New York – New York 3
Day 1 – 15 ottobre 2009 Alle 8.25, orario comodo, prendiamo il pullman che ci porterà direttamente a Roma/Fiumicino. Piove e fa freddino…tanto meglio viaggio bagnato viaggio fortunato, ci consoliamo così. Dopo 3 ore e mezza arriviamo al terminal C dell’aeroporto dove, dopo le operazioni del caso, ci imbarchiamo sull’aereo Alitalia, un Boeing 777-200 molto adatto per queste trasvolate intercontinentali. Essendo in classe economica non si sta molto comodi, lo spazio è ridotto al minimo e siamo in una fila di 3 posti affiancati. Vicino a noi, al terzo posto, c’è un americano di ritorno negli USA, piuttosto grassoccio e faccia da yankee, di quelli che guardano la partita di baseball in TV con una birra in mano e l’amburger nell’altra per intenderci. Dunque dicevamo il viaggio è una vera tortura, non si sa più come mettere le gambe e di dormire un po’ non c’è verso. In più lo schermo posto sullo schienale del sedile di fronte al proprio è rotto per cui niente filmettino da vedere per passare il tempo. Pazienza. Comunque il personale è gentile mentre il pranzo e la merenda si sono rivelati una vera schifezza. L’americano manco a dirlo s’è divorato tutto in 5 minuti, beato lui. Ad ogni modo il volo è filato via tranquillo e dopo 9 ore e venti minuti e un atterraggio perfetto eccoci sul suolo americano, ore 18 ora locale, per cui è buio e non si vede niente.WOW! è comunque un’emozione. Ritiro bagagli pressochè istantaneo e via verso la dogana per l’ingresso negli States. I controlli sono molto rigidi, cioè ti prendono le impronte digitali delle 2 mani, ti fanno la foto e ti chiedono perchè sei li, per quanto tempo e dove alloggerai. Insomma dopo l’11 settembre famoso questi hanno una fottuta paura!! Fuori dall’aeroporto, il JFK per precisare, fa un freddo della miseria, ci sono 6 gradi ma non piove o almeno ha smesso da poco. Per essere ottobre sembra di essere a gennaio da noi. Ma siamo qui per divertirci e il divertimento in effetti inizia subito perchè il tassista che ci ha caricati su uno di quei taxi gialli, tanto amati dal pubblico cinematografico, si rivela piuttosto nervoso alla guida del taxi stesso, buttandosi nel traffico caotico come se la strada fosse solo la sua e rischiando un paio di tamponamenti, non si sa come evitati. Dico…come ve lo immaginate un tassista di New York? Beh, quello è come io me lo immaginavo. Un tipo di colore grande e grosso che non solo guida il taxi ma allo stesso tempo parla al telefonino e soprattutto mangia il suo hamburger, le patatine e le sue belle coscette di pollo arrosolato, bevendo di tanto in tanto la Coca Cola! All’improvviso mi è sembrato di essere sul set di qualche film americano, sapete…uno di quelli dove dove un tale sale sul taxi e urla al tassista: segui quella macchina a tutta velocità! Va beh, comunque riusciamo ad arrivare all’albergo e ce la caviamo con la modica somma di 55 dollari, mancia inclusa. Il nostro hotel è il Marriot East Side, situato nella Midtown east di Manhattan, una buona posizione sulla Lexington all’incrocio con la 49th street. Tanto per dire. Facchino per i bagagli, e 1 dollaro di mancia, facchino per portare i bagagli in camera e altro dollaro di mancia…impariamo presto che qui la mancia è un’istituzione da cui non ci si può esimere. Ad ogni modo la camera è bella e spaziosa e per dormirci il cartello dietro la porta indica che ci vogliono ben 1.200 dollaroni a notte!!! Fortunatamente noi abbiamo prenotato con 3 mesi di anticipo e per 7 notti abbiamo speso solo 2.000 dollari (circa 1.400 euro). Dopo la doccia, senza disfare le valigie, usciamo per le strade di NY. Continua a far freddo e comincia a piovere, ma vuoi mettere la pioggia di New York? ha tutto un altro fascino… Passeggiamo un pochino prima di andare a cena, dove? e chi lo sa, ci sono una quantità di locali, luci sfavillanti, le strade bagnate, i taxi che corrono, i grattacieli, insomma…New York. Alla fine decidiamo per un ristorante non molto lontano da noi, sempre sulla Lexington Ave, Le Relais de Venise, dove prima di capire quello che c’è scritto sul menu passa un quarto d’ora. La cameriera ci parla come se fossimo dei parenti, ma non è che si capisce molto e bene o male riusciamo ad ordinare alla fine carne arrosto e insalata per farla breve, con certi condimenti indefinibili. Comunque una buona cena per essere all’inizio. Al momento di pagare ecco il primo incidente diplomatico, in quanto cosi come si fa da noi uno paga l’importo riportato sullo scontrino e se ne va. Grave errore qui negli States. Qui ci vuole la mancia che, badate bene non è facoltativa ma obbligatoria. Tant’è che la cameriera mi rincorre per farsela dare, la mancia, in genere un 18% del conto totale. E visto che non mi potevo sottrarre gliela ho data. E va bene, paese che vai usanza che trovi. Ma poi mi sono informato e pare che qui i camerieri sono pagati molto poco per cui le mance servono ad arrotondare lo stipendio. T’è capì! Questo non vale per i fast food e i bar ma per tutto il resto si. Comunque dopo cena non piove più e quindi ci facciamo un’altra passeggiatina per vedere dove ci troviamo. Visitiamo anche qualche negozio aperto, tipo quei drugstore aperti 24h al di dove si trova di tutto in tipico stile americano. Ma è ora di andare a dormire, domani sarà una lunga giornata.
Day 2 – 16 ottobre 2009 Ore 5,15…sveglia! non che ci volessimo alzare a quell’ora ma qualcosa ci voleva buttare giù dal letto, tra l’altro discretamente comodo. Riusciamo ad arrivare alle 7,30 circa poi…caffè americano, quello lunghissimo dentro a quei bicchieri di carta per capirci, che trovi dappertutto e quindi anche in camera. Riesco a berlo addirittura amaro, come vuole la tradizione yankee e devo dire che mi piace molto. Bene. Dopo una rapida doccetta via in strada a scoprire il mondo nuovo, manco fossi Cristoforo Colombo! Il tempo è brutto, fa freddo ma non piove e questo non è poco. Ora, la prima cosa che salta agli occhi, è la moltitudine di yellow cabs, si i taxi gialli per capirci, che invadono le avenue e le streets come un fiume giallo . I tassisti sono i veri padroni delle strade, corrono molto e strombazzano al minimo intoppo. Il traffico è piuttosto frenetico e di auto private se ne vedono ben poche e nessuna italiana, al massimo BMW e Mercedes. Per prima cosa facciamo colazione, viste le nostre usanze europee, e andiamo alla ricerca di un locale o bar adatto allo scopo. A piedi, in mezzo ad una quantità incredibile di persone, ci muoviamo veloci sul largo marciapiede presi dal vortice pedonale. Qui bisogna dire che tutti camminano velocemente e nessuno ti viene addosso, come se sapessero sempre dove andare, senza esitazione. E’ difficile vedere qualcuno che passeggia a meno che non sia un turista, ovviamente. Un’altra cosa che balza agli occhi è la multietnicità, tantissime persone di tutte le razze, e soprattutto di colore. Colore, caro leghista dei miei… che non fa gridare all’uomo nero come succede spesso nel nostro Bel Paese, che sarà pure bello ma che ha una mentalità troppo ristretta per essere un paese civile! Comunque si parlava di colazione ed eccoci a Fresh & Co. un localino con ordinazioni al banco e tavolini per consumare. Di norma qui le persone prendono e portano via, ma noi siamo comodi e siamo in vacanza, per cui… Eccoli qua i famosi Muffin, al cioccolato, al limone, alla mela e i blueberry, ai frutti di bosco per intenderci, quelli più diffusi. Ce ne prendiamo tre assieme a due enormi tazze di caffè. Ecco sul caffè bisogna spendere due paroline in più per specificare che te lo servono ad una temperatura di, non so, 200 gradi? bollentissimo in quei bicchieri di carta con il loro coperchietto di plastica. Chiunque se lo porta per strada e se lo sorseggia mentre cammina o guida la macchina o è fermo al semaforo. E’ la principale occupazione del newyorchese si direbbe. Quello che non manca in questo paese sono i caffè. Ce ne sono di molti tipi come Starbucks, una catena internazionale che va per la maggiore. Dentro ci trovi di tutto, da bere caldo o freddo, cibi salati e dolci, insomma puoi scegliere quello che più ti piace, a prezzi modici per lo standard di New York. Ma è tempo di muoversi verso il nostro primo obiettivo e cioè il mitico Museum of Modern Art cioè MoMA che per solo 20 dollari, si fa per dire, e dopo 15 minuti di fila all’ingresso apre le sue braccia al turista viaggiatore assetato di cultura per nutrirlo con amore… Il museo è bello ed originale. Ospita di norma opere, si parla di 100.000!, dei principali movimenti artistici del 900 e di arte contemporanea, nomi importanti tipo Picasso, Matisse, Pollock, Duchamp e via dicendo. Che dire…una bella visita ma, come tutte le visite al museo, dopo tre ore siamo cotti, e dopo aver acquistato qualche gadget allo store del museo ce ne usciamo all’aria fresca, ma non dimentichiamo, anche piena di smog della Grande Mela. E’ sempre freddo ma continua a non piovere. Per il pranzo ci accomodiamo in un localino niente male Le Pain Quotidien e ci mangiamo due cosette che all’atto dell’ordine pensavamo fossero tutt’altro, tipo insalata mista e torta rustica per un totale di 29 dollari + 2 di mancia. Va beh, quando non si capisce molto la lingua che si pretende? Comunque visto che a due isolati da li c’è il Rockfeller Center e la Cattedrale di San Patrick, tra la 5a e la 6a avenue, decidiamo di vederle entrambe, perchè altrimenti che avremmo fatto a fare 7.500 chilometri per venire fino a qui? Dunque Rockfeller Center è molto bellino, sventolio di bandiere americane a non finire e c’è anche il famoso rettangolo ghiacciato dove si può pattinare cosa che di fatto molti fanno. Qui a Natale è molto bello con il gigantesco albero di natale illuminato. Ci sono anche gli studi televisivi della NBC e vari negozi e ristoranti. Insomma tutto molto ben confezionato come piace agli americani. Tra l’altro mi occorre notare che qui l’organizzazione è impeccabile, tutto è scritto, indicato. Anche le persone sono sempre gentili e si respira una certa aria di…cose che funzionano benchè sia una metropoli. E’ pur vero che siamo a Mahnattan, che è il centro di New York per cui niente viene lasciato al caso, per esempio le strade sono molto pulite seppur frequentatissime. La Cattedrale con le sue guglie di 100 metri è un vero capolavoro dell’arte neogotica. Immancabile la perquisizione all’ingresso di zaini e borse. Facciamo una breve visita d’obbligo e comunque l’interno è davvero imponente. A questo punto le nostre schiene sono in totale disfacimento e le gambe non vogliono più andare avanti. Piccola sosta ristoratrice per decidere il da farsi e visto che siamo in ballo..balliamo. Ce ne andiamo belli belli a Times Square che a piedi è relativamente lontana, tra la Broadway e la 6a Ave. Ecco, qui c’è tutta la potenza economica/consumistca americana che fa bella mostra di sè. Schermi giganti pieni di neon e pubblicità, bandiere americane a profusione, negozi di marca a non finire, una folla di persone che vagano all’unisono verso dove…lo sanno solo loro. Si rimane incantati a vedere questo marasma generale tra i grattacieli illuminati e i mitici teatri di Broadway. This is New York baby! Riguardo alle bandiere si nota come gli americani siano nazionalisti all’ennesima potenza. Dovunque ci sia un qualcosa di importante c’è sempre una o più bandiere a sottolinearlo. Sono fatti cosi! E riflettendo su come siamo diversi noi da loro, ce ne torniamo in albergo, distrutti ma felici. Potrebbe finire qui ma invece c’è ancora la cena che comporta due domande fondamentali e cioè 1-dove andiamo e 2-che cosa mangiamo. I tutto aggravato dalla lingua che certo non favorisce la comprensione del menu. Ma siccome siamo due personcine a modo e di mondo eccoci che ci dirigiamo con passo sicuro verso quel ristorante che avevamo notato questa mattina, no? E li andiamo, il Friday’s al 677 della Lexington Ave non molto lontano dall’albergo. Cucina american style del tipo carne arrosto e patatine + birra o vino a seconda dei gusti. Locale simpatico con gente rumorosa e immancabile partita di baseball in TV della squadra locale, i mitici New York Yankees! Ce la caviamo con 58 dollari mancia inclusa per una buona cena e via a nanna dopo passeggiatina di rito tanto per distruggere quello che rimaneva ancora intero delle gambe. Ma si sa che il turista deve soffrire per divertirsi. Qua si lavora mica siamo in vacanza! Davanti all’albergo una limousine bianca deposita una distinta coppia attempata, probabilmente di ritorno da un teatro di Broadway. Noi ci vediamo domani.
Day 3 – 17 ottobre 2009 Quando si dice avere costanza…anche stamattina sveglia, naturale, alle 5,15! Sarà sto’ fuso orario, mah…comunque solita procedura e via andare, siamo in strada per le 9 e dopo la colazione, stessa di ieri, affrontiamo il freddo ma non la pioggia che anche per oggi non scende e quindi ci evita di dover cantare, come faceva Gene Kelly nel famoso film del ’52. Oggi ce ne andiamo per la lussuosa 5th Avenue, non so se mi spiego, una scintillante via piena di negozi esclusivi con le più grandi firme della moda e non solo. Nell’ordine visitiamo il la Trump World Tower, un mega grattacielo residenziale extra-lusso, di 202 metri, che ha, tra i proprietari degli appartamenti, personaggi quali Bill Gates, Sofia Loren, Madonna, Valentino Rossi e Elthon Jhon, etc. e Donald Trump, il miliardario che ne è proprietario e che occupa gli ultimi tre piani della torre. La parte aperta al pubblico è sfacciatamente lussuosa e c’è persino una cascata d’acqua, di cui se ne ignora l’utilità. Comunque dopo una breve visita alla zona che ci è permesso visitare ci immergiamo nel palazzo della Nike. Qui le grandi case non hanno negozietti ma palazzi interi, mica scherzano! Gira e rigira non riusciamo ad acquistare neanche un paio di scarpe per cui proseguiamo il nostro pellegrinaggio e giungiamo al 727 della 5th Ave che detto così non dice molto ma…in certi giorni…la mattina presto…ci hanno assicurato che una figura esile, vestita di nero si aggira nelle vicinanze del 727. Chi è? ma chi potrebbe essere se non la mitica Haudrey, e dove siamo se non davanti a Tiffany signori miei! Proprio Tiffany che con i suoi 6 piani fa sognare le donne di tutto il mondo. Ci facciamo un giro d’obbligo e notiamo che, a dispetto della famosa crisi, ci sono molti clienti. Purtroppo però, non trovando nulla alla nostra altezza e di nostro gusto, decidiamo di uscire, con una punta di rammarico. Sarà per un’altra volta mia cara. Prossima tappa il negozio sotterraneo della Apple per i patiti, come me, della tecnologia della mela morsicata. Il negozio è pieno di gente e alle casse c’è la fila! Dopo aver acquistato un accessorio esclusivo per il mio iPhone, che si vende solo qui a NY, usciamo all’aria aperta anche perché sarebbe ora di mangiare qualcosetta, dico io. La qualcosetta si traduce in un paio di panini e caffè americano al Cafe Europa situato sulla Broadway non molto distante da dove eravamo prima. Una meritata sosta per riprenderci dalle fatiche dello shopping, che è a mio parere una delle peggiori torture dell’era moderna. Tant’è che non soddisfatti, usciti dal Caffè pensiamo bene di entrare in un negozio di abbligliamento molto in voga qui a NY che si chiama GAP. Prova e riprova riusciamo a spendere circa 200 dollari portandoci a casa però un bel po’ di roba e, cosa grave, ce la dobbiamo portare anche in giro per la città. Verso il tardo pomeriggio poi dopo aver camminato per chilometri e chilometri, (a proposito, se venite a NY lasciate perdere le scarpette da ballo, venite con le scarpe per la maratona e non ve ne pentirete!), l’occhio cade su un negozietto molto sprint che vende T-shirt dal marchio Bubba Gump! Vi ricordate il film Forrest Gump, con Tom Hanks, che nel film aveva fondato la società Bubba Gump partendo dai gamberetti….beh quella era una storia vera e il negozio era lì, vero, con il marchio Bubba in bella mostra di sè. Per cui, che fai, non ti vuoi comprare un paio di magliette da sfoggiare la prossima estate? Detto fatto. E così carichi come muli su una strada di montagna ce ne torniamo in albergo per una doccia ristoratrice. Fa sempre freddo ma chi se frega! Verso le 20,30 siamo di nuovo in strada. A proposito di strada….una cosa che non si può fare a meno di notare in questa rutilante metropoli è il sistema adottato per indicare le vie che risulta talmente semplice che già dopo un giorno sembra di essere vissuti sempre qui. Invece che da noi qui non ci sono i nomi ma solo Avenue, le vie più larghe e longitudinali di Manhattan, e le Streets, le vie comunque ampie e trasversali alle Avenues. E sono tutte numerate così che trovare un posto è una questione semplicissima, come individuare una barchetta nella battaglia navale, un sistema di coordinate. A new York non ci si può mai perdere ne sbagliare via. Ecco…quando parlavo dell’organizzazione americana! Bene, e dopo questa riflessione, eccoci al Morrel Wine Bar Cafè, al Rockfeller Center per un aperitivo pre cena. Un buon bicchiere di vino californiano, che però ci viene servito senza nessun stuzzichino di accompagno. Ecco una cosa a cui Mister Obama dovrà porre rimedio, dico io. Per cena decidiamo di andare al Sofrito un chiassoso ristorante portoricano, ma l’attesa è di 45 minuti. Optiamo allora per il Mama Mia, un ristorante messicano, a pochi isolati di distanza, ma anche qui c’è da aspettare mezz’ora. Dall’altro lato della strada, hai visto?, c’è un ristorante indiano, il Bukhara Grill,e ce ne andiamo lì dove, per mangiare del pollo fatto con certe salsette, del riso, vino e birra spendiamo circa 83 dollari, un pò caro, circa 60 euro al cambio attuale. Però il cibo era buono e almeno ci siamo tolti lo sfizio di mangiare indiano. Di sicuro se si vuole provare la cucina di tutti i paesi in questa città trovi di tutto e a tutti prezzi. Anche per oggi abbiamo dato e confidiamo nel bel tempo di domani come mi sembra di aver capito dalle notizie meteo della TV. Già perchè abbiamo anche la TV, e come potrebbe essere diversamente, un bel 32 pollici che trasmette programmi peggiori dei nostri, che già sono una schifezza di loro, e un sacco di sport, baseball e football in testa. Sono americani ma mica tanto diversi da noi che credete. A domani.
Day 4 – 18 ottobre 2009 Questa mattina niente sveglia alle 5,15, e che cavolo! Abbiamo fatto di meglio e cioè occhi sbarrati alle 4,45!! Insomma…non riusciamo ad abituarci. Proviamo almeno a riaddormentarci ma non è proprio un vero dormire. Ad ogni modo verso le 9, dopo il caffè accompagnato da alcuni biscotti presi la sera prima in un drugstore, e dopo una doccia, ci dirigiamo verso Rockfeller Center dove c’è un bel localino per fare colazione, Dean e De Luca. Muffins e caffè americano con un po’ di latte, questa volta. Io mi prendo anche un cornetto che trasuda burro ma che è molto goloso. Come me del resto. Bene. Dopo la colazione decidiamo di andarcene per musei dal momento che, a differenza di quanto predetto dal meteo, piove abbastanza forte. Poco male, non sarà la pioggia a fermarci e come dico io, non può piovere per sempre (ma in realtà questa è una frase tratta dal film Il Corvo). Scegliamo di andare al Guggenheim Museum, nell’upper east side di Manhattan. Piuttosto lontano perché bisogna arrivare fino al 1071 della 5th Ave. all’angolo con la 89th street, per cui decidiamo di prendere la metro. Dopo aver fatto i biglietti, ma è meglio fare la Metrocard che ti fa risparmiare, aspettiamo il nostro treno per non più di tre minuti. Si parte. La metro di NY è molto semplice da usare e le indicazioni sono molto chiare, bisogna solo far attenzione al verso dei treni, se verso l’upper town o downtown, cioè la parte a nord o a sud di Manhattan. Le stazioni sono pulite e i treni non sono più coperti di graffiti, come si vedeva in alcuni film. La cura del sindaco Giuliani, quella di dare una ripulita radicale alla città, ha dato i suoi frutti. Nel vagone della metro c’è un bel po’ di gente e ognuno pensa ai fatti suoi. C’è chi legge, chi si beve il caffè nell’immancabile bicchiere di carta, chi guarda nel vuoto, chi ascolta la musica. Nessuno sorride. In metro, e girando per la città, una delle cose più evidenti è vedere un gran quantità di persone con l’orecchio attaccato al cellulare. Ma ancor di più ci sono persone che ascoltano l’iPod. Tutti con queste cuffiette, quasi a volersi isolare da ciò che li circonda. In effetti l’impressione che si ha guardando la gente e questi luoghi è quella di una grande libertà nell’esprimere se stessi ma anche di una profonda solitudine dell’individuo, immerso in una società dominata poco dai sentimenti e moltissimo dal Dio denaro. Ma ecco la nostra fermata. Fuori piove ancora anche se molto meno. Un paio di isolati a piedi, tanto per non perdere l’allenamento e…dove sarà sto’ museo? e che ci fa tutta quella gente in fila sotto la pioggia? Ah, ecco il Guggenheim! La coda per entrare è piuttosto lunghetta, dunque, ed è composta da diverse tipologie di persone, molti giovani ma anche tantissime persone anziane, in gruppo o da sole, e da genitori con i bimbi piccoli al seguito. Tutti in fila ordinata, senza lagne. Se la cultura è per tutti questa ne è la dimostrazione. Mi viene da pensare al diverso approccio che ha la gente da noi nel visitare i musei o le mostre in genere. Siamo piuttosto arretrati. L’ingresso è di 12 dollari, 8 in meno che al MoMA, e, dopo aver deposto giacche borse e ombrello, ci immergiamo nella cultura. Questo museo è un po’ meno imponente degli altri di Manhattan ma è molto bello e comunque ricco di opere importanti. E’ di forma circolare e ha le pareti ricurve che discendono a spirale. Spesso ospita mostre prestigiose da tutto il mondo ma in questo periodo c’è un solo autore in esposizione e cioè il pittore russo Kandinsky. Non è il nostro preferito ma la mostra è interessante e ce la vediamo tutta, con caffè finale al bar del museo per un meritato ristoro. Niente mi distrugge come visitare i musei in poco tempo! Fuori ha smesso di piovere e questa è una buona cosa. Ci ributtiamo nelle viscere tumultuose della Grande Mela per prendere il treno fino alla fermata della 33th street, più o meno vicino al grattacielo dell’Empire State Building, nostra tappa futura. E’ ora di assaggiare qualcosa di veramente americano, non credi cara? per cui, in un locale tra un bar e un ristorantino mi ordino uova strapazzate, bacon, 4 fette di pane imburrato e caffè lungo. Più americano di così! Un pasto per niente salutare ma moooolto buono. M. non la pensa proprio così e si accontenta di una insalatona mista. Ad ogni modo, recuperate le forze, con passo certo ci dirigiamo verso il prossimo obiettivo e cioè Macy’s, i grandi magazzini più vasti del pianeta. A prezzi accessibili, su sette piani enormi, serviti da scale mobili, alcune ancora in legno, qui troverete di tutto dagli articoli e biancheria per la casa, alla profumeria, all’abbigliamento e calzature, etc. Non potendo visitare accuratamente ogni piano, facciamo un giro veloce che si traduce comunque in due ore di tempo speso a camminare tra i vari reparti senza aver visto molto. Macy’s è un’istituzione a NY e possiamo dire di esserci stati. Felici di questa conquista, a noi basta poco per esserlo, ce ne torniamo in albergo a piedi perché…ma si, ci facciamo due passi, che ci vorrà… Ecco una cosa da evitare a NY…credere di trovarsi a percorrere le nostre strade. Qui, lo ripeto, tutto è più grande, a volte enorme, per cui i nostri due passi diventano cento. Ma siccome noi siamo per l’autolesionismo spinto ecco che ci troviamo a percorrere ben 20 isolati a piedi per tornare in albergo, dove alla fine arriviamo distrutti. Ma alle 20,30 siamo di nuovo fuori e con la metro arriviamo ad Union Square, un piccolo parco brulicante e trafficato un tempo teatro di scontri sociali e luogo di ritrovo per i tossicodipendenti. Oggi ospita un bellissimo mercato ortofrutticolo e diverse statue tra cui quella di George Washington e di Gandhi. E’ spesso usato dalla comunità locale per veglie, feste e dimostrazioni. Prima di cena ci concediamo un aperitivo da Tarallucci e Vino, un locale italiano molto “ricercato” sulla 18th street. Poi per la cena ci siamo semplicemente spostati nel locale affianco, Rosa Mexicana, per gustare la cucina messicana, appunto. Il locale è molto bellino, colorato e rumoroso. Il cibo messicano è veramente gustoso e piccantissimo, come vuole la tradizione, ma veramente ottimo. Ce la caviamo con 76 dollari mancia inclusa. A questo punto secondo la teoria di…facciamo due passi per digerire?…ce ne torniamo in albergo a piedi senza pensare che dalla 18th street fino alla 49th ci sono 30 isolati!! Ci mettiamo 45 minuti a passo svelto, niente male direi, considerando quanto avevamo camminato durante tutto il giorno. Due piccole note: la prima sul traffico che anche a notte tarda è rumoroso e caotico, sempre per merito dei taxi, naturalmente. La seconda sul fatto che di notte, guardando il cielo di NY, questo non appare mai completamente scuro ma ha un colore grigiastro forse per merito delle tante luci dei grattacieli. E anche oggi se n’è andato e non ci rimane che riposarci, sperando di non svegliarci all’alba. Domani andremo a visitare la parte sud di Manhattan, per intenderci Little Italy e Chinatown. A domani.
Day 5 – 19 ottobre 2009 Come promesso questa mattina ci spingeremo a sud, per visitare due zone storiche di NY, Little Italy e Chinatown. Siamo usciti di buon ora e con la metro raggiungiamo la nostra meta. Appena arrivati si nota subito qualcosa che non va e cioè: Little Italy dov’è? in pratica non esiste più, estendendosi lungo non più di tre-quattro streets! e lungo queste vie non ci sono altro che ristoranti e bar piuttosto dozzinali e folcloristici tipo Bella Napoli o Da Nando…sembra quasi di trovarsi lungo le vie di Roma o Venezia, piene di ristoranti tipici per turisti di passaggio. Molto deludente!! Del resto il più caotico e vivace quartiere cinese si è espanso senza limiti eclissando di fatti la storica presenza degli italiani. Per riprenderci dalla delusione pensiamo di fare colazione in un locale italiano il Caffè Ferrara, credendo di rifarci con un vero cappuccino e una bella brioche. Errore madornale dal momento che il locale è piuttosto asettico, il servizio scadente e di italiano ha ben poco, con dei prezzi molto alti. Va beh, ogni tanto qualche sbaglio si può fare e riflettendo su questo attraversiamo qualche strada di Chinatown, visto che era in programma. Ma questa zona di NY è una vera schifezza, molto diversa dalla più patinata Midtown. Piena di cinesi e con strade molto sporche non sembra nemmeno di essere a Manhattan. Per esempio i taxi gialli sono quasi assenti e non si vedono grattacieli. Tutti i locali hanno scritte cinesi più o meno appariscenti e la sensazione generale è quella di trovarsi in una zona periferica e mal conservata. Insomma niente di caratteristico e simpatico, a mio parere, per cui lasciamo in fretta il quartiere per dirigerci invece nella vicina Soho, come ci indica la fedele guida, la Lonely Planet, secondo me la migliore per viaggiare. Un’altra peculiarità di NY è che, semplicemente attraversando la strada, cambia lo scenario in maniera radicale. In quest’angolo di Manhattan c’è un concentrato di locali trendy , condomini da milioni di dollari e negozi di lusso. Gli edifici sono molto caratteristici, imponenti facciate derivate dalle costruzioni industriali del passato ed ora eleganti abitazioni. Girando per il quartiere si notano molti negozi per artisti e per l’arredamento, con esclusivi e costosi oggetti di design. Il quartiere induce ad una certa rilassatezza favorita dalla temperatura mite e da un bel sole, che per la prima volta da quando siamo qui, ha fatto la sua comparsa. Insomma un bellissimo e tranquillo quartiere, tipico di quella NY spesso ammirata nei film, senza frenesia e rumori eccessivi. A questo punto il girovagare ci porta sulla Broadway, che, finora non l’avevo detto, è un riferimento importante per tutta NY e per il turista, dal momento che la attraversa da nord a sud in tutta la sua lunghezza. Dunque proseguendo per la Broadway, direzione sud,ce ne andiamo a visitare quel che resta del World Trade Center, dove sono cadute le 2 torri, per intenderci. Per fare questo attraversiamo la zona dell’alta finanza newyorkese. Grattacieli di vetro, brulichio di gente, banche…insomma la NY che conta, dove si decidono le economie mondiali. Giungiamo così al luogo del disastro dell’11 settembre, ora chiamato Ground Zero. E’ un’area recintata molto vasta che fa immaginare un enorme buco tra i grattacieli che la circondano. Piuttosto desolante. Mentre è impressionante, trovarsi qui, proprio in questo luogo, pensando a quello che è successo e che tutti abbiamo visto in TV. Guardo in alto ed immagino i due grattacieli che cadono…mi rendo conto della tragedia e posso capire, essendo qui, ora, la violenta reazione americana di allora. Rimaniamo un po’ seduti al sole caldo a riflettere sulle disgrazie umane, per poi avviarci verso un meritato pranzo. Seguendo l’usanza americana entriamo in uno di quei locali, nè bar nè ristoranti, con cibo cotto a self-service, che ti metti nella comoda vaschetta e ti mangi seduto sulla panchina o nel locale stesso. Una bella usanza, mi pare, perché il cibo è buono, piuttosto vario e i prezzi modici. Per la cronaca ci prendiamo due abbondanti porzioni di riso con pollo e curry, insalata e birretta. Ok! In pratica siamo arrivati alla punta di Manhattan e la percorriamo da ovest a est in modo da giungere all’east river dove si trovano il ponte di Manhattan e il ben più famoso ponte di Brooklyn, quello visto in tanti film e quello della gomma da masticare…ve lo ricordate voi di una certa età? E’ il posto giusto per qualche foto di rito, prima di sederci sui gradoni di legno per goderci un bellissimo sole caldo. Sull’acqua scivolano i battelli che portano in giro i turisti e in cielo sfrecciano gli elicotteri per il giro panoramico sulla metropoli. Molta gente, come noi, se ne sta li in faccia al sole ottobrino, pigramente, sorseggiando un caffè o una birra fresca. Sull’altra sponda si vedono gli edifici di Brooklyn e di Dumbo, un quartiere sul lungomare, pieno di vecchi magazzini e fabbriche occupate negli anni 80 da molti artisti che , oggi, ne hanno fatto una zona molto vitale per l’arte d’avanguardia. L’intenzione nostra era quella di andare a visitare proprio Dumbo, ma l’ora è tarda e abbiamo parecchia strada da fare per tornare in hotel. Questo però non ci vieta di fermarci di li a poco in un delizioso negozietto di cioccolato, Godiva per la precisione, dove acquistiamo, e mangiamo subito, qualche cioccolatino. Una vera esperienza di piacere… Contenti per la bella giornata, e per i ciccolatini, torniamo alla base che lasciamo dopo un’oretta e mezza per andare a cena. Questa sera si è deciso di provare una Steak House, tipico locale americano di carne alla griglia. Trovando una invitante pubblicità in camera, pensiamo bene di andare alla Uncle Jack’s Steak House che però si trova sulla 9a Avenue…un bel po’ distante, non ti pare? Ma siccome siamo allenati eccoci pronti a sgambettare e alla fine, quando sembrava di non farcela più, arriviamo davanti al locale dove ci rendiamo conto di aver fatto tanta strada per nulla. Il locale è sicuramente bello, un po’ troppo “in” per i nostri gusti e dai prezzi decisamente sopra la media. Tornando indietro notiamo un locale tipo messicano ma non ci convince…gente difficile noi, che credete, ma così facendo si è fatto tardi e la fame aumenta assieme ad un certo nervosismo per cui…come accade spesso in questi casi, si finisce per prendere la classica “sola”. Infatti ci buttiamo in una specie di rosticceria paninoteca dove, dopo 15 minuti di consultazione, alla fine ordiniamo il meno peggio e cioè hamburger, patatine e birra. Alè!! Così impariamo a fare gli schizzinosi. E ripensando alla nostra misera condizione di turisti insoddisfatti, torniamo in albergo per il meritato riposo. Domani è un altro giorno.
Day 6 – 20 ottobre 2009 Anche oggi c’è un bel sole e una temperatura mite. Dopo la solita colazione ci dirigiamo verso quella che è un’altra tappa d’obbligo per noi turisti insaziabili. All’incrocio tra la 5a Ave e la 34th strada c’è un signor grattacielo…uno dei simboli di NY…l’Empire State Building. Ci mettiamo in coda per visitarlo o meglio per giungere all’86mo piano, dove c’è una piattaforma panoramica piuttosto interessante. Dopo i soliti controlli, ma questa volta ancora più scrupolosi da parte del personale, prendiamo l’ascensore che ci porta all’80mo piano esattamente in 1 minuto e senza un rumore! Gli ultimi sei piani ce li facciamo a piedi lungo le scale. E siamo in cima a New York! La terrazza gira a 360 gradi e si può vedere tutta la città dall’alto. Uno spettacolo bellissimo anche se tira un’arietta freddina, considerando l’altezza. La vista è veramente mozzafiato e dall’alto i grattacieli di Manhattan sembrano essere attaccati l’uno all’altro molto più di quanto si noti a terra. In lontananza si vede la Statua della Libertà, il rettangolo verde di Central Park, il grattacielo della Chrysler, altro pezzo da 90, il ponte di Brooklyn e l’east river. Dall’alto è bello vedere anche le strade percorse dai taxi gialli mentre rumore del traffico si sente fin quassù! Finita la visita a questo capolavoro architettonico degli anni 30, e siccome è abbastanza vicina, andiamo a vedere la Libreria Pubblica di NY situata in un bellissimo ed imponente edificio a ridosso di Bryant Park. Nella libreria ci sono un gran numero di lettori e le stanze silenziose inducono a una certa riverenza. Dopo la visita doverosa decidiamo di andare a vedere un’altra zona di NY da non perdere, e cioè il quartiere di Chelsea, nella parte sud-ovest di Manhattan. Chelsea è un quartiere molto liberale tanto da essere il cuore della comunità gay di NY. Le sue ampie vie industriali, spesso solitarie, oggi sono spazzate da un vento tiepido. Zona ricca di gallerie d’arte che danno spazio sia ad artisti affermati che a quelli emergenti. Le gallerie sono veramente notevoli e ce ne visitiamo qualcuna con vero piacere. Altra caratteristica di questo quartiere è una vivace vita notturna a causa dei molteplici bar e pub molto trendy. Passeggiamo in tutto relax tra edifici sobri ed eleganti, lontano dal traffico e dal caos metropolitano. E camminando camminando arriviamo al West Greenwich Village, altrimenti detto West Village, un tranquillo e caratteristico quartiere residenziale, un tempo teatro di lotte politiche e sociali. Anche qui si respira un’aria di vecchia america e un piccolo bar attira la nostra attenzione,il Donut Pub, giusto per una sosta ristoratrice. Il locale è un pezzo da museo, bancone di acciaio e sgabelli in finta pelle rossa. Numerosi dolci in vetrina ma la mia attenzione cade sulle mitiche ciambelle. Ce ne sono di vari tipi ma io scelgo quella con la glassa di cioccolato sopra…una vera bontà e tutt’altro che salutare. Ma abbinata ad un buon caffè é proprio quello che ci voleva. Dopo la sosta girovaghiamo per le tortuose strade del West Village ricche di locali italiani, molto carini e di atmosfera, niente a che vedere con Little Italy! Qui c’è l’Università di NY ed infatti c’è un certo girovagare di giovani studenti. Dietro all’Università si trova Washington Square, un bel parco, dove facciamo un piccola sosta. Moltissimi giovani, gente che suona, legge, passeggia. Un’oasi di verde tra gli edifici. Senza dubbio questa parte di NY, assieme a Soho e Chelsea, è la più bella e stimolante, meno frenetica e che conserva il fascino del passato. Visto che la giornata è stata un po’ più riposante torniamo alla base a piedi, così da rimirare meglio il paesaggio urbano. Man mano che ci avviciniamo alla nostra zona, Midtown East Side per capirci, il traffico si fa sempre più convulso ed aumenta la frenesia. Un camion dei pompieri, che qui sono trattati da eroi dopo i fatti dell’11 settembre, passa strombazzando a tutta velocità. A guardarlo sembra un grosso giocattolo, tutto rosso e pieno di cromature, con tanto di bandiera americana sventolante. Devo dire che non si capisce, a volte, se questa è una città reale o una città dei fumetti tipo Topolinia. Ce l’hanno fatta vedere in tutti i film americani che sembra di essere veramente su un set cinematografico! Il fumo che esce dai tombini…per esempio…è vero! l’ho visto. Per non parlare degli idranti ad ogni angolo di strada, il tassista che guida e beve il caffè, l’ambulanza piena di luci che sfreccia per le strade suonando la sirena…insomma, è proprio così. Ma eccoci arrivati in hotel dove l’immancabile omino vestito di rosso apre le porte ai clienti. Anche questo è da film. Per la cena questa sera siamo piuttosto in ritardo e soprattutto non abbiamo una meta, tanto che alla fine ci ritroviamo, dopo tre quarti d’ora di cammino, sulla 5a Ave, dietro l’Empire State Building. Avvistiamo un localino molto minimale e trasandato, il Maui Tacos, di chiara natura messicana ed entriamo. Giusto in tempo per ordinare un paio di Tacos a testa, una specie di piadina ripiegata e ripiena di carne e verdura, con salsina piccante, e due birre. Come al solito il cibo messicano non delude, ma non ci è permesso di fare il bis, perchè la titolare ci spiega che è tardi e che la cucina è già chiusa! Pazienza…così paghiamo il conto, veramente esiguo, ed usciamo. Comunque è una bella serata e non fa per niente freddo, il che favorisce la nostra passeggiata di ritorno. Domani il tempo sarà bello secondo le previsioni e ce ne andremo a Central Park. A domani.
Day 7 – 21 ottobre 2009 E’ il nostro ultimo giorno, domani si riparte…e quindi oggi ce la prendiamo in relax. Verso le nove e mezza usciamo dall’albergo, in una NY più animata del solito. E’ una bellissima giornata e c’è un sole smagliante tanto che sembra primavera. Come promesso ci avviamo verso Central Park non prima di fare colazione. Scegliamo un localino nuovo, lungo la Lexington Ave, un posto abbastanza frequentato che ha un soppalco interno con i tavolini. Scelta d’obbligo per i muffins anche se in vetrina ci sono certe torte…tipo quelle di Nonna Papera per capirci…ogni torta è alta circa 15 centimetri e sono in vari gusti, cioccolato e panna in testa. Insomma solo a guardarle si ingrassa di due chili!! Vabbé, la prossima volta me ne prendo una fetta. Nel localino, dove fa un caldo pazzesco, ci sono varie tipologie di persone. C’è anche un agente di polizia addetto al traffico, come si vede dallo stemma sulla giacca seduto al tavolino di fronte. Anche lui a fare colazione, direi, con uova, pancetta, pane abbrustolito e coca cola. Se ne sta li a mangiare lentamente con l’aria triste di chi non si aspetta più nulla dal futuro. Lo osservo di tanto in tanto…sarà sulla cinquantina, aspetto molto trasandato, pochi capelli e con una panzetta accentuata. Tra un po’ se ne tornerà in mezzo al traffico per svolgere un lavoro che non lo soddisferà neanche stavolta. Magari è tutto un film che mi sono fatto io, però….. Comunque, usciamo dal locale tipo forno, per il caldo voglio dire, e ci dirigiamo verso l’Upper East Side, una delle zone più ricche da sempre di Manhattan, come si nota dagli svariati negozi di lusso e che si estende dal margine inferiore di Central Park fino alla 96th street. Gli abitanti sono in gran parte studenti di scuole private, giovani famiglie e trentenni single. Si respira una certa aria di tranquillità. Ma eccoci al parco, che a vederlo da fuori è come tutti i parchi, pieno di verde, stradine che portano all’interno, ecc. ecc. Questo è il ‘prato’ della città e ovviamente non riusciremo a vederlo tutto perché è molto vasto, in quanto 340 ettari di verde sono proprio tanti. Il parco è pieno di statue, laghetti, panchine, strutture varie, tra cui una casetta dove giocare a scacchi, fontane, gente che suona i più svariati strumenti, gente che legge, corre, va in bici, gente ricca, gente povera, di tutto insomma. Ci sediamo a prendere un po’ di sole ai bordi di una fontana, mentre un tipo di colore suona il sax intrattenendo i passanti, ed è pure molto bravo. Siamo in autunno e gli alberi hanno dei bellissimi colori tra il giallo e l’arancio e… siamo qui… a passeggiare nel parco come fossimo nel film “Autumn in New York”, mentre gli scoiattoli, si…dei veri scoiattoli, stanno li sul prato a cinquanta centimetri da noi, per nulla impauriti o infastiditi. Non sembra vero! A me pare, di fatto, che questa città sia un enorme set cinematografico ed ognuno è come giocasse il suo ruolo di comparsa in un colossale film… Intanto è ora di mangiare qualcosina e dopo aver preso un po’ di cibo d’asporto ci accomodiamo su una panchina all’esterno di Central Park per mangiare in tranquillità. Davanti a noi passano molte persone e anche un ‘dog sitter’ che porta a spasso ben sei cani diversi. Un mestiere che qui é molto in voga. Finito di mangiare prendiamo la metro e arriviamo all’altezza della 9a strada circa, per visitare l’East Greenwich Village, un’altro caratteristico quartiere della Grande Mela. Una zona piuttosto tumultuosa in passato per via dei gruppi punk-rock e di controcultura. Si vedono ancora, infatti, alcuni edifici coperti di graffiti, cosa ormai inusuale nel resto della città. Si avverte una certa energia nell’aria…non a caso queste zone in passato hanno attirato Charlie Parker, i Ramones, i Rolling Stones e via dicendo, a testimonianza della vivace creatività del quartiere. Adesso ci sono molti ristoranti, locali notturni e bar molto simpatici e frequentatissimi benché alcuni siano piccolissimi. Dopo aver girato un bel po’ per le strade ricche di negozietti tipici e bancarelle di dischi, ci concediamo un aperitivo in un localino con tavolini all’aperto. Davanti a noi il flusso vitale della città scorre inarrestabile ed è questa l’occasione per osservare il ‘prossimo’. Ecco per esempio una cosa che non si può fare a meno di non notare…la gran parte degli americani sono obesi! In maniera spropositata sono soprattutto le persone di colore, a dire il vero, ma anche i ‘bianchi’ se la battono alla grande. Indubbiamente si è quello che si mangia, e qui si mangia in maniera poco salutare, con moltissimi cibi grassi, non c’è che dire. Comunque la cosa fa veramente impressione…donne, uomini, bambini…senza distinzione…girano per la città sballonzolando pance e sederi enormi. E questo sarà un bel problema da risolvere per la sanità americana, ci potete scommettere. Ad ogni modo si è fatta una certa, per cui si torna in albergo. Doccetta e via per la cena, che questa sera, essendo l’ultima, sarà di livello, senza badare a spese. Viva la vacanza! La scelta cade su un posticino affollato e simpatico, in pieno stile americano ma con un tono di classe in più, Smith & Wollensky. Cena a base di carne, contorni vari, con del buon vino californiano, (oh, ma lo sapete che sto’ vino della California è proprio buono!) e dulcis in fundo anche il dessert. Quasi un errore ordinarlo perché ci hanno portato due porzioni che, senza esagerare, sono il triplo delle nostre in Italia. Quindi, dopo il prevedibile conto…124 dollari mancia inclusa…ce ne usciamo belli pieni e soddisfatti. Peccato che questa sia l’ultima sera a NY, ma insomma è pure passata una settimana e ci siamo fermamente riproposti di tornare in futuro. Ci facciamo anche l’ultima passeggiatina serale, l’aria è tiepida e camminare è un piacere mentre ci accompagna il solito viavai di taxi e di persone. Good Night New York.
Day 8 – 22 ottobre 2009 Oggi si riparte per cui ci alziamo di buon ora per preparare le valigie. Le lasciamo in hotel, tanto abbiamo tempo ancora fino al pomeriggio. Tempo che sfruttiamo per un ultimo giro tra i grattacieli illuminati dal sole, anche oggi abbastanza caldo. Dopo la solita colazione, e non avendo una meta in particolare, ce ne andiamo per negozi, così tanto per curiosare e magari spendere gli ultimi dollari. Gira che ti rigira arriviamo alla 42th street dove c’è Bryant Park, una piazzetta con numerosi tavolini, subito dietro la Libreria Pubblica. I tavolini sono generalmente presi d’assalto dagli impiegati che usano questo rettangolo verde per la pausa pranzo. E infatti ci riesce un po’ difficile trovare un tavolino libero, ma alla fine riusciamo ad accomodarci, un po’ per riposarci, visto che anche stamattina abbiamo camminato abbastanza, ma anche per fare pranzo a nostra volta. Il luogo è ricco di popolazione locale, molti in giacca e cravatta che imperturbabili mangiano il loro pranzo, tra una chiacchiera e una telefonata. C’é anche chi prende semplicemente il sole o chi legge il giornale. Insomma si avverte un senso di libertà assoluta come del resto accade spesso andando in giro per la città. Ecco una cosa che mi piace moltissimo è che qui puoi fare quello che vuoi e nessuno ti dirà nulla, sempre che non venga invasa la libertà altrui naturalmente. In questi giorni abbiamo visto veramente di tutto, la gente veste nella maniera più assurda, a volte, ma è come se passasse inosservata. L’impressione è che qui ti viene data la possibilità di esprimere la tua idea, qualunque sia, e se l’idea è buona verrà premiata. A volte può sembrare che la gente sia indifferente, questo è vero se paragonato ai nostri usi, però è anche vero che nessuno ti sta a guardare per qualunque cosa tu faccia. A volte ci si sente controllati dal vicino, dalla comunità e a me questo non piace come credo a chiunque sia un po’ aperto di mente. Ad ogni modo New York è una città fatta di contrasti e questo lo si nota subito. Si può passare, ad esempio, di sera, neanche tardi, verso le sette diciamo, per la 5a Avenue con i suoi negozi di lusso estremo da un lato e vedere sul lato opposto della strada dei senzatetto che si preparano per la notte avvolti nei cartoni. E questo tra l’andirivieni delle persone, come fosse una cosa normale. Soldi e povertà tutto insieme. Vorrei poi aggiungere che in vacanza tutto appare bello e ci si entusiasma facilmente, questo va da sé. Però NY è una città che vale assolutamente la pena di visitare, anche più di una volta e se potessi ci vivrei per un paio di anni. C’è una vitalità impressionante e ci si sente come trasportati, senza potersi fermare, pare che ci muove tutti insieme verso non si sa quale obiettivo. E poi, torno a ripetere, sembra di vivere veramente in un film. Giungiamo alla fine a Times Square camminando con in mano un caffè bollente, quasi fossimo dei veri newyorkesi. Tra un po’ è ora di tornare a ritirare i bagagli. Bagagli che ritiriamo alle 16 per caricarli sul taxi che l’omino dell’hotel ci ha solertemente chiamato. Mancia di rito e via verso l’aeroporto dove alle 19,30 decolleremo alla volta di Roma, questa volta con un aereo della Delta Airlines, un Boeing 767-200/400, molto più comodo di quello dell’andata. Arriveremo a Roma alle 10,30 di mattina del giorno dopo, merito del fuso orario al contrario. Mentre l’aereo sorvola le luci della Grande Mela, ci viene servita la cena che anche questa volta non tradisce le aspettative….fa veramente schifo! Ci rifaremo con un bel piatto di spaghetti italiani…in questo NY non ci batterà mai.