle 15,30 in realtà partiremo alle 15,50 per aspettare delle altre persone, a loro volta in ritardo. La nostra attesa viene premiata e anziché gli 8 minuti previsti in elicottero ne trascorriamo 40 guardando le Fiji dall’alto. Che spettacolo! Quindi prima siamo a Tokoriki a depositare le due persone che avevamo aspettato, poi andiamo da soli fino a Castaway per prendere altri due passeggeri e poi voliamo alla nostra destinazione finale, Treasure Island, il tutto dal sedile privilegiato vicino all’autista. Semplicemente grandioso… A Treasure Island arriviamo alle 16,30, ad aspettarci non c’è nessun comitato di benvenuto perché siamo soli. Il nostro bure è il numero 23 ed ha accesso diretto alla spiaggia. E’ una struttura semplice, ma è carina e pulita. Prendiamo subito contatto con il centro diving dell’isola, la prima impressione è buona e programmiamo con loro le immersioni che faremo. Da domani… mare e basta! 21-24 agosto. Mare, spiaggia, immersioni, il tutto in un ambiente tranquillo e piacevole, con gente cordiale. Bula! Ve naka! le due parole che si sentono sempre e ovunque (buongiorno/benvenuti e grazie). Il centro diving è buono, hanno attrezzatura nuova, le guide sono attente e scrupolose e i gruppi sono piccoli (solo una volta siamo in sette, più spesso siamo in tre, massimo in quattro). E i fondali… indescrivibili, … Sono dei veri giardini di corallo…Ci sono immersioni per tutti i livelli, facili e più impegnative, tutte fantastiche. E la visibilità… incredibile…

La spiaggia davanti al nostro bure è praticamente sempre deserta: i turisti sono prevalentemente australiani e giapponesi, gli australiani hanno paura di scottarsi e preferiscono riposare, i giapponesi sono sempre impegnati in qualche attività sportiva. E’ vero anche che per dedicarci alle immersioni in spiaggia ci siamo pochino anche noi, comunque in quel poco tempo siamo sempre soli. Alle 17,20 del 24 agosto è previsto il nostro trasferimento a Nadi, questa volta via mare. Arriviamo in albergo, il Tanoa International, con uno degli autobus previsti al jetty. Sono le 19,00, è ora di cena per cui mangiamo in albergo e poi sistemiamo le valigie per l’indomani. Nel preparare il bagaglio commettiamo l’errore di non tenerci fuori un cambio. 25 agosto. La sveglia suona alle 5,45, vogliamo prendere il bus che dall’albergo ci trasferisce all’aeroporto alle 7 e non alle 8 come sarebbe previsto, perché preferiamo fare tutto con calma. Subito ci rechiamo al domestic a ritirare la valigia che avevamo lasciato in deposito e poi al check-in. Da Nadi a Seoul viaggeremo con un aereo Korean Air. Nel fare il check-in specifichiamo che saremo in transito un giorno a Seoul e che quindi vogliamo riprendere i nostri bagagli, invece quando le valigie sono sul nastro per essere portate via il biglietto che le accompagna indica Venezia. Chissà…Occupiamo il tempo rimanente all’imbarco per comprare e spedire delle cartoline e poi per cambiare in monete (per la collezione di un nostro amico) i pochi soldi che abbiamo. L’aereo per Seoul è alle 10,00, partiamo con circa mezz’ora di ritardo. A Seoul i bagagli al nastro non arrivano (è ovvio, noi avevamo letto Venezia, anche se l’addetto ai bagagli a Nadi ci aveva assicurato che nel transito ce li avrebbero dati) per cui li richiediamo e in un’oretta riusciamo a recuperarli. In pochi minuti facciamo il visto e finalmente riusciamo ad uscire dall’aeroporto. Da casa avevamo prenotato via internet l’albergo Incheon Airport Hotel al costo di 95.000 won. Telefoniamo, ci vengono subito a prendere e ci portano in un hotel a circa 15 minuti dall’aeroporto, percorrendo una tangenziale a molte corsie. Questa e quella di molti pannelli pubblicitari luminosi sono le uniche immagini che conserviamo della Corea. Il mattino dopo facciamo il percorso inverso e come di consueto siamo in aeroporto con un bel po’ di anticipo. Meno male, c’è davvero un sacco di gente e al check-in ci fanno di nuovo storie per il peso delle valigie, perché il volo lo proseguiremo con un altro vettore aereo, questa volta Air France. Quindi fila al check-in, constatazione che siamo fuori peso, altra fila (ovviamente siamo in buona compagnia) per pagare il sovrapprezzo, nuova fila per il check-in, insomma aver dimenticato di tenere fuori un cambio a Nadi ci costa un’ora di tempo e ben 108 U$A per lo sforamento di quattro (!) chili. Ce l’abbiamo fatta, alla fine, estenuati, riusciamo ad imbarcarci. L’aereo è spazioso e confortevole. Fra l’altro siamo anche larghi perché abbiamo due posti vicino all’uscita di emergenza. Il viaggio trascorre tutto sommato velocemente, ogni posto a sedere ha lo schermo per i video e i giochini. In fatto di cibo però forse solo Alitalia compete negativamente con Air France. Terribile!! Quando avevamo avuto il piano voli da Nouvelle Zélande Voyages eravamo rimasti un po’ perplessi per lo scalo a Seoul della durata di una notte perché indubbiamente è una seccatura uscire dall’aeroporto. Invece si è dimostrata una buona cosa, spezzare il viaggio per farsi una doccia e sdraiarsi per qualche ora aiuta a sopportare meglio le lunghe ore in aereo, soprattutto quando si tratta del viaggio di ritorno. Sostiamo al CDG a Parigi, li ci aspetta un nuovo volo alle 18,00 e poi finalmente alle 20,00 del 26 agosto, è il caso di dirlo, atterriamo a Venezia.

Che dire della nostra vacanza? E’ stata davvero bellissima… Per tanto tempo ci siamo fatti condizionare dalla paura di affrontare una simile meta in inverno, dispiaciuti del fatto di non poter apprezzare appieno la bellezza del paese con la stagione più mite. La premessa è che noi che non amiamo molto il caldo, ma davvero non abbiamo alcun rimpianto per quello che avrebbe potuto essere il nostro viaggio (anche se lo scenic flight…). I giudizi sono ovviamente sempre personali, ma in modo particolare ci siamo innamorati dell’isola del sud, scenograficamente splendida, con montagne altissime che quasi terminano sul mare. Il vantaggio della stagione è quello di viaggiare quasi in completa solitudine, soprattutto nell’isola sud, e la natura soltanto ha accompagnato le nostre giornate. Ovunque il paesaggio era punteggiato da pecore, migliaia di macchioline bianche a stagliarsi nel verde, e questo attribuiva al tutto un incredibile aspetto di serenità ed armonia.

Ma quando abbiamo desiderato rituffarci in realtà urbana eccoci a Auckland, dove risiedono molti degli abitanti della Nuova Zelanda. La città è vivibilissima, come d’altronde le poche altre degne di essere chiamate città. E’ proprio vero, è tutto relativo, abbiamo trovato segnati sulla cartina geografica, e in maniera abbastanza evidente, paesi piccolissimi e con poche decine di abitanti, in Italia paesi di simili dimensioni non sarebbero davvero contemplati. Ma al contrario che da noi qui anche nel più piccolo dei paesi c’è un motel o comunque la possibilità di trovare alloggio. A questo proposito un dispiacere che abbiamo è quello di non aver potuto provare l’ospitalità di una delle innumerevoli fattorie, ci sarebbe piaciuto molto, ma per gustare l’esperienza sarebbero stati necessari più giorni di quelli che avevamo a disposizione. Per avere comunque un catalogo delle offerte disponibili è sufficiente inviare una richiesta a New Zealand Farm Holiday (www.Nzaccom.Co.Nz) e in pochi giorni e gratuitamente viene recapitato a casa un libriccino che riepiloga le varie sistemazioni. In ogni caso, vista la stagione, non sarebbe stato necessario prenotare nulla, se non forse Auckland dato il concomitante torneo Tre nazioni di rugby. Abbiamo trovato ovunque disponibilità di alloggio e molto spesso siamo stati gli unici ospiti delle strutture.

Un’abitudine molto diffusa nei motel e che abbiamo trovato simpatica è quella di consegnare con la chiave della camera una confezione di latte fresco, ed è decisamente gradevole non doversi preoccupare di cercarlo per la colazione del giorno successivo. Alla fine il nostro rammarico più grande è quello di avere avuto troppo poco tempo, molto meno di quanto avremmo voluto trascorrerne lì. Abbiamo visto bene alcune cose, altre un po’ più di corsa, altre abbiamo dovute necessariamente saltarle. E come sempre ci diciamo in questi casi: sarà per la prossima volta…



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